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    Un patto formativo tra obiettori e comunità



    Obiettori e comunità educative dei Salesiani

    (NPG 1995-08-95)

    Da alcuni anni i responsabili del Servizio Civile degli obiettori di coscienza dei Salesiani si incontrano insieme ai rappresentanti dei giovani obiettori per condividere l'esperienza del servizio e i problemi che da essa emergono.
    Ultimamente essi hanno affrontato un tema ricorrente da tempo e ritenuto vitale per la significatività dell'esperienza.
    L'obiettivo era il seguente: formulare insieme le condizioni che possono essere coltivate ed assicurate (di tipo strutturale e comunitario, ma anche in termini di atteggiamento e di quadro mentale) sia da parte dei giovani che esprimono l'interesse a compiere il loro anno di servizio civile nell'ambiente educativo salesiano, sia da parte della comunità salesiana che richiede e accoglie i giovani obiettori di coscienza in servizio civile.
    Ciò che è stato condiviso ed approfondito è poi anche stato codificato in questo documento provvisorio, una specie di strumento di lavoro, che è stato denominato «Magna Charta» dell'obiezione di coscienza e del servizio civile nelle opere salesiane.
    Esso vuol essere quasi una codificazione di quegli elementi che definiscono i termini del «patto formativo» reciproco tra adulti e giovani, tra obiettori e comunità educativa.
    Esso impegna giovani e comunità educative insieme alla riflessione e al
    cambiamento e/o consolidamento degli atteggiamenti.
    Infatti, in questi anni di decennale esperienza di accoglienza e inserimento degli obiettori, le comunità e i giovani hanno maturato una serie di acquisizione consolidate che rappresentano un contributo importante per la crescita di tutti.

    Un cambio di mentalità richiesto alla comunità educativa

    Da un lato ci sembra debba essere progressivamente eliminato un atteggiamento interessato e strumentale da parte degli educatori e delle comunità educative: quello che vede nei giovani obiettori in servizio civile una risorsa lavorativa a buon mercato ai fini del rinforzo e del sostegno del personale educativo; l'atteggiamento opportunistico di chi coglie nella loro disponibilità la deresponsabilizzante possibilità di avere «nuovi giovani educatori in tirocinio annuale» in pieno servizio negli ambienti educativi, o animatori volontari che diventano «precettati d'obbligo» per un anno.
    Questa costellazione di atteggiamenti va sostituita nella comunità educativa dalla capacità di riconoscere e accogliere l'ineludibile appello al cambiamento culturale e di mentalità che l'inserimento di giovani portatori di energie, stile e cultura nuova, e per certi versi anche «altra» da quella dominante, richiede.
    In breve: l'accoglienza e l'inserimento di giovani, e per di più di giovani motivati dalla scelta dell'obiezione di coscienza alla cultura militare e alla cultura della forza, ha un costo in termini di confronto e scambio culturale tra generazioni di educatori.
    Essi sono giunti peraltro alla conclusione, vincolante per tutti, che non tutte le comunità educative possono essere in grado di accogliere i giovani in servizio civile, né è sufficiente che ne facciano richiesta.
    La condizione irrinunciabile che le predispone ad accogliere i giovani in servizio civile è che esse siano disponibili, come i giovani stessi, a percorrere un cammino di riflessione e di rivisitazione della propria progettualità educativa e culturale, che siano disposte a riscoprirsi in cammino con i giovani obiettori per quel cambiamento di mentalità e di prassi quale la loro presenza e il loro impegno di non violenza richiede.
    Pena la incomunicabilità, la strumentalizzazione dell'altro e reciproca, la conflittualità permanente e infruttuosa, il fallimento di un inserimento di una potenziale esperienza «nuova».
    Solo così ci saranno comunità che, mentre accolgono i giovani obiettori di coscienza nel servizio civile che si articola nel quotidiano servizio educativo ai giovani, e ai più poveri in particolare, educano la coscienza e promuovono nei giovani, destinatari-protagonisti stessi dell'educazione, la cultura della nonviolenza, della pace, della solidarietà con l'altro, del servizio gratuito.
    Le condizioni da creare da parte della comunità educativa sono indicate nella colonna di destra del documento. Certo, non tutto si dà al presente nella forma più trasparente; tutti ne sono consapevoli. Quel che è importante è piuttosto innestare processi di sensibilizzazione (culturale anzitutto) e di cambiamento che coinvolgano tutti, a tutti i livelli.

    Il mettersi in cammino richiesto ai giovani obiettori

    Sull'altro versante, corrispondente nel testo del documento alla colonna di sinistra, sono giunte a maturazione quelle condizioni che esprimono esigenze di cambiamento e di maturazione personale, disponibilità al confronto al mettersi in cammino, che riguardano invece i giovani obiettori che intendono svolgere il loro servizio civile nelle comunità educative convenzionate con il Ministero.
    Qui il pericolo da evitare è quello di un inserimento di giovani che non sia preceduto da una fase esplorativa ed orientativa, e che ci si trovi con giovani obiettori assolutamente immotivati sia al servizio civile sia a quello specifico nella forma del servizio educativo (preventivo nelle sue diverse figure e forme), o ancora con giovani impreparati a lavorare in comunità educativa come esige la mentalità del progetto.
    Anche alla comunità educativa la Magna Charta indica le condizioni progressive da maturare da parte dei giovani obiettori per un buon inserimento in servizio e una loro presenza che sia capace di far lievitare la cultura educativa e la prassi della comunità verso la non violenza e la pace.
    Il documento è pensato infatti come uno strumento di lavoro per sollecitare tutti i soggetti coinvolti alla presa di coscienza di un problema, di un'urgenza e di una «grande possibilità» che oggi tocca sempre più le comunità educative.
    Uno strumento, dunque, aperto alla revisione e alla riscrittura (anzi, diciamo noi, «da riscrivere» in ciascun contesto locale).
    Non vanta alcuna pretesa di normatività; intende invece chiamare tutti alla responsabilità, e le comunità educative direttamente interessate in particolare, ad un recupero e a un supplemento di essa.

    1995-8-1

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