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    Quale educazione alla politica? Introduzione



    (NPG 1991-3/4-93)


    Impegnati nell'ambito della pastorale giovanile, riconosciamo che lo spazio centrale del nostro servizio è rappresentato dalla «cultura»: l'insieme dei valori, dei comportamenti, degli orientamenti vitali che caratterizzano la comunicazione tra soggettività diverse nella vita quotidiana.
    Sulla qualità della cultura, constatata e progettata, si gioca la missione educativa e pastorale.
    Qui si qualifica specificatamente il nostro riferimento alla politica.
    Sollecitati dalla coscienza del legame stretto tra fede/cultura/struttura e mediazione politica, riscopriamo nell'educazione il compito di dare consapevolezza riflessa di questo dato di fatto e di spingere verso la progettazione di nuove ipotesi.
    Anche se abbiamo già definito il politico, tuttavia, per una riflessione di tipo educativo ci sembra importante riflettere più da vicino sulla nuova frontiera della politica e sulle nuove forme di partecipazione politica che emergono nel nostro contesto sociale. Di esse deve tener conto una progettazione educativa, per diventare capace di mordere nella situazione e di formare soggetti politici dotati di una nuova consapevolezza.
    - Ci aiuta in questo il secondo contributo di Giorgio Campanini, che abbiamo ritenuto di collocare qui.
    L'autore ci richiama anzitutto il profilo dell'«uomo della politica», cioè del cittadino, di ogni cittadino, in quanto soggetto politico, non perché diviene uomo di potere ma «uomo del bene comune».
    Nell'esperienza quotidiana il cittadino allora diviene l'uomo della partecipazione in senso ampio, sia essa civile o politica.
    La prospettiva entro cui è impostata la riflessione sollecita all'approfondimento di quelli che oggi sono i grossi «nodi» della politica e della sua crisi: crisi di partecipazione, crisi di democrazia rappresentativa, e, più in profondità, crisi della democrazia diretta.
    Ma proprio mentre sul versante della partecipazione politica e della rappresentanza politica si tocca il punto più basso della disaffezione e dell'allontanamento dei cittadini dalla politica, l'autore ci invita a prendere sul serio un sommerso che emerge, carico di promesse e di novità.
    Viene avanzata infatti la tesi che ad un declino della partecipazione politica si accompagni un'aurora e una grande espansione della partecipazione sociale. Siamo in una fase di transizione da una vecchia ad una nuova partecipazione, entro la quale le nuove generazioni sembrano tornare ad essere nuovi soggetti politici.
    Anche se, al contempo, mentre si delineano nuove forme, si acuisce nel cittadino la distanza dallo stato che appare sempre più lento, burocratico, inefficiente, costoso apparato, che non riesce più a collocare l'uomo, con i suoi bisogni e diritti, al centro dei processi.
    Cosicché affiorano nuovi ambiti, nuove tematiche e nuovi soggetti; sono le nuove frontiere della pace, dell'ambiente, del territorio come reticolo di autorganizzazione delle risorse in funzione dei bisogni non contrattabili; sono i temi del sottosviluppo, dell'emarginazione e del volontariato.
    Il «civile» istituzionalizzato, ma ancor più quello non istituzionalizzato, rappresenta l'unico modo rimasto ai cittadini di far politica e la via per ricuperare la politica in senso stretto e specifico.
    La partecipazione dal basso e le nuove frontiere sul civile riconducono in primo piano un secondo grosso nodo della nuova politica: quello della crisi della democrazia, sia di quella rappresentativa che di quella diretta.
    Lungi dal negare la necessità di spazi di rappresentanza in una società complessa e in una democrazia di massa, l'interrogativo che rimbalza è: «quale tipo di rappresentanza?». Quella che esclude e considera superflue le esperienze di democrazia diretta o quell'altra invece che le esige come necessarie?
    Una educazione che non sappia aprire i soggetti alla partecipazione e alla democrazia diretta e diffusa non compierà un buon servizio, oltre che all'uomo, neppure alla soluzione del problema della crisi della politica.

    Un profondo ripensamento dell'azione educativa

    - Carlo Nanni affronta di conseguenza il problema di un profondo ripensamento dell'educazione nella sua apertura al sociale e al politico.
    Nel proporre l'urgenza di un ripensamento dell'azione educativa capace di assumere la situazione sociopolitica attuale nelle sue novità, Nanni delinea una prospettiva di educazione integrale e permanente che la qualifica come «coeducazione», mediazione e correlazione critica e prospettica, come convergenza di agenzie e situazioni formative.
    Affermata la correlazione necessaria tra la promozione in generale della persona, l'educazione sociale e l'educazione politica, l'autore propone di considerare le prime due come premessa, base e rimando dell'educazione politica, anche se presto o tardi il personale e il sociale hanno da fare i conti con la dimensione politica che li attraversa.
    Vengono di conseguenza offerti alcuni percorsi educativi «obbligati» in funzione delle mete di educazione politica di ogni cittadino, cui l'educazione deve tendere oggi.
    Il primo percorso è riferibile ad una educazione alla democrazia che sviluppi nel giovane la capacità di maturazione critica e realistica verso il consenso/dissenso, e comprende una costellazione di atteggiamenti e competenze tutte affidate all'educativo.
    Il secondo percorso per un'educazione alla democrazia è definito da una radicale capacità di soggettività politica fondata su una ampia gamma di competenze specifiche.
    La terza pista invece, al di là dell'efficacia, indica l'educazione alla validità del comportamento politico democratico e perciò la formazione della «personalità politica».
    La quarta pista indicata da Nanni è quella della formazione di una cultura democratica.
    Gli obiettivi indicati vengono di conseguenza indotti grazie ad un'azione a più fronti secondo modi e strategie diversificate. Quelli particolarmente significativi oggi appaiono essere: l'insegnamento, gli stili relazionali instaurati in educazione, il clima di partecipazione che viene a crearsi nell'ambiente educativo, l'esperienza concreta in spazi e luoghi in cui apprendere e sperimentare quanto intravisto, sognato e ricercato appassionatamente.
    Infine l'apporto della fede cristiana all'impegno politico, che si specifica come condivisione, critica e profezia, si specifica in alcuni sensi anche nell'educazione.

    - Il contributo di Mario Pollo, anch'esso di taglio educativo, secondo il modello dell'animazione culturale, delinea un progetto di educazione politica misurato sui nodi dei problemi attuali che attraversano la crisi della politica stessa. Anzitutto i meccanismi di sviluppo del potere e di conseguenza un'educazione capace di sviluppare un rapporto corretto con il potere; tale rapporto nasce dalla accettazione della sua esistenza e necessità, dalla sua relativizzazione e dalla capacità di controllo critico e razionale, oltre che misurato sull'utopia. In questo senso educazione politica è educazione al potere. L'animazione in tal senso parla di immunizzazione dal potere.
    Il forte senso di realtà che il problema del potere e della sua organizzazione pone, apre ad una seconda direzione importante dell'educazione politica, cui l'animazione culturale offre il suo apporto originale: educazione politica è sviluppare la capacità di articolare principio di realtà e principio di utopia. Allora educazione politica diviene educazione non ad una particolare ideologia o concezione politica, bensì educazione della capacità di intervenire nei meccanismi sociali dell'esercizio del potere per renderli aderenti ai valori della propria appartenenza culturale.
    In conclusione l'autore sviluppa la riflessione intorno alle strade che oggi la legittimità democratica mette a disposizione per la riforma della politica; esse non sono per prime quelle dei partiti, ma anzitutto quelle dello sviluppo di poteri forti e diversi dal potere specifico politicamente: i saperi forti della cultura associativa, della cultura tecnico-scientifica, dell'economia stessa.
    Nella riscoperta dell'esperienza associativa e delle conseguenti culture sociali, di quella giovanile in particolare, in quanto strumenti politici e nella riaffermazione della dimensione politica dei gruppi di appartenenza come di quelli di riferimento, si apre una via nuova all'affiorare di nuove soggettività politiche, alla riforma dal basso e alla rifondazione della politica.
    È questa un'esperienza che tocca profondamente il vissuto dei giovani e che li coinvolge enormemente. Destare la consapevolezza di quello che essi già vivono, spesso solo implicitamente, l'impegno di una cultura del cambiamento che essi possono elaborare insieme, la coscienza matura della soggettività politica che essi possono ricuperare, è scoprire felicemente che dentro l'educativo e all'interno del mondo giovanile la nuova politica già abita di casa.

    Educazione alla fede e politica

    Il nostro angolo di lettura del rapporto educazione e politica è dato anche da una precisa collocazione: l'interesse per l'educazione alla fede dei giovani.

    - In questo senso l'articolo di Riccardo Tonelli si interroga fino a che punto sia necessario assumere la sensibilità politica nei compiti specifici della pastorale giovanile, e che cosa essa comporti nella sua rivisitazione.
    Non è possibile ritagliarsi una pastorale quale oasi felice entro cui non risuoni la forza provocatoria della politica.
    Chiarita la distinzione e la convergenza tra le due realtà, l'autore recensisce i modelli ricorrenti che nascono dal diverso modo di coniugare diversità e convergenza.
    La neutralità risulta impossibile e l'esigenza di una collocazione consapevole nel pluralismo sollecita ad una proposta secondo la prospettiva dell'Incarnazione. In essa alcuni punti di riferimento sembrano importanti per una proposta di educazione alla fede politicamente collocata.
    Prima di tutto la ridefinizione dell'obiettivo dalla parte della salvezza cristiana. Ogni definizione di salvezza contiene una collocazione ed una sua riespressione anche politica; la proposta si articola tra consapevolezza della quotidianità e della storicità da un lato e definitività pasquale dall'altro.
    Il secondo punto è costituito dalla scelta dei «destinatari» da privilegiare: anzitutto, per chi fa educazione, i giovani diventano luogo ermeneutico di ogni progettazione anche politica; in secondo luogo tra essi la scelta e l'attenzione privilegiata agli ultimi, cioè ai più poveri, si fa cultura politica e progetto sempre inquietante di dimensione universale.
    Il terzo ambito di riformulazione riguarda i segni, i gesti, le parole, il modo con cui oggi nella comunità ecclesiale si formula l'annuncio, si dice Dio, viene servita la causa del Regno e viene celebrata la fede. Anche qui, in compagnia dei giovani e dei più poveri, sentiamo l'urgenza di ripensare modelli culturali e linguistici più adeguati.


    T e r z a
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