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    Tre nodi dell'educazione alla fede



    A cura di Giovanni Battista Bosco

    (NPG 1991-06-05)


    I Vescovi italiani, negli orientamenti pastorali per gli anni 90 «Evangelizzazione e testimonianza della carità», prendono atto con schiettezza e insieme con trepidazione di una realtà pastorale tra i giovani che rischia «di mostrarsi talvolta inerte e in ritardo» nelle diverse Chiese. La pastorale giovanile da «realtà pacifica» si è trasformata oggi in una «realtà in profondo mutamento».
    Per rinnovarsi si prospetta in modo chiaro da parte dei Vescovi «una essenziale priorità»: educare le nuove generazioni «a un'integrale esperienza e testimonianza di vita cristiana».
    Il metodo suggerito risulta perlomeno recente, se non singolare o inedito: evangelizzare «tutta l'esperienza giovanile». Per questo «la proposta evangelica, oltre che coraggiosa e integrale, deve essere attenta alle molte esigenze giovanili».
    In sintonia con tali orizzonti, anche se rilevati lungo percorsi differenti, l'Assemblea mondiale dei Salesiani di don Bosco del marzo-aprile 1990 si veniva interrogando, anzi riproponendo domande su una urgenza sentita: come educare i giovani alla fede oggi.
    La ricerca non è stata esente da difficoltà. Intendendo assumere con serietà il travaglio del giovane d'oggi che tenta a fatica di costruirsi il suo volto, la sua identità, cercando di far convergere in unità la spinta delle sue energie interiori, i numerosi messaggi e le svariate proposte che gli giungono da ogni dove, e gli orizzonti che si intravvedono nel momento attuale, il compito non presentava esiti scontati o consueti.
    E tuttavia si è giunti a traguardi riguardevoli che volentieri vengono messi a disposizione per la causa dei giovani.
    Il tragitto compiuto ha segnato alcuni passi importanti. Si è innanzitutto avvertito l'esigenza di riconoscere con chiarezza e accogliere con disponibilità le sfide che il mondo giovanile pone nei vari contesti culturali dei continenti. In secondo luogo si è tracciato con una certa audacia il cammino di educazione alla fede, che venisse incontro, o meglio sintonizzasse, le attese dei giovani e le esigenze della fede. E infine si è giunti a proporre con coraggio un tipo di «spiritualità giovanile», incarnata nel quotidiano dell'esperienza, come «progetto originale di vita cristiana» che rendesse ragione della speranza che è in ciascun giovane, quale seme del Regno che cresce in noi e tra noi.
    Nel travaglio della crescita giovanile la fede nel Signore Gesù non può né deve rimanere accanto o scorrere sopra, bensì sta nel bel mezzo, al centro dell'esperienza. Occorre evangelizzare ogni espressione della loro vita quotidiana. La fede si pone così come sorgente di senso, speranza di vita piena, energia che trasforma la storia.
    Il frutto di questa fatica compiuta avrà modo di essere resa accessibile a tutti in un volume di prossima pubblicazione dal titolo «Conversava con noi lungo il cammino: per educare i giovani alla fede» (LDC).
    Ora presentiamo qui uno stralcio: sono i nodi dell'educazione alla fede. Banco di prova di una fede vissuta sono determinati aspetti o momenti dell'esistenza individuale o della crescita culturale. Su questi sembra giocarsi in modo decisivo l'efficacia della fede come dono e impegno. Il problema etico, il tema dell'amore, l'impegno sociale assurgono oggi a questioni rilevanti per l'esistenza umana e credente. Davvero urge fermentare di vangelo questi spazi vitali. Ben lo comprendiamo, non si tratta in verità di affrontare dei punti isolati dell'esistenza, quanto assai più degli «spazi di esperienza», dove si esprime e si gioca il vigore o la fragilità della fede.
    All'attenzione sono offerti da questa assemblea mondiale tre nodi dell'educazione alla fede. Sono messi a fuoco nella prospettiva educativa e giovanile, come momenti cardine della maturazione umana e cristiana.
    Sono: la formazione della coscienza, l'educazione all'amore e la dimensione sociale della carità. Li passiamo in rassegna uno dopo l'altro.


    LA FORMAZIONE DELLA COSCIENZA

    Uno sguardo al mondo moderno mette in evidenza, immediatamente, alcuni criteri di comportamento che costituiscono un'occasione o una difficoltà nell'impegno di educare i giovani alla fede.
    Vivo è il senso, innanzitutto, della libertà individuale.
    In campo politico come in quello religioso, a livello di mentalità o di modi di vivere, la libertà rappresenta per tutti un bene inviolabile. Si è disposti a rinunciare a tante cose, non alla propria autonomia di determinazione.
    Ogni norma che non viene interiorizzata non solo perde di significato all'interno del quadro organico dei valori personali, ma resta formalmente ignorata. E si giunge fino ad atteggiamenti di relativismo, che chiudono alla verità morale oggettiva.

    I giovani di fronte al senso di libertà

    I giovani risentono di questa situazione generale, mentre sono già sotto l'influsso di altri elementi caratteristici della loro età che rendono più difficili gli interventi per formare la loro coscienza.
    La forte carica emotiva, legata allo sviluppo della persona e alla fragilità volitiva, li pone di fronte alle norme della coscienza in una condizione di debolezza: ne avvertono la voce, ma in maniera debole; intravvedono l'orientamento da seguire, ma senza la lucidità necessaria.
    Spesso rischiano di assumere atteggiamenti ambigui, sostenuti dalle sollecitazioni che ricevono dai mass-media, e per effetto di ciò che è comunemente chiamato «moda».
    Le possibilità di accesso e di scelta, che ovunque vengono loro offerte, sono eccessive e impediscono una coerente selezione di valori armonizzati tra loro. Sono infatti portati più a sovrap porre criteri e riferimenti provenienti da diverse fonti, che ad elaborare un codice coerente di vita.
    Ma, al di là dei limiti, la coscienza giovanile recepisce, in forma spontanea, il «nuovo umanesimo» e i suoi valori: il senso della libertà, l'assoluta dignità della persona, il senso del proprio progetto di vita, il bisogno di autenticità e di autonomia. Sono istanze queste che aprono al Vangelo. Ci si chiede: sarà possibile, in una situazione come quella appena accennata, formare alla coscienza morale?
    L'educatore si rende conto che il cammino di educazione alla fede trova nella formazione della coscienza il suo punto obbligato di passaggio. L'educatore sa che la coscienza rappresenta il luogo dell'incontro personale tra l'uomo e Dio. È sacrario di Dio, nella cui inviolabile interiorità l'uomo sente la parola-chiamata di Dio, e le risponde.
    Una coscienza distorta è nello stesso tempo causa ed effetto di una visione falsata di Dio, della sua Parola e della salvezza. Preclude, per conseguenza, ogni progetto di fede che voglia impostarsi su Dio Padre, sul Cristo Salvatore, sulla costruzione del suo Regno, sulla spiritualità.

    L'intervento educativo: creare una mentalità di fede

    Da un punto di vista globale, occorre educare ad una mentalità di fede che non tema il confronto con i valori, ma li orienti in contesti normati dalla legge umana e dal Vangelo.
    Per riuscire nel compito, sarà opportuno tener conto di alcune indicazioni.
    La prima è quella di aiutare il giovane ad acquisire una sufficiente capacità di giudizio e di discernimento etico. Egli dev'essere in grado di discernere il bene dal male, il peccato e le strutture di peccato, l'azione di Dio nella sua persona e nella storia.
    Puntare su un tale discernimento come asse della formazione della coscienza significa anche mettere in chiaro lo scopo di tutta la formazione morale: diventare capaci di esercitare moralmente la propria autonomia e responsabilità.
    Ma non va dimenticato che si forma una coscienza cristiana solo quando si aiuta il giovane a confrontare la propria vita con il Vangelo e il magistero ecclesiale.
    Nel processo educativo l'apertura alla verità oggettiva è una condizione previa per l'accettazione della Parola di Dio. Questa è una sfida che impegna l'educatore ad essere fedele nel presentare integralmente i princìpi morali, pur comprendendo la situazione concreta dei giovani.
    È necessaria, anche, una seria formazione critica circa i modelli culturali e certe norme della convivenza sociale in contrasto con valori fondamentali. Nei loro riguardi occorrerà saper prendere posizione, facendo «obiezione» sulla base della propria coscienza, ispirata a Cristo e al suo Vangelo. Ciò difende dalle ambiguità giustificate razionalmente, dalle ideologie ricorrenti, dalla superficialità di giudizio sugli avvenimenti, di cui svela la natura più profonda.
    Molti abbandoni dell'impegno religiosi sono stati causati da una fede non inserita nella cultura, o da una mancata crescita culturale in campo religioso, che non ha adeguatamente affiancato il progresso tecnico.

    Una lettura evangelica della realtà

    D'altra parte, per poter esprimere giudizi sui movimenti culturali del proprio tempo e sui valori che continuamente emergono dalla storia, è indispensabile saperli leggere evangelicamente. La Parola del Signore ha dentro di sé criteri insostituibili che permettono di esprimere un giudizio di valore sugli atti dell'uomo.
    Il Vangelo, con l'annuncio della buona novella, vuole entrare nella vita delle persone e offrire ad ognuna una visione della realtà che pone al centro il rapporto con Dio Padre e con il Figlio Salvatore. Per compiere un intervento educativo, perciò, non basta esprimere una rapida condanna su quanto sa di nuovo e non corrisponde a ciò che si è fatto fino al presente.
    In ordine all'educazione alla e della fede è indispensabile collocarsi positivamente negli spazi significativi della vita odierna, e affrontarli con competenza.
    Non è sempre agevole, soprattutto per i giovani, passare dai princìpi evangelici alla concretezza della vita quotidiana. È necessaria una catechesi per valutare la moralità dei gesti e dei comportamenti, per motivare la coscienza che è l'ultimo criterio soggettivo dell'agire, e per cogliere il rapporto tra norma e fede, tra cultura e fede.
    L'ambiente e la testimonianza ne sono elementi determinanti.

    Senso del mistero, del peccato, del limite

    C'è infine un ulteriore aspetto importante da richiamare: il senso del mistero che avvolge la vita di ogni uomo.
    Accanto al mistero luminoso che ci lega al Signore e che si è realizzato con l'Incarnazione del Figlio di Dio e con il dono dello Spirito che abita i nostri cuori, c'è pure, e lo sentiamo operante in tutti noi, il mistero dell'iniquità e del peccato.
    Nessuna conquista potrà nascondere la debolezza che ci portiamo dentro fin dall'inizio della vita e che con gesti, parole, intenzioni, durezze di cuore radichiamo sempre più in noi, rendendo ciechi i nostri occhi di fronte al bene, e vacillanti i nostri passi sulla strada della santità.
    Siamo creature; e perciò siamo limitati e finiti. È la base costitutiva della nostra identità personale e della morale naturale.
    Siamo peccatori; e perciò bisognosi di luce e di forza. Educare al mistero dell'uomo è educare al senso della misura di sé e delle proprie reali possibilità.

    L'esigenza di confrontarsi con una norma

    Da questa situazione nasce l'esigenza di confrontarci con la norma, la cui funzione è quella di illuminare e sostenere lo sviluppo dell'esperienza.
    C'è, innanzitutto, una norma umana di cui tener conto negli orientamenti e nelle scelte personali.
    C'è poi l'esperienza della Chiesa, che raccoglie dalla vita dei credenti, illuminati dalla Parola di Dio, dall'attenzione intelligente ai segni dei tempi, dalla storia della santità riconosciuta e nascosta, le linee fondamentali per un'esistenza cristiana.
    Il cammino non è facile. Esige un contatto quotidiano con la vita del giovane, una larga disponibilità ad incontrarlo nel dialogo e nella direzione spirituale, una grande stima ed esperienza vitale del sacramento della riconciliazione.

    L'EDUCAZIONE ALL'AMORE

    Il contesto socio-culturale di oggi stimola e facilita la comunicazione e gli scambi affettivi.
    I giovani, poi, con molta intraprendenza, sfidando pregiudizi e censure culturali, stimolati dall'età e desiderosi di superare le carenze affettivo-familiari, sensibili al valore dell'incontro- scambio come espressione di donazione e fiducia, scommettono sull'amore. Sono desiderosi di «vivere» questo dono. Spesso, però, per una serie di condizionamenti interni ed esterni, riescono solo a farne un uso consumistico.
    L'amore è certamente una dimensione fondamentale della persona. È la molla che fa scattare la vita. È ciò che dà senso all'esistenza, aprendola alla comprensione e all'oblatività.
    Esso è vissuto dai giovani con totalità ed esclusività, al punto che gli pospongono ogni altro valore ed impegno. La radicalità con cui si donano non corrisponde, però, alla durata dell'offerta. Vivono l'esperienza nella sua fugacità. E, anche se l'incontro tenderebbe a realizzare un desiderio di autenticità, frequentemente la forza del sentimento viene travolta dalla carica sessuale.
    La ricerca della persona da amare, poi, isola necessariamente dagli altri e dal gruppo, da cui presto ci si allontana.

    Riflesso sul cammino di fede

    Tutto ciò ha dei riflessi sul piano della costruzione della personalità e su quello più specifico della maturazione nella vita cristiana.
    Quando l'amore è vissuto in maniera conflittuale e il contenuto sessuale viene ad occupare il posto preminente, frena la crescita globale. Realizzato egoisticamente, il gesto dell'amore non apre al futuro, perché concentra solo sul sentimento presente e tende a prescindere dall'evoluzione delle persone.
    Effetti simili produce, in alcuni contesti, la situazione di tanti giovani che accusano l'assenza della figura paterna, o la mancanza dei genitori. Non hanno alcuna esperienza di una relazione equilibrata con genitori e fratelli. Portano in sé carenze difficilmente colmabili e rimangono indifesi di fronte alle provocazioni della società.
    Nel loro processo di sviluppo sostituiscono i valori con i gusti, poiché confondono felicità e piacere. Manca loro un progetto che definisca il senso della propria realizzazione personale.
    Anche l'ambiente, costituito da persone che vivono un'esperienza analoga, costituisce una forma di cultura generalizzata che, lungi dal correggere queste tendenze, di fatto le stabilizza e le sancisce.
    In situazioni simili, l'autentica comprensione dell'amore non può avvenire, per il cristiano, che nell'orizzonte di Dio.
    È Dio che ha voluto la persona nella reciprocità uomo-donna, chiamandoli ad una profonda comunione, capace di significare la realtà stessa di Dio.

    L'intervento educativo: uno speciale impegno

    L'educatore attento nella sua azione educativa a favorire e a promuovere la maturazione dei giovani, sente oggi uno speciale impegno nell'educare all'amore. È convinto che il mistero di Cristo, la sua vita e i suoi eventi, sono propriamente la rivelazione piena e normativa del vero amore.
    Rifacendoci all'esperienza tipica di Don Bosco e al contenuto educativo e spirituale del sistema preventivo, si possono compiere alcune scelte semplici ma efficaci.
    - Per prima cosa, è fondamentale creare attorno ai giovani, in ogni ambiente, un clima educativo ricco di scambi comunicativo-affettivi. Il sentirsi accolto, riconosciuto, stimato e amato è la migliore lezione sull'amore.
    Quando vengono meno i segni e i gesti della «famiglia», i giovani facilmente si allontanano, non solo materialmente ma anche e soprattutto affettivamente.
    - L'educazione integrale della persona e il sostegno della grazia porteranno ragazzi e ragazze ad apprezzare i valori autentici della purezza che sono il rispetto di sé e degli altri, la dignità della persona, la trasparenza nelle rela zioni..., come annuncio del Regno e come denuncia di ogni forma di strumentalizzazione e di schiavitù.
    - Gli incontri tra ragazzi e ragazze, quando sono vissuti come momenti di arricchimento vicendevole, aprono al dialogo e all'attenzione verso l'altro. Fanno scoprire la ricchezza della reciprocità, che investe il livello del sentimento e dell'intelligenza, del pensiero e dell'azione. Nasce così la scoperta dell'altro, accolto nel suo essere e rispettato nella sua dignità di persona.
    - Un'adeguata educazione, quindi, fa cogliere la sessualità come valore che matura la persona e come dono da scambiarsi in un rapporto definitivo, esclusivo e totale, aperto alla procreazione responsabile.
    - Il confronto con persone che vivono questo amore ha la forza della testimonianza. Certi atteggiamenti legati alla donazione e alla gratuità vengono fortemente intuiti ed assimilati.
    La gioia della propria vocazione vissuta con convinzione si riverbera nei giovani, e facilita in loro un'apertura all'amore seria e serena, che sa accettare le esigenze che essa comporta.
    - La testimonianza dell'educatore che vive in modo limpido e lieto la sua donazione nella castità fa percepire al giovane la possibilità di vivere una simile esperienza d'amore.
    Il giovane che gli vive accanto si interrogherà sul Signore della vita, che riempie il cuore di una creatura in maniera così totale.
    Prenderà coscienza che l'amore diventa a pieno titolo un progetto di vita, che si può esprimere in mille forme diverse.
    Anche il servizio fraterno ai «piccoli» e ai «poveri» e il contatto graduale guidato con situazioni di sofferenza educherà ad amare gratuitamente.
    - Un'attenta catechesi farà comprendere al giovane la realtà e le dimensioni di questo amore: lo guiderà all'accettazione del progetto di Dio, Amore fonte di ogni amore, e lo preparerà a realizzarlo nel matrimonio cristiano.

    LA DIMENSIONE SOCIALE DELLA CARITÀ

    Quello che più colpisce la mente e il cuore è il racconto vivo e quotidiano della storia di migliaia di persone che ogni giorno sono sollecitati dalla tragedia dei poveri, con essa si confrontano e per i poveri danno la vita. La sfida è continua, sia perché la povertà materiale sembra dilatarsi a dismisura in molti paesi, sia perché nei contesti di benessere economico nascono ed esplodono nuove e tragiche forme di povertà: devianza, emarginazione, sfruttamento di persone e droga.
    Ma la povertà è solo la spia di un dissesto sociale in un momento di trasformazione globale. Altri motivi di preoccupazione si addensano all'orizzonte, pur insieme a evidenti segni di speranza. Emergono nuovi problemi che richiedono la partecipazione attiva dei singoli: la pace, l'ambiente e l'uso dei beni, la questione morale in ogni singola nazione, i rapporti internazionali, i diritti delle persone indifese.
    La sfida è grande. Si tratta di preparare una generazione capace di costruire un ordine sociale più umano per tutti. La dimensione sociale della carità si presenta allora come la «manifestazione di una fede credibile». Essa è infatti una «dimensione costitutiva della predicazione del Vangelo». In altre parole, è un aspetto fondamentale dell'azione della Chiesa per la redenzione della stirpe umana e la liberazione da ogni forma di oppressione. Ne segue che la dimensione sociale della carità è una componente essenziale dell'etica cristiana.

    Necessità di formare una mentalità

    Si tratta perciò di abbattere una sorta di diffusa indifferenza, di andare contro corrente, e di educare al valore della solidarietà contro la prassi della concorrenza esasperata e del profitto individuale.
    Per i giovani è molto forte la tentazione di rifugiarsi nel privato e in una gestione consumistica della vita. Nei più c'è la sfiducia che sia possibile fare qualcosa di valido e di duraturo.
    A questo si aggiunge la diffidenza che nasce dalla grave frattura fra etica e politica, che si traduce in ricorrenti notizie di corruzione, puntualmente riferite e amplificate ad arte dai mezzi di comunicazione sociale.
    La sfida tocca tutti gli educatori dei giovani. In situazioni di povertà la speranza è delusa ogni giorno di più dalla consapevolezza dell'esistenza di meccanismi perversi di sfruttamento. La corruzione a tutti i livelli genera nuove e tragiche situazioni di povertà. Alcuni giovani vorrebbero cambiare, trasformare... Ma l'impazienza tipicamente giovanile e l'impossibilità sperimentata di operare cambiamenti li portano, di fatto, ad atteggiamenti di violenza e a stati d'animo di permanente frustrazione.
    Eppure molti di questi giovani sentono di essere responsabili del futuro del loro Paese. Come aiutarli a trasformare in progetti concreti questo nobile sentimento? Come, soprattutto, fare in modo che essi stessi non soccombano alle tentazioni consumistiche e allo sfruttamento dei loro fratelli?

    Una risposta storica: una scelta di vita per i giovani

    Per rispondere a questa sfida, ci viene incontro l'esperienza esemplare di Don Bosco.
    Pur nelle mutate situazioni sociali e politiche, la realtà che colpì il giovane Giovanni Bosco nel suo primo impatto con la Torino dell'immigrazione e dello sfruttamento giovanile era, per certi aspetti, simile a questa.
    Per affrontarla egli scelse la via dell'educazione integrale, rispondente ai bisogni dei giovani di allora. La sua scuola di santità si faceva progetto di vita calata in impegni concreti: una spiritualità non privata, ma impegnata nell'azione.
    La comunità credente è dunque consapevole che la lotta contro la povertà, l'ingiustizia e il sottosviluppo è parte della sua missione. Si sente pertanto coinvolta profondamente in essa con intelligenza e realismo e, sempre, con carità.
    Convinta, poi, che un'efficace educazione alla dimensione sociale della carità costituisce la verifica della sua capacità di comunicare la fede, la comunità cerca innanzitutto di testimoniare la giustizia e la pace di fronte ai giovani e di promuoverle ovunque. Vive perciò in profonda sintonia con i grandi problemi del mondo ed è attenta alle sofferenze dell'ambiente in cui è inserita.
    Essa saprà orientare i giovani a porsi criticamente di fronte alla società, aiutandoli soprattutto a scoprire il mondo nascosto, ma non per questo meno tragico, delle nuove povertà e delle loro cause strutturali.

    Educare al valore della persona

    A questo punto nasce l'urgenza di individuare atteggiamenti e progettare iniziative che aiutino i giovani d'oggi ad esprimere con la vita la vera dimensione sociale della carità.
    L'indicazione più generale è di lavorare, nel cammino di fede, per far risaltare il valore assoluto della persona e la sua inviolabilità: essa è al di sopra dei beni materiali e di ogni organizzazione. Questa è la chiave critica, che permette di valutare situazioni eticamente anormali (corruzione, privilegio, irresponsabilità, sfruttamento, inganno) e di fare scelte personali di fronte ai pesanti meccanismi di manipolazione.
    Sarà possibile «giocarsi la vita» nel sociale, quando sarà maturata questa «personalizzazione». È necessario favorirla, valorizzando l'originalità di ciascun giovane e la sua dimensione intersoggettiva. Egli deve realmente comprendere che nella vita il suo destino si compie insieme con altre persone e nella capacità di donarsi ad esse.
    Quando questa prospettiva viene interiorizzata con profonde motivazioni cristiane, allora essa diventa criterio di rapporti con gli altri e fonte di tenace impegno storico.
    Ci sono tre attenzioni educative da curare.

    1. Una prima attenzione va posta nell'accompagnare i giovani alla conoscenza adeguata della complessa realtà sociopolitica.
    Parliamo di studio serio, sistematico, documentato. A due livelli. Anzitutto a livello della realtà del proprio quartiere, della propria città, del proprio paese: le situazioni di bisogno, le istituzioni, le modalità di gestione del potere politico ed economico, i modelli culturali che influiscono sul bene comune. Allo stesso tempo lo sguardo dev'essere rivolto al mondo, ai suoi problemi, ai suoi drammi e ai meccanismi perversi che in tanti paesi amplificano le situazioni di sofferenza e d'ingiustizia. Questa serietà di approccio deve aiutare i giovani a valutare criticamente e serenamente i diversi sistemi e i molteplici fatti sociopolitici.
    L'informazione ovviamente non basta. È necessario ricondurre tutte le conoscenze parziali all'unità di una sintesi operativa, ad una fede-passione che animi un'azione efficace, nella verità e nella pace, per la costruzione di una «civiltà dell'amore». L'insegnamento sociale della Chiesa si presenta allora come chiave di lettura della realtà e come indicazione delle mete ideali a cui tendere.

    2. Una seconda attenzione è quella di introdurre i giovani in situazioni che chiedono solidarietà.
    È possibile e desiderabile andare oltre: fare soltanto analisi della realtà non giova.
    Le comunità che operano in contesti di povertà e di miseria lavoreranno perché i giovani e il popolo diventino responsabili del proprio sviluppo, superando la rassegnazione con coscienza viva della propria dignità e facendosi carico non soltanto della propria miseria, ma anche di quella di chi sta loro accanto.
    Per le comunità che lavorano in contesti di benessere si tratterà invece di introdurre fisicamente i giovani nel mondo di quegli uomini e donne che chiedono solidarietà e aiuto.
    È il momento più delicato. L'impatto con questo mondo deve essere purificato da false curiosità ed emotività. Non si tratta solo di fare esperienza di un contesto, di una situazione, di un mondo problematico. L'obiettivo è quello di incontrare le persone, di farsi carico del loro dramma umano. Ciò permetterà di superare una certa mentalità di chi è disposto a servire i poveri, ma non a condividere la vita con loro.
    L'atteggiamento spirituale allora è definito dalla stima e dalla ricerca dei valori che ognuno porta in sé, anche in situazioni di personale degrado.
    È questa la fase dell'ascolto, della conversione e della condivisione.

    3. E infine un'ultima attenzione esige che si impari da giovani ad elaborare precisi e concreti progetti di solidarietà, e a maturare forme di intervento sociale.
    L'educazione sociopolitica non tollera ingenuità, e richiede alcune attenzioni di fondo:
    - il superamento, nei giovani, di atteggiamenti superficiali, carenti di quella coscienza sociale su cui tanto insiste l'insegnamento della Chiesa;
    - il giusto rapporto tra «opere caritative» e «obblighi di giustizia»;
    - l'analisi paziente per trasformare le strutture che hanno e mantengono il loro peso sulle situazioni;
    - l'elaborazione di progetti fatti non solo «per» i poveri, ma «con» essi perché, assumendoli, diventino capaci di gestire la propria vita.
    Sempre e ovunque è necessario educare i giovani perché si impegnino a coinvolgere i responsabili a livello sociale, politico e religioso. Solo così i progetti potranno diventare esemplari, ed essere eventualmente imitati e moltiplicati.

    Una solidarietà fondata sul Vangelo

    Ogni fase sopra descritta esige che i giovani siano aiutati a rafforzare le motivazioni di fede.
    Educare alla solidarietà è far comprendere che la carità deve essere espressione del proprio incontro con Cristo. Di qui l'importanza dell'ascolto e dell'adesione profonda alla Parola di Dio e della preghiera, attraverso cui i giovani si avviano alla costruzione di sé, prima che degli altri, ed evitano il pericolo dell'attivismo e dell'efficientismo. E la forte radicazione nell'insegnamento sociale della Chiesa darà loro luce per orientare la propria azione verso mete e secondo modalità ispirate dall'amore cristiano.

    Esigenze di partecipazione politica

    Le iniziative con cui maturare queste sensibilità e questa formazione dei giovani possono riferirsi a spazi diversi: al territorio in cui si vive, ai paesi in via di sviluppo in cui si possono spendere energie e tempo, all'animazione di ambienti giovanili.
    Ma c'è un aspetto per il quale gli educatori sono chiamati ad operare con convinzione: è quello di avviare i giovani all'impegno e alla «partecipazione alla politica», ossia alla «complessa e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune».
    In quest'ambito, spesso trascurato e disconosciuto, si teme forse di incappare in forme di collateralismo o di cadere nei complicati meccanismi della concorrenza elettorale o di essere infedeli alle modalità che ci sono proprie nel partecipare all'impegno della Chiesa per la giustizia e la pace.
    Ma questa resta una sfida da raccogliere e un rischio da correre.
    Le comunità giovanili più vive sapranno chiedere ai migliori anche questo servizio, in nome della dimensione sociale della carità. Sarà all'inizio un impegno limitato, ristretto al proprio quartiere, alla propria città.
    Altre strade si apriranno successivamente, e questo obiettivo servirà anche a favorire nei giovani un atteggiamento positivo verso la realtà politica e ad aprirsi alla fiducia che, anche a questo livello, si possono cambiare cose e situazioni.
    La carità evangelica, fatta progetto concreto, continuerà così a tracciare nella storia le nuove strade della giustizia.


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