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    Modelli culturali di identità al maschile e al femminile



    Gioia di Cristoforo Longo

    (NPG 1994-05-23)

     

    L'IDENTITÀ DEL GENERE FEMMINILE: UN'INTRODUZIONE AL PROBLEMA

    Il lavoro legislativo nazionale, gli incontri e le definizioni in avanzata riformulazione a livello internazionale sono gli aspetti più immediatamente visibili di un processo che per certi versi ancora riguarda il cambiamento profondo avvenuto in tutto il mondo, pur con le inevitabili differenze, che ha investito tutte le donne nel recepire se stesse in quanto donne e che ha ormai grandi ricadute, non solo più teoriche, nella vita sociale e politica complessiva dei vari Paesi. È in atto, infatti, un grande processo di ridefinizione delle identità di genere. Processo le cui iniziative e la cui titolarità storicamente appartengono alle donne, ma che è ormai comune a tutti, donne e uomini, pur distinto per fasi e contenuti. Si tratta, infatti, di una ridefinizione asimmetrica, che vede le donne in una fase molto più avanzata.
    Un aspetto fondamentale del processo di ridefinizione della propria identità di genere femminile riguarda la messa in discussione di tutto il sistema che organizza la vita privata e pubblica: si comprende che dalla concezione rigida della divisione dei ruoli discende tutta una serie di condizioni di vita che, prima accettate aprioristicamente, acriticamente, possono e debbono, invece, essere ridiscusse.
    Da queste premesse parte la critica serrata alle condizioni culturali in cui si esplica la vita familiare, «luogo» di sfruttamento e oppressione della donna: si comprende che tutta l'organizzazione economica e sociale nonché l'organizzazione familiare interna presuppongono una donna che assolva determinati compiti e funzioni, che sono quelli che consentono a tutta la società di stare in piedi, di svolgersi secondo le regole date, compresa quella dell'esclusione della donna dalla vita sociale e politica.
    Il movimento delle donne diventa allora un soggetto politico, portatore di contenuti che rivoluzionano il consolidato modo di sentire e operare. Il femminismo esploso dagli anni '70 in poi, inteso come rilettura del proprio sé in quanto genere e reinterpretazione, partendo da questo dato, di tutto il mondo, è ormai patrimonio culturale diffuso in tutte le donne, indipendentemente dal fatto che esse siano in grado di vivere la propria vita in coerenza ai nuovi valori scoperti o riscoperti, comunque riletti.
    Nella fase di transizione culturale, alle donne vengono riconosciuti nuovi status; a ciò, però, in concreto spesso non corrispondono i ruoli conseguenti. Ancor di più, spesso, si realizza una situazione per cui le donne svolgono i ruoli corrispondenti agli status relativi ai due modelli culturali, il vecchio e il nuovo, pur confliggenti tra loro. Di qui la fatica e il «funambolismo culturale» delle donne che hanno vissuto in pieno questa fase di transizione culturale. Funambolismo per cui hanno acquisito una capacità «in più», una capacità a regge-re e ad abbracciare più situazioni, facendosi carico di problemi tra loro profondamente diversi.

    La maternità: un nodo centrale della nuova identità

    L'esigenza di questa nuova realtà di cui le donne sono state e sono ogni giorno «genitrici» è testimoniata da una ricerca (G. Di Cristofaro Longo, 1992), rivolta a rilevare i termini di un mutamento di percezione culturale rispetto alla maternità.
    Sono stati documentati gli orientamenti, i sentimenti e i valori della nuova cultura della maternità.
    Mutazione antropologica che ci comunica un orgoglio di maternità come riscoperta di un'esperienza fondamentale, distintiva, ma non esclusiva della propria identità di genere riformulata, a condizione che sia frutto di una scelta autodeterminata, espressione del diritto inalienabile di scegliere quando diventare madre.
    Codice madre è il titolo del libro che ne ha raccolto i risultati, nel triplice senso: a) codice madre, nel senso di un insieme, di «corpo» di elementi, valori, orientamenti, sentimenti che interagiscono e caratterizzano in termini nuovi la maternità: b) codice madre, come vera e propria nuova codificazione: nuove leggi, nuovi principi che ispirano l'evento maternità visto nel suo complesso, sul piano sia dei contenuti sia dei soggetti coinvolti nell'evento; c) codice madre, come chiave, modalità di accesso, «codice» sempre meno segreto, per entrare nella nuova dimensione culturale della maternità all'interno della nuova cultura di riferimento delle donne.
    Intorno alla maternità, infatti, si è giocata la crisi di identità della donna e oggi la sua ridefinizione non può non passare per una profonda rilettura in termini culturali di tale evento. Sulla maternità la cultura dominante sessista ha costruito infatti una subordinazione e conseguente emarginazione sociale della donna, che nulla aveva a che fare con la maternità in quanto tale. Si è trattato, infatti, di un tipo di gestione culturale dell'evento, che ha espropria to la donna dalla gestione dello stesso in termini di soggettività.
    Costruzione fondata sulla ruolizzazione totalizzante e predeterminata della donna, per cui la sua identità doveva necessariamente ed esclusivamente coincidere con il suo essere madre e moglie.
    Oggi le donne, nella grande mutazione antropologica di cui sono autrici, anzi «genitrici», hanno riscoperto la maternità come esperienza distintiva, ma non esclusiva del proprio genere, «pezzo» importante, ma non unico, quindi, fondante la propria identità di persona di genere femminile. Le donne hanno riletto in profondità, pagando alti costi, la propria specificità e la propria differenza, passando per varie fasi, dalla critica alla mediazione, fino a scoprirsi titolari del diritto inalienabile di scelta della propria maternità, diritto che è espressione di un loro potere che è tutto da riscoprire e rivalutare e che le collega in modo inscindibile alla vita.
    È così che si riscopre un potere di maternità che, ripetiamo, può, anzi deve, convivere con altre dimensioni esistenziali personali. Questo orientamento è significativamente sintetizzato dallo slogan: Moglie, Madre, Manager, nel quale le aspettative nei confronti del lavoro, ben lontano dalla realtà concreta, sono al massimo livello.

    Tre in sintesi gli assi su cui si fonda la nuova cultura della maternità:
    a) la riscoperta di sé come persona e della propria dimensione autonoma. Autonomia che si caratterizza sia nei confronti delle persone che degli eventi. Ne è esempio illuminante proprio la concezione culturale che ruota intorno alla maternità. Accanto alla sua riscoperta e rivalorizzazione, convive chiaramente un atteggiamento di autonomia rispetto alla stessa, in coerenza ai valori di libertà, di autodeterminazione e di responsabilità, che sono le capitali della nuova mappa culturale elaborata dalla donna. Autonomia che coerentemente è auspicata pure per i figli;
    b) un'alta concettualizzazione della critica al ruolo maschile che si esprime secondo due facce: una esplicitamente negativa nei confronti di comportamenti o scelte di vita, ad esempio nel campo della maternità, l'altra che, sottendendo un giudizio negativo nei confronti dell'attualità, formula auspici e delinea i contenuti culturali del nuovo modello;
    c) la scoperta e riscoperta della maternità come esperienza fondamentale nella vita della donna che, proprio per la sua eccezionalità ed importanza, va vissuta in termini positivi di scelta, al livello massimo di consapevolezza (di qui l'orientamento positivo nei confronti della contraccezione, vista non tanto come strumento per evitare «gravidanze indesiderate», quanto come possibilità di scegliere quando diventare madre), di capacità decisionale, di libertà.
    La sua interdipendenza con la dimensione sessuale della persona sottolinea il livello massimo di coinvolgimento dei protagonisti della vicenda umana per eccellenza, la riproduzione, a cui è affidato lo stesso futuro dell'umanità. Nella maternità si realizza, infatti, al contempo, il più alto livello di esperienza personale, indivisibile e irripetibile, nonché l'esperienza che di per sé appartiene all'evento più generalizzato che si possa immaginare uguale nel passato, nel presente e nel futuro e in molti posti del mondo. È una delle realtà, l'unica forse realmente tale, in cui convivono, allo stesso livello di intensità e di necessità, sia la differenza che l'universalità. Ogni madre è diversa dalle altre, ogni padre è diverso dagli altri, ogni figlio è diverso, ogni figlia è diversa, ma tutti sono al contempo madri, padri, figli, figlie segnati dalle stesse vicende causali.

    L'avvio di un processo di ridefinizione dell'identità di genere maschile

    Collegata all'avanzata riformulazione dell'identità femminile è oggi da registrare un processo di ridefinizione asimmetrica, ancora agli inizi, dell'identità maschile, che vive una vera e propria crisi.
    Si avverte con chiarezza che il modello tradizionale di una superiorità maschile e di una esclusiva competenza dell'uomo nella sfera pubblica, sociale e politica, non regge più. Di fronte a questa consapevolezza si aprono per l'uomo diverse strade: quella del ripensamento, del dubbio; quella dell'aggressività, che tenta con la violenza, quanto meno verbale, di ripristinare e rilegittimare un potere che sente scalzato; quella, infine, di una via che tenta nuove mediazioni, condividendo la nuova posizione della donna, riconoscendo la legittimità dei suoi diritti e, contemporaneamente, cercando di salvare alcuni aspetti e contenuti del ruolo maschile tradizionale, sforzandosi di dimostrarne la compatibilità con il nuovo modello femminile, attraverso un'analisi della realtà che si propone apparentemente come «oggettiva» e «disinteressata».
    La caratteristica della reciprocità, intrinseca in ogni tipo di identità, è secca quando ci si riferisce all'identità di genere: si tratta, infatti, di una reciprocità diretta. Il cambiamento profondo e irreversibile avvenuto nelle donne non può, infatti, dopo periodi, più o meno lunghi, di «sordità culturale» da parte maschile, non ingenerare processi di crisi e riformulazione della propria identità.
    Complessi, intrecciati e spesso contraddittori e discontinui i percorsi in atto. Molto più netti i contorni di questo processo nei giovani, mentre nelle persone adulte sono assai più presenti viscosità e contraddizioni.
    Alcune ricerche condotte da chi scrive negli anni 1988, '89, '90, delle quali si riporteranno taluni risultati più significativi, sono partite da un'ipotesi di fondo: quella di ritenere necessaria un'indagine incrociata dalla quale rilevare in entrambi i generi, quello femminile e quello maschile, la concezione culturale relativa sia all'uomo sia alla donna. Esse, infatti, si sono proposte di cogliere i contenuti delle due identità culturali di genere, così come sono immediatamente percepiti dai singoli soggetti, sia uomini sia donne.
    L'originalità di tali ricerche, rivolte soprattutto ai giovani, svolte a S. Benedetto del Tronto nel 1988, a Sassari nel 1989, a Roma nel 1990, consiste nel fatto di avere interrogato sull'area tematica scelta contemporaneamente i soggetti interessati (ragazzi e ragazze) in relazione all'identità, riferita sia al proprio genere sia all'altro. Ne sono scaturiti quattro profili di identità: due maschili e due femminili, elaborati rispettivamente dai ragazzi e dalle ragazze. Se unico è, infatti, il processo che investe la ridefinizione dei ruoli maschili e femminili conseguente al movimento di cui le donne sono state e sono protagoniste, diverse sono le vie, i contenuti, gli approcci e le conseguenti mediazioni attraverso i quali tale processo va diffondendosi, così come diversi sono stati e sono i punti di partenza.
    La scelta che ha portato a privilegiare i giovani come soggetto di ricerca è sembrata particolarmente utile per cogliere i termini, gli elementi del cambiamento stesso; i giovani, infatti, costituiscono il punto di confluenza di diverse generazioni. Essi da una parte riflettono gli orientamenti culturali dei genitori e dei nonni, il loro impatto con il nuovo e le mediazioni culturali da essi operate, dall'altra vivono in prima persona gli stimoli al mutamento culturale che viene veicolato dai mass media, dalla scuola stessa, dalle nuove istanze e tendenze culturali che emergono nella società nelle sue varie articolazioni: movimenti, gruppi, realtà socio-politiche, ecc. In loro il processo di mediazione culturale che interessa ciascuno, mediazione fra la tradizione e l'innovazione, fra il vecchio e il nuovo, non è contaminato dall'ulteriore inevitabile mediazione che gli adulti devono operare, condizionati da scelte contingenti e non dilazionabili. In loro, ancora, è presente una componente di idealità, che i traduce in progettualità che rende il discorso ancora più indicativo degli orientamenti emergenti.
    La sensazione immediata che trasmettono i dati delle ricerche è quella, appunto, di un processo di riformulazione di identità maschile da parte degli uomini non più ipotetico, ma già in atto. Contemporaneamente si avverte che questo processo, che è senz'altro ancora in una fase iniziale, è però ormai ineludibile ed è ad un punto di non ritorno.
    Pur attraverso crisi, conflitti e contraddizioni che continueranno a coinvolgere, seppure in modo differenziato, donne e uomini, il cammino è verso un futuro non lontano che porta ad una nuova ridefinizione complessiva delle identità maschili e femminili, che devono confrontarsi direttamente con valori di maggiore giustizia, rispetto, democrazia, che sono i valori che le donne come soggetti politici hanno affermato o riaffermato per sé e per la società.

    Riassumendo, i dati più significativi che emergono riguardano: a) una estesa, irreversibile presa di coscienza da parte delle donne di un ruolo della donna da modificare: i termini di tale mutamento sono estremamente chiari e, ormai, introiettati, anche se diversamente applicati nel concreto; b) parallelamente si constata negli uomini l'avvertenza che tale mutamento è in atto e rispetto a questo si registrano orientamenti diversificati che vanno dal rifiuto, all'incertezza più o meno esplicita, alla limitata accettazione. Questi due orientamenti si intersecano variamente e vanno a comporre modelli culturali, in cui aspetti tradizionali e innovativi si combinano in maniera diversificata.
    Le ricerche hanno assunto come centrale la categoria della reciprocità. Tale analisi comparata e reciproca, come reciproca e intrecciata è la relazione donna-uomo nella vita di tutti i giorni all'interno della famiglia, nelle relazioni interpersonali amicali, nel lavoro e, più in generale, nella comunità sociale, consente di ricostruire le mappe cognitive di riferimento nell'interazione.
    Il risultato più eclatante, anche se considerato «a posteriori» ovvio, è la documentazione dell'esistenza di due codici culturali profondamente diversi. Nel vocabolario di ogni lingua esiste, infatti, un'unica parola per indicare un genere, uomo o donna che sia; nella realtà culturale, invece, ad ogni genere corrispondono due significati culturali diversificati.
    Un conto è la definizione che l'uomo dà del suo genere e un conto è la definizione, sempre dell'uomo, che ne dà la donna, e viceversa.
    Se si comprende fino in fondo questa realtà, per certi versi, ripetiamo, ovvia e banale, si capisce l'origine del conflitto tra i generi: spesso si tratta di un dialogo fra «sordi».

    LA RICERCA DI S. BENEDETTO DEL TRONTO

    Il riferimento ad alcuni dati relativi ad una ricerca condotta a S. Benedetto del Tronto può essere utile per meglio inquadrare l'intreccio complesso che caratterizza i processi di riformulazione di identità in atto.
    La ricerca, promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di S. Benedetto, ha coinvolto tutte le scuole secondarie superiori della città per un totale di 600 studenti circa, sia ragazze sia ragazzi. I risultati danno conto di quattro tipi di orientamento, due riguardanti l'identità femminile vista dagli uomini e dalle donne, e due riguardanti l'identità maschile vista anche in questo caso da entrambi i generi (G. Di Cristofaro Longo, 1988, rapporto inedito, a cura del Comune di S. Benedetto).

    Orientamenti culturali delle studentesse nei confronti dell'identità femminile

    Rispetto alla percezione dell'identità femminile, nelle risposte delle ragazze, plurime come in tutti i casi, emerge un largo consenso per quanto riguarda l'area della parità. I temi culturali registrati riguardano affermazioni di:
    - una parità raggiunta 20%;
    - un forte sentimento di parità che deve affermarsi 10%;
    - una condizione, sempre sotto il profilo della parità, molto migliorata rispetto alla quale il femminismo ha costituito un fenomeno che ha agito positivamente 19%.
    Sempre nell'ambito della stessa area, si evidenzia una consapevolezza che la parità non è ancora raggiunta e che: il cambiamento della donna è accompagnato da molte difficoltà 6,5%; per cui non di rado
    - la donna è ancora considerata inferiore all'uomo 5%.
    Significative, sia qualitativamente che quantitativamente, sono le risposte che rimandano ad una considerazione della:
    - donna migliore dell'uomo, dotata di qualità positive in più dell'uomo 14%;
    - donna esempio da ammirare, molto forte e autonoma 14%;
    - donna descritta con un'aggettivazione decisamente positiva 15%; che riflette un'immagine di donna la cui nuova identità culturale va caratterizzandosi per qualità, propensioni, atteggiamenti, comportamenti che vengono considerati dalle ragazze in termini decisamente positivi. Ben il 43% delle ragazze, infatti, non si limita solo ad un discorso sulla parità, ma esprime una valutazione decisamente positiva di genere (femminile), che si avverte frutto di un'analisi che media la propria esperienza con quella di altre donne di riferimento, sia personale in ambito familiare e amicale, sia di modello mutuato dai mass media.
    In una parola le donne di oggi si piacciono di più e si stimano di più degli uomini. Conferma di questo orientamento positivo relativo all'immagine di sé rispetto a quella degli uomini sono le risposte in cui esplicitamente si fa riferimento agli ostacoli che il mondo maschile mette in opera nei confronti delle donne, per cui ad esempio:
    - una donna deve faticare il doppio per raggiungere gli stessi risultati dell'uomo 9%;
    - è ancora sfruttata e indifesa dalla violenza degli uomini 9,7%.
    Ci si esprime positivamente nei confronti di:
    - un modello di donna che coniughi armoniosamente una giusta istanza di realizzazione personale che non vada a scapito degli affetti familiari 1%.

    Orientamenti culturali degli studenti nei confronti dell'identità femminile

    Il confronto con le risposte date dai ragazzi rispetto alla stessa domanda, volta a rilevare l'identità femminile oggi, è illuminante. Le risposte da una parte rappresentano:
    - una conferma speculare della consapevolezza della realtà dell'orizzonte della parità 54%; dall'altra ribadiscono a volte con acredine che:
    - la donna deve badare alla casa 19%;
    - può lavorare solo se il lavoro può conciliarsi con gli impegni familiari 10%;
    - un forte sentimento di parità che deve affermarsi 10%; fino ad esprimersi nei confronti della donna con:
    - aggettivazione decisamente negativa (insopportabile e noiosa, essere inferiore all'uomo, parassita della società, ecc.) 22%.
    L'orizzonte della parità si snoda secondo orientamenti che vanno dalla consapevolezza dell'avvenuto cambiamento del ruolo della donna e del suo:
    - raggiungimento dell'obiettivo della parità che ha significato 18%;
    - riscatto della sua libertà 4%; fino a concordare con le ragazze, affermando che:
    - le donne oggi sono meglio degli uomini 4%;
    - andranno ancora avanti 3%;
    - trovano ancora ostacoli 9%.
    Si dichiarano esplicitamente favorevoli alla parità 1'11% dei ragazzi.
    Altre risposte ribadiscono, invece, un orientamento positivo, vedendo la donna come:
    - una forza positiva, generatrice di vita 22%;
    - importante e utile per l'uomo 5%;
    - sua compagna ed essere che ama e capisce 10%.
    Le risposte complessivamente denunciano nei ragazzi un'oscillazione che registra da una parte il loro disorientamento rispetto ad una realtà avanzata di identità nuova della donna, che arriva a volte ad esprimersi anche in termini di aggressività e di riproposizione di stereotipi tradizionali (la donna è inferiore all'uomo, nasce dalla costola di Adamo, è oggetto di piacere sessuale, ecc.); dall'altra, in percentuali abbastanza consistenti, cerca di reagire positivamente al nuovo modello di donna.
    Quello che emerge e che significativamente differenzia l'orientamento dei ragazzi da quello delle ragazze è la consapevolezza che traspare dalle loro risposte del fatto che la nuova identità femminile viene a scalzare un potere maschile da sempre accreditato, che si pone in termini di concorrenzialità e che comporta per l'uomo, in modi che ancora debbono esplicitarsi, una ridefinizione del proprio ruolo e della propria identità.

    Orientamenti culturali delle studentesse nei confronti dell'identità maschile

    Per le ragazze l'identità maschile tradizionale è fortemente smontata. Le connotazioni culturali riguardanti la figura dell'uomo oggi sono, per una parte non trascurabile delle risposte, esplicitamente, fortemente negative. L'uomo viene definito:
    - maschilista, egoista, sfruttatore e aggressivo 17,4%;
    - le aggettivazioni decisamente negative (prepotente, crudele incostante, egoista, arrogante, ecc.) nei suoi confronti raggiungono il 15%; la constatazione che egli è:
    - il dominatore della società 9% si accompagna al rilievo che
    - da sempre gli è stata affidata la sfera sociale 9%.
    La denuncia di questi aspetti si accompagna alla consapevolezza che:
    - la figura dell'uomo si è ridimensionata, ha perso il potere assoluto 7,9%;
    - ha perso importanza e prestigio, 2,9%
    - crede di essere il sesso forte, ma, nonostante le apparenze, è debole e fragile 3,8%.
    La serie dei «dovrebbe» è anche interessante. È così che si afferma che:
    - dovrebbe partecipare di più alla vita della famiglia ed essere più vicino ai figli 5%.
    Accanto a queste configurazioni, se ne registrano altre, che attribuiscono all'uomo qualità e funzioni tradizionalmente presenti nella cultura. Tra queste troviamo quelle che si riferiscono a:
    - forza, tenacia, capacità di protezione 30,6%;
    - ruolo di capofamiglia, di colui che svolge la parte più importante nella società 5%;
    - funzione di completamento della donna 9%.
    Si pronunciano per un'uguaglianza dei diritti e doveri e una sostanziale equivalenza il 15,9% delle risposte.
    Si ha consapevolezza, infine, che
    - oggi è in atto un mutamento dei ruoli maschili e femminili 4,7%.

    Orientamenti culturali degli studenti nei confronti dell'identità maschile

    Le risposte che descrivono i termini di autopercezione dell'identità maschile evidenziano una sensazione ancora di maggiore potere dell'uomo riguardante una:
    - superiorità per convinzione 10%; – superiorità per constatazione 6%;
    - superiorità per forza fisica 6,6%; a cui si debbono aggiungere tutte le risposte che mettono in risalto:
    - aspetti positivi dell'uomo 12%; e quelle che riconoscono
    - un ruolo dell'uomo più importante e attivo nella società 5,5%; e, contemporaneamente e conseguentemente, affermano che:
    - l'uomo ha più privilegi 6%. Complessivamente ben il 47% delle risposte ribadisce uno stereotipo di uomo superiore forte, più importante. 117% dei ragazzi si esprime con frasi fatte e slogans del tipo: «un popolo senza uomini non è un popolo», «l'uomo è tutto». Sempre tra i ragazzi si parla esplicitamente di:
    - mutamento dei ruoli nella società e relative difficoltà 8%; e si registra nelle risposte la convinzione di:
    - una parità raggiunta o da raggiungere 11%.
    Si vede ancora come principale
    - il compito di badare alla moglie e ai figli 8,8%; mentre si vede
    - l'uomo come compagno della donna, a lei complementare 9%.
    C'è anche consapevolezza che:
    - l'uomo è sfruttatore e aggressivo 5%. Ci si esprime con: aggettivazioni negative (uomo spregevole, istintivo, poco affidabile, egoista) 11%. A queste risposte è da collegare il dato che ritiene che:
    - l'uomo dovrebbe cambiare badando di più agli affetti familiari 8,8%.
    Comincia, infatti, a farsi strada un orientamento culturale che positivamente sottolinea il fatto che l'uomo dovrebbe essere più sensibile alle richieste della donna e non dovrebbe vergognarsi di coltivare «virtù» considerate femminili come, ad esempio, la dolcezza.
    Tra le varie tendenze che emergono e convivono, si può notare, ad esempio, un atteggiamento più favorevole alla donna che lavora, proprio nei ragazzi che hanno la madre casalinga.
    Un ragazzo sintetizza questo orientamento proponendo il modello delle «3 M» e cioè la donna mamma, moglie, manager, singolarmente espresso con la stessa formula delle 3 M anche da due ragazze.
    La distinzione madre lavoratrice-madre casalinga non è presente nelle risposte date dalle ragazze più massicciamente orientate al lavoro della donna, considerato come strumento di autonomia anche finanziaria e spazio di espressione della propria personalità.

    I MODELLI CULTURALI EMERGENTI

    È bene ricordare che tali ricerche sono fondate sulla teoria della percezione culturale acquisita attraverso un'interpellanza di carattere definitorio dei soggetti intervenuti nella ricerca. Si intende per percezione culturale il punto di incontro tra la percezione culturale del soggetto, mutuata dal proprio sistema culturale di riferimento, e la propria concezione in termini personalizzati o generalizzati o, come molte volte capita, in termini misti. Il soggetto che interviene nella ricerca opera, infatti, una sintesi tra la propria concezione culturale generale e la sua esperienza riflessa e, quindi, elevata ad astrazione, in una circolarità che va dalla teoria al vissuto e ritorna alla teoria.
    La comunicazione che attua dà conto delle priorità del soggetto rispetto al proprio sistema culturale di riferimento e delle modalità di intreccio nel suo universo culturale di valori, sentimenti, orientamenti operativi, limiti di compatibilità. Dà conto, inoltre, dei processi di mediazione, di adattamento e di riformulazione in atto degli aspetti accettati, di quelli respinti e di quelli tollerati: in sintesi consente di ricostruire i processi di riformulazione. Permette, inoltre, di ricostruire attraverso la comparazione dei sistemi espressi, le direzioni principali del cambiamento culturale, secondo le quali va assestandosi il nuovo modello culturale di riferimento.
    Nel complesso ed intrecciato processo di riformulazioni delle identità di genere possono oggi essere individuati alcuni modelli emergenti, ai quali sono riconducibili pensieri e comportamenti sia delle donne sia degli uomini. come si è già avuto modo di evidenziare, il processo di riformulazione è asimmetrico: molto più avanzato e definito per le donne, iniziale, invece, ma reale, per gli uomini.
    Dalle ricerche sinteticamente emerge un'indicazione dei più diffusi modelli culturali che orientano donne e uomini. Si ritiene utile dare documentazione dell'esistenza di tali modelli affidando alla parola stessa di donne e uomini la comunicazione di orientamenti che, come sempre avviene in una comunicazione libera, hanno la capacità di testimoniare concezione generale ed esperienza di espressione e, quindi, di una spontaneità che documenta priorità e preferenze, aspirazioni e delusioni, progetti e bilanci. Si tratta di veri e propri certificati culturali che, con la sinteticità e la veridicità propria dei certificati, trasmettono contenuti e sentimenti di una concezione culturale personale e generale, colta in un determinato momento storico e contesto culturale, che dà conto del punto di vista di un determinato soggetto «dentro» tale realtà culturale.
    Analiticamente i modelli culturali emergenti sono i seguenti.

    Per le donne

    Modello della discriminazione

    Le donne hanno forte consapevolezza di essere state e di essere in molti casi ancora oggi discriminate. Discriminazione che riguarda il loro ruolo nella società: «La subordinazione della donna all'uomo è il risultato di un processo storico. Se fosse stato l'uomo a svolgere le mansioni femminili da sempre probabilmente sarebbe lui adesso a rivendicare la parità».
    Discriminazione che vede la donna oggetto sessuale mercificato. «È sempre stata considerata inferiore all'uomo. Oggetto. Per qualcuno oggi lo è ancora». «Ricca di storia anonima, passata inosservata, storia di sopraffazione e di violenza. Ancora oggi può essere considerata oggetto sessuale mercificato e sfruttato per profitto economico. Ma la donna è persona uguale all'uomo. Concetto semplice, ma non accettato. Colpa del sistema maschilista». «Oggetto violentato in un angolo buio, macchina per fare figli, essere capace di accudire la casa, ascoltare le lamentele del marito, spalla su cui piangere, oggetto per film pomo. No! Ha un cervello e un cuore. E una persona».
    Discriminazione di cui si riconosce autore l'uomo, uomo singolo ma soprattutto «culturale», in quanto, cioè, espressione, di una cultura che contiene l'asse della discriminazione nei confronti della donna in quanto donna.
    È così che l'uomo è visto: «Sfruttatore, crede di essere superiore per intelligenza e diritti. Invece non lo è. Maltratta e sfrutta la donna usandola come oggetto e mezzo di divertimento». «Ha sempre avuto la supremazia sulla donna. Difende la sua immagine con atteggiamenti assurdi e maschilisti. Non ci dovrebbero essere dominati e dominatori». «Vuole apparire più forte della donna perché è molto più fragile interiormente. Sottopone la donna ad ogni tipo di violenza. Scarica le responsabilità sulla donna»
    Anche in queste denunce chiare ed inequivocabili emerge un'aspirazione di giustizia e di equilibrio. «L'uomo ha bisogno della donna e viceversa. Non ci dovrebbero essere inutili 'muri' tra di loro».
    All'interno di questo modello emerge chiaramente anche la consapevolezza delle difficoltà che documentano la fase di transizione culturale: «La donna ha problemi di inserimento in ambienti di lavoro tradizionalmente degli uomini La donna autonoma, intellettuale viene criticata da tutti, la donna oggetto disprezzata». «Potenzialmente può essere ciò che vuole. Nei fatti prigioniera dell'immagine di moglie, madre, casalinga. Non può rifiutare il ruolo impostole dalla società pena il marchio di libertina».

    Modello della parità

    La parità viene vista come un valore, una meta raggiunta o da raggiungere. In questo cammino si riconosce l'importanza del movimento delle donne per il raggiungimento degli obiettivi di parità. «Dopo molti secoli di inferiorità sociale, la donna ha ottenuto la parità dal punto di vista giuridico. Nonostante questa, gli uomini la vedono se non inferiore, diversa». «La donna oggi è riuscita ad emanciparsi rispetto all'uomo, ha raggiunto la parità a differenza del passato, quando era considerata oggetto che serviva a fare figli e a badare alla famiglia».

    Modello dell'orgoglio di appartenenza di genere

    Questo modello riccamente concettualizzato rappresenta la novità culturale degli ultimi anni e significativamente è fortemente presente nelle nuove generazioni. Non si tratta più di un orientamento alla parità, data, a torto o ragione, come scontata, bensì di un orientamento per cui la donna si auto- percepisce come appartenente ad un genere forte. Si tratta, infatti, di un modello forte che ribalta i termini tradizionali di analisi delle sue identità di genere, non più l'aspirazione del genere, bensì la percezione netta di una nuova forza, una realtà culturale che fa leggere in termini del tutto inediti i due generi e i relativi rapporti.
    Si ha testimonianza della consapevolezza di quella capacità in più che le donne dimostrano nel saper gestire più situazioni e nell'aver attenzione e cura agli «altri», facendosi carico dei loro problemi: in una parola di quell'«attitudine» a percepire se stesse come tessera «dinamica» di un mosaico ideale, in cui il proprio sé è percepito in rapporto a tutti gli altri e nelle situazioni che li riguardano. Da qui l'orientamento di funambolismo culturale.
    In questo modello la donna è percepita nei seguenti termini: «Possiede interiorità, spirito di osservazione, elasticità mentale. Perno della famiglia e della società. Punto di riferimento. Madre, ma anche parte integrante della società. Forza morale, maternità, diplomazia». «Sensibilità, sentimento, intelligenza, razionalità e istintività. Capace di soffrire, lottare, donare amore». «È vita, amore, sensibilità, dolcezza, ma anche fermezza di carattere e di ideali. Esperienza al servizio di sé e degli altri. Aiuto, amore, armonia di forme, di voce, di gesti. Risolve ogni situazione con un sorriso. Capacità di essere a un tempo amica, madre, moglie, amante, complice». «Attività, autonomia, indipendenza, capacità di adattamento, grinta». «Autosufficiente, svolge tanti ruoli in famiglia e fuori casa. Ha tempo per ogni cosa». «Sono fiera di essere nata donna».

    Per gli uomini

    Nei modelli emergenti negli uomini troviamo documentazione di una reciprocità di sguardi e di condizione e, quindi, di concezioni.

    Modello della discriminazione

    Al modello della discriminazione delle donne, corrisponde un modello della discriminazione da parte maschile, che parte dal riconoscimento che effettivamente le donne sono state e ancora in alcune situazioni sono discriminate.
    Questo riconoscimento è, senz'altro, una spia culturale di indubbia rilevanza, anche se a questa constatazione si accompagna la preoccupazione di un rovesciamento secco della situazione, che potrebbe portare ad una discriminazione in senso contrario, nei confronti, cioè, degli uomini.
    Così alcuni uomini ritengono che: «La donna è discriminata come essere per natura inferiore nei posti di lavoro, nella vita coniugale, in televisione (pubblicità, sport, ecc.)». «La donna è spesso vittima di angherie, soprusi, pregiudizi da parte dell'uomo». «La donna è alla ricerca di una nuova immagine. Deve vincere i vecchi pregiudizi che la vogliono relegata in casa. Sta ora all'uomo aiutarla in questo».
    Riconoscono che la «propria parte» è autrice di queste discriminazioni che oggi considerano negativamente: «L'uomo è da sempre il protagonista dei libri di storia. Ha ottenuto la sottomissione della donna con prepotenza fisica e psichica, considerandola come un oggetto sessuale». «Da quando il mondo per sua fortuna ha ospitato l'uomo, questo ha sempre avuto la supremazia sulla sua compagna. L'uomo oggi ha perso il suo potere di tiranno e si rende conto con molta ostilità che la donna è uguale a lui».

    Modello della parità

    Anche da parte maschile è riconosciuta la validità dell'impegno delle donne per la parità a livello singolo come anche di movimento politico e culturale. «Dopo molte lotte politiche e sociali la donna ha raggiunto una certa parità. Rimangono ancora alcuni ostacoli da superare come pregiudizi esistenti e riuscire a conciliare il ruolo di madre, moglie e lavoratrice». «La donna da anni lotta per ottenere questi diritti che da sempre le sono stati negati. La sua non è stata una lotta inutile perché ora siamo arrivati alla perfetta parità, almeno sulla carta. Sta ora all'uomo rispettarla e riconoscere il suo grande passo in avanti. Nello stesso tempo la donna si deve mostrare matura e consapevole di ciò».
    Sono significativi i «se» e i «ma», che testimoniano la preoccupazione di un mutamento considerato troppo radicale e che rappresentano «fattori limitanti» (E. Morris Opler) dei nuovi temi culturali emergenti. «La donna ha il diritto di avere le stesse possibilità di un uomo nel campo del lavoro, ma non deve sottometterlo e non deve trascurare la famiglia per il lavoro». «L'uomo teme il movimento femminile che fa avanzare la donna perché vede diminuire il suo potere. Vorrebbe rimediare per quello che ha fatto subire alla donna, ma ha paura che questa diventi troppo potente». «La donna deve avere pari diritti dell'uomo, ma non lo deve sovrastare perché anche questa sarebbe un'ingiustizia».
    La preoccupazione a volte si traduce in vero e proprio sentimento di invidia nei confronti della donna, che viene avvertita come forte e autosufficiente. Questo orientamento è speculare a quello dell'orgoglio di appartenenza di genere delle donne.
    Alcuni esempi di uomini che così si esprimono: «La donna mi fa invidia, è forte e soprattutto non ha bisogno di noi». «La donna ha una personalità forte, allo stesso tempo fragile, decisa, capace di risolvere qualsiasi situazione. La donna è la donna: il manager e la mamma». «Superiore nella mente e nello spirito, la donna è dotata di autonomia che le permette di prendere le decisioni più difficili».
    Coerentemente si riscontra nell'uomo un'auto percezione in termini critici: «L'uomo si crede unico, indistruttibile, inamovibile ed è il più debole. Non è sciocco chi è incerto, ma colui che si ritiene l'unico essere intelligente».

    Modello della crisi di ruolo

    Un dato che emerge con chiarezza riguarda la documentazione di una crisi di ruolo che gli uomini cominciano ad avvertire in maniera ineludibile: si sentono prigionieri del vecchio modello, da un lato, nel delinearsi, sempre più incisivo, dall'altro, di elementi scardinanti il mo-dello tradizionale. Si avverte con chiarezza che gli uomini sono incamminati verso una nuova identità, nella quale vecchio e nuovo si combinano in modo inedito, tra rotture, persistenze e resistenze.
    Alcuni esempi: «L'uomo ha caratteristiche fisiche e morali diverse dalla donna. Quindi compiti diversi. Detto questo, ciascuno nel suo campo d'azione dovrebbe sentirsi libero da atteggiamenti vittimistici che hanno alcune femministe Nessuno è superiore all'altro: è la donna ad avere un complesso di inferiorità». «Non è violentato, non deve lottare per i diritti che gli appartengono dalla nascita del mondo. Essere forte, muscoloso, coraggioso, subisce anch'egli umiliazioni, frustrazioni e per questo fa tenerezza e tristezza. È una persona». «Si crede superiore alla donna, ma a volte ne è stato superato. Può dare conforto e molta amicizia, ma a volte si rivela egoista, maleducato e insensibile». «Nella società attuale non esiste molta differenza. L'uomo dovrebbe riconquistare autorità in famiglia, della quale è responsabile e guida. Uomo e donna si completano a vicenda». «Capace di amare e non solo di desiderare. Non deve essere considerato un depravato come spesso accade. Deve essere quello che prende le decisioni rispettando le idee degli altri, specialmente se donne». «Personalità forte ed insicura. Colui che governa un paese ed una famiglia, dà sicurezza e la richiede. L'uomo è contraddizione. Tutt'uno con la donna». «Pari alla donna». «Pari alla donna, non può farne a meno. È fatto per lei, ma non vuole concederle troppo».

    Verso un modello dell'equivalenza

    Significativamente cominciano ad essere testimoniati orientamenti che fanno intravedere i termini culturali di una riformulazione delle identità in termini di equivalenza. Con tale termine si intende dare conto di un processo per cui si afferma senza tentennamenti l'eguale valore di donna e uomo e il superamento di divisioni stereotipate di ruoli.
    In questo processo di rielaborazione per gli uomini sta emergendo sempre più nettamente un orientamento per il quale l'uomo comincia ad avvertire l'esigenza di recuperare lo spazio privato: avverte in una parola di essere stato privato fino ad ora dello spazio degli affetti, sfera affidata alle donne dai ruoli tradizionali.
    Alcuni esempi: «L'uomo è forte, deciso, paziente, spesso dolce. È uomo solo se non ha paura dei momenti di tenerezza e se ha degli ideali veri».
    «L'uomo sta cambiando. Sta scoprendo l'importanza del pianeta donna di cui è solo un satellite».
    «L'uomo deve mantenere la famiglia materialmente, ma occuparsene anche direttamente». «L'uomo deve partecipare direttamente alla famiglia».

    Considerazioni conclusive

    Dall'analisi di posizioni, concezioni e atteggiamenti ora richiamati è forse possibile chiedersi quali le conclusioni più significative che emergono da queste ricerche.
    Il dato nuovo emergente, già accennato, è che molte delle donne coinvolte nelle ricerche, siano esse giovani o meno giovani, non si muovono più nell'orizzonte della parità (modello della parità) che alcune rifiutano, in quanto significherebbe omologazione al modello dominante, al modello, cioè, che ha creato la discriminazione (modello della discriminazione), e altre la considerano superata; bensì testimoniano un spiccato orgoglio di sé. In una parola, si auto stimano, si sopra stimano rispetto agli uomini, riconoscendosi autosufficienza e capacità in più (modello dell'orgoglio di appartenenza di genere). Le donne, infatti, cominciano a raccogliere i frutti della loro fatica, della loro capacità di resistenza al logoramento che hanno dovuto affrontare, vivendo nella propria esperienza il riferimento a due culture tra loro altamente conflittuali ed alternative proprio nella concezione della donna, e che ha sviluppato in loro quel «sapere» specifico, spesso invidiato dagli uomini, che consiste in quello che abbiamo definito funambolismo culturale.
    Funambolismo che non può non avere avuto uno stesso veicolo culturale di trasmissione: una donna, quasi sempre una madre o un'insegnante che con la parola o anche con il silenzio — a volte più eloquente delle parole — ha comunicato nuovi valori, sentimenti, orientamenti operativi, a testimonianza di una verità tanto più limpida, comunicativa e forte, quanto solo può essere il paradigma di un vissuto, l'esempio di una vita che si ha avuto l'avventura di seguire passo passo e che si è incrociata con la propria.
    Un altro dato comincia ad emergere in tutta la sua significatività e riguarda le linee di mutamento dell'identità maschile, anche qui tra resistenze e rotture.
    Le resistenze riguardano alcune preoccupazioni ricorrenti: a) il pericolo di un'ingiustizia in senso inverso. Si dice che «se è vero che la donna deve avere pari diritti dell'uomo, non lo deve sovrastare perché anche questa sarebbe un'ingiustizia»; b) pur avendo la donna il diritto di avere le stesse possibilità nel campo del lavoro, non deve trascurare la famiglia per il lavoro.
    Queste considerazioni consentono di cogliere il processo culturale in atto: l'accettazione del mutamento dell'altro genere, senza, per il momento, la consapevolezza della conseguente necessità del cambiamento di se stessi.
    Le rotture, invece, riguardano essenzialmente due orientamenti complementari: a) si riconosce la validità delle rivendicazioni delle donne e si vorrebbe «rimediare», non sentendosi responsabili in prima persona di atteggiamenti e comportamenti che non sono stati da loro messi in opera e che non condividono essendo ormai dentro la nuova cultura; b) in altri casi, senz'altro i più significativi sotto il profilo culturale, il disagio espresso dai ragazzi non riguarda tanto le problematiche relative alle donne, il fatto, cioè, che esistano nei loro confronti ingiustizie o discriminazioni, quanto piuttosto il ruolo presupposto per l'uomo nelle situazioni di violenza o strumentalizzazione della donna. Ruolo rispetto al quale esprimono tendenzialmente estraneità e disconoscimento.
    Da quanto fin qui affermato si può avanzare l'ipotesi che sia in atto un processo per il quale va delineandosi un nuovo modello, quello dell'equivalenza dei generi.
    Anche gli uomini, infatti, cominciano a capire che la tradizionale divisione dei ruoli, se li ha posti in situazione privilegiata rispetto al «potere», li ha, comunque, come già accennato, privati di una sfera importante della vita, quella dei sentimenti, considerati appannaggio (svalorizzato nella scala di valore sociale) delle donne, anche se tenacemente perseguiti in privato.
    Nel modello dell'equivalenza dei generi l'obiettivo è quello di ridelineare le identità attraverso un'operazione di riequilibrio culturale che, pur tra difficoltà e incertezze che assolutamente non vanno sottovalutate, comporti per la donna un recupero nell'ambito della sfera politica e pubblica, mentre l'uomo deve riappropriarsi dell'ambito del privato da non vivere più solo attraverso la mediazione della donna, ma in prima persona, con tutte le responsabilità e le soddisfazioni che questa gestione può comportare.
    Il termine equivalenza sembra riflettere più correttamente la realtà culturale che va delineandosi: l'obiettivo di un uguale valore nella società di donne e uomini nel rispetto delle reciproche diversità e nella liberazione di tutte le potenzialità che, lungi dall'essere arbitrariamente negate o cancellate, debbono invece trovare occasioni di reciproca espressione e valorizzazione.


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