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    Prospettive di formazione alla politica. Introduzione



    Parte sesta

    PROSPETTIVE DI FORMAZIONE ALLA POLITICA

    (NPG 1991-05-03)

    Abbiamo delineato mete e contenuti dell'educazione politica, e li abbiamo montati dinamicamente in un itinerario.
    Le riflessioni articolate ci hanno suggerito che l'ambito dell'educazione politica non è prima di tutto qualcosa di speciale, quasi un'aiuola ritagliata e protetta dell'esistenza, lontano dal ritmo vorticoso della vita e dei giochi reali del potere. Riaffermando la forza educativa della vita, in positivo e in negativo, e la necessità di restituire a tutti lo spazio della cittadinanza, ritroviamo nella vita quotidiana l'ambito vero dell'educazione politica.
    Ciò non significa il rifiuto di momenti specifici, pur utili e necessari, bensì il richiamo della logica di fondo che attraversa il nostro progetto e la conseguente finalizzazione di quanto possiamo inventare di specifico alla vita quotidiana ritessuta nell'educativo.
    Vita quotidiana infatti dice immediata esperienza, vissuto, intreccio di relazioni, scambio simbolico e vitale tra diversi entro ambiti comunitari di vita. Vita quotidiana è bisogno e sua progettazione e organizzazione sociale.
    È questo il tema di apertura di questa parte del dossier, più sbilanciata sull'operativo, che Mario Pollo sviluppa nel suo articolato contributo.
    La riappropriazione della gestione del quotidiano, e del controllo del potere diffuso di condizionamento sociale e culturale, passa attraverso il riscatto soggettivo dei bisogni da parte della persona che si colloca al centro della sua elaborazione. Bisogno, alterità, progettazione culturale devono tornare a ruotare attorno alla persona che, superata ogni forma di delega e rifiutato il ruolo di passivo consumatore di proposte confezionate, assurge a protagonista del controllo e della organizzazione sociale del bisogni e diviene coprotagonista di una soggettività collettiva che istituisce una «nuova cittadinanza» fondata sull'etica.
    Se è il quotidiano il luogo della prima e fondamentale «scuola di formazione politica», questo compito va riaffermato e restituito agli ambiti del quotidiano: famiglia, scuola, comunità, gruppo tra associazione e movimentismo.
    Nella parte che segue tocchiamo soltanto alcuni punti di questi ambiti di vita quotidiana dei giovani in situazione educativa, per poi analizzare invece alcuni «momenti forti» che scandiscono e raccolgono la ricchezza del quotidiano stesso.
    Tocchiamo anzitutto l'ambito della scuola. In essa ogni giovane trascorre una parte importante del tempo di vita, e al suo interno si ritrova un potenziale enorme di risorse privilegiate di formazione alla politica.
    Pietro De Giorgi partendo dalla considerazione che la scuola possiede delle risorse e degli strumenti preziosi e specifici per sostenere il giovane nel suo riappropriarsi della vita, radicata in una memoria culturale, richiama anzitutto l'urgenza che la scuola stessa si riappropri della funzione educativa, perché diventi anche scuola di vita politica e di sua progettazione sensata.
    Percorrendo l'itinerario reale di un docente o di un gruppo di docenti, e rivedendo la sua stessa esperienza, l'autore giunge a richiedere un cambio radicale ed una conversione (una rottura?) da parte degli operatori che è anzitutto epistemologica. Si tratta di liberarsi dai modelli «scientifici» delle discipline stesse e perciò anche dei ruoli sacrali dei cultori delle medesime, per introdurre nella scuola i saperi esperienziali, la cultura di vita della comunità sociale, i progetti e i valori molteplici. È la condi zione minimale perché dalla vita possano essere ripensate le discipline, la memoria culturale stessa, e di conseguenza la dimensione politica che attraversa ogni forma di vita sociale.
    Tralasciando le altre forme di educazione politica che la vita scolastica in quanto vita sociale e di partecipazione offre, l'autore concentra la propria riflessione sulla possibilità di ripensare ogni disciplina scolastica in funzione dell'educazione e dell'educazione politica.
    Il contributo seguente si estende ad un ambito particolarmente significativo di vita quotidiana dei giovani: l'esperienza di gruppo dentro l'esperienza associativa.
    Luciano Pirovano, narrando l'esperienza associativa all'interno dell'Agesci, illustra il contributo, in termini di obiettivi e di metodo, che tale esperienza offre.
    Il nodo dei problemi appare ancora oggi collegato alla frattura tra mondo associativo e politica in senso ristretto, e ciò a motivo anzitutto della insufficienza del momento della delega per l'articolazione del discorso politico e per il venir meno del patto fiduciario tra chi opera nel volontariato e nel sociale e coloro che «fanno politica».
    Vengono di seguito richiamati alcuni punti nevralgici, tutti collocati all'interno del mondo associativo e dell'aggregazione giovanile, che rivelano come l'esito del processo formativo risulti ancora incerto e tutt'altro che assicurato: i rischi sembrano essere l'integrismo, la demonizzazione della politica o il distacco da essa, la difficoltà di collocazione all'interno del pluralismo, una certa chiusura sufficiente del volontariato su se stesso.
    Questo avviene però mentre si sta superando la cultura politica come delega, si approfondisce l'esigenza di partecipazione reale, si ritrova l'ispirazione cristiana a scelte dentro il pluralismo, si assume tutta la valenza politica dell'azione sociale e della cultura associativa.
    Gli altri due contributi invece sviluppato il tema specifico delle scuole di formazione politica.

    A scuola di politica

    Nella crisi e nel cambio della politica Luigi Bobba richiama l'attenzione su di un segno di grande novità e promessa: alla caduta di identificazione nei partiti, soprattutto da parte giovanile, e alla quasi indifferenza per la politica che diviene spettacolo e mera gestione del potere nell'esistente, corrisponde una crescente domanda di formazione politica intenzionale e diffusa.
    Quasi che le soggettività, individuali o collettive, intendano oggi riappropriarsi di una dimensione della vita quotidiana ormai troppo tempo sottostimata o relegata a gente di mestiere.
    È una voglia di politica che diventa voglia di sapere, di conoscere di più, di appropriarsi di una memoria, di acquisire delle competenze.
    Ad essa le scuole possono rispondere con una funzione positiva e strutturante. Non si tratta tanto di preparare nuove generazioni di giovani da immettere nella politica di mestiere, ma di offrire la possibilità di un accrescimento in qualità della cultura politica e di correggere la tendenza dei giovani e dei cattolici al «ritiro» dalla politica che ha caratterizzato gli anni '80.
    Giudicando quasi esaurita l'espansione delle scuole, l'autore descrive la nuova fase che il fervore di queste iniziative ha inaugurato: la fase della riforma della politica dal basso, che vede impegnate in prima fila movimenti e associazioni di credenti in compagnia di quanti hanno a cuore il salvataggio del senso più nobile e grande della politica stessa.
    Il contributo che segue, di Franco Gualtieri, ci offre uno spaccato analitico delle scuole di formazione socio-politiche a partire da una indagine sul territorio italiano condotta dalla rivista «Studi Sociali» che interessa un gruppo ampio e significativo di scuole: quelle diocesane.
    Mentre offre indicazioni, dati, contenuti e obiettivi, il contributo sollecita a considerare il fenomeno, più che punto di arrivo, un punto di partenza che nasce da una esigenza nuova di socialità e di partecipazione, in quanto risposte tese al superamento della soggettività esasperata della complessa società post-moderna. Un riflesso di una incipiente domanda di socialità e di impegno politico che affiora dopo una lunga stagione di de-partecipazione politica.
    Di esse si offre un bilancio sottolineandone possibilità e limiti.
    L'articolo di Domenico Sigalini si pone come conclusione operativa mediata dagli strumenti della progettualità educativa.
    In esso vengono offerti alcuni elementi utili per giungere ad un itinerario di educazione politica che assicuri la gradualità e la progressività di ogni cammino educativo e pastorale.
    Non si tratta di un itinerario educativo confezionato, ma della matrice di un itinerario entro cui poter collocare obiettivi e risorse della progettazione, e per dare spessore operativo ed avvicinare alla prassi educativa concreta la molteplicità dei contributi raccolti, sia che si rivelino più utili alla riformulazione delle mete nell'oggi, o, più di ordine metodologico, da considerarsi quali preziose risorse per produrre cambiamenti e maturare una nuova cultura politica.


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