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    Pastorale giovanile e nuova evangelizzazione


    Gruppo di redazione di «Misión Joven»

    (NPG 1995-04-24)

    NUOVA EVANGELIZZAZIONE

    Da quando, nel 1983, Giovanni Paolo II usò l'espressione «nuova evangelizzazione», il termine ha acquisito molteplici significati e suscitato risposte diverse. L'espressione, utilizzata inizialmente in relazione al V Centenario della «scoperta» dell'America, è usata oggi in riferimento alla realtà europea e ha acquisito una prospettiva universalista nella lettera apostolica Christifideles laici. Non esiste unanimità nell'accoglienza del progetto di una nuova evangelizzazione: si avverte un manifesto interesse in diverse Chiese del cosiddetto Terzo Mondo, mentre in Europa si constata una posizione più fredda e distante.
    Infatti, nonostante le riflessioni al riguardo che in ogni Episcopato europeo si sono avviate come urgenza di rilanciare il compito di evangelizzazione della Chiesa, non si è riusciti a penetrare nella comunità ecclesiale come coscienza di missione evangelizzatrice.

    Una nuova evangelizzazione

    L'evangelizzazione, propriamente parlando, non ammette aggettivazioni: è l'annuncio del Vangelo come offerta di un cammino di salvezza e di liberazione personale e collettiva. Tale enunciato ha bisogno di, ed è modificabile da, ulte- fiori esplicitazioni che ruotano intorno alla persona e al messaggio di Gesù di Nazareth. Il Concilio Vaticano II (specialmente Ad gentes e Gaudium et spes) e la lettera apostolica Evangelii Nuntiandi hanno precisato l'orientamento fondamentale del significato dell'evangelizzazione nel nostro tempo.
    Perché allora l'aggettivo «nuova»? Evidentemente si tratta soltanto di indicare che, a mano a mano che procedono il tempo e la riflessione, si arricchisce di contenuti. «Nuova», in breve, si riferisce ai cambiamenti profondi che hanno subito la società e là cultura, che richiedono un'altra sintesi di fede, cultura e vita. Per questo si parla di necessità di svegliare dal letargo o dalla routine per evangelizzare e credere nel futuro dell'uomo di oggi (novità nell'ardore); dell'accettazione del pluralismo, dello spirito democratico nell'esercizio dell'autorità e nell'organizzazione delle strutture (novità di metodi); di modalità diverse di presentare i contenuti del messaggio, di testimonianze credibili... (novità nelle espressioni).
    La novità, quindi, non è tanto nuova. Alcuni hanno addirittura pensato che i progetti per una nuova evangelizzazione non sembrano essere in continuità con quelli culminati nel Vaticano II. Per questi motivi e per i «venti di conservatorismo» (ci si permetta l'espressione!) che soffiano da alcune parti, ad alcuni è sembrato che ci siano sotto sotto dei trabocchetti o degli specchietti per allodole: come, per esempio, pretesa di riconquiste spirituali, non accettazione della neutralità confessionale nell'ambito socio-politico, presentazione di un cattolicesimo come alternativa - anche politica - per una nuova cristianità di fronte all'insufficienza delle soluzioni attuali (passando un colpo di spugna sulla secolarità e sull'autonomia delle realtà terrene, come se si fosse trattato di una specie di cattiva interpretazione del Vaticano II o un'inspiegabile deviazione postconciliare). Più concretamente, si ha l'impressione che certe espressioni che accompagnano la formulazione di obiettivi della nuova evangelizzazione tentino di recuperare la società e la cultura all'influenza della Chiesa, presentando un cristianesimo più o meno ringiovanito. Un altro interrogativo è legato al «ritorno delle certezze» e al recupero dell'influenza-rilevanza sociale che stanno vivendo diversi gruppi cristiani, sollecitati da un insegnamento e da un'istruzione - più o meno ufficiali - centrati sulla sicurezza delle verità e la fissazione delle stesse.

    Compito evangelizzatore della Chiesa

    Più che parlare di una nuova evangelizzazione dell'umanità, bisognerebbe forse far riferimento all'evangelizzazione della nuova umanità. Sia essa «nuova» o semplicemente evangelizzazione, conveniamo tutti che «costituisce la missione essenziale della Chiesa (...). Evangelizzare rappresenta, infatti, l'essenza e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare» (EN 14). È in questo che deve concentrarsi l'impegno di ogni cristiano. La nuova immagine di uomo e il cambio dei «cicli culturali» che viviamo, esige la novità di una sintesi capa ce di integrare la fede cristiana con l'immagine del mondo moderno.
    La Chiesa si deve chiedere costantemente se «è più o meno capace di annunciare il vangelo e di scriverlo nel cuore dell'uomo con convinzione, libertà di spirito ed efficacia» (EN 4). Ogni comunità ecclesiale, in una Chiesa che è «sacramento di salvezza» (cf LG 1,48; AG 1) come mediazione efficace e anticipazione (cf LG 5) del progetto salvifico della realizzazione del Regno, attua sacramentalmente la salvezza nel tempo in cui vive.
    Il pluralismo, la democratizzazione, la complessità, il cambiamento di immagine del mondo e dell'uomo (storia e natura), la secolarizzazione (autonomizzazione) e la laicizzazione (nuova razionalità), l'atto di conoscere come l'atto di interpretare (ogni dire è interpretare), come parte degli elementi che definiscono il livello storico dell'uomo e del mondo, ci rendono tutti un po' incerti e non ci permettono di camminare se non a tentoni. La «bufera» che stiamo vivendo ci propone continuamente la tentazione di inventarci falsi rifugi o di dimenticare che, come dice Kasper, «il nostro mondo attuale senza Dio è in parte una conseguenza dell'aver predicato un Dio senza riferimento al mondo».
    Assumere la complessità della vita attuale, al momento di evangelizzare, esige il riconoscimento dell'autonomia delle realtà temporali (cf GS 36) e l'accettazione che non possiamo disporre di
    diagnosi prefabbricate o di terapie predeterminate. L'annuncio dell'amore gratuito e salvatore che Dio offre all'uomo non permette di fuggire dalla responsabilità di servizi - come tutti - della cultura, delle mediazioni socio-politiche, di guardare ai risultati delle scienze e di esporsi a compiti ermeneutici costanti.
    Posta in questa prospettiva, la nuova evangelizzazione deve tornare a prendere sul serio e ad approfondire il Concilio Vaticano II e la lettera apostolica Evangelii Nuntiandi. Difficilmente riusciremo ad evangelizzare senza guardare con simpatia (sympatheia, comunità di sentimento), senza condividere, «le gioie e le speranze, le tristezze e le ansie degli uomini del nostro tempo» (GS 1). L'attitudine dialogante, l'inculturazione rispettosa, la testimonianza gioiosa del Dio che ci ama incondizionatamente... ci permetteranno di scoprire che «l'umanità non soltanto 'ascolta' la Parola, ma è anche 'compagna di viaggio' della Chiesa. Chiesa e umanità sono solidali nella storia (...). Tutti abitiamo la stessa terra, lo stesso mondo, ci integriamo nello stesso futuro. Di questa solidarietà, che è già inizio di salvezza, parla la Lettera a Diogneto. L'umanità - ogni popolo, ogni uomo - oltre che `ascoltare' Dio e condividere la stessa sorte della Chiesa, è eco del Verbo, laddove sia stato sparso il 'seme della Parola (AG l lb) e fiorisce quel seme. Ciò significa che la Chiesa, nell'annuncio del Vangelo, non si può comprendere come luce senza ombre che si rivolge alle tenebre senza alcuna luce (Documento della Chiesa spagnola su «Evangelizzazione e uomo d'oggi»).

    La pastorale giovanile di fronte alle sfide della nuova evangelizzazione

    La Chiesa, «al termine di questa imponente revisione di vita» e «ringiovanimento del proprio volto» realizzati dal Concilio Vaticano II, affermava: «È per voi giovani, per voi soprattutto, che la Chiesa con il suo Concilio ha acceso una luce, quella luce che rischiara l' avvenire, il vostro avvenire (...). La Chiesa è desiderosa che la società che voi vi accingete a costruire rispetti la dignità, la libertà, il diritto delle persone: e queste persone siete voi. Essa è ansiosa di poter espandere anche in questa nuova società il suo tesoro sempre antico e sempre nuovo: la fede, che le vostre anime possano attingere liberamente nella sua benefica chiarezza. Essa ha fiducia che voi troverete una tale forza e una tale gioia che non sarete nemmeno tentati, come taluni dei vostri predecessori, di cedere alla seduzione delle filosofie dell'egoismo e del piacere, o a quelle della disperazione e del nichilismo; e di fronte all'ateismo, fenomeno di stanchezza e di vecchiaia, voi saprete affermare la vostra fede nella vita e in quanto dà un senso alla vita: la certezza della esistenza di un Dio giusto e buono» (Messaggio ai giovani).
    Nonostante questi sforzi e per motivi diversi, molti dati sembrano dar ragione a quanti affermano che la Chiesa, durante l'Illuminismo, perse gli uomini di scienza, nel XIX secolo la classe lavoratrice; e ora, nel XX secolo, sembra stia lasciandosi scappare i giovani. Tuttavia, si assiste ad un rallentamento del calo continuo e sensibile che fino a poco tempo fa esisteva nelle credenze e pratiche religiose dei giovani. La prima sfida della nuova evangelizzazione non può essere altro che quella presentata da tale contesto.
    Per cui la pastorale giovanile deve continuare ad affermare che i giovani sono oggi una speciale «parabola vivente» per la Chiesa, e la loro vita rappresenta una sfida continua e un kairòs che deve spingerci ad accettare con forza nuova lo scandalo dell'Incarnazione, soprattutto in riferimento all'incredibile umanità di Dio in Gesù.
    I giovani sono coloro che più vengono usati massivamente nei capricci della modernità. Di fronte a questo dato si rende necessaria una pastorale giovanile in cui si testimoni e si manifesti l'amore gratuito e incondizionato di Dio, in cui si tenti di dare ad ogni giovane la propria libertà e la consapevolezza di vivere da protagonista la costruzione di se stessi. In sintesi, ecco quale sarà la direzione in cui si muoverà una nuova evangelizzazione dei giovani:
    * Confessare appassionatamente l'amore salvatore di Dio e la speranza del Regno, di fronte alla morte delle utopie, al vuoto esistenziale e all'abbandono delle cause sociali.
    Rendere visibile agli occhi del mondo il «sacramento del Popolo di Dio»:
    - A partire da una Chiesa come popolo riunito in comunità, impegnata risolutamente nella costruzione del Regno e che si comprende a partire da questa missione (è la missione quella che tiene unita la Chiesa e non il contrario).
    - A partire da un popolo di Dio che condivide gioie e tristezze con gli uomini del suo tempo e insieme a loro cerca di discernere e preparare il futuro.
    - A partire da una Chiesa in cui tutti si sentono corresponsabili e in cui la diversità di funzioni permette di dar vita ai più diversi carismi.
    * Presentare una Chiesa samaritana e abitabile che riconosca il mondo e le storie umane come parabole viventi attraverso le quali Dio continua a parlarci oggi; che manifesti una fede dialogante e non presuntuosa: che offra segni creativi e significativi per presentarsi come luogo abitabile e sempre aperto all'uomo.
    * Incarnarsi nel mondo e nella vita dei giovani con simpatia, compassione, gratuità e speranza, per accettare le loro sfide come parte dei nuovi paradigmi profetici che ci spingono a cercare con passione e a non accontentarci di quello che già sappiamo e abbiamo.
    * Accogliere le domande dei giovani, cercando di percorrere un cammino educativo che renda possibile recuperare l'identità e permetta di andare oltre le letture superficiali e piatte nelle quali non si ha la possibilità di riconoscere le persone e la vita.
    * Mettersi dalla parte dei giovani emarginati, esclusi, di quelli più poveri, per condividere con solidarietà la loro causa, cercare la giustizia e denunciare la miseria e l'abbandono dinanzi all'abbondanza smodata di molti.
    * Essere e offrire segni di speranza credibili e intellegibili. Questa sfida porta con sé due indicazioni fondamentali: il cambio di linguaggio, con la conseguente riformulazione di termini propri della lingua ermetica della Chiesa; e la creazione di spazi che permettano ai giovani di proporre iniziative, prendendo coscienza delle responsabilità e dell'impegno che comporta l'essere persone.

    PRESUPPOSTI PER UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE DEI GIOVANI

    Ogni progetto di evangelizzazione è in vista di un dialogo in cui si possa presentare l'offerta di salvezza che Dio fa gratuitamente all'uomo.
    La pastorale giovanile attuale riesce a comunicare soltanto con una minima parte di essi: a volte non si sa usare un linguaggio adeguato, altre volte mancano i segni che renderebbero possibili la credibilità e la sintonia, in non poche occasioni i giovani vivono nell'errore di prendere la vita come uno spettacolo e sono irretiti da risposte qualunquiste o egoistiche. Il dialogo evangelizzatore tra la Chiesa e i giovani può comunque spezzarsi, e questo è possibile da entrambe le parti. Sarebbe una grande sofferenza, e in molte occasioni lo è, se la comunità ecclesiale rendesse impossibile l'incontro perché ha perso quello spirito di dialogo e di incontro che sottolinea Paolo VI nella chiusura del Vaticano II: «Che cosa è successo?... Una condanna? Forse sì, ma... Una immensa simpatia lo ha animato interamente; la scoperta dei bisogni umani... ha catturato l'attenzione del nostro Sinodo».
    Cercheremo perciò di tracciare le linee fondamentali di alcuni presupposti senza i quali - secondo noi - la pastorale giovanile non è possibile.

    Mondo e mondo dei giovani

    Il nostro mondo è diventato molto complesso. Non è facile «assumere« e dunque redimere. Inoltre, viviamo il tutto con una tale tensione che, a volte, ci fa sentire (la Chiesa, noi cristiani) minacciati, incapaci di distinguere, e ci fa scoprire nemici in persone – o istituzioni – che hanno semplicemente idee diverse dalle nostre. Non è il caso di entrare nei meandri di una definizione dettagliata della modernità o della postmodernità.
    Solo un duplice chiarimento.
    L'ambiguità e la complessità che viviamo non ci esimono dal continuare ad affermare – e a difendere, perché la nostra religione non finisca col sacralizzarsi – l'autonomia del mondo e le caratteristiche essenziali che tale autonomia porta con sé: secolarità, pluralismo e democrazia. Questa definizione attuale del mondo-uomo e le sue ripercussioni valoriali, in secondo luogo, richiedono una inculturazione nuova del cristiano aperta al dialogo; soltanto così si potrà offrire una parola cristiana credibile al mondo.
    Se viviamo con la complessità, cosa dire dei giovani e dei loro mondi? L'interrogativo già segna la duplice novità del tema: difficilmente possiamo parlare di gioventù e di un mondo di giovani, almeno se vogliamo partire da schemi sociologici. Come unità sociale, inoltre, non c'è gioventù senza giovani. Giovani ogni volta più uguali agli adulti, la maggior parte delle volte sfruttati con intenzioni diverse: addomesticamento consumistico, immagine vuota, emarginazione... Più che essere l'immagine e la prefigurazione del futuro, hanno finito per diventare il riflesso dei capricci del presente.
    Essere giovane è oggi un valore molto relativo, una realtà ogni volta definita meno in funzione della biologia e più dalla cultura e dalla società. Di qui la mentalità di consumo, l'individualismo come espressione di affermazione del diritto alla differenza, l'edonismo presentista in risposta alla seduzione del desiderio; così, la vita dei giovani diventa parte dello spettacolo della vita-specchio disegnata dalla cultura globale adulta. Guardarli da questa ottica ci fa scoprire che, se non rappresentano il futuro, i giovani «prefigurano i sogni e le vittime della società futura»: prefigurano sogni di un lavoro non alienato, nostalgia di una società più comunitaria e di una comunità intesa come nicchia ecologica per le emozioni primordiali (gruppo, lealtà, amore, comunicazione). Ma prefigurano anche le vittime della società futura, cioè il volto inumano di questa società invecchiata e chiusa nella glorificazione culturale dell'essere giovane, mentre contempla la tragedia che incarnano le vite dei giovani. Vite segnate, secondo differenti contesti socio-economici, dal benessere, dall'emarginazione, dalla povertà, dal vuoto o dalla sostituzione delle utopie con «una vita spericolata» che lascia in bocca un vago sapore di amaro.

    Il mondo della Chiesa

    La Chiesa, ringiovanita dopo il Concilio Vaticano II, c'è chi si sforza di rappresentarla con i capelli bianchi perché – dicono – questo le darebbe dignità. Hanno visto il Concilio come una specie di maquillage pastorale proprio delle mode del momento, e vogliono svelare il volto misterioso che si concretizza in un'istituzione visibile e forte. Tuttavia, il fatto che qualcuno faccia risuonare le parole «involuzione» (la si legga nei registri di «ricristianizzazione», «riconquista», «nuova cristianità» o altre simili) ed «evangelizzazione», non deve trasformarci nei «profeti di sventura» che paventava Giovanni XXIII, agli inizi del Concilio.
    La religione è un impegno di liberazione umanizzatrice. Quella cristiana è stata la traduzione, in Gesù di Nazareth, di un Dio definito dal perdono incondizionato e dall'amore senza misura che instaura nella coscienza umana il regime del dono (Ricoeur): non si tratta di conquistarlo, ma di accoglierlo; non di temerlo, ma di lasciarsi salvare da Lui. La Chiesa è sacramento del popolo di Dio, «segno e strumento dell'unione intima con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (LG 1). Non è fine in sé, ma mezzo al servizio del Regno; esiste come popolo riunito in comunità per significare l'amore salvatore di Dio. Per questo ogni comunità cristiana è chiamata ad attuare la salvezza là dove si trova.
    Per la legge dell'incarnazione non si può conoscere Dio se non conoscendo profondamente l'uomo, e non è possibile amare Dio se non amando l'uomo. Questa Chiesa, Popolo di Dio, riconosce in ogni tempo storico, avverso che sia, un kairòs capace di portare avanti la storia salvifico-liberatrice di Dio con gli uomini.
    La sua incarnazione, pertanto, giunge a compimento in una costante inculturazione di una fede sempre dialogante e modesta (che vive nella passione - che non è possesso - per il Regno).
    Dialogo chiesa-mondo
    Qualcuno disse, nel lontano 1965, che la Chiesa cambiava dall'anatema al dialogo. Dualismi e funzionalismi hanno segnato la storia delle relazioni chiesa-mondo. Allo spirito nuovo del Vaticano II ha fatto seguito un timido cammino di dialogo. Non dimentichiamo la complessità del percorso, né il difficile equilibrio che la Chiesa deve trovare tra il rispetto per l'autonomia delle differenti istanze, l'impegno effettivo e l'affermazione dello specifico della propria missione. Neppure possiamo fingere di non vedere le ossessioni di potere, il rafforzamento del centralismo e la tentazione di continuare ad essere l'unica istanza capace di definire le realtà fondamentali. Il dialogo, difeso in tanti documenti ufficiali, deve affermarsi nella pratica con un punto di partenza chiaro: il mondo si riconosce in un insieme di storie umane che si costituiscono in parabole viventi e segni con i quali si può costruire il Regno. Il dialogo, d'altra parte, esige parole - e insegnamento -, non orgoglio ed esclusione; obbliga a cambiare le formulazioni anacronistiche o acritiche che non servirebbero ad evangelizzare, e che forse aggiungerebbero difficoltà.
    Il tempo dell'evangelizzazione richiede una Chiesa ricca di segni, accogliente e vivibile; un modello, in poche parole, per tempi senza soluzioni e in un mondo che ha bisogno di gesti nuovi di fronte alla tirannia del desiderio di potere, di prestigio, di possedere e di godere. La vivibilità della Chiesa dipende dall'ascoltare, dal lasciarsi interrogare e dall'attualizzare le sue strutture secondo i nuovi valori verso i quali converge il comune compito dell' umanizzazione: pluralismo, democrazia, uguaglianza della donna, ecologia, ecc.
    Una Chiesa senza gesti concreti di conversione rende impossibile il dialogo e trasforma l'evangelizzazione in una corsa per far proseliti. La sociologia ha mostrato come le esperienze, idee e intuizioni originali tendono a venir ricoperte o sclerotizzate dalle strutture che esse suscitano. Il cristianesimo deve mantenere la sua vitalità prendendo simultaneamente dall'intuizione originale di Gesù di Nazareth e dalle nuove consapevolezze che l'uomo acquisisce lungo la storia.

    Identità, prassi e pastorale giovanile

    La realtà del mondo attuale conduce, come sentiamo ripetere continuamente, alla frammentazione e alla dispersione, a identità parziali e a impegni non definitivi, alla relativizzazione e al soggettivismo.
    In concreto, e in riferimento ai giovani, non si può suppone astrattamente, al momento di strutturare i processi pastorali, una identità personale che non soltanto sarebbe discutibile alla luce delle scienze umane, come un fatto preteso oggettivo, ma che risulti anche impossibile nella pratica. Inoltre, occorre mantenere quella prospettiva interdisciplinare con cui si deve impostare ogni teologia pratica o pastorale.
    La pastorale giovanile possiede nella prassi il luogo teologico che la specifica e che permette di raggiungere una definizione di evangelizzazione in situazione. La pastorale è l'insieme multiforme di azioni della comunità ecclesiale, animata dallo Spirito di Gesù per la realizzazione del progetto salvifico di Dio sull'uomo e sulla storia, nel tempo e nelle situazioni concrete di vita che si porta dentro (Tonelli).
    La Chiesa è sacramento e strumento del Regno predicato da Gesù, seme del mondo nuovo trasformato dalla risurrezione. Ogni progetto pastorale dipende dal suo fondamento cristologico e, in quanto pastorale, fa riferimento all'azione della Chiesa nella storia, nelle situazioni concrete della vita degli uomini. La salvezza annunciata deve rendersi comprensibile a partire dalle esperienze quotidiane.
    Perciò la pastorale giovanile, sebbene orienti verso le visioni definitive della fede, non ha potuto prescindere dai luoghi e dai linguaggi dei giovani e, soprattutto, deve inserirsi dentro le speranze - anche temporali - in cui si manifesta il loro desiderio di salvezza-senso, dal momento che soltanto qui sarà possibile trovare il terreno e i semi per seminare la Buona Novella.
    Sebbene l' azione pastorale della Chiesa sia unica, la missione pastorale di ogni comunità ecclesiale deve, tuttavia, incarnarsi in gesti e realizzazioni concrete che facciano presente la salvezza in situazione. L'articolazione di questa missione dà origine a un progetto pastorale.
    Esistono così modelli diversi di pastorale e, di conseguenza, progetti operativi distinti, come prodotto di un'incarnazione culturale specifica o dell'identità concreta di una Chiesa particolare o del tipo di destinatario di tale progetto.
    La pastorale giovanile è uno di questi modelli differenziati, concretizzati in funzione dei problemi tipici dei giovani e come «pastorale specializzata» di tutta la comunità ecclesiale.
    Guardando ai giovani, siamo coscienti delle diverse relazioni che essi hanno con la Chiesa: molti sono lontani, alcuni partecipano con scarso impegno alla vita e alla missione ecclesiale, altri vivono la propria fede impegnandosi attivamente nella Chiesa e nel mondo.
    Il problema della pastorale giovanile nei primi casi è, fondamentalmente, un problema di comunicazione con interferenze. L'evento salvifico di Dio è trasmesso al giovane attraverso parole e gesti umani. Per diversi motivi la Chiesa riesce a comunicare soltanto con una minoranza di essi. Dovremmo interrogarci circa la capacità di testimoniare ciò che annunciamo e, anche, chiedere ai giovani i motivi della loro sordità selettiva.
    Ma se la distanza tra ciò che si dice e ciò che si fa riesce a bloccare «l'annuncio», certo non possiamo continuare a usare un linguaggio ecclesiastico pieno di termini filosofici o liturgici inintelligibili o, per altro verso, basato su moralismi a buon mercato.
    Abbiamo bisogno di uno sforzo serio per uscire dagli universali, dalle parole astratte, dai simboli e dalle immagini che non dicono niente... per entrare, come suggerirebbe Freire, in una nuova pedagogia di parole generatrici (non staremo ora per caso dando spazio a parole degenerate o degeneratrici?).

    OPZIONI PER UN PROGETTO DI PASTORALE GIOVANILE OGGI

    La pastorale giovanile affonda le sue radici nella realtà concreta dei giovani.
    Riesaminando i processi di educazione alla fede, constatiamo che a molti non arriva né il messaggio né la nostra testimonianza cristiana: esiste una distanza che può essere fisica, ma che è soprattutto psicologica e culturale. Tenere questo in considerazione come punto di partenza richiederà di andare ai giovani e stare con loro per offrire e rendere significativa la proposta e la testimonianza di senso.
    Solo così, nella simpatia e condivisione, riconosceremo il loro volto e i loro bisogni. I giovani ci sollecitano a non rimanere nel passato e ci educano quando manifestano in modo radicale gli interrogativi e le aspirazioni dell'uomo e la tensione che, individualmente e comunitariamente, ogni persona sperimenta nella ricerca della propria realizzazione.
    Il punto di partenza, così tratteggiato, richiama al protagonismo giovanile. Tuttavia, non basta aver chiaro questo inizio.
    Devono anche essere specificate alcune opzioni fondamentali, direttamente vincolate all'identità del giovane come soggetto dell'azione pastorale e alla prassi come luogo teologico, delle quali intendiamo occuparci ora.

    Incarnazione e prospettiva evangelizzatrice

    L'incarnazione della Parola determina la natura della Chiesa (LG 8) che, pertanto, si esprime nel suo essere e nella sua azione attraverso un processo di incarnazione (AG 10ss). Attraverso l'incarnazione Cristo assume tutta la creazione con l'obiettivo di redimerla e di riunificarla. Nulla può essere salvato se non è assunto, e tutto ciò che è stato creato ha bisogno di salvezza (2Cor 5,17-21; Ef 2,11-22, Col 1,15-20). La comunità ecclesiale scopre nel principio teologico dell'incarnazione una riformulazione dei suoi compiti pastorali che le permette di superare ogni dualismo e ogni falsa contrapposizione. In Gesù di Nazareth Dio e l'uomo si sono incontrati; Dio ha assunto un volto umano e in tal modo è possibile intendere la fedeltà a Dio nella fedeltà all'uomo. Il cammino di Dio per giungere all'uomo diventa il cammino degli uomini per giungere a Dio.
    Il modello e il metodo dell'incarnazione risultano essere il modello e il metodo della pastorale. Ogni modello di pastorale giovanile, perciò, assume e considera i valori umani che descrivono la maturità personale e sociale dei giovani come centri a cui ancorare la vita della fede e come parte, in un certo senso, della stessa esperienza cristiana. L'incarnazione cessa di essere un mistero contemplato e diventa un'opzione normativa.
    Assieme a tali indicazioni di fondo, in ogni progetto pastorale il primato è conferito all'annuncio del dono di Dio agli uomini.
    Evangelizzare non è un aspetto particolare della pastorale, bensì la sua radice più profonda: l'evangelizzazione non è soltanto meta, ma anche cammino.
    Ciò significa che ogni iniziativa ecclesiale si valuta oggi in base alla propria capacità di testimoniare e di annunciare il vangelo.
    La pastorale giovanile opta per l'evangelizzazione come compito e come intento primordiale, come quella forza che trasforma dal di dentro, con l'efficacia germinativa della Parola, il cuore dell'uomo e della società.

    La prospettiva liturgica e celebrativa

    La comunità cristiana nasce dalla Parola e non da progetti umani. La vera evangelizzazione nasce dalla Parola proclamata.
    Così la celebrazione liturgica è essenzialmente evangelizzatrice: è annuncio ed esperienza vissuta, sintesi di fede e vita; è memoria e futuro, simbolo e forza salvifica della grazia sacramentale, che aiuta a integrare successi e fallimenti alla luce della fiducia nell'amore gratuito di Dio Padre, manifestato da Gesù e presente nel dono dello Spirito.
    Le domande attuali dei giovani, ora più nella direzione di creare spazi e momenti che permettano esperienze di vita attraverso semplici «riti di senso», rendono possibile una speciale sintonia con la dimensione celebrativa della fede.
    Nelle celebrazioni liturgiche, in concreto, la comunità si rende visibile e si riconosce come convocata e animata dalla forza salvifica della Buona Novella. Tale esperienza è fondamentale per l'identità cristiana e per l'innesto con le sue radici.
    La liturgia, specialmente il cammino dell'Anno liturgico, costituisce una specie di evangelizzazione in atto, un'evangelizzazione della nostra storia per riconoscere i passi salvifici di Dio. Passi che si fanno particolarmente significativi nella celebrazione dei sacramenti.
    L'Eucaristia, la Parola, il sacramento della riconciliazione, le pasque giovanili, le vigilie, le convivenze... manifestano il valore centrale di Cristo e la sua salvezza, rendono possibile l'incontro personale con lui e sono meta e cammino di molteplici processi educativo-pastorali vincolati al gruppo/comunità che, un po' alla volta, annuncia e rende visibile la salvezza.

    Dimensione educativa e interiorizzazione

    L'opzione globale della fede ha bisogno di maturare attraverso processi educativi. L'annuncio-testimonianza dell'azione salvifico-liberatrice di Dio in Cristo, così come l'interpretazione della realtà e della vita a partire da questo evento e messaggio, devono porre in atto un processo educativo critico, liberatore e umanizzatore, il cui obiettivo sia la maturità umana di ogni giovane. La pastorale giovanile, in sintesi, si può definire «educazione alla fede». A partire dall'incarnazione, la vita quotidiana e i suoi dinamismi sono assunti come strumento espressivo primordiale in cui porre le radici della fede.
    La categoria di sacramentalità, d'altra parte, ci permette di unire strettamente il visibile e il mistero nel dialogo salvifico tra Dio e l'uomo. Questa opzione per l'educazione pone ogni giovane, visto nella totalità delle sue dimensioni e nell'unità del suo dinamismo esistenziale, al centro di ogni progetto pastorale.
    Educare è aiutare a crescere, partecipare all'opera creativa di Dio e collaborare con lui alla maturità della persona. Una pastorale educativa pone al centro della sua azione la persona del giovane, crede nelle sue possibilità di crescita e di inserimento nella cultura del suo tempo con spirito critico e alla capacità di trasformarla e di perfezionarla.
    L'opzione educativa fa riferimento alla crescita della persona in quanto tale: sviluppo armonico di tutte le potenzialità che il giovane si porta dentro, ragione, affettività, desiderio di assoluto, attenzione alla dimensione sociale e alla cultura.
    Infatti la pastorale giovanile nella prospettiva evangelizzatrice non preten
    de di aggiungere una conoscenza religiosa e dei contenuti che le sono estranei; intende invece impostare un'azione che «tocchi e trasformi i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti di ispirazione e i modelli di vita» (EN 19). La particolare situazione di complessità in cui vivono i giovani oggi segna questo processo educativo con l'obiettivo concreto di sostenere la formazione di una interiorità che permetta l'organizzazione armonica della personalità e il superamento di letture superficiali della realtà.

    La prospettiva umanizzatrice concretizzata nell'impegno etico

    La pastorale giovanile, nel contesto di una nuova evangelizzazione, deve essere pensata come cammino di umanizzazione, ricerca di senso per la vita e scelta di valori. È qui, nel processo di educazione che restituisce a ogni giovane la propria dignità e gli permette di accedere al mistero dell'uomo, che si nasconde il dono gratuito della salvezza.
    I giovani non devono essere considerati semplicemente come oggetto del- l' attenzione della Chiesa; sono di fatto - e devono essere sollecitati ad esserlo - soggetti attivi, protagonisti dell'evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale.
    Ogni progetto pastorale deve mirare ad un impegno liberatore il cui fine sia di prolungare l'incarnazione di Cristo nel mondo, soprattutto tra i più poveri, e di costruire l'umanità nuova del Regno. Davanti ai giovani si aprono cammini di solidarietà con i più poveri ed emarginati.
    È necessario coltivare atteggiamenti di solidarietà e dialogo per animare e concretizzare impegni, attività legate al volontariato e compiti di promozione socio-politica degli emarginati. L'educazione e l'affermazione dei valori deve portare all'impegno etico, che affonda le sue radici nella formazione della coscienza e si specifica in una moralità personale e comunitaria, riempite di onestà, impegno per la giustizia e desideri di una società più umana.

    La prassi associativa e l'accompagnamento-orientamento

    La priorità dell'esperienza della fede e la realtà del giovane ci fanno considerare il gruppo come il riferimento più idoneo per situare il processo di educazione alla fede e di personalizzazione dell'esperienza, e come una mediazione privilegiata dell'esperienza di Chiesa.
    Il gruppo rappresenta una risposta concreta alle domande e alle esigenze giovanili; offre uno spazio per la riflessione e per l'appropriazione dei valori proposti in altri ambienti o nati dal gruppo stesso, come esperienza portatrice di valori specifici e, infine, fornisce un'esperienza capace di unificare fini, atteggiamenti e proposte. I gruppi e le piccole comunità sono nuclei cellulari in cui prende consistenza concreta e locale la Chiesa universale.
    Se il gruppo permette di superare il duplice rischio dell'individuo solitario e l'anonimato di un formazione ambientale e massiva, aprendosi al «noi solidale», l'educazione precisa un ulteriore passo: accompagnare-aiutare personalmente a situarsi e a prender posizione di fronte a se stessi, con gli altri e di fronte a Dio.
    L'accompagnamento culmina nell'orientamento come processo di aiuto perché i giovani si definiscono davanti a realtà come la natura, l'io, gli altri, l'altro. In epoca di pluralismo di scelte e di non definizione di cammini possibili, l'orientamento è imprescindibile per poter portare a termine un'evangelizzazione che aiuti la persona a trovare il suo posto di servizio all'interno della comunità umana e nella Chiesa. In tal modo ci poniamo nei processi di orientamento vocazionale.

    LINEE GENERALI PER UN PROGETTO DI PASTORALE GIOVANILE OGGI

    La pastorale giovanile come cammino di umanizzazione e di educazione alla fede deve organizzarsi intorno a progetti concreti e differenziati, in cui sia possibile tracciare tappe tra loro correlate e che si richiamino a vicenda. La situazione di lontananza rispetto alla fede, di semplice pratica religiosa, di apertura al fatto religioso e di impegno secondo l'identità propria di credenti cristiani, esigeranno modi particolari di organizzazione della pastorale giovanile. Qui ci limitiamo a suggerire alcune linee generali per un progetto di pastorale giovanile oggi.
    La salvezza - qualunque sia il termine con cui la si identifica - è la meta di ogni azione evangelizzatrice e pastorale; rappresenta l'aspirazione fondamentale dell'uomo ed è ricercata con particolare cura dai giovani.
    Trasmettere la speranza-esperienza della salvezza deve portare il giovane di oggi alla scoperta esistenziale di se stesso e all'accoglienza del dono dell'auto- comunicazione salvifica di Dio. È questa la radice di tutti i progetti, radice sempre situata nelle realtà concrete della vita quotidiana.

    Obiettivo centrale del progetto: il senso come affermazione della vita

    L'obiettivo ultimo della pastorale giovanile e, di conseguenza, di ogni itinerario educativo-pastorale, è l'unione di fede, vita e cultura, in modo tale che la prima sia scoperta come senso e affermazione delle altre due. Soltanto una fede salvifica che porti ad amare la vita potrà essere significativa per i giovani e permetterà loro di riconoscere il Signore della vita. Le esperienze umane, come indispensabile chiave interpretativa della parola di Dio, sono anche il luogo privilegiato della nostra risposta, lo spazio esistenziale del nostro incontro con Lui.
    L'integrazione di fede, vita e cultura si caratterizza dal fatto che la persona di Gesù Cristo e il suo messaggio funzionano come il principio unificatore e totalizzante della struttura della personalità del giovane cristiano. Tale integrazione è la traduzione delle proposte di relazione fede-salvezza nelle situazioni della vita. Questo obiettivo difficilmente potrà essere operativo di fronte alla realtà della maggioranza dei giovani che possiamo incontrare. Per questo motivo bisognerà operare alcune traduzioni di tale obiettivo: salvezza per senso, unione di fede e vita per amore alla vita o affermazione del senso della vita. Dialogare con l'attesa e con l'angoscia dei giovani, aiutarli a riconoscere il vuoto e la speranza... è l'unica via per seminare la fede nel campo umano dei desideri di pienezza.
    Non si tratta di entrare in una pastorale giovanile light, ma di essere coerenti con la prospettiva dell'incarnazione come evento e come metodo che ci porta a tradurre, in linguaggi comprensibili e significativi, i processi pastorali come processi umanizzatori attraverso i quali raggiungere l'apertura alla trascendenza e la sua affermazione, esplicita o implicita.

    Itinerari per la pastorale giovanile

    Ogni progetto deve svilupparsi seguendo una successione ordinata di tappe o momenti educativi direttamente in relazione con l'obiettivo fondamentale.
    Un itinerario ben strutturato cura di garantire la sistematicità dell'azione educativo-pastorale. Le differenti tappe formano una unità raggruppata intorno agli obiettivi educativo-pastorali, alle sfide dei giovani, alle esperienze educative e alla verifica di ognuno dei processi implicati. Questi gli elementi dell'itinerario:
    * obiettivi specifici: si situano nella maturità e nella crescita della persona; nell'incontro con Gesù Cristo, l'uomo nuovo che ci svela il senso dell'esistenza; nell'inserimento progressivo nella comunità dei credenti; nell'impegno per il Regno;
    * punto di partenza: la situazione concreta dei giovani...;
    * metodo e valutazione: il primo, cerca di creare le condizioni favorevoli e suppone una particolare selezione-organizzazione dei mezzi disponibili in operazioni educativo-pastorali; il secondo, obbliga a una verifica costante.

    Animazione e animatori nella pastorale giovanile

    L'animazione è un originale stile educativo e pastorale che ha come obiettivo la maturità delle persone e delle istituzioni, attivando un processo critico di promozione liberatrice che si sviluppa all'interno dei comuni processi di socializzazione. Animazione significa parlare di personalizzazione e di educazione della coscienza a dispetto dei meccanismi di socializzazione e di assimilazione passiva, di qualunque patrimonio culturale o sociale si tratti, che hanno la pretesa di soggiogare la persona e di porla in uno stato di dipendenza. Il modello educativo assunto dall'animazione rappresenta una proposta ideale alle sigenze che scaturiscono dai processi di educazione alla fede. Si tratta di una risposta personale, libera e responsabile, pronunciata all'interno di un progetto che ha una propria consistenza normativa e una precisa dimensione comunitaria. Educare richiede, contemporaneamente, responsabilità, libertà e disponibilità solidale.
    L'animazione è, forse, lo stile più appropriato per intervenire nell'educazione alla fede. La pastorale non è soltanto contraria alle parole-chiave dell'animazione (come persona, libertà, coscienza, creatività, partecipazione, responsabilità), ma le rimanda ad eventi e ad esigenze che le conferiscono un significato più pieno.
    L'animazione e la pastorale giovanile hanno un volto concreto che accompagna il cammino di fede dei giovani: l'animatore ed educatore. La definizione del profilo dell'animatore deve essere uno degli elementi a cui prestare maggiore attenzione nell'elaborazione dei progetti di pastorale giovanile. Essere testimoni di riferimento e annunciatori della fede tra i giovani è compito di tutti, ma non si può prescindere da alcune persone che si occupino più direttamente di aprire nuove strade: persone con il carisma specifico, che abbiano una appassionata fiducia nei giovani, capaci di reinterpretare la vita quotidiana, di leggere in essa e, soprattutto, che sappiano testimoniare la storia di Gesù e della sua Chiesa con la propria vita.

    PER UNA NUOVA INCULTURAZIONE DELLA FEDE CRISTIANA

    La prima condizione per una vera inculturazione è la presa di coscienza e l'accettazione dell'influenza reciproca tra religione e realtà socio-culturale. I giovani e la cultura che li circonda richiedono una riformulazione dell'annuncio. L'inculturazione si basa sul mistero dell'incarnazione.
    Non esiste un cristianesimo preesistente alla cultura e alla storia. Di conseguenza non c'è un parallelismo semantico tra inculturazione e incarnazione. Nessuno può pretendere che la fede rimanga fissa nei termini e nelle espressioni che non sono del tutto significative per l'uomo di oggi e, soprattutto nel nostro caso, che non sono comprensibili per i giovani di oggi.
    Molte affermazioni che risultano chiare alla riflessione teologica non hanno però delle applicazioni pratiche tali che possano sfigurare la memoria di Gesù Cristo in sistemi fondamentalisti. La fede cristiana deve entrare con decisione nella via della libertà voluta dal Dio della vita.
    Il problema di Dio, per intenderci, è il quesito più libero e gratuito possibile che deve sperimentarsi non tanto come spiegazione, quanto come puro dono. Dio si è incarnato in Gesù di Nazareth per la nostra libertà e così, solo così, apre una speranza di futuro per la nostra storia personale e collettiva.
    La vita dei giovani sottolinea la necessità di situare la fede cristiana nell'ottica di una nuova significatività e credibilità in cui identificazioni pur parziali siano assumibili come cammini responsabili dei processi pastorali che la comunità ecclesiale porta avanti.


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