Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Vocazione: educare a un progetto di vita



    Giovanni Battista Bosco

    (NPG 1993-08-47)


    La vocazione è una realtà molto ricca e complessa: è un tema che viene affrontato sotto molteplici aspetti. Né da prova la varietà e dovizia delle ricerche in questo campo, specie dei due ultimi decenni. E tuttavia la questione rimane ancora viva e la problematica attuale: ne sono intuibili le ragioni. Sia sotto il profilo culturale che pastorale si assiste a un revival ricorrente che ripercorre la tematica.

    Prospettiva di lettura

    Le svolte sociali e politiche in atto, come i relativi mutamenti culturali che stiamo vivendo, impongono un serio ripensamento della propria collocazione professionale ed esistenziale nella società odierna.
    In modo non meno innovativo viene avvertita la realtà della vocazione a livello religioso ed ecclesiale: e non tanto per il fenomeno della sua crisi numerica, quanto piuttosto per una sostanziale esigenza di rinnovamento provocata da eventi (Concilio, Sinodi, Convocazioni ecumeniche...), pronunciamenti autorevoli (documenti nazionali e internazionali) e soprattutto dalle sfide vitali dell'esistenza cristiana.
    Il contesto della vocazione è senza dubbio sociale e culturale, religioso ed ecclesiale. Ma la metafora che la rende tersa sotto il profilo esistenziale ed evangelico, rimane il Dio che chiama e l'uomo che risponde: è un patto di alleanza offerto, una proposta di sequela che fa appello alla libera responsabilità.
    Il primo protagonista della vocazione è Dio che viene indicato dalla Bibbia come «Colui che chiama per nome». Il suo è un atto di elezione che ci accompagna costantemente nella vita; è un atto di amore creativo e singolare che non è esteriore all'uomo, ma si inscrive nelle fibre del suo essere; è una chiamata per la missione in cui ciascuno sia manifestazione vivente del suo amore per l'umanità. Nel suo realizzarsi in compiutezza la vocazione è progressivamente chiamata a vivere «a immagine e somiglianza di Dio», a riprodurre in se stessi il Cristo mediante la partecipazione alla vita del Risorto, a condividere la comunione con Dio nella Chiesa quale sacramento di salvezza a servizio degli uomini; è chiamata alla pienezza di vita, alla perfezione della carità nella santità e al compimento definitivo nel Regno di Dio.
    Non meno protagonista della sua vocazione è l'uomo: ognuno è chiamato a rispondere nella libertà e responsabilità.
    Il dialogo tra Dio e l'uomo si pone sempre sul piano della fede, che non fornisce mai sicurezze decisionali o certezze assolute: l'accettazione rimane frutto della libertà personale. La realizzazione di ogni vocazione è legata all'iniziativa di Dio, come alla libera e generosa collaborazione dell'uomo: è un sì a Dio essenziale e richiesto, che viene attuato nelle varie mediazioni umane.
    «Vocazione: educare a un progetto di vita» è evidentemente un titolo che va interpretato. Con esso si intende sottolineare in particolare un versante della realtà vocazionale. Ci si pone prevalentemente nel solco delle mediazioni, si indaga più sul terreno dell'agire dell'uomo, si va alla ricerca di quanto possa l'educazione in questo campo, nel rispetto del mistero. E questa è l'ottica delle nostre riflessioni.

    Dl FRONTE ALLA COMPLESSITA' ATTUALE

    Ovunque si parla oggi di società complessa. È considerata come un assioma nella ricerca. Del resto ciascuno ne può sperimentare la realtà nella sua stessa vita: senza dubbio intuiamo che del vero c'è. Sta di fatto che ci sentiamo immersi in una società non più controllabile o uniforme come in passato, che il contesto sociale è decisamente mutato e in continua evoluzione. Questa consapevolezza basta al nostro scopo, rimandando altrove per opportuni approfondimenti.
    A noi interessa ora metterci di fronte a questo nostro vivere «complesso», per cogliere taluni elementi educativi che ci facciano intravedere la possibilità di elaborare progetti di vita, anche nel contesto odierno.
    Ma quali sono tali tracce percorribili? Ne segnalo le essenziali.

    Riconoscere la complessità per gestire l'ambiguità degli eventi

    Davanti alle abbondanti difficoltà che sciamano in ogni ambito della nostra vita e al senso di impotenza che proviamo nell'intimo per farvi fronte, la reazione spontanea potrebbe essere quella di evitare, negare, irrigidirsi. «Fuga dalla libertà» è intitolato un libro interessante di E. Fromm: persino siamo pronti a fuggire da ciò che è più qualificante nell'uomo, la libertà.
    Le proposte tradizionali in campo vocazionale non ci convincono e al contempo le nuove iniziative ci lasciano sul chi va là: è la situazione complessa che si manifesta apertamente. Il rischio che ne segue sta nel negare la realtà, che non permette più una facile soluzione ai problemi. Si possono imboccare allora traiettorie spiritualistiche, affidando tutto all'iniziativa di Dio; oppure ci si attesta su posizioni di piatta constatazione, negandosi alla speranza. Tutto ciò, nelle sue plurime forme possibili, provoca cortocircuiti nell'educazione: viene meno la libertà di spirito e di azione.
    La realtà complessa in cui siamo immersi non va subita o negata, ma compresa e ammessa. Si educa nella vita concreta e in vista della vita. Per orientare adeguatamente i giovani occorre intelligenza delle situazioni: non ci si può permettere di consolarsi con risposte prefabbricate o avventurarsi in solipsismi carismatici. La serietà della questione esige riscontri pensati e sensati. Negare la complessità delle situazioni significa precludersi la possibilità di trovare vie d'uscita.
    Del resto chi sottovaluta un simile fenomeno sociale con le sue implicanze, si pone inconsapevolmente in una situazione di ambiguità per interpretare gli eventi: in assenza di criteri adeguati non riesce a distinguere gli aspetti marginali da quelli essenziali, a discriminare i risvolti positivi dai negativi, poiché tutto risulta o fondato sui massimi principi o riferito a pressappochismo inconcludenti.
    Lo snodo risolutivo è che siamo chiamati a gestire l'ambiguità dei fenomeni per accogliere la realtà e cambiare la vita secondo un disegno.
    A tale scopo non è saggio semplificare forzatamente le situazioni, se sono complesse, come neppure complicarle inutilmente. La prospettiva giusta sta nel guardare in faccia la realtà per prenderne coscienza e progettare di intervenire su di essa in vista degli scopi che ci si propone.

    Accompagnare a discernere tra le ambivalenze di significato

    Mai come oggi si rilevano contrastanti valutazioni sui fatti di vita: e ciascuno, si dice, potrebbe avere le sue ragioni. In verità spesso ci si trova di fronte a fenomeni interpretabili in maniera assai diversa, a seconda degli approcci utilizzati. Gli eventi umani sono sottoposti alle ambiguità, alle intenzioni sommerse, agli equivoci: in una parola l'ambivalenza è oggi di casa. Di fronte alla pluralità delle interpretazioni, alla varietà delle proposte o alla molteplicità degli stili di vita, il giovane, come del resto anche l'adulto, si trova disorientato o perlomeno viene assalito dal dubbio circa i suoi convincimenti. Coglie che i fatti di vita non possono essere valutati in termini manichei, e d'altronde non ci si può abbandonare al nocivo relativismo. È vero che le interpretazioni possono essere plurime, ma esiste uno spartiacque inevitabile: o si va verso la costruzione di vita o ci si avvia necessariamente verso la sua degenerazione. E le prove di ciò sono sotto gli occhi di tutti. Per questo sono d'obbligo il riferimento etico e la ricerca della verità.
    Sotto il profilo educativo l'incertezza sui valori esistenziali o il relativismo delle scelte fungono da resistenze alla crescita umana. E come stare alla finestra a guardare, pensando di essere attori di quanto avviene oltre. L'esistenza scorre ineluttabilmente per propria forza vitale, eppure siamo consapevoli che ci è dato di edificare la casa della nostra vita, anche se il terreno non è nostro. I progetti che oscillano continuamente tra una vasta gamma di scelte provvisorie, sono condannati a non realizzarsi mai. La mutevolezza che assurge a legge ferrea quanto la fissità non possono essere che distruttive.
    In campo educativo la linea da perseguire si colloca all'interno di percorsi formativi di crescita e di progetto, superando la dispersione e la parzialità. Il giovane deve essere orientato a canalizzare le sue molteplici energie verso la realizzazione di un progetto che sia degno delle sue attese più autentiche e delle esigenze più profonde.
    Senza dubbio è oggi facile la tentazione della noncuranza o della mediocrità. «Mediocri di tutto il mondo, io vi assolvo» lascia scritto un autore. Ma l'intervento educativo sta appunto in questo: risvegliare le coscienze che si adagiano nel torpore, reagire di fronte agli stereotipi manifesti e occulti, accompagnare nella scoperta delle motivazioni vitali e dei significati degli eventi, aiutare a compiere scelte di valore. Insomma si tratta di impegnarsi a svelare a se stessi il senso della vita, percorrendo le strade della saggezza e della sapienza.

    Promuovere la convergenza organica come impegno vitale

    L'esigenza di convergere e armonizzare è assai sentita nella persona: le diverse nevrosi di cui soffriamo sono i sintomi di un disagio che ci portiamo dentro. Le scissioni interiori invocano coerenza fondata su convinzioni. Eppure già il semplice richiamare a ciò, provoca non poche obiezioni o perlomeno incertezze.
    La cosa è semplice a dirsi, ma non facilmente praticabile. Del resto che tipo di coerenza è possibile in un mondo delle più varie opportunità? Forse si devono pacificamente accettare le valenze «deboli» del convivere sociale.
    Di certo, al di là dell'ammissibilità di facili soluzioni, occorre porsi seriamente talune esigenze, che attendono un inevitabile riscontro senza paludamenti e rappresentano dei riferimenti essenziali per poter operare convergenza in un progetto di vita.
    In primo luogo ognuno di noi è situato nel bisogno di esprimere quanto si porta dentro: non è possibile sottrarsi, pena l'implosione di sé. La comunicazione vitale è parte del nostro patrimonio umano: la mente e il cuore devono convergere. Si comunica mediante idee e concetti, ma pure attraverso i più diversi linguaggi del vissuto. Se non è possibile pensarsi nella dignità di uomini senza la mente, non lo è meno pretendere di costruire la propria esistenza senza le ragioni del cuore. È impegno di vita coniugare organicamente la sapienza della ricerca con la saggezza dell'esperienza. L'una salvaguarda la ricchezza e l'irripetibilità del vissuto personale e l'altra penetra nella consistenza della sua pregnanza esistenziale. Insieme divengono sostanza di vita.
    Una seconda considerazione si staglia sull'interrogativo di come mi posso porre di fronte agli altri. Il mio progetto non può rimanere indifferente alla questione. Se chi mi sta davanti è considerato un nemico da vincere, o lo stare con gli altri è un inferno da scongiurare, o ancora il simile è una libertà che rapina la mia, l'incontro diviene terreno di scontro e il dialogo una sopraffazione. Ma l'altro può essere guardato come chi dà significato al mio stesso vivere, colui che offre spazio e respiro alla mia libertà e responsabilità, come una persona che si fa compagno di viaggio nel confrontarsi e nel condividere. Questa convergenza impegna a coerenza.
    Un'ulteriore esigenza umana che facilita la consonanza, consiste nel saper andare oltre il visibile nell'apertura esistenziale. L'uomo è chiamato a riconoscere e svelare il suo mistero. La ragione che prevarica rende inesprimibile il silenzio. Se il cuore diviene possessore delle cose, turba l'ascolto dei propri simili. Il teatro della propria storia diviene un fare, se non un disfare o un sopraffare. Chi si pensa autosufficiente, non deve riconoscere alcun dono, ma solamente inventarsi un compito. Eppure l'uomo ha bisogno di evocare e invocare, altrimenti il silenzio è muto e l'ascolto solo avvilimento. Perché il mistero umano non sia un assurdo, occorre una genuina apertura al trascendente. L'apertura porta allo stupore, piattaforma per riconoscere ciò che è inafferrabile per la nostra ragione e inaccessibile al cuore, ma che introduce nelle sorprese della contemplazione. L'invisibile si rende visibile nei semina Verbi e nei testimoni di una realtà che viene vissuta.
    E infine l'impegno di vita va nella direzione di far convergere organicamente il piano delle idee con quello dei gesti. Alla logica di una mentalità coerente corrisponde l'urgenza di comportamenti correlativi. E alle logiche della prassi fanno riscontro convincimenti teorici. Del resto è noto come gesti simbolici e significativi siano più efficaci di tanti discorsi, e al contempo proposte di idee convincenti provochino di frequente scelte e stili di vita rinnovati. L'odierna scissione tra gesti e idee è uno dei drammi più cocenti della nostra epoca, specie in campo religioso, ma non solo. Di fronte all'aria che tira si è pronti spesso a mutare parere, ma ancor più si è disposti a seguire quanti, più che essere dei maestri, sono anzitutto dei testimoni.

    IMPOSTAZIONE INNOVATA DELLA QUESTIONE VOCAZIONALE

    Prima di introdurmi nelle dinamiche vocazionali della personalità giovanile e di esaminare i nodi cardine della pastorale vocazionale, intendo avventurarmi nelle insospettabili vie dell'animazione vocazionale oggi, così come ama essere prospettata nell'attuale società complessa.
    L'impostazione dell'animazione vocazionale odierna ci aiuta assai a comprendere quali sono le linee educative per costruire un progetto di vita e accompagnarne la crescita.

    L'evoluzione dell'animazione vocazionale

    All'interno del complesso scenario sociale e culturale e nel contesto di un sollecitato rinnovamento conciliare si pone il problema dell'animazione vocazionale. Già lo stesso termine prende le distanze dal passato per collocarsi in termini nuovi nella questione: vocazioni.
    Risalendo al passato si costata un'epoca dell'abbondanza in cui la sollecitudine vocazionale era praticamente assente: le vocazioni di ogni tipo erano assodate, continue, rassicuranti. Anche se il termine assumeva il sapore di una certa aristocrazia, si davano per scontati progetti di vita sia laicali che religiosi. In riferimento alla consuetudine si percepivano i tranquilli vantaggi, come anche si prefiguravano inevitabilmente equivoci. La pastorale vocazionale si dissolveva nell'azione complessiva.
    Ma ciò non poteva durare a lungo: sarebbe giunta l'indigenza. E così è stato. Laici, sacerdoti e religiosi subiscono un tempo di purificazione, in cui il consueto non è più scontato. Si va nella direzione di una maggiore voglia di consapevolezza. Il numero degli impegnati si assottiglia, ma più preoccupante è che vengono meno modelli credibili e accettabili dai giovani.
    La sorpresa del fenomeno lascia sconcertati e il peggio è che ci si pone sulle difensive. La parola d'ordine diventa: emergenza. E da ciò si tirano le conseguenze. Inevitabile diviene allora la mentalità della delega: i più attivi si danno da fare con una certa mentalità d'assalto che gioca sulla conquista, rischiando di sedurre, condizionare, propagandare.
    Ma proprio l'agitarsi senza raccogliere faceva scoprire la ristrettezza di simile orizzonte: si imponeva un momento di discernimento. La crisi sofferta è profonda. I modelli non sono più significativi e capaci di affascinare i giovani. Ma non tutto è negativo. Nuove forme di impegno sia laicale che religioso si fanno avanti. Si avverte con evidenza di trovarsi di fronte a un momento assolutamente inedito: il cambiamento richiesto è di qualità. I metodi del passato sono del tutto obsoleti, è indispensabile discernere nel nuovo. Le figure vocazionali sono da reinventare. È la prospettiva dell'animazione vocazionale, segno dei tempi e ricca di speranza. Non dappertutto si entra in questa logica, ma la via è tracciata.
    In questa nuova fase l'immagine che conquista è il popolo di Dio che cammina per le vie del mondo: una Chiesa mistero che si sente con forza sacramento di salvezza per il mondo. Una nuova luce si accende: è la Chiesa della molteplicità dei ministeri e della diversità dei carismi, tutti a servizio dell'unica missione.
    Il discernimento iniziato giunge ad alcune conclusioni. L'animazione vocazionale assume un volto nuovo, poiché abbandona l'ossessione del ripiegamento per aprirsi al servizio. L'attenzione non è più impegnarsi nel compimento dei propri progetti, bensì ricercare il bene del popolo di Dio e con esso dell'umanità intera. L'animazione vocazionale intraprende una nuova via: essere strumento di rinnovamento, riscoprendo la missione nel testimoniare il vangelo della carità.

    La realizzazione della propria umanità

    Uno degli ambiti su cui si è cimentato il rinnovamento è quello della realizzazione dell'uomo in Dio. Nel recente passato la proposta vocazionale suonava sprovvedutamente come una negazione dell'umano. Nell'usuale modello di perfezione evangelica non trovava attenzione il fattore umano, se non prevalentemente per essere controllato, se non addirittura represso o combattuto. Si trattava di un certo tipo di strategia che impegnava a canalizzare le proprie energie di bene verso la santità, ignorando o sottovalutando le zone d'ombra, che venivano rimosse. Ma la vita interiore era così disturbata da una ricorrente minaccia nascosta. proveniente dall'inconscio, e pertanto impoverita. Di fatto una certa concezione di santità non ha favorito a vivere in pienezza la propria umanità, anzi ne ha complicato il cammino.
    Di contro, in questi scorsi anni, si è fatta avanti una nuova visione della questione, che portava però tutto il peso della reazione. Si è puntato su una attenzione esasperata alla propria realizzazione, tanto da trasformarla in un vero idolo, cui si consacravano energie immense. Appariva persino che il nuovo termine fosse una parola magica, risolutiva dell'autenticità di un progetto di vita. Così, se prima si fissava il proprio sguardo più sull'ideale, ora si incatenava la costruzione della identità alle proprie realizzazioni, e quindi alle qualità personali.
    Ma l'idolo dell'autorealizzazione avanza pretese, di cui non è mai sazio: è una sorta di narcisismo che vuole rispecchiarsi in tutto ciò che fa, condannando a morte la vita interiore.
    Come è comprensibile, in un discernimento autentico si coglie che la mediazione sta nell'integrazione tra i due estremi. Non si tratta di compromesso, concedendo qualcosa a ciascuno dei due poli. È invece il punto di partenza che cambia la situazione: tutto fa perno sul farsi carico di tutta la propria realtà, sia positiva che negativa. L'uomo totale (Mounier) non abolisce nulla di sé, bensì si propone di coinvolgere ogni impulso vitale attorno a un nucleo centrale, come tante particelle attorno all'atomo.
    La questione allora si pone nello stabilire il perno che sorregge l'impianto e nel trovare le interazioni con tutti gli aspetti della vita. In questo modo qualsiasi vocazione abbraccia tutto il vissuto dell'individuo, chiedendo di dare il meglio di se stessi. Così il dono dello Spirito si incarna in una persona, che lo rende visibile e palpabile in uno stile singolare. E così una specifica sequela di Cristo è dono accolto con gratitudine e insieme impegno umano per lo sviluppo della pienezza di vita in tutti.
    L'esito è il profilo di un uomo storico, fenomenico. quotidiano, che valorizza i doni e talenti per riferirli al suo centro vitale e assume i propri limiti e peccati sperimentando la sua povertà radicale di fronte a Dio.
    Il progetto di sé prende volto se viene costantemente riferito una salda roccia, che è il Signore, nella coniugazione esistenziale tra ideale e realtà, seduzioni e aspirazioni, persona e comunità .
    Queste considerazioni comportano necessariamente di riscrivere la vita come vocazione, mettendone in rilievo la valenza antropologica, ossia quella capacità di realizzare pienamente l'umano che porta in sé. Si tratta di proporre la logica evangelica del centuplo già in questa vita, della vita perduta e riconquistata, del chicco di frumento che muore dando frutto.
    Non si intende con questa visione negare la fatica dell'impegno o della rinuncia in vista del proprio progetto (ascesi), come pure sminuire la necessaria forza della grazia e il ricorso alla fonte rigenerante della vita (mistica), bensì si vuole evidenziare la rilevanza educativa di crescere gradualmente nella libertà interiore, che è libertà di seguire la propria vocazione nella consapevolezza e nella responsabilità.

    La spiritualità come sfida

    Il rinnovamento del dopo Concilio è stato un crescendo nel ripensamento della vita spirituale. L'evangelizzazione rilanciata dal Papa non può essere rinnovata se non è «nuova nell'ardore», nella spiritualità. E tutto il vigore del rinnovamento procede su questa strada: solo il risveglio spirituale porterà a nuova vitalità nella Chiesa. La spiritualità è il fulcro del rinnovamento.
    Purificato dalle scorie del passato anche recente, questo termine sta assumendo un significato assai ricco, evoca una realtà densa di contenuto. Non si tratta evidentemente di riferirlo ad attività dello spirito, o ancor meno alle pratiche di pietà, al contrario tale parola viene raccordata con la vita nel suo insieme, come un progetto globale che va esplicandosi, come la dimensione fondamentale dell'uomo in grado di unificare la totalità delle sue espressioni e potenzialità. La spiritualità è uno stile di vita che esprime la profondità dell'essere e del suo progetto, e che assume oggi tratti peculiari.
    Anzitutto essa si caratterizza come esperienza sapienziale, che non è un semplice comprendere dottrinale o un percepire emotivo o ancora un atto di volontà. Si tratta invece della tipica esperienza del Dio biblico, che comunica all'uomo i suoi disegni e lo accompagna nell'impervio cammino. Sapienziale sta nel sentire profondamente il rapporto con Dio, soffrendone la distanza e gustandone l'intimità (R. Otto). Il cuore dell'uomo diviene saggio, poiché intuisce in che direzione cogliere il senso dell'esistenza e per che cosa lasciarsi appassionare: si consegna a Dio, lasciandosi trasformare, non per uno sforzo di volontà, ma per uno slancio mistico e ascetico insieme che afferra tutta la vita. L'anima della spiritualità non si fonda sulla logica del dovere, ma sulla libera decisione, non su una astratta verità, ma su un vissuto personale, su una esperienza vitale.
    La spiritualità attuale inoltre si configura come comunionale. Fare comunità, vivere insieme, operare in gruppo sono parole chiavi della vita odierna. Si prende atto della struttura dialogale dell'uomo e del valore della comunione. La coscienza di ricevere in dono ricchezze spirituali che sono a fondamento della nostra fede, la consapevolezza che questa realtà resta viva nella misura in cui viene condivisa in scambio reciproco, la percezione di sentirsi responsabili di tale dono nei confronti degli altri, rendono trasparente la natura comunionale della spiritualità. Non per nulla dal modello della perfezione si passa oggi a quello del dono, della condivisione. Si tratta in definitiva di cercare Dio insieme, non solo perché camminiamo l'uno accanto all'altro, ma soprattutto perché si ama il proprio compagno di viaggio come parte integrante del rapporto con Dio.
    Infine, se la spiritualità attuale possiede un volto sapienziale comunionale, ha anche una radice missionaria. Giovanni Paolo 1I non cessa di ricordarci a più riprese che la Chiesa è nativamente missionaria e che perciò ogni cristiano si deve considerare un soggetto dell'evangelizzazione. La missionarietà apostolica si rivela chiave interpretativa e sorgente di energia del vissuto spirituale.
    La certezza della fede che Dio ci invia affidandoci un particolare compito quale scopo centrale dell'esistenza, la consapevolezza della propria responsabilità di essere testimoni di tale dono perché anche altri ne possano godere, e la coscienza che Dio si manifesta nella stessa azione apostolica attraverso la sua misteriosa presenza nel povero, nel peccatore. nell'uomo, danno ragione dell'attualità di una spiritualità missionaria.
    Una simile concezione della spiritualità provoca la pastorale vocazione, ne sfida la sua impostazione e azione. Il progetto di vita non risulta essere una realtà disegnata o confezionata per sempre. Si configura al contrario come un cammino ininterrotto, per cui si attinge alla sorgente e alla forza della spiritualità. In esso si ricerca la sapienza che aiuta a discernere, ci si rende compagni di viaggio per condividere, ci si muove da apostoli per testimoniare il Dio vivente a tutti coloro che vivono nella cultura del nostro tempo.

    Per costruire un progetto di vita

    La sfida attuale della spiritualità è assai evidente in campo vocazionale e lo è conseguentemente anche in quello pedagogico. Facciamo alcune considerazioni nella logica educativa.
    Il cammino vocazionale va concepito essenzialmente come condivisione di una esperienza personale e di un sapere sapienziale. Gli atteggiamenti del dottore della legge, del fariseo e del mercenario, per usare riferimenti evangelici, non saranno di certo educativi. Per costruire diventa necessario mettersi nella situazione di chi si espone in prima persona, confessando la sua fede e professando la vocazione propria nella verità. Gli interventi educativi vanno perciò nella direzione di costruire un progetto di vita su chiari fondamenti. Non è facile riconoscere il proprio progetto con la semplice presentazione di un valore, per quanto affascinante.
    Occorre sollecitare alla scoperta del proprio io, dell'identità personale; si tratta di saper evocare quanto il giovane si porta dentro in ricchezza umana e spirituale. Non c'è da dare per scontato che sia realtà acquisita. Per un giovane, la costruzione dell'identità costituisce uno dei problemi più cocenti, se non il problema. L'educatore deve operare con saggezza e sapienza in questo campo, attento a far emergere la personalità dell'individuo.
    Ma non solo. Le energie di bene, insite nel giovane, attendono di essere provocate verso una piena realizzazione della persona. Compito dell'educatore non è solo quello di costatare, ma pure di rivolgere un appello ad andare oltre, nel tentativo di collocare il baricentro della propria vita al di là degli equilibri umani per accogliere il dono di Dio. Vivere in pienezza comprende il sapersi consegnare con disponibilità nella sapienza del cuore al grande mistero che Dio svela in ciascuno di noi. Una autentica educazione sa poi interpellare la totalità della persona. Comunicare solo con i sentimenti, si riduce il progetto a una risposta emotiva e intimistica. Parlare unicamente all'intelligenza, è come pensare una scelta di vita quale prodotto di ragionamenti o argomentazioni. Far appello esclusivamente alla volontà, presuppone la convinzione che la forza della decisione crei certezze o valori. L'appello va rivolto dunque a tutto l'uomo, richiamandosi alla sua sete di verità, coinvolgendo le ragioni del cuore, confrontandosi con le esigenze dell'esperienza.
    Nel cammino vocazionale l'educatore deve tener conto di un'ulteriore considerazione. Si sa, la vocazione non nasce dal nulla, nessuno se l'inventa. È perciò indispensabile fare memoria della propria vocazione, ma ancor più rievocare le grandi chiamate di Dio nella storia e nel tempo presente. La comunità è il luogo tipico della memoria: in essa si perde la povertà della nostra personale esperienza per riconoscere le meraviglie compiute da Dio in tanti uomini e donne, testimoni del mistero e portatori del suo amore. È dentro la storia delle comunità e della Chiesa intera che emergono le grandi figure, capaci di affascinare ancora oggi. È nella lettura attenta dell'esperienza presente che si riconoscono apostoli e profeti secondo il cuore di Dio. Narrare la storia personale è occasione per far rivivere i tanti piccoli e grandi servi di Dio, in cui potersi ripensare e progettare.
    La comunità diviene così luogo di condivisione e di comunione dei beni spirituali di ciascuno e fonte educativa primaria di scelte vocazionali e di progetti ecclesiali.
    Di fronte alla sollecitudine missionaria, l'educatore si assume un compito arduo. Si tratta di un'azione apostolica che non si identifica con l'attivismo e neppure svilisce la forza evangelica nell'agire personale e nella trasformazione sociale. Essa è sollecitata a rinnovarsi sia nei metodi pastorali che nelle espressioni concrete. In definitiva, davanti a questo compito l'educatore è spronato ad essere un mediatore, ossia a saper tradurre in termini vitali la chiamata del Signore e a saper stabilire un'autentica comunicazione educativa.
    Essere capaci di mettersi in relazione oggi, specie con i giovani, non è facile. La competenza relazionale e comunicativa è sempre più una conquista. È attuale la narrazione, come forma più idonea di comunicare messaggi di valore. Di certo, al di là della competenza, vale la disponibilità a mettersi in relazione in modo autentico e trasparente. Ciò non comporta inutili vittimismi o masochismi, come anche risibili spontaneismi o spogliate evidenze. Solo richiede la sincerità del racconto nella semplicità della vita e serenità del cuore. Il problema del linguaggio da utilizzare non verte primariamente sulle parole da scegliere o sulle modalità espressive, cose che meritano attenzione e sensibilità, quanto piuttosto sulla totalità della persona che si apre e comunica, che sintonizza e si mette in simpatia, che emette messaggi carichi di esperienza e di valori, in una parola che comunica vita, e la Vita.

    IL GIOVANE QUALE CENTRO DEL PROGETTO

    Nella lettera apostolica (1985) rivolta ai giovani del mondo, il Papa affronta il tema: «Il progetto di vita e la vocazione cristiana».
    Con il coraggio che lo distingue, egli li provoca a prendere in serio esame il «vieni e seguimi» di Cristo. «Sì, scrive, miei amati giovani amici! L'uomo, il cristiano è capace di vivere nella dimensione del dono..., che crea il profilo maturo di ogni vocazione umana e cristiana. Quelle parole del Signore significano una particolare vocazione nella comunità del Popolo di Dio... Ma queste stesse parole ci permettono di comprendere più profondamente la questione della vocazione... L'uomo è una creatura e insieme un figlio di Dio in Cristo. Allora l'interrogativo: che cosa devo fare?, l'uomo lo pone durante la sua giovinezza non solo a sé..., ma anche a Dio, come suo creatore e padre... Il progetto acquista il significato di vocazione di vita..., affidato da Dio come compito. Desidero dunque affidare a voi tutti... questo lavoro meraviglioso... È questo un lavoro appassionante. È un affascinante impegno interiore. In questo impegno si sviluppa e cresce la vostra umanità, mentre la vostra giovane personalità va acquistando la maturità interiore», per giungere alla pienezza della vocazione cristiana alla luce delle parole del Signore» (n. 8-9).

    Giovani: un mondo senza approdi?

    Abbiamo tutti avvertito che il Papa si è rivolto ai giovani facendo appello alla loro sensibilità d'animo. Scrutando il cuore della giovinezza, non si può che essere animati di speranza. «Il giorno in cui si raffreddi l'animo giovanile, il mondo intero si metterebbe a battere i denti»: esclama d'intuito Bernanos.
    Eppure sappiamo che la realtà si colora di varie tinte, dalle più scure alle più rosee.
    Taluni parlano di gioventù dell'era dell'indifferenza nichilistica. Con accento sfiduciato si afferma di essere giunti al capolinea di un viaggio dalla stazione del narcisismo e quella del nichilismo. Aspirazioni e speranze sembrano essersi inchiodate sulla misura della banalità quotidiana, mortificando desideri e libertà: è illusione di libertà e povertà di desideri. Da questa cultura dell'immediato non può che scaturire l'assenza di progettualità. Il vuoto essenziale e la carenza etica della gioventù la consegnano in balia del consumo irrazionale, delle persuasioni occulte, delle decisioni collettive.
    Altri, in una visione meno pessimistica, interpretano la situazione della gioventù come noncuranza ambigua. Al di là delle apparenze si nascondono forse confusi desideri di senso, aspirazioni inespresse di valori umani. Sembra dominare lo schermo dell'anonimità collettiva dietro cui ci si ripara, o la forza dell'anomia in cui non vige norma obbligante. È la realtà di una società disorientata e permissiva, trasgressiva e tollerante. Il «non venite a scomodarci» esterna il disinteresse ambivalente di chi intende essere gregario di una certa cultura relativistica, ma al contempo fa trasparire l'intuizione di istanze che possono mettere in crisi.
    E infine ci sono alcuni che preferiscono mettere in rilievo quanto di meglio sta nell'animo giovanile: la domanda di valori è insista nel giovane, affiora sempre un anelito al bene represso. Quanto si sta vivendo non è frutto che degli esiti degenerati di una società in declino. Nel giovane alberga sempre una reazione sotterranea a quanto mostra di apparire e nel segreto culla generosità inedite. Ne sarebbero prova inconfutabile il senso di gratuità del volontariato giovanile, lo slancio per le attestazioni di solidarietà, la sensibilità verso valori nuovi.
    Il documento dei vescovi (OP 90) coglie assai bene la pluriformità dell'universo giovanile nelle sue brevi frasi. «Il mondo dei giovani vive e sperimenta, con intensità tutta particolare, le contraddizioni e le potenzialità del nostro tempo. Subendo le forti pressioni della società dei consumi, non di rado i giovani si mostrano... incapaci di dare un senso al proprio vivere, prigionieri del tutto e subito... Anche dal punto di vista dell'evangelizzazione assistiamo al crescere di fenomeni come la difficoltà di accedere all'esperienza di Dio, oppure la forte soggettivizzazione della fede..., nonché una sorta di deperimento... etico. Ma nonostante il diffuso disagio giovanile, i giovani esprimono anche oggi le attese dell'umanità e portano in sé gli ideali che si fanno strada nella storia» (44).
    Ma al di là di analisi interpretative più o meno valide, rimane la verità di un mondo giovanile, che se non è facilmente classificabile, perlomeno vive la crisi del mito dell'adulto. La situazione è difficoltosa per carenza di riferimenti o per la loro irrilevanza nella prassi. In verità il giovane fatica oggi all'approdo, ad ancorarsi a qualcosa ritenuto imperituro.
    Anche se la presente può essere definita l'era dell'uomo, nondimeno ci si dibatte strenuamente tra la verità della sua dignità e l'idolatria della libertà, tra l'accogliersi nella realtà di creatura e l'erigersi prometeico dell'autosufficienza. Se resta vero che l'uomo è chiamato a progettarsi, rimane pur sicuro che porta in sé una vocazione che deve scoprire come dono.

    Mondo giovanile e problematica vocazionale

    Dal punto di vista educativo occorre ascoltare la domanda giovanile, anzi suscitarla là dove fosse latente o dissimulata. E solo nella prospettiva della speranza si possono intuire gli interrogativi profondi e le autentiche esigenze.
    Mettersi in ascolto dei giovani con speranza significa guardare a loro con realismo, senza consentire un giovanilismo di maniera o un drammatico pessimismo.

    L'esigenza di un progetto

    I progetti dei giovani sembrano assumere oggi soprattutto i connotati del frammento: assomigliano a un collage di esperienze senza un visibile nesso. Forse seguono la logica del linguaggio delle immagini, forse il presentismo li condiziona senza appello, forse il narcisismo sociale li abbarbica a cose che gratificano. Sta di fatto che il progetto di vita del giovane si manifesta più sotto forma di domanda, magari impellente, che di proposta abbozzata. Vengono formulati desideri, non di raro contrapposti; le aspirazioni assumano talora vie percorribili. Ma la ricerca, solitamente affannosa, di esperienze diverse e gratificanti cela in realtà la delusione dei modelli proposti e il bisogno di impostare la vita in modo plausibile.
    Le risorse a disposizione sono molteplici. E anche se taluni valori hanno il sapore della nostalgia o sono frustrati dalla loro estraneità alla prassi, nondimeno la domanda esiste, anzi pare robusta se riferita all'umano. Assume queste caratteristiche: «Il rispetto della libertà e dell'unicità della persona, la sete di autenticità, un nuovo concetto e stile di reciprocità, il riconoscimento dei valori della pace e della solidarietà, la passione per un mondo più unito e più giusto, l'apertura al dialogo con tutti, l'amore per la natura...» (OP 44).
    Tra gli interessi della gioventù vince oggi il tema antropologico con le sue variazioni: la centralità della persona nella sua dignità e libertà è indiscutibile, ma tutto appare come un cumulo di tasselli che attendono la loro composizione in un mosaico. Del resto rimane davvero difficile eludere il «problema vocazionale», inteso come prospettiva di senso unitario, come voglia di progetto di vita che interpreta le esigenze profonde di ciascuno.

    Verso una ricomposizione progettuale

    La ricomposizione progettuale della propria esistenza viene spesso vissuta in tensioni. Conflitti e contraddizioni ne esprimono la gravosa ricerca e gli esiti conseguiti. Le direzioni di marcia emergono intuibili, ma attendono dei riferimenti determinanti.
    Un'esigenza radicata in ciascuno di noi, che si fa appello o sfida nella vita quotidiana, è la realizzazione di se stessi. Ne abbiamo già sviluppato la valenza umana, ora si tratta di coglierne il conflitto. Nessuno dubita che si possa rinunciarvi, persino nelle contraddizioni patologiche. Istintivamente tendiamo a sopravvivere, ma anche a vivere in felicità. Giustamente la costruzione della personalità è posta al centro vitale della vicenda umana. E tuttavia, ed ecco la tensione, una eccessiva concentrazione sulla sua centralità provoca squilibri prevedibili. Ne scaturiscono conflitti, la cui composizione pone di fronte a un bivio: la propria vita va considerata come attuazione di un progetto che esige impegno, oppure è una sequenza di avvenimenti che rincorrono le gratificazioni per la persona?
    L'interrogativo suona retorico, ma non ci è permesso di pensare in termini manichei. Certo condividiamo che non esistono da un lato le necessità dello spirito e dall'altro i bisogni del sensibile. Senza alcun dubbio è necessario interpretare le istanze umane quali il piacere e l'impegno, la libertà e la responsabilità, la sconfitta e il successo, in definitiva tutte le espressioni della quotidianità, ed assumerle sino in fondo nella prospettiva di un progetto di vita. Lo spessore della soggettività non può essere guardato con sospetto, bensì accolto con simpatia.
    Ma come orientare queste pluriformi esperienze di vita?
    Nei confronti delle proposte di valori ci si trova davanti a reazioni differenti. E tuttavia le risposte problematiche non sono quasi mai di rifiuto radicale, bensì interlocutorie o di tolleranza. Senza dubbio il giovane fatica a sintonizzarsi su progetti lontani dalla vita o definiti da altri, se non è alla ricerca di sicurezze emotive. Egli, di fronte al dilemma tra esigenza di ideali robusti e rifiuto di valori impegnativi, intraprende la strada là dove trova significati per il vivere quotidiano. Il dissidio non sta allora sostanzialmente tra il rifiuto e il desiderio, bensì tra esperienze che parlano o che non dicono nulla. Il valore dunque di proposte significative, anche se modeste e semplici, emerge in tutta la sua forza educativa e orientativa: è nel recupero della gioia delle cose quotidiane che si ritrova veramente se stessi e i propri desideri. Lo stile di vita, che si costruisce con il giovane, deve collocarsi nel contesto dei mondi vitali, in cui la creatività e la spontaneità non siano mortificate e la fatica quotidiana abbia senso.
    Eppure la questione della definitività delle scelte non trova ancora soluzione. Il giovane sembra vivere oggi nella precarietà, sia nel bene che nel male. Egli teme il «per sempre».
    La cultura attuale del provvisorio si fonda su un dogma: non precludersi mai possibili scelte ulteriori. La scelta definitiva perciò risulta un tabù illusorio o un sogno proibito agli occhi del giovane. L'esistenza viene trasformata in una sequenza di prove e collaudi. Sarebbe certamente insipienza ipotizzare una scelta duratura senza metterla alla prova. Ma se la provvisorietà assurge a legge, la propria esistenza oscilla costantemente tra la vasta gamma delle vie possibili e non si cimenta mai sul cammino tracciato verso la pienezza di felicità e di vita. Del resto i valori, quali l'amicizia, la pace, la solidarietà... vengono compiutamente vissuti, solo se non si collocano nella precarietà. Rischiano altrimenti di essere delle meteore, pure attraenti, ma che lasciano dietro di sé una scia che scompare. In questa situazione il cammino educativo da compiere si chiama superamento dei traguardi provvisori verso mete durature.
    Ma a chi spetta l'iniziativa: all'educatore o al giovane?
    L'alternativa naturalmente è falsa. Il gioco sta in ben altro. La tentazione della mediocrità sta oggi sul piede di tutti. La coscienza della fragilità personale e la prospettiva ideale dei valori possono favorire lo sviluppo del giovane. Vivere alla giornata senza problemi, può essere avvertito come comodo; ma nello scorrere inutile del tempo, gli eventi provocano un rigurgito di vita inevitabile, gli interrogativi sorgono spontanei.
    La questione sta nel prendere posizione, a cui non di rado siamo costretti dai fatti. Ci si adagia allora nel facile anonimato o si assume la responsabilità del proprio agire. Il protagonismo sembra essere una virtù tipica del giovane: non gli piace stare a guardare, vuol essere coinvolto, desidera scendere in campo in prima persona. Però siamo consapevoli che solo le motivazioni assodate sostengono la coscienza e i percorsi accessibili conducono verso gli alti ideali. Il compito educativo sta dunque nello scoprire o ritrovare le energie interiori perché ciascuno diventi protagonista consapevole delle scelte di vita.

    Linee educative per una maturazione vocazionale

    Senza dubbio la prima provocazione a cui i giovani hanno diritto è il valore della libertà nel costruirsi un progetto di vita. Bisogna perciò liberare e liberarsi dai vicoli chiusi dei mesti orizzonti, dalle false illusioni delle conquiste facili, dagli stop insensati delle singole fragilità, dai divieti assurdi dei condizionamenti sociali, dai sensi unici delle logiche umane... In definitiva occorre sentirsi «liberi da», essere «liberi con» e vivere «liberi per». Ma più che una realtà, questo è un compito di liberazione. Tra l'illusione di una assoluta libertà e la negazione di una possibile libertà, sta il percorso di una praticabile liberazione per vivere da uomini liberi delle proprie scelte. C'è allora anzitutto un compito che consiste nell'educare a riconciliarsi con se stessi. Le lacerazioni che si sperimentano o i conflitti che si soffrono condizionano seriamente le scelte.
    La vocazione richiede una considerazione leale della propria condizione di vita per realizzare in situazione il progetto. L'accettazione delle condizioni di esistenza, l'azione per liberarsi dai condizionamenti e l'accoglienza della verità radicale di essere creatura contribuiscono a percorrere la strada della riconciliazione con il proprio mondo interiore. Un ulteriore passo si identifica nel sentirsi liberi con gli altri. La richiesta di crescere in una visione protagonistica della vita non contraddice la disponibilità al confronto e alla condivisione, anzi la esige. La dimensione sociale dell'individuo è parte integrante dell'esistenza personale. Il gruppo o la comunità sono il luogo di verifica delle scelte di ognuno. In fondo la dinamica dell'orientamento avviene nel confronto tra i modelli reali o possibili che si incontrano e si configurano nella comunità. Il «liberi con» esprime pertanto l'istanza di educare alla vita aggregata, poiché in essa riusciamo a identificare il nostro posto e insieme a esplicare un servizio per il bene comune.
    Il tessuto di libertà infine rimarrebbe logoro se non si aprisse alla prospettiva della finalità. La libertà in pienezza viene vissuta solo se ancorata a un «per», a una finalità. È il meccanismo direzionale (il volante) che permette all'automobile di raggiungere la sua destinazione; senza di esso si gira su di sé o a vuoto.
    Il liberarsi dai condizionamenti lo si fa per uno scopo; condividere la libertà con gli altri richiede di conoscerne il perché. La finalità della propria libertà orienta le scelte e rafforza il cammino nel raggiungere i traguardi. Giocare la propria esistenza nella logica della gratuità è ben diverso dal puntare sull'egocentrismo o ancor peggio sull'egoismo. La dinamica della vita come dono porta a maturazione la libertà umana, poiché la rende una scelta di servizio responsabile.
    La seconda provocazione che sfida l'educazione cristiana in particolare, è la ricchezza dell'appello evangelico. I valori non usuali oggi rischiano di rimanere nell'assoluto silenzio o per pavidità o per noncuranza. Proporre di volare alto non è consuetudine del nostro tempo; si rimane di frequente all'abbicì della fede e della vocazione, anche per dialogare con gli usuali interlocutori. Decisamente è senz'altro inevitabile dedicarsi a ricostruire la coscienza cristiana dalle fondamenta. E tuttavia non si può certo accettare che le beatitudini dell'evangelo siano rivolte agli eletti: il Signore le ha proclamate a una moltitudine. Diversi contenuti essenziali ad un progetto di vita secondo l'evangelo, che è in sostanza secondo la pienezza della vita, suscitano oggi forse disagio più che estraneità. Ne viene intuita magari anche l'urgenza dell'annuncio, ma si ignorano il linguaggio per una loro mediazione, la riscoperta sensata del loro valore, una rinnovata metodologia di proposta. Così valori che dovrebbero essere feriali, non divengono neppure festivi: sono la povertà di spirito e la purezza di cuore, la giustizia del Regno e la pace comunicataci dal Signore, la forza dell'amore e il senso della croce, la strana felicità che Dio promette e la sola sicurezza di consegnarsi fiduciosamente a Lui...
    Ciascuno si avvede che sono temi spirituali che possono toccare la sensibilità dei giovani. Sono valori che necessitano di essere fatti riemergere nella coscienza giovanile. È pane da spezzare nella sua freschezza saporosa. È il selciato di una strada da calcare passo dopo passo. Del resto qualsiasi progetto di vita viene costruito con pazienza mediante la interiorizzazione dei valori, nella riscoperta continua delle motivazioni profonde, attraverso l'assunzione di atteggiamenti personali; cose tutte che traducono nella vita quotidiana le mozioni dello Spirito.
    Non si tratta quindi di staccarsi dal vissuto esistenziale o di porsi di fronte alla realtà umana di cui siamo impastati, bensì di immergersi nella profondità radicale della vita, di lasciarla illuminare e perfezionare dalla luce del Signore, di farla germogliare e crescere con la forza della carità di Dio. L'educazione cristiana opera in questo un salto di qualità, poiché la pasta della vita viene fermentata dal lievito della fede, per diventare pane spezzato per la vita che dura nel tempo.

    Motivazioni per una scelta coraggiosa

    Il tempo delle scelte ci accompagna lungo tutta la nostra vita: non ci possiamo sottrarre, anche quando mistifichiamo o demonizziamo i nostri atti o gesti. L'illusione non ci porta lontano e il disinganno lascia amarezza. È molto meglio metterci con semplicità a chiederci i perché su di noi e a scovare le ragioni che muovono i nostri passi. In questo spirito intendiamo presentare due motivazioni, che mi paiono decisive nella vita di un giovane, per operare scelte di coraggio.
    La prima ce la offre il Papa. Nella lettera apostolica del 1985 invitava a riflettere su quanto l'evangelista Marco riferisce sul giovane ricco. Questi se ne va rattristato «perché aveva molti beni». Senza dubbio questa frase, afferma il Papa, può riguardare anche il fatto stesso della giovinezza come ad una specifica ricchezza: ci sono valide ragioni per pensare a questo.
    E Giovanni Paolo II coglie l'opportunità per proporre la sua professione di fiducia nella giovinezza: la definisce «una ricchezza singolare».
    E in effetti tale periodo rappresenta «il tempo di una scoperta particolarmente intensa dell'io umano». Ad una penetrazione interiore della personalità in sviluppo, «si scopre quella... irripetibile potenzialità di una concreta umanità, nella quale è come inscritto l'intero progetto della vita futura». La giovinezza: è «ricchezza di scoprire ed insieme di programmare, di scegliere». Il giovane del vangelo si trovava proprio in questa fase esistenziale. «Ciò che egli era, proprio in quanto giovane uomo cioè la ricchezza interiore che si nasconde nella giovinezza umana l'aveva condotto a Gesù. E gli aveva anche imposto di fare quelle domande, in cui si tratta nella maniera più chiara del progetto di tutta la vita... Che cosa devo fare, affinché la mia vita abbia pieno valore e pieno senso?». La risposta non può essere frettolosa né superficiale; deve avere un peso specifico e definitivo, che fa appello alla profonda sensibilità dell'animo giovanile. Per questo il Papa esorta: «Giovani, non abbiate paura della vostra giovinezza. Non abbiate paura dei profondi desideri che provate di felicità, di verità, di bellezza, e di durevole amore! Sappiate: il futuro sta nelle vostre mani, sta nei vostri cuori... Io, pellegrino dell'evangelizzazione, sento il dovere di proclamare davanti a voi che solo in Cristo si trova la risposta ai desideri più profondi del vostro cuore, alla pienezza di tutte le vostre aspirazioni; solo nel vangelo delle beatitudini troverete il senso della vita e la luce piena sulla dignità e il mistero dell'uomo».
    La seconda ragione per avere coraggio sta nel fatto che ogni vocazione è giocata sull'amore che ne è la radice.
    Ogni vocazione ha una sua storia, con i suoi risvolti manifesti o nascosti: appartiene a ciascuno. Nondimeno si rilevano note comuni che accompagnano le esperienze vocazionali: è l'evento di una iniziativa misteriosa e la risposta radicalmente libera, che rende il vissuto spirituale visibile. C'è in definitiva la ragione profonda di ogni vocazione, ossia una sorgente che la decifra, un'anima che la svela: la vocazione è una chiamata all'amore.
    Questa parola racchiude in sé i significati più diversi. Un giornalista l'ha definita persino «malata», poiché sottoposta alla corruzione delle mode. Nondimeno conserva tutta la sua forza espressiva, quando la si purifica dalle scorie. L'amore è la sorgente che fa fluire la felicità di ogni uomo e rappresenta l'esito maturo di una vita umana compiuta. Il ripiegamento su di sé, l'egoismo del rifiuto, l'idolatria delle cose sono forze distruttive contro l'amore e quindi contro qualunque vocazione.
    La vocazione personale non può essere misurata sulle sue espressioni estrinseche, è invece interpretazione intima del cuore che tende alla comunione nell'amore.
    Il modello di ogni amore lo riscontrano nella persona di Gesù, l'uomo perfetto, l'uomo per gli altri, l'uomo del dono di sé. Alla pienezza di tale amore siamo chiamati a partecipare, come amore che va oltre ogni misura e qualunque attesa. Del resto Dio entra nella vicenda dell'uomo spinto dall'amore, perché Dio è amore. Il volto dell'amore di Dio è Gesù che proclama la carità come il massimo comandamento dell'evangelo e annuncia il Regno di Dio come Regno di amore. La carità è dono dello Spirito che crea nell'uomo un cuore nuovo, chiamandolo alla comunione. L'amore è donazione senza riserva: «non c'è amore più grande che dare la vita per i propri amici». Tale è la fonte e il culmine dell'amore, ragione di ogni chiamata. L'amore rimane se stesso solo se si fa dono, dono per gli altri.
    «Saldamente fondati e radicati nell'amore», siamo chiamati al dono di sé nell'impegno e nel servizio: in questo siamo sicuri di trovare la felicità personale e di servire a misura d'uomo la società.

    LA COMUNITÀ SOGGETTO E LUOGO Dl VOCAZIONI

    Comunità e vocazioni sono due termini che si richiamano a vicenda. La comunità è una realtà di persone concrete che svolgono il loro specifico compito. E vocazioni sono individui che mettono a servizio i loro doni per il bene comune. Non è l'iniziativa specifica che rende vocazionale la comunità, bensì la crescita vocazionale di tutti nelle più diverse scelte di vita. Per questo la comunità è soggetto di vocazioni, poiché si prende cura di ogni dono dello Spirito, creando coscienza comunitaria.
    Certo una simile scelta pastorale impegna a non considerare i cristiani come un agglomerato anonimo: peraltro nella realtà non esiste il cristiano generico, bensì l'uomo e la donna concreti con un loro ben preciso volto. Per questo occorre vincere il genericismo nell'attenzione ai differenti doni e carismi. L'appiattimento della proposta e il privatismo della chiamata sono metodi che mortificano, anzi misconoscono la verità della vocazione. Il giovane che cerca la sua strada nella chiesa e nel mondo trova nella comunità il luogo adatto per riconoscere o confrontare le sue scelte. La concretezza pedagogica insegna che gli ideali e i valori sono più attraenti se incarnati in figure e modelli. L'incertezza di dar corpo a precise risposte viene superata nel dialogo e nel confronto. L'annuncio del mistero di ogni vocazione completa l'opera. Si crea così una scuola di apprendistato vocazionale, là dove una comunità è tutta ministeriale.

    Una evoluzione da promuovere

    Sarebbe bello se fosse così, ma è del tutto idealistico! Mi trovo d'accordo. Consideriamo allora un iter progressivo che indichi i passi da compiere per non sentirsi dei frustrati. In ogni comunità è possibile un animatore vocazionale, o un piccolo gruppo che si faccia carico di questo tema. È il primo passo costruttivo, se queste persone non considerano il loro compito una privativa. Al contrario essi devono animare, ossia motivare gli altri, coinvolgerli nella loro azione. Un animatore vocazionale possessivo, anche se può attivare le iniziative più accattivanti, non svolge il suo vero compito. Con l'animazione invece predispone la comunità a crescere insieme, prendendo coscienza della problematica e tracciando il cammino da compiere.
    Se così si procede, diviene possibile un secondo passo ossia la condivisione di esperienze significative in gruppo. Sono proposte proporzionate e specifiche, e in particolare di qualità. Suppongono una disponibilità autentica, ma non necessariamente assoluta. Questi gruppi possono essere omogenei: assumono allora il compito di testimoniare un determinato carisma in comunità. Oppure vengono composti da persone con diversi ministeri, facilitando l'approfondimento della complementarità.
    Un ulteriore passo sta nel convocare gruppi e comunità diverse che si assumono nella comunità cristiana la responsabilità del servizio vocazionale. Ciò suppone cambio di mentalità e di prassi per superare il particolare e divenire punto di riferimento visibile per tutta la comunità, che viene chiamata a mettersi in stato di vocazione. Si giunge in tal modo all'ultimo traguardo: la comunità tutta ministeriale. È la presa di coscienza forte di sentirsi chiesa, di vivere in essa e per essa. Dalla convinzione che ogni carisma è ecclesiale e che è un servizio nella chiesa per il mondo, si riconoscono insieme carismi e doni, che esprimano tutta la varietà e la ricchezza dei ministeri della Chiesa particolare e universale.

    Una comunità che si interpella

    Di fronte alle sfide giovanili la comunità si lascia interpellare: i giovani sono ricchi di risorse spirituali e manifestano germi di vocazione. Non è pensabile dunque di rimanere alla finestra a osservare le richieste di vita e di impegno. Al contrario la comunità assume la responsabilità nel verificare progetti e prospettive per corrispondere meglio alle esigenze giovanili. Non si tratta evidentemente di semplice attenzione filantropica, ma ben più della convinzione che in esse Dio si manifesta e provoca una risposta.
    Il compito di educare i giovani alla fede e alla scelta di vita porta la comunità a ripensarsi e rinnovarsi alla luce dell'evangelo: quanto più essa vive la sua vocazione e missione, tanto più sarà propositiva in termini vocazionali.
    A tale scopo la comunità si sente costituita per vocazione come «segno della fede». Si interroga perciò su come dare trasparenza e autenticità evangelica al suo vivere, senza dimenticare che la fede è la sua grande risorsa. A questo servono uomini sensibili alle cose di Dio. E valorizzando il dinamismo giovanile, si impegna a discernere il camino tracciato dal Signore. In questo si riconosce fragile e infedele, ma fiduciosa nella forza dello Spirito. Nel suo presentarsi come segno di fede, non avanza pretese di perfezione e non misconosce il suo bisogno di conversione: essa si sforza invece di manifestare il disegno di Dio nella sua pochezza e di indicare i suoi progetti con umiltà.
    Del resto proprio perché la comunità è segno, viene chiamata a manifestare la sua missionarietà, ad essere scuola di fede. La sua ragion d'essere sta qui: ai giovani apre le porte perché si incontrino con il Signore e insieme schiude opportunità di impegno per testimoniare il vangelo della carità. Su queste strade si rende disponibile a indicare a ciascuno la sua via, nella consapevolezza di servire con fedeltà i giovani e i loro progetti. Nel dialogo e nel discernimento ciascuno si sente coinvolto in un disegno più grande, che la storia e l'umanità stanno ricercando.
    Ma dire comunità missionaria significa richiamare che la Chiesa è sacramento dell'intima unione con Dio. La comunione nello Spirito fonda la nostra comune fraternità . La carità evangelica e l'unione dei cuori formano oggi centri di attrazione per i giovani. Nella società della solitudine essi avvertono con maggior forza il valore dell'unità nella realizzazione del progetto di vita.

    La coscienza educativa della comunità

    Una comunità non può considerarsi veramente tale se non è pedagogica, intenzionalmente educativa. Come luogo di comunicazione è nella condizione di creare un tessuto di relazioni educative e cammini di crescita. La spinta educativa non è scontata in nessun ambiente, è piuttosto una scelta cosciente. Una comunità che non si rende abitabile ai giovani, è la negazione dell'educazione.
    Il primo passo infatti sta nel restituire al giovane il sentirsi di casa. Nella convocazione familiare è insito il desiderio manifesto di contatto. Con il dialogo e il confronto si consegnano strumenti che permettono la crescita. Ma questo non basta ad esaurire la sollecitudine educativa. L'ambiente può essere trasformato in un laboratorio, in cui tutti si sentono partecipi nella edificazione di qualcosa comune. Le idee condivise fanno convergere gli animi e con l'azione corale si sperimenta la corresponsabilità. Si da vita così a un clima d'ambiente, carico di valori, che facilitano scelte e impegni.
    Ma un centro educativo resta tale, se esprime capacità di proposte. Possono essere semplici e coraggiose, feriali o festive; ma se valorizzano il patrimonio che ogni giovane porta in sé, aprono la strada all'accoglienza. Si tratta di far appello alla risorsa dell'intelligenza e del cuore, come pure allo spontaneo desiderio di Dio.
    Alla radice di tutto sta la convinzione della presenza operante di Dio nell'impegno educativo, che ce la fa percepire come vita e amore. Una professione della pedagogia di Dio ci anima: Egli vuol condividere la sua vita con i giovani. Per mezzo loro intende promuovere una più autentica comunità umana e cristiana. Con loro vuol diffondere il suo Regno tra gli uomini. E la certezza che in loro Dio ha posto germi di vita nuova, ci spinge a renderli consapevoli di tale ricchezza e a farci compagni di viaggio, perché in tutti si possa sviluppare la vita in pienezza e ciascuno si assuma la propria responsabilità con un progetto di vita.

    La comunità opera secondo un progetto

    Il termine progetto è ormai usuale, non così la sua esatta comprensione. Questa categoria nasce dal fatto che l'uomo ha raggiunto in questo tempo una nuova intelligenza di sé e che affronta ora la sua esistenza in una maniera peculiare. La finalità e i significati della sua vita, pur accolta come dono nella sua realtà radicale, vengono ideati e organizzati consapevolmente in un progetto di mete e di scelte, come una originale costruzione.
    A seconda dei soggetti che si mettono in azione, otteniamo un progetto di vita, di società, di comunità.
    Nella prospettiva vocazionale il progetto educativo di comunità ha il suo peso. Esso risponde al rischio dell'eclettismo irriflesso nella propria azione: un quadro coerente di significati e di valori e pertanto di orientamento unitario diventa un indispensabile riferimento. Non è fuori luogo rammentare il pericolo reale di comunità che operano in balia dell'immediato, senza proporsi precisi traguardi. Si perdono di vista elementi essenziali dell'educazione integrale e spesso il tema vocazionale ne fa le spese. Il progetto permette inoltre di prevedere la convergenza degli interventi senza inutili dispersioni, come anche il raccordo pensato con la situazione reale dei soggetti che vi partecipano.
    Non è questo il luogo di diffondersi sulla articolazione pratica di un progetto, come pure sulla dinamica di una sua elaborazione. Basti invece accennare alle istanze fondamentali a cui un progetto deve rispondere, poiché interessa al nostro tema.
    La finalità del progetto della comunità cristiana è l'evangelizzazione: il che significa rifarsi all'immagine di uomo e di cristiano che abbiamo dalla rivelazione. Ma ciò potrebbe essere equivocato. L'incarnazione nel tessuto culturale del messaggio evangelico è pure essenziale. Senza di questo si misconosce il valore dell'esistenza umana, luogo della manifestazione di Dio.
    Il progetto propone allora una ricca sintesi di processi di promozione umana e di annuncio evangelico. La scelta educativa ne informa il tessuto umano. L'originalità della persona sollecita l'impegno di educare.
    La sola forma che fa crescere è educare ed educarsi. Questo è proprio dell'uomo, che interviene per maturare in civiltà. Ma anche Dio, per salvare l'uomo, sceglie la via dell'educazione. Egli gode della crescita progressiva e delle scelte coraggiose delle sue creature. Nell'educare noi partecipiamo all'azione di Dio e ci facciamo suoi collaboratori. Sotto l'influsso dell'azione creativa di Dio la comunità diventa educatrice. Eppure la prospettiva unificante di tutta questa azione la si riscontra nel tema vocazionale. Il progetto di vita è il traguardo ultimo dell'azione educativa, così come la vocazione è la espressione definitiva del disegno di Dio sull'uomo.
    Alla completezza del progetto corrisponde l'istanza vocazionale: in essa progetto di vita e chiamata di Dio si fondono armonicamente perché il frutto dell'esito possa essere maturo e saporoso.

    In cammino nella comunità

    Nel progetto viene coinvolta prevalentemente la comunità, nel cammino invece soprattutto la singola persona. Un incontro significativo o un gesto di cordialità sono momento di inizio di cammino verso la fede. A prova viene posto il cuore dell'educatore, la sua capacità pedagogica. Questo vale anche per il cammino vocazionale, che segue le medesime logiche e dinamismi.
    Lo spazio privilegiato per la promozione totale della persona è il processo educativo. Ciò significa che non sono determinanti solo i momenti religiosi, bensì tutto ciò che si riferisce alla crescita della persona sino alla sua maturità.
    Gli educatori prendono i giovani nella situazione in cui si trovano nella loro ricerca e si impegnano a sostenerli nei progressivi passi di maturazione. Traguardi ulteriori vengono ricorrentemente proposti, sino a giungere agli orizzonti della donazione e della santità. Nondimeno l'attenzione educativa va al singolo: ogni giovane ha il suo passo. Se la vocazione è costruzione del progetto secondo la chiamata di Dio, è dialogo d'amore nella concretezza dell'esistenza, non si danno stereotipi. Anche se unica è la meta a cui ci si orienta e totale resta l'esigenza della chiamata, i percorsi sono particolari, da commisurare sulla lunghezza d'onda del giovane. Nel tracciato è chiaro il tipo di uomo e di credente che deve essere promosso: si deve camminare secondo un progetto di promozione integrale dell'uomo, orientato a Cristo, l'uomo perfetto. Tale rimane la meta globale a cui costantemente ci si ispira. La crescita però avviene nella progressione verso la piena maturità cristiana, e quindi alla donazione totale di sé nel servizio alla Chiesa e alla società.
    Per questo il cammino viene scandito in diverse tappe, aspetti di un'unica realtà che si richiamano continuamente e che si coniugano coerentemente nell'azione educativa.
    Sono i momenti della crescita umana verso un'esistenza da accogliere e vivere come esperienza religiosa, espressione di una piena maturità umana; dell'incontro con Gesù, il Signore della vita, che porta a riconoscere in Lui il senso definitivo dell'esistenza, il salvatore dell'uomo; dell'inserimento progressivo nella comunità dei credenti, vissuta come luogo privilegiato dell'incontro con Cristo e quale segno efficace della volontà salvifica di Dio; dell'impegno per causa del Regno di Dio, a cui ogni persona è chiamata, accogliendo la vita come dono e scommettendola per il suo disegno di salvezza.

    In gruppo per ricercare il proprio progetto

    È superfluo domandarci se i giovani si aggregano volentieri. Le analisi sociologiche ne rilevano l'importanza, specie per comprendere scelte e comportamenti. La complessità sociale spiega talune caratteristiche del fenomeno associativo odierno, ma soprattutto spinge alla creazione di spazi vivibili, nei quali riconoscere i propri bisogni e ricuperare il senso della crescita.
    I giovani cercano il gruppo per i più diversi motivi: sviluppa l'identità personale, orienta ad assumere responsabilità, offre un ambiente coinvolgente, è propedeutico all'inserimento in comunità. In forma organizzata o spontanea il gruppo gioca un ruolo decisivo di riferimento, se non di appartenenza.
    I fenomeni nel gruppo sono ambivalenti come in ogni realtà: non è il gruppo in sé, evidentemente, che lo fa formativo. È necessario essere attenti a un suo corretto evolversi, evitando la dipendenza dal gruppo come anche una eccessiva autonomia, e una sua crescita nei processi formativi dello sviluppo interno e nei confronti delle proposte culturali dell'ambiente.
    Sotto il profilo pedagogico il gruppo possiede una vigorosa capacità educativa. È un vero laboratorio di vita: in esso si sperimentano valori e scelte per la vita. Il procedere per esperienza è sommamente efficace: ciò non dice svolgere attività interessanti, quanto piuttosto saper riflettere sulle esperienze, far emergere il meglio e veicolare i valori proposti, valorizzando l'insieme di una sintesi personale. Nel gruppo poi si apprende per ricerca: la domanda viene suscitata e interpretata, i contenuti dei messaggi sociali vengono decodificati, si sottopongono al vaglio i valori correnti, vengono proposti contenuti religiosi in modo creativo... E tuttavia la descrizione della forza educativa del gruppo non sarebbe completa, se non si accennasse alla capacità di produrre cambiamento: l'azione pensata e valutata incide spesso assai più di tanti discorsi. L'agire in gruppo rafforza le motivazioni e radica i convincimenti.
    Le statistiche confermano che l'esperienza formativa di gruppo è fonte ricca di vocazioni. Il vedere con chiarezza ciò che accade in noi e attorno a noi, il giudicare insieme idee e situazioni, l'agire in solidarietà di gruppo creano abitudine alla vigilanza e al discernimento, spinge a scelte consapevoli e personali, rafforza l'impegno di servizio. Per questo ogni gruppo impegnato diviene già di per sé vocazionale. Lo sviluppo del senso della ministerialità della Chiesa, il radicamento profondo nella fede come chiamata al condividere con Dio, il servizio apostolico che scaturisce dall'impegno per l'attuazione del disegno di salvezza, sono proposte vigorose che maturano un progetto di vita come risposta alla vocazione.

    I GRANDI MOMENTI DEL CAMMINO VOCAZIONALE

    Da quanto si è venuti proponendo sino ad ora, si coglie con chiarezza che l'azione vocazionale deve essere vista come strettamente collegata alla pastorale giovanile, anzi di più essa deve collocarsi dentro il suo dinamismo se vuol essere efficace. Entrambe non consentono separazioni o distanze, se non a grave danno di ciascuna o alla sterilità di tutte e due.
    «La pastorale giovanile e la pastorale vocazionale sono complementari. La pastorale specifica delle vocazioni trova nella pastorale giovanile il suo spazio vitale. La pastorale giovanile diventa completa ed efficace quando si apre alla dimensione vocazionale» (II CIV 42). Del resto «la pastorale vocazionale non è un ambito della pastorale della comunità, bensì la prospettiva unificante di tutta la pastorale nativamente vocazionale» (VCI-CEI 23).
    Tale criterio viene pienamente confermato nella prassi: ogni vocazione germoglia sul terreno della fede e questa diventa vita nella forza della scelta spirituale.
    A ragione i vescovi asseriscono: «O la pastorale giovanile crescendo genera la proposta vocazionale specifica, o la pastorale vocazionale pone l'esigenza di una pastorale giovanile come cammino e come suo contesto idoneo» (VCI-CEI 23).
    La traduzione in termini educativi di tali criteri consiste nella proposta di un cammino graduale che metta in comunicazione continua la vita dei giovani, il senso della fede e il progetto di Dio su ciascuno di loro. L'icona di Emmaus è emblematica al riguardo: camminare in compagnia di Gesù per giungere alla confessione della sua Resurrezione.
    Tale sembra essere una chiave interpretativa per superare la sterilità vocazionale che attanaglia le comunità: personalizzare la crescita della fede e della vocazione.
    Il dialogo continuo e illuminante è vitale in ogni senso. La scelta del Signore e dello stile di seguirlo avviene normalmente nella calma e nella serenità, seguendo un processo graduale e prolungato. Lo sforzo pedagogico per illuminare e costruire è quanto Dio richiede all'uomo.
    Del resto risulta un dato ormai acquisito: una scelta vocazionale non matura mediante semplici esperienze di fede, bensì particolarmente lungo un paziente cammino spirituale.
    Tale maturazione graduale passa di norma attraverso questi momenti: l'annuncio, la proposta e l'accompagnamento (CVI-CEI 45).

    Orientare alla scoperta della propria vocazione

    I segni della chiamata di Dio si leggono nella struttura di base della personalità di un giovane. Ogni giovane porta dentro di sé dei germi positivi, sul cui sviluppo si possono ottenere grandi esiti. Attraverso un paziente lavoro di attenzione, ascolto e confronto, si può far emergere il buon seme. Nella scoperta da parte del giovane dei suoi talenti come dei limiti, di ostacoli come delle risorse, scaturisce il desiderio di portare a frutto i propri doni. Si tratta di coinvolgere il sistema percettivo della realtà e il dinamismo delle motivazioni per svelare il suo mondo interiore e sollecitare il giovane a definirsi nella sua identità. La quale si configura nei rapporti con se stessi, percependo il sentire e il pensare, sperimentandosi nell'azione, guardando all'ideale di sé. Si delinea contemporaneamente nel rapporto con gli altri, passando attraverso le fondamentali fasi dell'egocentrismo, dell'idealizzazione e dell'atteggiamento sociocentrico. In questo processo evolutivo stabilisce rapporti con i valori che strutturano la personalità dandone un volto originale. La sua esistenza viene impregnata di una certa concezione di vita, si definisce nelle disposizioni verso gli altri, è organizzata attorno a scelte che la portano ad agire. In tali dinamismi cresce il progetto di Dio sul giovane, che si codifica in progetto concreto e specifico di vita cristiana.
    L'orizzonte naturale resta il desiderio di comunicare i propri doni, o ancor meglio di comunicarsi, fonte di felicità vera. È ovvio che non basta avere per saper donare: occorre sperimentare la condivisione, allenare alla disponibilità, stimolare la generosità. L'atteggiamento della donazione di sé nel servizio orienta alla serietà di un'esistenza, costituisce il terreno fertile su cui sbocciano vocazioni consapevoli.
    Le mozioni dello spirito attraverso la coscienza, gli eventi della vita e la parola di Dio convergono e contribuiscono a intessere la trama della scelta di vita.
    L'orientamento vocazionale mette allora in gioco mediazioni educative che aiutano a perseguire lo scopo: sono mediazioni dell'educatore e della comunità cristiana. La competenza pedagogica e la sensibilità spirituale sono segni di convinzioni credibili. Il compito di orientare non può essere lasciato in forma spontaneistica all'ambiente o all'interiorità: è l'educatore che con la sua testimonianza e la sua parola media l'orientamento.
    Il Signore ce lo insegna: al fascino della sua persona, all'efficacia della sua parola, alla forza della sua missione associa l'incontro dal vivo in un contesto di rapporto reali. Anche i gesti più significativi che riescono a suscitare facile entusiasmo non manifestano la loro efficacia, se non sono seguiti da disponibilità reali a seguire i segni provvidenziali di Dio.
    La mediazione educativa ha un punto di partenza, ossia sviluppare personalità abilitate alla disponibilità generosa, e il suo punto di arrivo è invece l'appello di Dio che chiama.

    Proporre con coraggio una vocazione specifica

    La testimonianza silenziosa e l'invito generale non bastano a promuovere vocazioni personali. Dio ha sempre chiamato per nome e Gesù ha rivolto appelli personali a chi invitava a seguirlo. Il Papa esorta a ritrovare «il coraggio di chiamare», ad avere audacia nel prospettare ai giovani le vocazioni anche più impegnative. Il silenzio vocazionale cela pavidità di fede e inconsistenza personale. Non può essere invocato il rispetto della libertà: anche le decisioni vocazionali si chiariscono nella proposta esplicita o trasparente.
    All'annuncio il giovane si interroga attraverso quali vie potrà impegnare la sua vita. Il dialogo interiore abbisogna di concrete proposte possibili per enucleare la scelta personale. La presenza nella comunità di modelli ricchi di senso e di qualità evangelica provocano e interpellano. Il raccontare la propria storia è una maniera efficace per inviare un appello. La presentazione di figure significative e degli uomini di Dio rafforzano la ricerca e aiutano a individuare le diverse consonanze. L'invito esplicito rappresenta pure una strada da percorrere. Un'esperienza dal vivo in un gruppo o in una comunità che esprime un peculiare carisma risulta una via tra le più feconde oggi: il giovane ama provare, sperimentare. Il contatto con giovani amici che hanno intrapreso uno specifico cammino vocazionale, fa da cassa di risonanza dei sentimenti giovanili e delle decisioni in nuce.
    Rimane sempre vero però che in definitiva il giovane sente l'esigenza di prendere posizione di fronte a una precisa proposta, che gli deve essere illuminata, chiarita, esplicata.
    A tale scopo servono la descrizione approfondita della molteplicità dei carismi e ministeri e il discernimento vocazionale. In effetti disposizioni generose restano inespresse, se non si cerca di mostrare in modo convincente gli spazi concreti dove impegnarsi o le vie tracciate per esplicarsi. E vero quanto afferma la CEI: «La presentazione delle diverse vocazioni cristiane nella loro varietà e nelle loro esigenze può rompere un pericoloso circolo vizioso che si va costituendo nelle nostre comunità». L'isolamento della comunità reticente, la mancanza di giovani che incarnino valori, la progressiva perdita di credibilità creano quel circolo vizioso «che potrà essere spezzato dal coraggio evangelico con cui alcuni giovani si impegneranno in scelte vocazionali sicure» (SVS 1979). Dall'altra la saggezza del discernimento deve fare seguito. Con esso «si penetra in quei fatti esterni e movimenti interiori, che portano una persona verso una vocazione. Si cerca di chiarire se l'aspirante è mosso da retta intenzione oppure da motivi di altro genere» (II CIV 49).
    Si tratta con evidenza di tutta la realtà personale che è in movimento e va organizzandosi attorno a una scelta, che non dipende solo da interessi o ragioni, ma dalla disponibilità a riconoscere il Dio che chiama. «Fare proposte vocazionali ai giovani d'oggi significa dunque indicare un cammino spirituale; ovvero un cammino di fede in chiave vocazionale» (VCI-CEI 47).

    Accompagnare lungo il cammino della maturità vocazionale

    Con l'accompagnamento il giovane viene sostenuto nel cammino di crescita vocazionale sino al compimento decisivo. Il discernimento vocazionale e la direzione spirituale ne sono componenti essenziali. Si tratta di valutare e crescere l'autenticità e la consistenza delle motivazioni, di impostare correttamente una vita spirituale corrispondente alla propria chiamata e di attrezzarsi coerentemente per lo svolgimento della missione.
    Due aspetti essenziali sono anche l'accompagnamento personale e di gruppo, che si integrano e completano a vicenda.
    «L'accompagnamento personale è spazio di discernimento, tempo dedicato all'ascolto della persona e delle proposte di Cristo, offerta del servizio prezioso della direzione spirituale, che si offre come verifica particolare, momento di sintesi del cammino di crescita globale verso la maturità di fede e verso la decisione vocazionale» (VCI 48). Esso avviene nel rispetto verso la libertà del cammino del giovane, sempre personale. Propone soprattutto Cristo come interlocutore privilegiato della maturazione vocazionale e guida nella sua sequela secondo il carisma proprio.
    «L'accompagnamento di gruppo risponde al bisogno caratteristico dei giovani di comunicare le loro esperienze. di impegnarsi e confrontarsi con gli altri per una comune ricerca o in un programma di vita. Essi hanno nel gruppo la possibilità di esercitare la loro creatività, di sperimentare la concretezza della comunione, di trafficare i loro talenti» (CVI 48). Al di là della molteplicità delle forme e dei metodi, il gruppo svolge un ruolo particolarmente efficace, perché permette un confronto reale e profondo sulla propria scelta di vita e una autentica condivisione dell'esperienza spirituale e apostolica.

    Dar vita a una «cultura vocazionale»

    Davanti a una realtà così delicata e impegnativa ci si può sentire anche spersi. La vocazione, espressione della meraviglia della vita, rimane sempre un mistero che sfida.
    Ha ragione V. Frankl che asserisce: «Non è l'uomo a porre delle domande circa il senso della vita. È vero piuttosto il contrario: è l'uomo ad essere interrogato; egli deve rispondere, deve presentare la risposta alle domande che la vita pone».
    In questo contesto trova il suo insostituibile posto la preghiera. Essa è «un valore primario ed essenziale in ciò che riguarda la vocazione: non è un mezzo... ma il mezzo essenziale comandato dal Signore» (VCI 27).
    La preghiera personale apre l'anima alla volontà di Dio. Nella dinamica della chiamata e risposta, essa mantiene viva la relazione tra Dio e l'uomo. «La vera preghiera è ascolto della parola di Dio, che non solo crea l'uomo, ma gli rivela la verità del suo essere e l'identità del suo personale e irrepetibile progetto di vita» (II CIV 14).
    La preghiera conduce all'azione, non ci lascia inerti. L'agire generoso ed entusiasta ne è espressione necessaria. La sollecitudine per le iniziative vocazionali come l'inventiva del metodi vengono fermentate dalla preghiera che ne rafforza la vitalità e l'efficacia. L'annuncio del «vangelo della vocazione», se porta con sé la gioia del messaggio, esige insieme la fatica dell'impegno e della mediazione, che si traduce in prassi.
    In tale dinamismo siamo tutti coinvolti: è la comunità che prega per le vocazioni, che annuncia la chiamata, che suscita attenzione, che anima e accompagna, mediante i vari educatori.
    A ragione il Papa parla di «cultura vocazionale» da promuovere. Essa è costituita dagli atteggiamenti vocazionali di fondo quali: «la formazione delle coscienze, la sensibilità ai valori spirituali e morali, la promozione e la difesa degli ideali della fraternità umana, della sacralità della vita, della solidarietà sociale e dell'ordine civile. Si tratta di una cultura che permette all'uomo moderno di ritrovare se stesso riappropriandosi dei valori superiori d'amore d'amicizia, di preghiera e di contemplazione... Questa cultura della vocazione è alla base della cultura della vita nuova che è vita di gratitudine e di gratuità, di fiducia e di responsabilità; in radice essa è cultura del desiderio di Dio» (Messaggio GMV 1993).
    Di questa cultura abbiamo una figura esemplare: la Chiamata per eccellenza. Si esprime in presenza materna nel cammino, è mediatrice di vocazioni si guarda a lei quale modello di ogni chiamato. Maria è la prima dei credenti e la perfetta discepola di Cristo. In lei le strade dell'uomo si coniugano con quelle di Dio.
    È dunque una chiave interpretativa del cammino vocazionale.
    Con il suo sì ha accolto l'invito di Dio: ogni chiamato trova in lei un modello attraente nel conoscere il disegno di Dio, ma soprattutto nel metterlo in pratica con slancio e generosità. Nella sua maternità Ella genera sempre nuovi figli: è Colei che si prende cura e accompagna le nuove vocazioni.
    Maria è il compendio della disponibilità: «Eccomi, Signore!».

    Bibliografia

    DOCUMENTI
    II Congresso internazionale per le vocazioni, 1981.
    Vocazioni nella chiesa italiana della CEI, 1985.
    Sviluppo delle PV nelle chiese particolari, Rogate Roma 1992.

    Evangelizzazione e testimonianza di carità, 1990.
    Ai giovani e alle giovani del mondo di Giovanni Paolo II, 1985.

    Atti del Consiglio generale, SDB Roma n. 320(87), 339-341(92).

    VOLUMI E ARTICOLI
    AA.VV., Per educare i giovani alla fede, LDC Torino 1991.
    AA.VV., Orientamento, proposta, accompagnamento, SDB Roma 1988.
    AA.VV., La pastorale vocazionale nella pastorale giovanile, SDB Roma 1992.
    AA.VV., Direzione spirituale e orientamento, Paoline 1992.
    AA.VV., Giovani oggi: dalla proposta..., Rogate 1985.
    Masseroni E., Vocazioni e vocazioni, Piemme 1985.
    Cencini A., Vocazioni, dalla nostalgia alla profezia, EDB 1989.
    Macario-Sarti, Crescita e orientamento, LAS Roma 1992.
    Magno V., Pastorale delle vocazioni, Rogate Roma 1993.
    Vecchi J., Pastorale giovanile: una sfida per la comunità ecclesiale, LDC Torino 1992.
    Bosco GB., Progetti giovanili e vocazioni, in NPG n. 2, 1991.
    Bosco GB., Pastorale giovanile e pastorale vocazionale: una difficile saldatura, in «Rogate Ergo» n. 3, 1988.


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu