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    Daniela


    Storie (di vita vera)

    Enzo Pappacena

    (NPG 1995-04-46)

     

    Non ho più rivisto Daniela dopo quel nostro breve incontro durato poco più di un'ora. Sono passati anni ma non ho mai dimenticato quel giorno...
    Si avvicinava il Natale, la città era piena di luci colorate, la gente camminava soddisfatta per le strade e, con tanti pacchi in mano, regalava volentieri sorrisi ai passanti. Non a lei, seduta per terra, vestita con uno sbiadito maglione verde ed un blue jeans chiaro, con accanto una scatola di cartone con qualche spicciolo.
    La testa china sulle ginocchia, i suoi lunghi capelli neri riuscivano a nasconderle il viso, ma non la giovane età.
    Anch'io, come gli altri, feci la mia offerta in denaro: qualche migliaio di lire, giusto quanto basta per compare il silenzio dell'anima. Ma quella volta non fu semplice baratto. Il mio cuore era vinto dall'angoscia, figlia di mille letture traboccanti di vita, sofferenza e amore, e di tante esortazioni e testimonianze, la preziosa eredità di autentici eroi dell'Amore conosciuti nel mio tempo di vita.
    Intanto Daniela era lì, con i suoi vent'anni buttati sulla strada, a raccattare qualche briciola di pietà che a volte si fa commiserazione, altre disprezzo, mai solidarietà. Tra tanti pensieri decisi di voltarmi: volevo parlarle, volevo capire.
    Spostò i capelli dal volto: il viso bianco e gli occhi spenti narravano più delle sue parole una sofferenza che affondava le radici nell'incomprensione e nella cattiveria degli uomini. II suo paese di provincia le andava stretto: troppi í pettegolezzi, facili i giudizi. La sua famiglia, poi, non capiva: regalava solo catene ai suoi sogni. Gli amici? Ognuno era intento farsi i fatti propri!
    Un giorno Daniela scoprì di avere grandi ali. Decise così di spiccare il volo da quel paese che limitava il suo dolcissimo cuore verso orizzonti colorati di libertà. Avrebbe portato con sé un solo bagaglio di sogni e di ingenuità. Ma non andò molto lontano. Il suo volto fu intercettato da un ragazzo di città. E quando lei si fermò non immaginava che le sue ali si sarebbero spezzate. «Ci parlavo bene - mi disse - e con lui mi sentivo sicura. Subito me ne innamorai».
    In quella città scorrevano i sotterranei fiumi della morte, che trasportano la terribile polvere bianca. E lui, un giorno, aveva attinto a quelle maledette acque ed in quel fango rimase prigioniero. Daniela non riusciva a liberarlo; fortuna volle che non fosse divorata anche lei nel baratro.
    Al giovane non bastò il candore e la semplicità di una ragazza che nulla gli chiedeva se non di sognare. A lui servivano soldi per la sua dose giornaliera di eroina. E lei non sapeva dove trovarli. «Vederlo in quello stato e non poter far niente mi distruggeva - disse piangendo -. Riuscivo a procurare un po' di soldi chiedendo lavoro nelle campagne vicine, ma erano sempre troppo pochi».
    Gli stava vicino e lo amava lo stesso. Ma quando il ragazzo le chiese di vendere il suo corpo, Daniela capì che era tempo di rimettersi in viaggio. Sola, sulle strade del mondo, vivendo quel poco, bussando alle porte che non si aprono mai, conobbe l'umiliazione, l'indifferenza, la malvagità e l'ipocrisia. Da allora sul suo volto non si è più posato il sorriso.
    «Adesso sono qui...» mi disse e pensando ad alta voce aggiunse: «La mia casa è a due ore di treno da qui, ma non ce la faccio a tornare. La gente... i miei genitori... No, non è possibile! Non mi accetterebbero mai». Era passato solo un anno da quando aveva lasciato la sua casa e tante cose erano ormai cambiate. Ma per Daniela quel muro di silenzio e quella rigida barriera fatta di paure e di orgoglio era divenuta insormontabile: la sua famiglia e il suo paese sembravano ogni giorno allontanarsi sempre più.
    Le dissi che volevo aiutarla. Lei sorrise, un sorriso sincero e grato che mi rivelò il dolce profumo di un'anima pulita. La invitai ad alzarsi e a mangiare qualcosa nella vicina rosticceria. «Se vuoi - le dissi - posso accompagnarti io stesso a casa».
    «No, non adesso - rispose -. Voglio pensarci un po', forse domani!».
    Le strinsi la mano, lei mi sorrise ancora e andò via. La seguii con Io sguardo; poi si perse tra la gente. La città era vestita a festa quella sera e nulla sapeva di Daniela, dei suoi vent'anni, del suo cuore, dei suoi sogni e dei suoi occhi tristi. Lei, anonima tra anonimi, rientrava nei sobborghi del silenzio e del dolore.
    Intanto la città ignara si preparava al Natale.


    T e r z a
    p a g i n A


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