Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Educazione '90



    Zelindo Trenti

    (NPG 1994-01-04)


    Un intervento che voglia spaziare sulle sfide poste dalla situazione attuale all'educazione non ha modo di fermarsi all'analisi. S'accontenta di rapidi accenni che sappiano piuttosto evocare.
    Per chiarezza darò tuttavia un abbozzo di svolgimento agli aspetti qualificanti e risolutivi. In ogni caso mi pongo da punti di vista precisi:
    - la situazione sotto il profilo etico-religioso;
    - alla ricerca dei filoni interpretativi;
    - privilegiando le indicazioni che qualificano l'impegno educativo e l'elaborazione della proposta educativa.
    Di ciascuno di questi aspetti richiamo i dati più evidentemente provocanti, la matrice antropologico-interpretativa e la risonanza in ambito morale.
    Le considerazioni proposte spaziano obbligatoriamente nell'orizzonte culturale europeo. Soprattutto la sensibilità giovanile partecipa di uno sfondo culturale largamente condiviso: lo confermano sondaggi, ipotesi, ricerche innumerevoli.

    UNA CONSTATAZIONE FONDAMENTALE

    L'europeo attuale è «l'uomo senza casa» (Buber): «Io distinguo nella storia del pensiero umano le epoche in cui l'uomo possiede una sua dimora dalle epoche in cui egli ne è senza. Nelle prime, l'uomo abita nel mondo come se abitasse in una casa; nelle altre, egli è come se venisse in aperta campagna e non possedesse neppure i quattro picchetti per impiantare una tenda» [1]. È evidente che la nostra è un'epoca di transizione: la «Casa Europa» è ancora tutta da costruire. E questo sia nella dimensione socio-politica (basti vedere lo sfaldamento dei blocchi politici; la fatica affannosa di ricomporre unità parziali; i tentativi in atto di rifondare unità sovranazionali e di ritessere relazioni ai diversi livelli) che nella dimensione culturale-esistenziale (anche qui basti osservare la revisione dei valori tradizionali; lo slittamento semantico nell'interpretazione dei valori; la verifica delle istituzioni che veicolano i valori; e la nuova interpretazione dell'uomo e del suo linguaggio). Segni dunque molteplici di una transizione in atto.
    È però a livello antropologico che va ricercata la chiave della nuova sfida educativa. Si va di fatto operando un'interpretazione alternativa dell'uomo: soprattutto va cambiando radicalmente il metodo di analisi e di interpretazione dell'esistenza.
    Nella concezione, sempre più condivisa e accettata, dell'esistenza come progetto, il riferimento qualificante e risolutivo non è più il ritorno alle origini, l'imitazione del già vissuto, il fascino dell'esemplarità. S'impone piuttosto l'attenzione al futuro, la preoccupazione di individuare le mete, di definire l'idealità: dalla nostalgia della «terra natia» ci si porta sull'orizzonte della «terra promessa».
    È chiaro allora che il rapporto con la tradizione si modifica profondamente. È proprio questo cambiamento di prospettiva che vorremmo analizzare per la risonanza che assume in ambito educativo.
    Di fatto l'intero processo educativo è in fase di rinnovamento.
    Schematizzando, rilevo il cambiamento di prospettiva attorno a tre riferimenti portanti:
    - dalla cultura trasmissiva alla cultura ermeneutica;
    - dall'etica pre-elaborata all'elaborazione dell'etica;
    - dalla funzione stabilizzatrice-conservatrice alla funzione profetico-utopica della religione. Questo articolo è quindi orientata da domande precise. Quale «casa» per i giovani nella nuova Europa? Quella che si va progettando i giovani la sentono propria, la vorranno abitare?

    VERSO UNA CULTURA ERMENEUTICO-ESISTENZIALE [2]

    I dati più evidentemente provocanti

    Un apologo di Lessing interpreta ancora bene la sensibilità culturale che ci caratterizza, dopo la riflessione esistenziale e radicale. «Se Dio mi comparisse, osserva Lessing, tenendo stretta nella destra 'la verità' e nella sinistra 'la ricerca della verità', gli prenderei con trasporto la sinistra e- gli direi: Padre, conserva per Te la verità; ti si addice. A me basta la ricerca della verità».
    La verità oggettiva modellata una volta per tutte non ha più il fascino proprio delle epoche di stabilità e di sicurezza. L'evoluzione e il cambiamento rapidi e imprevedibili hanno acuito il gusto dell'avventura, del tentativo, della ricerca che non aspira ad essere definitiva.
    La tradizione culturale risulta sotto sospetto da molti punti di vista:
    • crisi dell'etnocentrismo europeo;
    • rivendicazione di pluralismo culturale;
    • dal consenso alla propria cultura, al confronto fra le varie culture;
    • da un'adesione spontanea ad una verifica selettiva dei valori.
    Cambia il rapporto con la tradizione culturale propria e altrui:
    • dalla trasmissione all'elaborazione della cultura;
    • dall'ermeneutica dei testi all'ermeneutica dell'esistenza.
    Cambia la funzione della cultura:
    • dalla trasmissione del senso all'elaborazione del senso;
    • dalla interpretazione data al «cantiere» per elaborare l'interpretazione;
    • dal «senso cristiano» dell'uomo alla «elaborazione cristiana del senso» dell'uomo.
    Insomma l'intera prospettiva culturale è sotto revisione:
    • è saltata la credibilità della tradizione;
    • il senso già elaborato va verificato;
    • la cultura offre la strumentazione per una revisione e per un'eventuale rielaborazione di senso;
    • che potrebbe risultare anche diverso, molteplice, precario: «debole».
    Ci troviamo cioè alle prese con una «nuova cultura» che in termini orientativi potremmo anche definire ermeneutica.
    Tento di chiarire il senso che do a questo termine che, appunto perché usato ed abusato, rischia di significare tutto e il contrario di tutto.

    La logica di una cultura ermeneutica [3]

    Il primato della «domanda»
    La ricerca ermeneutica ha portato l'attenzione su aspetti importanti dell'educazione.
    Quando l'accento dalla trasmissione di un'esperienza passata si fa esigenza di interpretare e orientare l'esperienza attuale non è più la chiarezza e la coerenza della proposta che conta, ma la curiosità, l'interesse per il problema, la disponibilità al confronto.
    Insomma non è più l'elaborazione delle risposte, quanto la consapevolezza della domanda; non è più il mondo «degli antichi» che impegna, è l'orizzonte della propria esistenza che vale la pena esplorare, magari sulla scorta della riflessione degli antichi. Del resto, precisamente sull'acuta percezione della domanda o delle domande decisive è venuta man mano elaborandosi la grande tradizione culturale dell'Occidente cristiano.
    Socrate all'origine del filosofare ha fatto della domanda la risorsa risolutiva nel confronto con «l'opinione», «la proposta», magari pacificamente e ovviamente accettata.
    La domanda spacca la crosta dell'ovvietà e lascia intravedere uno spazio non ancora esplorato, sopra cui di continuo si discorre, quasi sia perfettamente conosciuto, quando in realtà resta inavvertito.
    La domanda ha la funzione di evidenziare il margine di oscurità, e perciò di indurre una confessione di ignoranza. Pone la domanda in modo autentico solo chi ha presagito la dimensione ancora inesplorata della realtà e si rende conto che resta sottratta alla sua conoscenza - sa di non sapere -; sull'ingenua e vuota presunzione degli interlocutori che neppure hanno avvertito lo spazio da esplorare:
    Socrate è maestro impareggiabile nell'arte del domandare perché acuto e insaziabile indagatore del mondo apparentemente ovvio in cui la gente è immersa e paga. Egli vuol darsi spiegazione, va al cuore del problema, cerca la «ragione» - il logos -: le sue domande puntano risolute ad aprire la comprensione: che comporta un'ascesi intellettuale esigente, per lo più riconosciuta dagli interlocutori.
    Di fatto quando questi rivendicano il diritto della domanda per mettersi dalla parte più vantaggiosa, falliscono. Il porre correttamente la domanda è compito arduo, ma anche irrinunciabile. Ancora nell'esperienza socratica la ricerca avanza solo a condizione che la domanda sia posta e sia posta correttamente. Il maestro, non il discepolo pone la do-manda! proprio perché porre la domanda significa rivelare il lato nascosto della realtà, comporta averlo precisamente individuato e definito: insomma apprendere esattamente «che cosa» ancora non si sa, ma intuire anche come si può «pervenire a saperlo».
    Meno astrattamente: le provocazioni affiorano in una situazione precisa, per lo più complessa: va dipanata e interpretata nella domanda risolutiva che lascia affiorare. Solo quando tale nodo puntuale e decisivo è individuato e chiarito è possibile raccogliere elementi molteplici per elaborare la risposta.
    Per cui la formulazione della domanda è condizione indispensabile per intuire se non la risposta, la direzione lungo la quale cercarla.
    Una domanda è autentica se va al cuore del problema e con ciò legittima un'ipotesi sensata e organizza il processo di ricerca. Quanto più è circostanziata e definita la domanda, tanto più si legittima la formulazione precisa e verificatrice dell'ipotesi: quanto più corretta e pertinente è l'impostazione del processo ermeneutico, tanto più viene circoscritto lo spazio conoscitivo e rinnovata la stessa identità intellettuale di chi cerca.
    Risulta in questo modo notevolmente ridimensionata la funzione delle acquisizioni conseguite dalla tradizione. In sé rappresentano risposte puntuali e spesso pertinenti, elaborate nel passato. La pertinenza è tuttavia da misurare sulla domanda che le ha sollecitate. Per lo più quelle domande s'imponevano in un preciso contesto storico-culturale, oggi mutato: cosicché anche quelle risposte risultano sfocate.

    Il ricorso alle «fonti»
    È chiaro che con considerazioni del genere si tende a metter in luce l'intero processo dell'interpretazione, su cui la ricerca ermeneutica si è concentrata con intenti e con presupposti rinnovati soprattutto dopo la riflessione heideggeriana: si instaura un modo nuovo di fare cultura a tutti i livelli. Heidegger stesso ne ha dato dimostrazioni convincenti in ambito specifico, rivisitando pensatori del passato, da Kant a Nietzsche.
    Orientativamente si può dire: l'interpretazione è in rapporto obbligato con le conoscenze acquisite nel passato. Tuttavia la tradizione non si è posta le nostre domande e perciò non ha la risposta che attualmente cerchiamo.
    La tradizione però nei testi qualificati che la tramandano può offrire indicazioni decisive: rappresenta un immenso cantiere in cui sono sparsi gli elementi risolutivi: non ha dunque la risposta; offre apporti insostituibili per elaborarla.
    Si tratta perciò di instaurare un rapporto corretto con la tradizione. Tocca a noi formulare le domande: sulla base di provocazioni che impediscono di vederci chiaro e che tuttavia consentono di veder abbastanza chiaro da individuare l'interrogativo che le fonti non conoscono e a cui non possono aver dato soluzione.
    Tocca inoltre a noi rivisitare le indicazioni sparse nella tradizione e ricomporle in un organico e attuale tentativo di risposta.
    Forse l'immagine del cantiere illustra bene il nuovo rapporto che in un'accentuazione ermeneutica s'instaura con la tradizione.
    Non si tratta di farvi ricorso per cercavi la risposta, ma di inoltrarsi nella tradizione come in una sequenza di risposte significative che tuttavia non hanno valore in se stesse, ma in quanto risultano illuminanti e preziose all'elaborazione della risposta che resta compito irrinunciabile.
    Più importante che le diverse risposte resta la formulazione corretta e contrata della domanda in base alla quale esplorare la tradizione. E decisiva resta l'idealità, la meta che si intende perseguire, sia pure con l'apporto della tradizione.

    Le tappe qualificanti
    Sinteticamente si possono richiamare i momenti salienti.
    - Il contesto solleva interrogativi complessi dentro cui si tratta di elaborare la domanda autentica: quella che di fatto porta al cuore dei problemi ed è in grado di dipanare il groviglio delle provocazioni. Ricorrere alla tradizione significa andarvi a rintracciare situazioni simili che hanno avuto risposta.
    - La risposta è stata tuttavia elaborata sulla base di specifiche domande del tempo ed è stata espressa in linguaggio proprio dell'epoca e della cultura.
    - Nella risposta della tradizione si possono identificare stimoli e indicazioni per elaborare ponderatamente la risposta alle provocazioni attuali: in un processo di interpretazioni e di ipotesi che possono anche trovar adeguata formulazione per successive approssimazioni e conseguenti verifiche. L'ipotesi è suscitata dalla domanda insita nell'odierna situazione storico esistenziale ed è orientata dalla risposta indagata nella tradizione.
    Uno schema grafico può contribuire a meglio illustrare le tappe del procedimento ermeneutico:

    Untitled-2

    La risonanza in ambito educativo-culturale

    C'è dunque un rapporto nuovo con la tradizione. L'impegno educativo la valorizza da un altro punto di vista rispetto alla consuetudine trasmissiva, ancora in tanta parte a perno dell'esperienza educativa attuale, soprattutto cattolica.
    Bisognerà inoltre tener presenti alcuni tratti caratteristici della situazione culturale odierna, con evidente risonanza soprattutto in ambito giovanile:
    • sono tramontate le culture forti alimentate dall'ideologia;
    • ci si adatta a visioni più dimesse, di corto respiro, che riempiano il presente e offrano risposte mirate per quanto discutibili e parziali:
    • il senso potrebbe non essere più unico né necessariamente condiviso.
    In sintesi si può affermare che il problema educativo si sposta:
    • dalla trasmissione dei valori all'elaborazione dei valori: su quali basi?
    • dalla visione unitaria da condividere alla pluralità delle visioni da vagliare ed accogliere: con quali criteri?
    • da una cultura propria e condivisa ad un'identità da definire in termini individuali selettivi sulle indicazioni che la
    cultura offre: per quali valori?
    Risulta quindi anche chiaro che una nuova sensibilità culturale instaura una diversa esperienza etica!

    DALL'ETICA PRE-ELABORATA ALL'ELABORAZIONE DELL'ETICA

    I dati più evidentemente provocanti

    Heidegger riflettendo sul pensiero di Nietzsche e la sua rilevanza per la cultura contemporanea sottolinea che proprio con lui la grande tradizione occidentale ha manifestato i segni più clamorosi del decadimento: con Nietzsche si fa palese che i grandi valori che alimentavano la tradizione avevano perduto la presa: «Vien meno la meta; manca una risposta al 'perché'. Non v'è più alcuna meta di cui e attraverso la quale il genio dei popoli possa concentrarsi e per cui essi possano dispiegare il proprio impeto» [4].
    Viene richiamata una svolta radicale: i valori perdono di credibilità: la volontà di verificarli, talora perfino di sovvertirli, è una denuncia di Nietzsche, ma è più realisticamente un'esperienza in atto, di cui si tratta di misurare il significato.
    Anche sul piano dell'etica si tratta di muovere da alcune considerazioni che s'impongono ad un'analisi attenta del contesto culturale, con una risonanza clamorosa sull'atteggiamento giovanile.
    Schematicamente: risulta incrinata la credibilità di fondamentali esperienze etiche recenti:
    • la grande illusione del progresso tecnico-scientifico;
    • la grande delusione delle ideologie;
    • la ricerca laboriosa di orizzonti alternativi di senso.
    Si passa progressivamente dal sospetto al disincanto per talune prospettive tradizionalmente rassicuranti:
    • professione e impiego effettivo;
    • politica e servizio alla comunità civile;
    • famiglia e stabilità;
    • vocazione e vocazioni... ad tempus. Si è radicalmente modificata la considerazione del riferimento etico:
    • dal rispetto delle leggi di natura al dominio sulle leggi di natura;
    • dalla morale dell'obbligo alla morale della disponibilità;
    • dalla morale della norma alla morale del valore, intesa come ricerca di un senso credibile da dare al vivere quotidiano.
    Anche nel caso dell'etica ci troviamo di fronte a fenomeni complessi, apparentemente dissociati e incomparabili. In realtà denunciano il cambiamento antropologico soggiacente; si potrebbero racchiudere in uno slogan: trasmigriamo dall'etica della natura all'etica della cultura.
    S'impone una sensibilità morale inedita che vorrei interpretare, con conseguenze profonde a livello educativo, che tento di evidenziare.

    Dalla morale della natura alla morale della cultura

    Il richiamo alla responsabilità personale
    La prima riflessione razionale s'era imbattuta coi greci in un'antinomia sconcertante. Da una parte la sensazione - forse meglio il presagio - d'una responsabilità non trasferibile, in cui l'uomo aveva una parte decisiva sulla propria vita; dall'altra l'incombere di forze oscure e ineluttabili che sembravano piegarlo al proprio capriccio - la tragedia.
    La riflessione moderna anche più profonda e suggestiva dimostra che l'antinomia a livello puramente razionale non è risolta: l'uomo resta in balia dell'astuzia della ragione in Hegel, della volontà di potenza di Nietzsche, del destino dell'essere in Heidegger. La ricerca di autonomia morale non ha dilatato lo spazio della responsabilità, l'ha piuttosto negato.
    La rivelazione, fin dagli albori, è perentoria rivendicazione di spazio etico. L'uomo è signore della natura e con Gesù riconquista piena la signoria sul proprio destino: che la premura di Dio non forgia ma dischiude. L'altezza della vocazione, cui Dio chiama nella rivelazione biblica, è affermazione di inaudita responsabilità sulla propria vita, ma questa coinvolge in una solidarietà profonda e misteriosa la vita degli altri. Addirittura compie o compromette la realizzazione del disegno di Dio, del Regno che egli ha inaugurato nella storia: in definitiva celebra o compromette la sua gloria.
    Nell'esperienza storica concreta la legge - qualunque legge, anche quella che interpreta il disegno di Dio, il sabato - è fatta per l'uomo, per metterlo in grado di vivere in pienezza una responsabilità che la riflessione recente si è sforzata di sondare. Di fatto questa ha spesso puntato le proprie carte sulla responsabilità definitiva dell'uomo.
    Sul versante ateo si è tentato di verificare la legittimità stessa dell'esperienza morale facendo appello al rigore metodologico della scienza (Monod) o lasciando presagire nella libera decisione la fonte definitiva per quanto arbitraria della moralità (Sartre).
    Il credente ha percepito la stessa sollecitazione: è stato condotto ad esplorare con più fiducia il rapporto con la natura; ha riconosciuto che la propria vita gli è continuamente confidata. Può modellarla progressivamente o anche cambiarne repentinamente il corso.
    In un certo senso, per ragioni diverse, ateo e credente sono pervenuti alla stessa convinzione, che assume spesso i toni della rivendicazione a decidere della propria vita. Le strade possono risultare diverse, perfino diametralmente opposte; il giudizio sulla responsabilità personale è lo stesso: il gesto di libertà è l'ultimo appello, l'uomo è arbitro del proprio destino.
    In un certo senso si può dire che si verifica a livello morale la stessa esperienza vissuta dalla scienza. Il dilatarsi degli spazi in cui l'opera dell'uomo s'espande può aver inizialmente sconcertato; in definitiva ha soprattutto sollecitato la creatività e l'iniziativa.

    La responsabilità sul progetto personale
    Ma il dominio degli spazi è solo una distrazione appassionante: l'uomo avverte che il compito definitivo riguarda il disegno sulla propria vita. La coscienza della responsabilità fa appello alla risorsa che qualifica la natura dell'uomo. Donde la verità del richiamo di Pascal: l'uomo che cerca fuori di sé la risposta a se stesso - alla sua impaziente e inquieta nostalgia - illude e tradisce se stesso. Egli in fondo lo sa: si sforza solo di non pensarci. Ma Pascal esprime l'anelito e l'insoddisfazione dell'esistenza: ne mette a nudo le contraddizioni, le interpreta sullo sfondo d'una insanabile ferita che le acuisce. Egli porta la nostalgia d'una pienezza e d'una dignità perdute.
    Probabilmente s'impone una rilettura in chiave attuale della pagina di Pascal: la radice dell'inquietudine potrebbe essere anche più profonda e condurre ad interpretare l'uomo non solo e forse non tanto nella sua ferita quanto nella sua natura. L'uomo non è insoddisfatto perché ha perduto le altezze, ma perché le ha presagite; non perché ferito, ma perché chiamato. Non è esiliato: è piuttosto cittadino di una «patria in cui ancora nessuno fu». Non è richiamato dalla nostalgia della patria perduta; è sollecitato dall'attesa della terra promessa. Tanto che la condizione vera dell'uomo è la speranza. Quando la speranza lo sospinge oltre se stesso, testimonia non un'evasione alla rincorsa di fugaci provocazioni, ma un'aspirazione più profonda e tenace di quelle stesse provocazioni. Pascal ha certamente letto l'uomo a profondità disusate: la sua fede gli ha suggerito squarci interpretativi di grande suggestione: dove gli ha consentito di misurare la distanza fra la grandezza e la miseria, l'ha reso testimone appassionato dell'anelito di liberazione e di salvezza che qualifica il cristianesimo. Ma un certo rigore morale che gli è proprio e una interpretazione della persona mutuata dalla filosofia tradizionale gli ha impedito di accorgersi che l'aspirazione più definitiva alla salvezza è iscritta nella natura dell'uomo più profondamente che nella nostalgia delle sue origini. Prima che natura ferita, l'uomo è natura incompiuta; nella visione cristiana, è vocazione trascendente. Il rapporto oltre se stesso non è evasivo ma costitutivo: si tratta di pensarlo in termini corretti, orientati a farsi, non ad evadersi...
    La vera patria della morale non è il ripiegamento su di sé, ma l'esplorazione di un mondo interiore popolato da sollecitazioni che fermentano l'esistenza. C'è allora un modo evasivo di sottrarsi al richiamo interiore. L'uomo è natura in quanto porta il richiamo di un progetto di sé non ancora compiuto; è cultura in quanto va definendo le condizioni nelle quali il progetto si attua. Al punto che non si può parlare di natura che nell'alveo delimitato e tuttavia sollecitante di una cultura: in uno scambio spesso indecifrabile; legato certo a propensioni e a scelte che caratterizzano un'individualità personale, e tuttavia maturata in situazioni concrete con i condizionamenti e gli stimoli che offrono. In questo senso lo scambio fra l'iniziativa dell'uomo e la condizione ambientale, negli apporti e nelle resistenze, è continuo e profondo. Da una parte «non c'è quasi dato che non sia elaborato» secondo la giusta osservazione di Bloch, dall'altra non c'è elaborazione concreta che sulla base di una determinata maturazione conseguita e di un progetto in via di realizzazione.

    Dalla soggezione alla responsabilità sulla natura
    L'impegno morale più che al rispetto statico della legge di natura tende all'interpretazione dinamica delle risorse e delle virtualità pressoché indefinite della natura. Affiora una responsabilità meno preoccupata di «rispettare» la legge di natura e le consuetudini che la manifestano; più impegnata ad «inventare» risposte proporzionate e adeguate dell'anelito che fermenta l'esistenza.
    «Bisogna ben essere ciechi per non riconoscersi privi di miseria. E se la riconosce e non desidera d'esserne liberato, che dire d'un tale uomo?» [5]. L'osservazione di Pascal torna nella sua amara e graffiante lucidità. Ma la soluzione che egli propone rischia di apparire sfocata. Egli ragiona sullo sfondo di una certa teologia. La sorte dell'uomo gli appare segnata senza il soccorso di Dio. L'esperienza morale più recente preferirebbe probabilmente interpretare: «Se conoscendosi tale uno non desidera 'liberarsene', che dire di un tale uomo?». E tuttavia dove l'analisi del moralista contemporaneo è seria, avverte il rischio di ridursi ad affermazioni velleitarie. Proprio quella «miseria» che egli si riconosce lo riduce all'impotenza; contro cui tuttavia si ribella. Rivendica uno spazio che l'esperienza gli sottrae e che addirittura la ragione gli vieta. Proprio quest'ultimo aspetto che concerne la ragione merita approfondimento. In fondo l'esperienza concreta è sempre fermentata d'utopia e aperta alla speranza: la meschinità di oggi è tenacemente ridimensionata dalla grandezza proiettata sul domani. Nella riflessione attuale s'è offuscato proprio l'orizzonte della speranza. Perfino un appassionato cantore del futuro dell'uomo come Nietzsche ha in realtà piegato l'esistenza all'arbitrio della volontà cosmica e alla legge della fatalità.
    Heidegger è giunto a conclusioni più pacate; ma non ha restituito un briciolo di responsabilità all'uomo. L'ha reso anzi in balia totale dell'iniziativa dell'essere, che egli ha il compito di attendere e di custodire in una passività esasperata. La riflessione marxista, anche nei massimi pensatori recenti, ha inteso celebrare la responsabilità dell'uomo. La pagina di Bloch scandisce i gesti dell'eroe rosso che offre la vita per la causa dell'uomo. Il suo incontro con la morte è definitivo, egli lo sa. Non c'è dunque un filo per quanto tenue di speranza. Per questo il suo gesto rivela coraggio e gratuità incomparabili.
    Il martire cristiano può cantare in faccia alla tortura e alla morte: egli guarda all'alba della resurrezione e attende l'ingresso nel Regno che gli appartiene. La sua morte è piena di immortalità.
    L'eroe rosso non può contare su nulla di tutto questo. La causa per cui egli muore potrà anche trionfare: egli non ne avrà parte alcuna. Sulla riflessione marxista pesa cupa l'ombra dello scacco. È proprio questo trionfo definitivo del bene, della giustizia che è in forse: appare spesso vietato e si dissolve come un sogno al primo rude risveglio. È ancora Bloch a richiamarlo: «Perché il Regno non è qui, d'un sol colpo...».
    E anche più conturbante la domanda: perché il Regno non sarà mai qui; e anche se lo fosse, la presenza dell'uomo a questo regno è fugace e istantanea, al punto da rendere irrisoria l'intera fatica per instaurarlo. È il dramma vero dell'antropologia marxista, come di ogni antropologia orizzontale.
    E tuttavia bisogna ammettere che l'utopia orizzontale, non solo quella marxista, ha spesso convinto fino a sedurre intere generazioni. Probabilmente per la carica di attualità e di parziale realizzabilità - utopia concreta - che le ha attraversate.
    Oggi sono al tramonto o sono già storia passata, e però hanno insegnato a guardare con una serietà disusata in campo cattolico alle realizzazioni anche parziali; a credere più a queste che a proposte escatologiche inverificabili.
    Il loro stesso tramonto ha suscitato un disincanto profondo: la credibilità definitiva di una proposta resta segnata dalla delusione delle grandi utopie storiche.
    Resta difficile elaborare con credibilità valori che presumano di risultare al di sopra di ogni sospetto: universalmente validi, immutabili... S'impone uno spazio di elaborazione e di verifica, sentito come irrinunciabile.
    L'etica insomma appare segnata dalla cultura: soprattutto nel senso che non rinuncia alla fatica e alla responsabilità di elaborarli; sia perché ne ha avvertito e sofferto la relatività, anzi spesso la precarietà.

    La risonanza in ambito educativo-morale
    A livello educativo vale la pena richiamare l'attenzione sull'indispensabile consapevolezza della nuova sensibilità etica:
    • rivendica una non delegabile responsabilità individuale;
    • manifesta sospetto o insofferenza per l'obbligatorio, l'oggettivo, l'universale;
    • risulta disponibile al confronto, alla verifica critica rivendicando uno spazio di manovra, di... «disimpegno»;
    • rischia palesemente la soggettività, il relativismo, l'indifferenza;
    • lascia tuttavia emergere riferimenti condivisi e qualificanti.
    Appare quindi indispensabile la messa in atto di stimoli nuovi e credibili:
    • il progetto personale nella dialettica di esiti prevedibili e possibili per il singolo e la collettività;
    • le grandi linee emergenti per una carta comune dei diritti e dei doveri;
    • le proposte da elaborare su diritti e doveri fondamentali universalmente riconosciuti;
    • la ricostruzione di un senso in cui i giovani risultino responsabili e protagonisti.

    DALLA RIVENDICAZIONE CONFESSIONALE AL SIGNIFICATO ESISTENZIALE DELLA RELIGIONE

    I dati più evidentemente provocanti

    Una osservazione di Panikkar mette a fuoco puntualmente il problema educativo attuale in ambito religioso: «Tra tutti i tentativi volti a definire la religione, io rischierei questa semplice e breve affermazione: la religione è il sentiero che l'uomo prende per conseguire lo scopo della vita; in breve, la religione è la via della salvezza.
    Occorre aggiungere che qui i termini 'via' e 'salvezza' non assumono alcun contenuto specifico; essi implicano, piuttosto, il pellegrinaggio esistenziale in cui l'uomo si impegna con la convinzione che tale impresa lo aiuterà a raggiungere lo scopo finale o il fine della vita. È una via verso la realizzazione, se si preferisce» [6].
    Ci si incammina da una religione come proposta in sé compiuta e legittimata e come universo di valore e pienezza di significato, ad una religione che verifica non la propria credibilità ma l'apporto che sa offrire all'esperienza individuale e collettiva.
    Sembra indispensabile garantire:
    - nuova credibilità per il credente; è da verificare:
    • se la religione è valore in sé o fondamento dei valori;
    • se il problema è la chiesa o il regno di Dio;
    • l'elaborazione dell'ethos tradizionale e la sua valenza di fronte alle altre culture;
    • il cattolicesimo in rapporto di scambio reciproco con le grandi tradizioni religiose.
    - Nuova credibilità per il non-credente:
    • dalla proposta confessionale in sé al significato che questa è in grado di elaborare per l'esperienza reale della vita;
    • dalla proposta religiosa elaborata alle condizioni e ai criteri per elaborare una proposta esistenzialmente convincente.

    Sensibilità religiosa in rapida e profonda evoluzione

    La proposta cristiana dalla plausibilità intrinseca alla significatività esistenziale
    Il processo di secolarizzazione in atto ha spostato il fuoco del confronto. L'esperienza credente non viene verificata sulla sua ragionevolezza e intrinseca coerenza: caso mai sulla sua significatività esistenziale. Il rischio, in una sensibilità centrata sui valori terreni, è che la proposta cristiana sia disattesa, non venga presa neppure in considerazione perché «sospettata» o ritenuta irrilevante.
    Di fronte a questo pericolo recentemente si profilano alcune chances singolarmente sollecitanti.
    - La prima concerne una sensibilità culturalmente avvertita dell'apporto insostituibile della religione nell'interpretazione dell'esperienza umana. Ricerche storico-fenomenologiche e psico-sociologiche hanno rivendicato il ruolo centrale della religione nella vita individuale e collettiva, da Eliade a Luckmann. - Inoltre il vuoto lasciato dalla caduta delle opposte ideologie porta l'attenzione e l'interesse sulla religione come fonte e matrice di valore e di significato. Religione e fede non appaiono più antagoniste delle scelte ideologiche; cade il sospetto sulla loro spinta alienante e disumanizzante; vengono prese in considerazione per il ruolo e la funzione che esercitano in ambito personale e sociale: sono appunto verificate sulla loro significatività. Tuttavia a partire da un'attenzione e un interesse che le recupera dall'indifferenza e dall'emarginazione, cui la mentalità secolare sembrava condannarle
    - Secondo la nuova ermeneutica l'esperienza è a perno di ogni elaborazione culturale. La proposta credente non è tanto considerata per la sua oggettiva verità, quanto per il significato esistenziale che sottende. Va dunque verificata nella sua funzione esistenziale e promozionale.
    L'unità fra fede ed esperienza, fra fede e cultura non è un problema astratto; tanto meno si può realizzare in forma esteriore e sovrapposta: deve risultare intrinseca e costitutiva. La fede cioè deve mostrare dove e in che modo alimenta e fermenta l'esistenza.
    Si delineano nuove premesse per restaurare l'unità fra fede e vita, continuamente richiamata anche a base del recente rinnovamento catechistico.

    Dall'etnocentrismo all'universalità
    L'altra spinta è di carattere squisitamente culturale.L'elaborazione della proposta cristiana è stata fatta su base occidentale, stretta per di più nell'alveo di una specifica interpretazione filosofica, da tempo minoritaria nello stesso contesto credente.
    La rivalutazione delle diverse tradizioni culturali, la legittimità che rivendicano e la ricchezza che manifestano, hanno posto con provocazione inedita il problema dell'elaborazione dell'annuncio cristiano. Spingono a sceverare gli elementi irrinunciabili del messaggio dalle categorie culturali che lo veicolano. Inducono a ripensare i confronti e l'incontro con le diverse tradizioni; a identificare criteri adeguati per una rielaborazione culturalmente differenziata e tuttavia rispettosa e garante dell'autenticità del messaggio evangelico.
    Il tema dell'inculturazione non riguarda naturalmente solo altre e diverse tradizioni culturali. Di riverbero comporta una verifica della stessa formulazione che la chiesa ha fatto propria.
    Quando poi si prende in considerazione il flusso delle migrazioni, la rapida osmosi fra le culture, la loro tendenza ad influenzarsi reciprocamente, è evidente che la tradizionale elaborazione appare inadeguata anche in ambito europeo.
    Risulta quindi obbligata la revisione di una proposta regionalmente situata e ormai «incredibile», a confronto con provocazioni vaste e sconcertanti, vissute almeno di riverbero dai credenti e non-credenti nostri contemporanei.
    Il tema dell'inculturazione s'impone quindi in forma Medita: spinge a rivisitare il versante alternativo all'esperienza, quello della dottrina, delle tematiche più rilevanti, della loro gerarchizzazione, della loro attuale formulazione.

    Dalla centralità della Chiesa alla prospettiva del Regno
    Ma l'incontro con le diverse culture, le peculiari esperienze che queste promuovono ed elaborano, forzano inevitabilmente l'orizzonte tematico della tradizione ecclesiale e la sua formulazione. Rendono incredibile una proposta centrata sull'esperienza della comunità credente. Inducono a portare la riflessione e la ricerca su provocazioni vaste e drammatiche che gli uomini di oggi vivono.
    Soprattutto inducono la comunità ecclesiale a confrontarsi con le grandi aspirazioni e le fondamentali conquiste dei nostri contemporanei; ad avvertire e decifrare nella storia universale la laboriosa eppure progressiva manifestazione del Regno, cui la fatica dell'uomo risulta misteriosamente orientata.
    La fede non è più verificata con parametri intra ecclesiali, né sulle proporzioni di un'azione ristretta al progetto ecclesiale, ma è sollecitata ad assumere e a fermentare quanto di autenticamente umano va emergendo nell'esperienza stessa contemporanea.
    È evidente che l'educazione e la pastorale dilatano il proprio orizzonte e risultano verificate nell'apporto significativo o meno che conferiscono a questo vasto processo di umanizzazione in corso.
    La tendenza a promuovere la catechesi degli adulti ne è un sintomo diffuso e condiviso. Naturalmente non tanto in quanto identifica un nuovo destinatario - rispetto all'età evolutiva - quanto perché ripensa seriamente il progetto educativo; tende a portarlo a misura dei grandi problemi umani, da cui l'adulto è assillato.
    E un'altra considerazione sembra profilarsi con sempre maggior risonanza. I fondamentali problemi dell'uomo, anche contemporaneo, percepiti secondo diverse sensibilità culturali, hanno trovato elaborazione, spesso originale e profonda, nelle grandi e ataviche tradizioni religiose.
    Appare sempre più precaria e sospetta una soluzione che si chiuda in ambito confessionale e disattenda o rifiuti il dialogo con la più vasta e universale riflessione religiosa.
    Studi recenti accreditati e complementari in ambito storico, fenomenologico, sociologico vanno mettendo in luce la serietà e l'apporto di consuetudini religiose che il cattolicesimo ha spesso combattuto o deprezzato. La religione viene sempre più consapevolmente ritrovata al cuore delle diverse tradizioni culturali, come fermento e anima; prescinderne significa compromettere la comprensione autentica delle singole culture: fraintendere e rudimentalizzare l'elaborazione data ai temi fondamentali dell'esistenza.
    La proposta cristiana potrà anche rivendicare prerogative e connotazioni qualificanti e privilegiate. Non risulteranno credibili che nel confronto e dal confronto con le altre tradizioni religiose.
    E dove l'elaborazione della proposta cristiana ha di mira la maturazione della persona e dunque l'incontro e la promozione dell'istanza o del richiamo religioso che attraverso l'esistenza, non sembra poter disattendere l'esplorazione della fondamentale matrice religiosa, che ne costituisce il naturale presupposto. A proposito le scienze della religione, nell'indagine vasta e concertata che vanno perseguendo, hanno una parola tutt'altro che trascurabile da dire.

    Verifica del linguaggio religioso
    Su questo sfondo, che va dalla considerazione ermeneutica alla constatazione del molteplice ramificarsi delle religioni, si delinea uno dei temi centrali della nostra cultura: quello del linguaggio.
    Lo spessore e la complessità dell'esperienza, la diversità dei punti di vista da cui si può analizzare, la necessità di forgiare mediazioni e strumenti differenziati e pertinenti per decifrarla, ha concentrato la ricerca sul linguaggio e la sua legittima diversificazione.
    Di fatto il linguaggio religioso, ostracizzato per lungo tempo da una tradizione filosofica unilaterale e faziosa, è rimbalzato recentemente a perno di un'attenzione puntuale e notevolmente innovativa: sia in ambito teoretico (Ricoeur, Levinas, Marcel, Pohier, Ott, Pannemberg) che applicativo (cf la didattica del simbolo in Germania).
    «Dire Dio» è divenuta una strada maestra per esplorare le dimensioni di arcano nella cultura, il mistero in cui l'esperienza è immersa, la trascendenza da cui è sollecitata.
    Come la dimensione religiosa, oggi singolarmente avvertita e riconosciuta, induce all'approfondimento e alla padronanza del linguaggio di cui si avvale.
    Si profila uno spazio per lo più disatteso o poco tematizzato nel nostro contesto, per ridare significatività e incisività al messaggio cristiano.
    Ora mi permetto alcuni rapidi accenni per richiamare una situazione educativa in forte evoluzione, di cui si possono cogliere le emergenze più significative.
    Quelle indicate vogliono sollecitare la riflessioni degli educatori perché le scelte che vanno operando risultino capaci di interpretare le provocazioni attuali.

    Risonanza religioso-educativa

    S'impone un rinnovamento di prospettiva in ambito religioso:
    - Riscoprire il ruolo profetico e utopico della fede;
    • in grado di definire la speranza;
    • di annunciare l'utopia;
    • di illuminare l'orizzonte.
    - Trasferirsi:
    • dalla patria perduta alla «patria in cui ancora nessuno fu» (Bloch);
    • dalla terra posseduta alla «terra promessa».
    - Elaborare i grandi simboli che illuminano l'esistenza per:
    • garantire la dignità dell'uomo;
    • alimentare la speranza l'utopia ;
    • salvaguardare la solidarietà;
    • promuovere l'accoglienza.

    Concludendo

    La «casa», pure spaziosa, faticosamente costruita dal dopoguerra ad oggi risulta accogliente e abitabile? Sembra che i giovani ambiscano un'altra casa, a loro misura.
    Sono state indicate le condizioni per costruirla:
    - un ricorso ermeneutico alla cultura;
    - una concezione dinamica della morale;
    - una funzione storico-esistenziale della religione.


    NOTE

    1) M. Buber, Il problema dell'uomo, Leumann, Elle Di Ci, 1983, p. 3.
    2) Cf Z. Trenti, La religione come disciplina scolastica. La scelta ermeneutica, Leumann, Elle Di Ci, 1990.
    3) Cf soprattutto le ricerche di H. G. Gadamer.
    4) M. Heidegger, Nietzsche, Pfullingen, Neske, 1961, vol. 1°, p. 184, vol. 2°, p. 45.
    5) B. Pascal, Pensées, ed. Brunsvigc, 450.
    6) R. Panikkar, Il dialogo intrareligioso, Assisi, Cittadella Editrice, 1988, pp. 166-67.


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu