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    Adolescenti ieri e oggi


    Massimo Ammaniti

    (NPG 1995-05-19)

     

    Non parlerò di «adolescente», ma di «adolescenti» oggi.
    Infatti non esiste un unico modello di adolescenza; anzi gli adolescenti presentano comportamenti diversi a seconda delle culture, delle classi sociali e dei periodi storici.
    Anche in passato, come nel mondo romano e greco, esisteva una adolescenza, che rimandava al passaggio dall'età infantile all'età adulta. In molti testi di quel periodo vengono richiamati riti di iniziazione, di passaggio, che sancivano l'ingresso nel mondo adulto e comportavano talora vere e proprie mutilazioni del corpo, in qualche modo indicando che l'adolescente doveva «sacrificare» qualche cosa per entrare pienamente nel mondo degli adulti.

    La nascita dell'adolescenza

    Tuttavia il concetto di adolescenza (intendo con questo termine un periodo nel quale emergono specifici bisogni, esigenze, dinamiche psicologiche, e così via) nasce molto più tardi: lo storico afferma che i concetti di infanzia e di adolescenza si sviluppano solo dopo il XV- XVI secolo.
    Anche nella letteratura si comincia a parlare di adolescenza solo in tempi recenti. Alla fine del secolo scorso vede la luce il romanzo di Dostoevskij, L'adolescente: il tema centrale è quello del figlio illegittimo, che entra nell'adolescenza con una situazione di contrasto nei confronti della figura paterna che non l'ha riconosciuto. Più recentemente in questo secolo appare il romanzo di Musil, I turbamenti del giovane Törless. In esso il gruppo degli adolescenti mette in atto dinamiche e relazioni di sopraffazioni e subordinazioni, per cui il ragazzo debole spesso diventa il capro espiatorio del gruppo. Un altro romanzo interessante è Tonio Kröger di Thomas Mann, che mostra la profondità della relazione di amicizia nell'adolescenza: in alcuni momenti essa diventa addirittura speculare, sino quasi alla trasformazione di essa in legami e comportamenti fusionali. Avvicinandoci di più alla nostra letteratura, si impongono il romanzo di Moravia, Agostino, in cui si parla delle prime esperienze di iniziazione sessuale, e La Ciociara, il cui tema centrale è la violenza sessuale subita dalla ragazza adolescente.
    Nel nostro secolo l'immagine dell'adolescente è cambiata non solo nella letteratura, ma anche nella pittura. Nei quadri di un pittore come Kokoska, l'immagine dell'adolescente è molto diversa rispetto ai giovani del passato: ora è rappresentata con uno sguardo inquieto, tormentato. Comincia quindi sempre più a prendere corpo l'immagine di un adolescente in difficoltà, turbolento, con dei problemi.
    Oltre ai romanzi, un dramma teatrale, Giulietta e Romeo di Shakespeare, tocca uno dei punti fondamentali dell'adolescenza: il tema dell'amore adolescenziale e la scelta dell'amore, il gruppo sociale e i gruppi familiari. Interessante nel dramma è il tentativo da parte dei due gruppi familiari di scoraggiare questo amore che nasce al di fuori delle convenzioni e delle regole del funzionamento sociale: l'amore adolescenziale può mettere in discussione ciò che è costituito.
    La conclusione del dramma è la morte di entrambi.
    Ritornando al nostro secolo, chi ha dato sul piano clinico un contributo fondamentale alla comprensione dell'adolescenza, è stato Freud, senza dubbio uno dei primi clinici che ne ha parlato in modo approfondito.

    LA COMPRENSIONE DELL'ADOLESCENZA

    Parliamo di adolescenza, si possono distinguere due facce. Una è la direzione del processo adolescenziale, osservabile in tutti i periodi storici, nelle varie classi sociali: sono quei processi, dinamiche, tappe, conflitti che potremmo dire invarianti, e che rappresentano il «nucleo» del passaggio adolescenziale.
    L'altra è la forma che l'adolescenza assume, cioè la sua specifica configurazione a seconda degli orientamenti, dei valori sociali, delle regole anche di tipo educativo che vigono all'interno del gruppo sociale.
    Cercando di definire la direzione dell'adolescenza, si può utilmente rifarsi alle tappe scientifiche della comprensione dell'adolescenza.

    Processi e meccanismi

    Nel 1905 Freud scrisse i Tre saggi sulla teoria sessuale, dove definisce la pubertà (termine che egli preferisce a quello di adolescenza) come un processo biologico, legato alla maturazione fisica e sessuale, che mette in moto il processo adolescenziale con le sue trasformazioni psicologiche e sociali. La pubertà, secondo Freud, è la tappa finale dell'infanzia. E così egli non riconosce all'adolescenza il valore di una vera e propria fase. Probabilmente questo punto di vista è legato al fatto che nella concezione freudiana i primi anni di vita sono quelli che intervengono in modo
    decisivo a strutturare la personalità umana; e l'adolescenza, per certi versi, è solo la conclusione.
    Negli stessi anni, tra il 1905 e il 1906, negli Stati Uniti, lo psicologo Stanley Hall scrisse un trattato sull'adolescenza e, per definirla, coniò il termine «turmoil», per indicare lo sconvolgimento, il profondo turbamento che caratterizza ogni adolescente. Con questo modello in qualche modo si è riproposta anche nei successivi contributi scientifici l'adolescenza, come un periodo di grandi turbamenti, come un periodo di sofferenze profonde, un vero conflitto di sviluppo.
    Dopo questi primi due contributi, bisogna aspettare venti anni, fino al 1935, quando Anna Freud scrive I meccanismi di difesa, con due capitoli dedicati alla pubertà, in cui si mettono in luce due meccanismi tipici per far fronte al conflitto centrale dell'adolescente. Questo sarebbe legato alle pulsioni, ai desideri sessuali dell'adolescente, per cui egli deve fare i conti con un corpo in trasformazione sperimentato come qualcosa di incontrollabile e di temibile, per lo meno fino a che non ha elaborato e integrato nell'immagine di sé queste trasformazioni. Per fronteggiare questa situazione, l'adolescente utilizza il meccanismo dell'ascetismo: cerca cioè di negare il bisogno del proprio corpo, di controllarlo attraverso degli atteggiamenti ascetici. Ecco allora le restrizioni alimentari che possono portare fino all'anoressia: fenomeno questo, tra l'altro, molto decisivo negli adolescenti d'oggi.
    L'altro meccanismo sta nella intellettualizzazione. L'adolescente infatti va incontro a profonde trasformazioni di tipo intellettivo e cognitivo, per cui è in grado di utilizzare dei processi di pensiero molto complessi e di cominciare a porsi interrogativi di tipo filosofico. Secondo A. Freud questo è un modo per allontanare i problemi del corpo e vivere nella dimensione della mente.
    Dopo il 1935, il problema dell'adolescenza rimane per molti anni in secondo piano nella ricerca psicanalitica e psicologica, al punto che nel 1958. A. Freud scrive che l'adolescenza è la cenerentola della psicanalisi.
    Con gli anni Sessanta la situazione cambia profondamente, e cominciano a comparire contributi di grande interesse che aiutano a comprendere meglio il mondo dell'adolescente e le dinamiche adolescenziali, contributi che mostrano come l'adolescenza sia un periodo importante nel ciclo vitale umano.
    Perché proprio ora si cambia?
    Come spesso succede, la ricerca scientifica è anche influenzata profondamente dai cambi sociali: nel dopoguerra i giovani diventano un problema sempre più importante nel contesto sociale. Scoppiano le bande giovanili, e i fenomeni di contestazione orientano inevitabilmente la ricerca. Sono gli anni in cui escono i film che affrontano la condizione giovanile: Gioventù bruciata con James Dean, che affronta appunto il problema delle bande giovanili; West Side Story, il musical di Bernstein, in cui si confrontano gruppi di ragazzi bianchi e di portoricani tra i grattacieli di New York. In questo film si ripropone il dramma di Giulietta e Romeo: due ragazzi, appartenenti a due bande diverse, non possono stare insieme perché esiste l'interdizione dei due gruppi. Il fatto nuovo è che chi vieta l'amore adolescenziale sono i gruppi di coetanei, non più i familiari.

    Le fasi

    Dopo gli anni Sessanta, Peter Blos, uno psicanalista americano di origine europea, mette in luce che nell'adolescenza emergono tre fasi diverse.
    Una prima adolescenza, molto legata al fenomeno della pubertà, ossia della trasformazione somatica e sessuale: il compito fondamentale di questa fase è quello di staccarsi dal mondo infantile. Questo distacco è come un vero e proprio lutto per l'adolescente, perché avviene la separazione dalle identificazioni, dai legami delle certezze infantili. sperimentando così una terribile perdita. Questo comporta perlopiù sensi di vuoto, di inutilità, di fluttuazioni con varie crisi personali e senza più le figure di riferimento che avevano orientato il suo mondo.
    A tutto ciò si ricollega il cambiamento dei processi cognitivi in adolescenza, con l'introduzione del dubbio: l'adolescente è ora in grado di avanzare ipotesi sulla realtà, di rendersi conto che quanto vede è solo un aspetto delle moltissime possibilità, è in grado di decentrarsi, di accettare il relativismo della sua posizione. Da qui nasce la crisi di identità, fenomeno centrale dell'adolescenza.
    In questa prima fase adolescenziale è fondamentale anzitutto il rapporto con i coetanei, con cui (se ne accennava prima a proposito del romanzo di Thomas Mann) si intessono legami profondissimi, a volte di tipo fusionale. L'adolescente cioè si rispecchia nell'amico e la ragazza nella propria amica, con un legame totale e spesso anche carico di suscettibilità e di senso di lealtà. Sono rapporti speculari, che servono a dare coesione al sé dell'adolescente. Si giunge sino all'inconcepibile: al termine di una lunga giornata passata insieme, un adolescente dice all'altro: accompagnami a casa; e arrivati a casa si ripete: ora tu mi accompagni a casa mia! Sicuramente in nessun altro momento della vita l'amicizia è così centrale.
    L'altro fattore importante è il gruppo, che diventa per il soggetto un luogo di identificazione molto forte. L'adolescente ragiona in termini di «noi», ossia mentre agisce, mentre parla è come se avesse una sorta di udienza immaginaria, come se parlasse sempre ai suoi amici e vivesse in relazione con loro.
    È interessante osservare le dinamiche del gruppo, che presentano particolari meccanismi. Uno di essi è l'uniformità, ossia la tendenza ad avere dei comportamenti uniformi a sanzione dell'appartenenza al gruppo. È importante il codice del gruppo. I riti e i codici di iniziazione del passato sono ora elaborati dal gruppo: il modo di vestirsi, di portare i capelli e così via. Questo dà il senso di condividere, di appartenere, ed aiuta l'adolescente ad affrontare questo periodo di transizione e di senso di vuoto che sta vivendo.
    Abbastanza tipico dei gruppi adolescenziali è che durano per un certo periodo e poi tendono come a terminare la corsa, o meglio perdurano ma con diverso significato. È la ragazza prima del ragazzo ad abbandonare il gruppo, giungendo più precocemente ad una autonomia personale e trovando un baricentro interno.
    Dopo questa prima fase, seguono le fasi della media e della tarda adolescenza, in cui progressivamente, il ragazzo o la ragazza si separano anche psicologicamente dai propri genitori, cominciano a costruirsi propri criteri. Si sviluppa così il processo di individuazione: si costruiscono cioè le caratteristiche stabili della propria identità personale. E, come ci si avvicina alla tarda adolescenza, diventa quanto mai importante mettere alla prova della realtà le proprie acquisizioni: l'esame di maturità è una situazione di forte verifica di se stessi. Un'altra prova importante, oggi, è l'esame della patente, che suscita in molti giovani paure e turbamenti, perché anche sul piano simbolico significa potersi mettere al volante non solo della macchina, ma della propria vita. Poi tutta una serie di altre prove vengono a ritmare quest'ultima fase: in passato era molto importante il servizio militare. Il distacco dalla famiglia, il vivere nel gruppo ed essere in grado di costruire delle transazioni con gli altri, mantenere il proprio spazio e così via.
    Un elemento decisivo della fase è il problema dell'ideale dell'io. Gli adolescenti possiedono un ideale dell'io piuttosto alto, con grandi aspettative rispetto a sé e agli altri.
    Spesso sono insofferenti ed intolleranti verso il mondo ed esigenti con se stessi; difficoltà sul piano scolastico. sul piano della competizione, del rendimento possono essere legate di frequente a ideali dell'io troppo elevati, mentre è necessario che l'adolescente sia disposto ad accettare il rischio del fallimento e dell'insuccesso. In molti casi, ad esempio per le difficoltà scolastiche, non ci si trova davanti ad un adolescente che non ha voglia di fare niente; è un adolescente invece che ha ideali talmente alti che per paura di fallire rinuncia al compito. cioè preferisce abbandonare il campo piuttosto che ridimensionare il proprio ideale dell'io e non riuscire a corrispondere alle sue aspirazioni perfezionistiche.

    La crisi di identità

    Negli stessi anni, un altro psicanalista americano di origine europea, Erikson, considera centrale nell'adolescenza la crisi d'identità: come se avesse identità multiple. In taluni momenti ha un atteggiamento sprezzante, adulto, pensa di farcela da solo; in altri invece si presenta ancora come un bambino; in altri poi vive un rapporto ambivalente all'interno del gruppo, con un'integrazione di sé che otterrà solo al termine dell'adolescenza.
    Anche i Laufer, due psicanalisti inglesi, lavorano da molti anni nel campo dell'adolescenza. Essi ritengono che il problema centrale di ogni adolescente, ancora oggi, anche se viviamo in una società più aperta, è quello del corpo e della sessualità: il problema è di riuscire a tollerare l'intimità psicologica e fisica del rapporto con l'altro. Attorno a questo problema si creano nell'adolescente paure, preoccupazioni, apprensioni che dovranno essere affrontate progressivamente.
    Come è stato messo in luce, tutti questi autori hanno tracciato il quadro di una adolescenza conflittuale. Ma non tutti sono unanimi. Ci sono ricerche di psicologi americani che rilevano come solo il 25% degli adolescenti subirebbe questo tipo di sviluppo tumultuoso; sempre secondo questi, un altro 25% avrebbe uno sviluppo ad ondate con momenti critici e periodi di stabilizzazione; infine il 50% vivrebbe uno sviluppo più progressivo e più graduale senza momenti di conflitto.
    Perché questa differenza?
    Sicuramente le ultime ricerche sono svolte più a tappeto, fatte in tutto il mondo con strumenti di indagine approfonditi, mentre le altre seguono metodi di studio e di ricerca in grado di cogliere i turbamenti più profondi degli adolescenti.
    Questo è quanto riguarda la dimensione del processo adolescenziale.

    ADOLESCENTI OGGI

    La forma del processo adolescenziale invece è legata ad una serie di criteri e di orientamenti tipici del modello sociale. Ne esaminiamo il cambiamento degli ultimi decenni.

    I luoghi di socializzazione

    Un primo criterio è la gerarchia dei luoghi di socializzazione. Per Freud, nella Vienna di inizio secolo, il luogo di socializzazione centrale era la famiglia, che aveva a sua disposizione una serie di conoscenze sulle varie fasi del passaggio adolescenziale. Ed esistevano dei ritmi di passaggio, che venivano a sancire momenti cardine della vita umana molto più definiti: per i ragazzi, pantaloni corti, pantaloni alla zuava, pantaloni lunghi, a mano a mano che si cresceva; per le ragazze: calze di cotone, poi quelle di seta, quelle di nylon, e così via. Il tutto era definito, ritmato. Questo aiutava, per certi versi, l'adolescente nel passaggio, perché sapeva qual era la tappa successiva e aiutava anche i genitori a riferirsi come a degli schemi di comportamento generale. In molti casi ades so è il gruppo degli adolescenti a costruire i propri rituali, e spesso sono dei rituali che non aiutano.
    Negli ultimi decenni poi si è verificato un cambiamento di tipo antropologico. La Dora di inizio secolo, di cui parla Freud, era una ragazza il cui conflitto centrale coinvolgeva la coscienza, la censura interna, per cui le fantasie sessuali non potevano essere accettate. Era quella che veniva chiamata la cultura della colpa. In questi anni recenti, anche se il senso di colpa continua ad esistere, il problema centrale sembra essere un altro: la cultura del narcisismo, ossia dell'attenzione e cura per riuscire a realizzare se stessi. Da qui l'attenzione al proprio corpo, alle aspirazioni e ai bisogni propri, mentre il conflitto viene giocato tra l'individuo e il gruppo sociale, cioè sulla possibilità per l'individuo di realizzarsi rispetto al gruppo sociale e all'interno di esso.
    Un terzo criterio importante è il prolungamento dell'adolescenza: gli studi si allungano, gli sbocchi professionali diventano difficili, la società non dà grande spazio agli adolescenti. E questo crea una abnorme permanenza degli adolescenti e dei giovani in famiglia. In una ricerca sui giovani degli anni '90 emergeva il fatto che i maschi rimangono in famiglia in media fino a 28 anni, molto più delle femmine, le quali posseggono una autonomia maggiore e se ne distaccano più precocemente. Negli Stati Uniti e nei Paesi anglosassoni non è così: a diciotto anni vanno via di casa e, se vanno all'università, si inseriscono in una università di un'altra città; e questo viene sancito dal gruppo sociale. Nella situazione italiana si creano invece conflitti spesso insanabili: il bisogno di autonomia da una parte e la dipendenza economica, psicologica dalla famiglia dall'altra.
    Cito un fatto che considero importante. In molti paesi del nord l'adolescente è ritenuto un individuo soggetto di diritti, in grado di contrattare e su cui la società investe, per cui i giovani ricevono delle sovvenzioni agevolate per studiare, direttamente dallo stato, e non dalla famiglia. E quando il giovane entrerà nel mondo del lavoro restituirà quanto ho ottenuto in anticipo. Questo è estremamente rilevante, perché significa considerare il giovane soggetto di contrattualità e riconoscere la sua identità.

    La famiglia degli adolescenti

    Un ulteriore aspetto che è cambiato negli ultimi decenni è l'atteggiamento della famiglia. Mentre nelle generazioni passate c'era una distanza generazionale molto grande tra genitori e figli, per cui sussisteva un atteggiamento di rispetto ma di poca intimità e di scarsa comprensione, negli ultimi anni si è creato un clima diverso: i genitori molto spesso assumono un atteggiamento più amichevole e comprensivo, perché gli adolescenti continuano ad aver bisogno di genitori con una loro identità, ossia che non rinunciano al loro compito educativo. Troppo spesso i genitori hanno paura di entrare in contrasto con i figli e preferiscono essere amati, essere coccolati piuttosto che mantenere una loro presa di posizione.
    Questo non aiuta gli adolescenti: perché solo nella diversità dei punti di vista si apre una contrattazione. È questo che aiuta l'adolescente a confrontarsi con i genitori e a costruire il proprio sé.
    Gli elementi cui si è fatto riferimento sino ad ora rischiano di creare un modello di adolescenza interminabile, ossia di rimanere eterni adolescenti, di non confrontarsi mai con il mondo sociale, il mondo del lavoro, e così via.
    Ma un altro aspetto importante emerge: occorre certo mantenere una dimensione adolescenziale anche in età adulta, come l'essere capaci di entusiasmarsi, di meravigliarsi; ma rimanere degli eterni adolescenti sarebbe veramente problematico.
    Senza dubbio la famiglia è chiamata in causa. Come esiste una trasformazione adolescenziale, così si verifica una trasformazione della famiglia dell'adolescente. Anche la famiglia deve affrontare una serie di compiti nuovi, e nella maggior parte dei casi deve accettare l'autonomia e l'indipendenza dei figli, e quindi costruire un rapporto diverso con i figli. I genitori non sono più la guida assoluta; non devono interferire nella vita del figlio, ma dimostrare una disponibilità all'ascolto e all'orientamento. In un certo senso anche i genitori devono affrontare un lutto, perché quando un figlio entra nell'adolescenza, nella maggior parte dei casi si trovano di fronte alla conclusione del ciclo fertile: comincia il problema dell'invecchiamento, cercheranno di interferire e ostacolare l'autonomia del figlio, con tutti i problemi che ne conseguono.

    Fenomeni nuovi

    Negli ultimi anni osserviamo perlopiù fenomeni nuovi.
    L'adolescenza è un periodo complesso, difficile per ogni ragazzo e ragazza. Spesso le difficoltà tendono ad esprimersi e a canalizzarsi in comportamenti che ricevono un riconoscimento sociale. Ma talvolta anche non capita: il problema dell'anoressia è un fenomeno molto diffuso negli ultimi dieci-quindici anni, prima negli Stati Uniti, poi in Europa e in Italia.
    Rappresenta, soprattutto da parte della ragazza, un rifiuto delle seduzioni che vengono dal legame con la madre. Il cibo è molto connesso alla figura della madre e alla dipendenza nei suoi confronti. Nel maschio invece la cosa si pone diversamente in quanto tende inevitabilmente a staccarsi dalla madre, proprio perché ha una identità di genere differente. Il problema comunque rimane determinante.
    Un altro è il fenomeno dei naziskin. Non è un fatto politico, ma tipicamente adolescenziale, e credo che sarebbe un grave errore definirlo un fenomeno politico. Nella maggior parte dei casi si tratta di ragazzi di quattordici-se dici anni. Basta considerare i loro manifesti: ciò che affermano è la purezza della propria identità. Si parla della genuinità di identità razziale contro gli stranieri, ma questo è un problema squisitamente adolescenziale: l'adolescente vuole mantenere una propria identità immutata e immutabile, rigida e fissa, e ha paura di affrontare i processi estranei, gli aspetti nuovi e inquietanti delle trasformazioni della sua età. Così si crea il fenomeno.
    A conclusione, riprendo le parole di uno psicanalista e pediatra inglese, Winnicot: «L'adolescenza è una malattia normale; il problema non è quello dell'adolescente, il problema è se viviamo in una società abbastanza sana da poter tollerare la malattia dell'adolescente».

    (Da una conversazione ai Martedì Letterari, Roma)


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