(NPG 1991-3/4-5)
Eccoci a parlare di politica e di educazione alla politica.
Con il numero di gennaio 1990 abbiamo rilanciato il tema ai nostri lettori, come per riprendere un sentiero interrotto.
Il dossier/documento dell'anno scorso voleva essere solo il primo passo, quasi un documento programmatico. Avevamo promesso ai lettori di sviluppare ulteriormente la riflessione attorno a quelli che riteniamo i nodi fondamentali del problema dalla nostra specifica collocazione.
NPG nel corso del '90 ha celebrato il suo convegno annuale su questo tema, e tanti piccoli e grandi segnali ci hanno confermato l'importanza di recuperare all'educazione delle nuove generazioni questa dimensione per troppo tempo sommersa.
Ci incoraggia e ci sprona il documento della Conferenza Episcopale Italiana «Evangelizzazione e testimonianza della carità» che nel tracciare gli orientamenti pastorali per gli anni '90 richiama all'urgenza di «pensare in grande» la testimonianza della carità, affinché si incarni in progettualità sociale e politica, mentre individua nella educazione dei giovani e nella presenza responsabile dei cristiani in politica due delle vie privilegiate per l'annuncio e la testimonianza della carità.
NPG, al servizio della grande causa della vita per i più poveri che anima la comunità ecclesiale italiana, intende con il suo contributo di riflessione servire contemporaneamente queste due vie privilegiate di azione e di formazione.
E lo fa dalla sua collocazione specifica, con tutta la coscienza di parzialità ma anche con il coraggio delle scelte necessarie in un tempo di pluralismo educativo e pastorale.
Indichiamo dunque le coordinate che definiscono la nostra collocazione, e ci fanno parlare di politica in un certo modo.
Parlare di politica oggi significa introdurre un nuovo discorso
Tanti parlano di politica, ritornano alla politica, oggi soprattutto, per diverse ragioni. Le indicavamo già nella riflessione di partenza.
Prima di tutto abbiamo davanti i giovani, che rappresentano i compagni di strada della nostra avventura. La loro storia e la nostra insieme contengono la prima ragione. Con la rinnovata attenzione alla politica vogliamo restituire progettualità e speranza alla loro e nostra esistenza, maturati dalla esperienza vissuta e sofferta nei lunghi anni del silenzio, dell'impotenza, della partecipazione soffocata dal duro spessore istituzionale.
I fatti dell'89 e del '90, soprattutto nell'Europa dell'Est, sono un segnale palese di questa riappropriazione popolare della politica; quelli più drammatici ancora del momento in cui scriviamo (la guerra del Golfo) dagli esiti incerti rivelano come non si possa riparlare di politica se non in termini planetari e non violenti, e perciò provocano più radicalmente ancora la nostra coscienza di credenti.
La seconda ragione mette ancora più in primo piano la prospettiva educativa che ci anima. Una vecchia visione di politica (quella da cui appunto i giovani si sono allontanati nel corso di questi ultimi decenni) è entrata in crisi.
Ci sono segnali nuovi e interessanti che riportano in primo piano un modo nuovo di comprendere la politica, e ci rivelano come una rivoluzione silenziosa si sia compiuta in questi anni, come tematiche apparentemente «po co politiche», magari snobbate come rifugio nel privato, in realtà abbiano preparato lentamente a questo cambio. Torniamo alla politica dunque non dopo aver chiuso una parentesi, ma come sbocco ed esito di un lento cammino di riappropriazione della vita quotidiana e perciò anche della cittadinanza.
Per una definizione della politica fedeli alla nostra storia vissuto
Attorno a queste ragioni e riflessioni si sviluppa la parte introduttiva del presente dossier, alimentata dalla memoria di questi anni vissuti.
Il primo nodo da chiarire è quello di una definizione di politica. Abbiamo sentito il bisogno di chiarirne il significato, di comprenderne la complessità e l'articolazione in un tempo di esasperato pluralismo, di collocarci con una scelta. Parliamo di politica dopo averne dilatato l'orizzonte e averla ricuperata nella sua qualità diffusa, di ampio respiro culturale, e poi anche nella sua accezione più ristretta. Avevamo parlato di una politica con la «P» maiuscola e di una politica con la «p» minuscola. Qui essa viene ripresa nella distinzione del «senso forte» e del «senso debole» della politica.
Quel che ci interessa è che non ci sentiamo di sacrificare alcuna delle due: non si tratta di scegliere unilateralmente per non cadere nelle totalizzazioni e nel relativismo; quel che importa è di individuare la priorità dell'una sull'altra, e di cogliere ciò che della politica è al centro e ciò che invece sta alla periferia.
In politica da cristiani
Ci interessiamo di politica da credenti. Questa è una collocazione che, crediamo, qualifica il nostro impegno educativo e la elaborazione di una prassi politica. Lo facciamo perché viviamo da credenti nel Signore Gesù e perché l'intenzionalità che ci anima è quella di educare alla fede, di rendere possibile ai giovani di oggi l'incontro con Lui nel dono della fede.
La rifondazione della politica su basi etiche per la sua uscita dalla crisi interpella anzitutto con forza la fede cristiana. Fede e politica, ne siamo consapevoli, giocano tra loro un rapporto reciproco di fecondità e di inveramento reciproco.
Un contributo di taglio storico evidenzia, all'interno delle comunità ecclesiali del post-concilio, il fecondo cammino di dipanamento di alcuni grossi nodi del rapporto fede cristiana e politica; mentre una riflessione più di taglio teologico esplicita le ragioni teologiche di un impegno politico del cristiano. Per questo l'offrirsi del «fondamento» attraverso la memoria pericolosa e inquietante della passione di Gesù, apre all'uomo la possibilità di una rifondazione etica della politica.
Ma c'è un'altra voce, forse poco sistematica, spesso molto frammentata, che può far luce sul sofferto e creativo rapporto tra fede e impegno politico: il vissuto dei credenti e delle comunità impegnate sulla frontiera del politico.
Qui ci limitiamo ad ospitare le voci gradite di alcuni credenti che, oltre ad aver incontrato in tutto il suo spessore l'impegno politico nella loro esistenza, hanno vissuto e vivono quotidianamente, nella solitudine della coscienza adulta, l'esperienza di coniugare quotidianamente prassi politica e speranza cristiana. Sono frammenti di storie, pagine autobiografiche, piene della vita di chi si sente in cammino.
Da educatori
C'è un'ulteriore collocazione che curva la linea della nostra riflessione. Ci interessiamo di politica in quanto educatori, collocati cioè dalla parte dell'educazione, dei giovani di oggi, del loro cammino di umanizzazione, del loro costruirsi come «cittadini» del mondo.
Riaffermiamo che lo spazio centrale del nostro servizio è la cultura: l'insieme dei valori, dei comportamenti, degli orientamenti vitali che caratterizzano il riferimento di singoli e di gruppi.
Sulla qualità della cultura si gioca il nostro impegno educativo. E non solo su di essa, ma sulla capacità di un incontro felice tra diversi nello scambio comunicativo, per sostenere la diversità e al contempo dilatare lo spazio di condivisione.
Il nostro riferimento alla politica si colloca proprio qui.
Sollecitati dal legame stretto tra fede, cultura e mediazione politica, vogliamo esplicitare il compito politico dell'educazione. È educazione politica perché sollecita a svelare le trame esistenti, mentre sollecita a nuove ipotesi di progettazione e di protagonismo politico.
Su questi nodi offriamo ai nostri lettori dei contributi che aprono in direzioni nuove e affascinanti.
Ripensare la politica dalla parte dell'educazione significa perciò anche progettare e tracciare itinerari educativi: cioè riformulare obiettivi e ordinarli in sequenza, selezionare e organizzare le risorse in vista dell'azione, delineare strumenti e ambiti di azione educativa.
È ciò che intende offrire la parte finale orientata tutta sull'operativo.
Una cosa ci è parsa centrale e qui vogliamo riaffermare con forza: educare alla politica non è questione di momenti speciali e risorse straordinarie da attivare in circuito. L'ambito dell'educazione alla politica è la vita quotidiana, quella dei giovani in particolare, quella che si caratterizza come rete di relazioni tra soggetti che agiscono e comunicano, scambiando cultura ed elaborando progetti.
Lì dentro si opera in profondità per un'educazione politica, oppure da nessun'altra parte. Magari si riveleranno utili esperienze particolari, risorse o strumenti specifici, ma per orientarli lla vita quotidiana, per illuminarla e farla vivere nel suo spessore, nella sua ricchezza e nel suo limite.
Perciò essa si può rivelare il grande scrigno, la casa comune che lascia trasparire il senso e il suo nuovo orientamento. Cosicché la vita quotidiana, recuperata al suo spessore e all'impegno politico che essa può accogliere e sviluppare, acquista nuovi significati, si riempie di senso e di messaggio, si fa spiritualità: vita del giovane alla ricerca della vita piena per l'altro e per tutti, che diviene parola, gesto, sacramento dell'invisibile che la abita; diviene trasparenza del dono e del perdono, perché, ricostituita nella libertà radicale, si fa responsabilità, responsabilità politica, responsabilità verso ogni uomo, responsabilità verso l'altro, il povero, l'uomo schiacciato e dimenticato appunto dalla politica.