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    Un camposcuola sull’animazione


    Un’esperienza-proposta «scalare»

    Gianni Ghiglione – Alberto Zanini

    (NPG 1990-04-56) 

    Quelli che presentiamo sono campiscuola per animatori, cioè per giovani che intendono adottare l'animazione come stile di servizio. Non è questa la sede per esplicitarlo, ma è essenziale avere dell'animare un concetto serio e articolato, evitando di far passare sotto questa etichetta di moda le cose più strane e disparate.
    Sono campi in cui la formazione e l'educazione del giovane a differenti livelli hanno il primato, anzi sono esperienze di educazione alla crescita della persona, alla vita, al gruppo, a Dio, ai problemi del mondo...

    RADIOGRAFIA DEI CAMPI

    Sono campiscuola «scalari», cioè composti di cinque gradini con una logica interna per cui, di norma, si passa al campo successivo solo se si è partecipato al precedente. I Campi 1 e 2 costituiscono il primo livello; quelli 3, 4, e 5 il secondo livello.
    Al Campo 1 accedono giovani (ragazzi e ragazze) che hanno terminato la seconda o terza superiore: questa è l'età di partenza su cui viene commisurata l'età richiesta per gli altri.
    Come si vede, vogliamo puntare su giovani che abbiano una certa consistenza anagrafica e psicologica e che diano affidamento per il futuro. Una certa larghezza nelle accettazioni si lascia al Campo 1, tanto che da due anni abbiamo dovuto fare un Campo 1/a ed un Campo 1 /b, ognuno di 50/55 soggetti.
    Il Campo 2 ha in genere 70 presenze, gli altri superano o si aggirano sui 50 posti. Questo significa che abbiamo nell'area estiva 300 giovani circa che vivono con noi una settimana (sei giorni interi) di lavoro, studio, riflessione, allegria. È un capitale che ogni anno cresce e realizza salti qualitativi notevoli.

    Gli animatori e i contenuti

    Una parola più attenta va detta nei confronti dell'équipe.
    Iniziamo a Natale a preparare i giovani che scegliamo come conduttori dei campiscuola. Vogliamo che ci sia sempre la figura di un sacerdote, di una suora, di giovanotti e signorine (2 + 2 o 3 + 3): questo per aiutare i campisti ad avere dei modelli di identificazione all'interno del loro cammino di crescita.
    I conduttori devono essere tutti persone significative, ricche umanamente ed equilibrate, competenti nel loro settore di intervento, animate da un gioioso senso della vita. In genere prestano servizio ai campi per due o tre anni, poi sono invitati a sospendere per un arricchimento personale (frequenza a corsi, partecipazione a esperienze...).
    Compito dei conduttori è quello di conoscere bene lo svolgimento delle singole giornate, dei temi in cantiere, curare gli aspetti logistici ed organizzativi, stare sempre in mezzo ai giovani, preparare le serate, gli incontri di preghiera e gli interventi di cui alcuni di loro sono «esperti». A tutto questo ci si prepara attraverso incontri periodici sotto la guida coordinatrice del responsabile del Campo.
    Ad ogni partecipante, giorno dopo giorno, viene dato un materiale abbondante, sul quale potrà riflettere e che poi si porterà a casa: un quaderno ad anelli con i fogli che di volta in volta vengono inseriti ad arricchire gli appunti presi individualmente. Viene inoltre sempre allestita in ogni campo una piccola mostra libraria, per cui chi vuol saperne di più ha l'occasione a portata di mano per attrezzarsi ed acquistare qualcosa di utile, da leggersi in seguito.
    Altro materiale indispensabile è quello relativo ai lavori di gruppo, ai momenti individuali, alle serate: cartelloni, pennarelli, lavagna luminosa, registratore e amplificatore, chitarra, libretti per i canti, fotoproblemi...
    In riferimento ai contenuti, il concetto che abbiamo di animazione ci sollecita ad abilitare il giovane a saper gestire in modo armonico tre aree della personalità: quella del personale, del sociale e del trascendente.
    Con accentuazioni diverse, queste tre aree di intervento sono sempre presenti.
    I cinque livelli si presentano con questa dicitura:
    - Campo 1: decidersi per l'animazione;
    - Campo 2: attrezzarsi per l'animazione;
    - Campo 3: il ciclo vitale del gruppo;
    - Campo 4: la spiritualità giovanile;
    - Campo 5: il laico oggi nella Chiesa: proposta di servizi.

    Le costanti dei Campi

    Richiamiano qui tutte le costanti dei campi, cioè quelle attività, tematiche, attenzioni... che si verificano in ognuno con sfumature differenti, in relazione all'età dei destinatari e all'economia diversa di ogni Campo (non ne esiste uno uguale ad un altro, sono troppe le variabili in gioco).

    * L'accoglienza: a questo si dedica il tardo pomeriggio (i campisti arrivano per le 16.00) e la serata. Si tratta di tecniche semplici, ma efficaci quali (cf a questo proposito, i libri noti di Grom e Jelfs):
    - giochi di conoscenza, di contatto;
    - balletti;
    - presentarsi a 2, a 4 con fotografie, biglietti augurali;
    - raccolta delle aspettative;
    - il gioco degli animali.
    Tutto questo crea un clima di serenità, rispetto, fiducia, confidenza e impegno. Sottolineiamo l'importanza di questa partenza giusta, che instaura tra i campisti, tra loro e i conduttori, un feeling di forte empatia.

    * Norme: è importante essere chiari su alcuni punti da evidenziare all'apertura del Campo. Con i nuovi si insiste di più, per i «vecchi» è un richiamo mai inutile:
    - l'orario e il rispetto del medesimo, pena lo spreco di un sacco di tempo;
    - le camere non sono luoghi di conversazione, di scherzi più o meno intelligenti, ma ambienti destinati solo al riposo, per cui... Si è al campo per lavorare e anche intensamente. Non possiamo permetterci il lusso di sciupare nulla del nostro tempo. Alla sera, spente le luci o suonata la «ritirata», tutti sono invitati a non fare chiasso e a dormire in modo da essere riposati per il giorno seguente;
    - servizio: preparare e spreparare la sala-pranzo, lavare i piatti, tenere in ordine i vari ambienti e il materiale del campo... sono compiti di tutti, anche se fatto a turno dai vari gruppi. Non sono graditi gli evasori!

    * Gita: a metà del Campo si fa un giorno di riposo, raggiungendo una simpatica meta posta nelle vicinanze (2-3 ore di cammino dalla casa). Va preparata bene perché anche la gita divenga un momento costruttivo del Campo, un'esperienza di contatto con la natura, un'occasione di svago intelligente, di incontro prolungato con gli altri.

    * Isola: è il momento lasciato al singolo per rivedere gli appunti della giornata, per riflettere su qualche tema che l'ha colpito, per pregate... I luoghi possono essere i cortili, la cappella, il luogo delle riunioni, non le camere. In questo tempo i conduttori sono disponibili per colloqui individuali.
    In questo periodo di tempo, che varia progressivamente da campo a campo (si parte da un venti minuti, mezz'ora fino ad arrivare all'ora e oltre), si richiede a tutti il silenzio, come forma di rispetto per gli altri. All'inizio è un po' dura per tutti: si deve insistere con serenità e fermezza, facendone rilevare i lati positivi. Le cose grandi e importanti nascono e maturano nel silenzio. Non si crederà, ma nelle revisioni finali una delle lagnanze più comuni è che il tempo per l'isola era insufficiente! Dunque non cediamo a facili e comodi conformismi.
    C'è un altro momento di «isola» che da un paio d'anni abbiamo introdotto ed è stato accolto favorevolmente: la sera che precede le confessioni i giovani sono invitati, dopo una buona notte, a salire in camera e a fare le pulizie in silenzio fino al giorno dopo a colazione. È un modo serio per prepararsi ad un incontro serio.

    * Dimensione religiosa: comprende l'incontro del mattino, la messa facoltativa prima di cena, le preghiere della sera con la «buona notte».
    Questa chiacchierata, che è di tradizione salesiana, è data a turno dai vari conduttori e serve a far conoscere alcuni aspetti della vita di colui che parla e a rilevare qualcosa del vissuto della giornata.
    In ogni campo è organizzato il momento penitenziale con successiva possibilità di accedere al sacramento della Riconciliazione. Si impiegano in genere tre ore vissute in silenzio da tutti. Per questa occasione vengono invitati i «don» dei vari centri da cui provengono i giovani: questo serve per una pre sa di contatto di cosa i giovani stanno facendo, per vivere un momento di famiglia «allargata», per riprendere un discorso spirituale iniziato con i propri «don».
    Soprattutto in questa circostanza si fanno numerose le chiacchierate dei giovani con i conduttori. Sono momenti ricchi e preziosi anche dal punto di vista vocazionale.

    * Dimensione affettiva: in ogni campo, c'è un intervento a differente livello sull'affettività, essendo questo uno dei capisaldi su cui troppi animatori perdono quota o si arenano.

    * Verifica: ultimo atto del campo è invitare i campisti a scrivere su un foglio le loro osservazioni circa quanto hanno vissuto per sei giorni. Vengono suggerite delle voci:
    - logistica: vitto, orario, organizzazione;
    - gli interventi erano comprensibili? li hai giudicati utili?
    - dimensione religiosa: eccessiva, scarsa, equilibrata?
    - cosa non ti è piaciuto?
    - clima del campo;
    - il tuo impegno personale;
    - varie: scrivi tutto quello che vuoi e che ritieni importante. GRAZIE. Questi fogli sono poi fatti oggetto di lettura e di riflessione da tutta l'équipe. Alcune modifiche realizzate nell'arco di questi anni sono merito di suggerimenti pervenuti dai giovani stessi.

    CAMPO 1: DECIDERSI PER L'ANIMAZIONE

    Al Campo di primo livello il numero delle persone non deve superare le 50 unità. È il primo campo che fanno insieme, vengono da 10-12 Centri diversi, non si conoscono. Molte delle energie non saranno concentrate sui temi ma sulla fatica dell'inserimento.
    I giovani hanno frequentato la seconda-terza superiore e non possono essere normalmente più di 5-6 per Centro. Sull'età e sul numero di persone per Centro siamo piuttosto fermi, così da non avere gruppi già formati troppo consistenti che poi si isolano, e gente così eterogenea che si trova a proprio agio solo l'ultimo giorno.
    I giovani non hanno normalmente esperienze di animazione: il Campo è il primo passo da cui escono con poche idee ma chiare e concrete che in genere ricorderanno negli anni successivi.
    Il Campo non è stato costruito a partire da qualche testo: alla base ci sono 10 anni di esperienze in 7 oratori diversi. In questi 10 anni era capitato di incontrare animatori con corsi di 300 ore alle spalle, con lezioni e lezioni sulla psicologia del ragazzo; ne avevamo visto spiegare i giochi come pesci lessi, tra gli sbadigli dei ragazzi, ne avevamo visto con tante parole e pochi ideali e soprattutto tanto lagnosi: «l'Oratorio non va», «il prete non va»; «quando c'era don allora sì che le cose andavano bene»... Tutte chiacchiere che non servono. Allora ci siamo detti: «Prima di qualunque teoria o chiacchiera mettiamo giù le fondamenta, quelle 4-5 idee con le quali tornano negli oratori, non stanno lì a fare i giudici, abbassano la cresta e si rimboccano le maniche».

    Lo stile

    - Sentirsi a proprio agio. Nel primo giorno e mezzo è tutto studiato per farli conoscere in un clima di vivacità. Si inizia con le danze, i giochi di conoscenza, poi la serata e tantissimo tempo passato nei gruppi. Dopo un giorno non ti accorgi più dei centri di provenienza, solo in camera le ragazze trovano l'amica del cuore per raccontare tutto quello che è successo in giornata.
    - Équipe di esperti. Al primo livello ci saranno poche «lezioni» di esperti e tanto tempo nei gruppi. Tutti i conduttori devono conoscere tutti gli argomenti.
    - Gruppi. I gruppi (già fatti secondo alcuni criteri) sono composti da 12-15 persone guidate da un conduttore che sa dove vuole arrivare. Fissi per tutto il campo per non trovarsi a conoscere 50 persone in un colpo.
    - Espressione corporea. I primi due campi offrono un laboratorio. Al Campo 1 si è scelta l'espressione corporea (3 incontri di 2 ore) perché la più adatta a facilitare la conoscenza tra loro. Inoltre serve per una migliore conoscenza di sé e per aver pronto un corso per i ragazzi degli oratori.
    - Quaderno ad anelli. Diciamo subito che siamo al Campo 1 e che bisogna dunque imparare uno stile. Non servono gli appunti scritti su mille fogli, stropicciati, dispersi poi nel disordine della camera. Ci vuole un quaderno, il «quaderno dell'animatore» da portarsi dietro nei corsi, alle conferenze. Non un quaderno qualunque, ma ad anelli così da poter inserire i fogli nei posti opportuni (es. nuovi giochi). Deve essere ordinato e scritto bene perché si rivede volentieri solo ciò che è ordinato. Con la scusa di mettere in ordine i fogli, col passare dei giorni, ritorneranno su ogni idea almeno 4-5 volte. È una scelta didattica per fissare anche mnemonicamente le cose. Non ci accontentiamo assolutamente di affascinarli e di vederli partire dal Campo pieni di entusiasmo: devono «sapere» bene quello che si è detto.

    I contenuti del programma

    Nella serata di arrivo non si dice praticamente nulla, tutta l'attenzione è per le persone, per quelle attività che creano subito il clima giusto.

    Primo giorno

    Solo la mattina del giorno dopo l'arrivo c'è l'introduzione al Campo in cui si dicono quattro cose:
    1. Quaderno.
    2. Il Campo 1 è il campo delle fondamenta. Raccontiamo loro alcune esperienze di animatori qualificati da corsi di 300 ore ma senza fondamenta.
    3. La vostra età è la stagione giusta per iniziare. Non ci si inventa animatori a 20 anni. Se non hai fatto qualcosa prima, a 20 c'è paura o si fanno le cose con rigidità.
    4. Non perdete tempo. Questi giorni sono per voi un'occasione unica. Non state al di fuori, lasciatevi coinvolgere. Tutto quello che farete è stato lungamente pensato: fidatevi. Se qualcosa non va criticherete, ma dopo; non lasciatevi bloccare dalle vostre paure.
    Fa seguito un brainstorming con questo titolo: «Animazione: da dove partire?».
    Ne esce un elenco delle cose che i ragazzi ritengono più importanti (entusiasmo, sacrificio, professionalità...). A questo punto, attraverso una votazione, si dà un ordine di importanza. La «nostra» risposta arriva così in un terreno molto attento e non sarà mai più dimenticata. La cosa più importante per noi è: «essere se stessi».
    Qui è la parte più difficile del campo, i giovani alla fine capiscono molto bene quello che si vuole dire, mentre i conduttori stessi, prima di fare il campo, pur credendo di capire, non riuscivano a cogliere la logica di questa affermazione.
    Soprattutto noi, preti e suore, siamo abituati a dire subito: «animazione è...; animazione non è...». È giusto arrivare a questo, non è giusto partire di qui. Il giovane animatore deve prima di tutto conoscersi, vedere quali sono le sue possibilità e i suoi limiti. È troppo importante che alla base di un servizio ci sia la accettazione di sé. C'è troppa gente che fa animazione e che non si accetta, che non si considera un capolavoro di Dio.
    Il brainstorming è seguito da un'ora di solitudine dove ognuno si analizza con l'aiuto di un test.
    Nel primo pomeriggio due ore di espressione corporea.
    Dopo la merenda, un'ora e mezzo di gruppo per confrontarsi sul test. Si conoscono solo da 24 ore e con nostra meraviglia tirano fuori se stessi con un'autenticità che raramente si raggiunge con gli amici dei gruppi di provenienza.
    Una serata esplosiva conclude la giornata. Le serate del campo 1 sono già preparate dai conduttori. I giovani sanno che non sono soltanto momenti di divertimento: quando finiranno il Campo avranno tra mano 5 serate pronte da ripetere nei Centri.

    Secondo giorno

    Tutta la mattina si lavora sul gabbiano Jonathan, partendo dalla diapositiva «Libertà di volare» (LDC).
    La domanda che ha guidato il giorno precedente era: «Animazione: da dove partire?». La risposta: sii te stesso.
    E sai qual è il segreto per essere abitualmente contenti di sé? La preghiera di ringraziamento. Tutto il campo avrà questo stile di preghiera, sarà una settimana di allenamento al ringraziamento. Si parte dal ringraziamento per le cose piacevoli e si arriva a ringraziare per le cose dure, lì dove la vita ci tira fuori dalla culla, ci prende per il colletto e ci costringe a scegliere tra lo scoraggiamento e la forza d'animo (situazioni familiari, difficoltà nel gruppo...).
    La domanda che guida la seconda giornata è: «Animazione: verso dove andare».
    Il gabbiano Jonathan ci porta a concludere che non si può vivere per mangiare e mangiare per vivere.
    Alle 17, dopo espressione corporea e merenda, viene presentato il «verso dove andare», cinque idee commentate con episodi direttamente vissuti negli oratori.
    1. Puntare in alto. Avere ideali. Tendere alla perfezione come Jonathan. Entusiasmo. No a certe facce normalmente tristi.
    2. Piedi per terra. Essere concreti. Adattarsi alla situazione. Lavorare con il nuovo prete anche se ero attaccatissimo a quello di prima. Prima di buttare critiche chiedersi: «Cosa posso fare io?». Non avere fretta che le cose cambino come voglio io.
    3. No al complesso della prima donna. Apprezzare le cose che fanno gli altri.
    4. Gusto della solitudine. Spesso la frenesia nasconde l'incapacità di stare con se stessi. Si rischia di diventare ciò che gli altri vogliono da noi, individui senza personalità.
    5. Prepararsi alle fatiche. Ai fallimenti, alle critiche. Non illudersi che facendo il bene si avranno solo applausi. Siamo o non siamo seguaci di Gesù? E allora perché ci scandalizziamo quando anche noi siamo ingiustamente criticati?
    Le cinque idee di fondo non possono essere dette «con retto tono», si deve senire la vita che grida dentro. Mentre racconti i fatti, gli sguardi devono essere fissi, gli occhi spalancati e le teste come vanno su e giù dicendo: «è vero, capita così anche da noi». È come recitare con passione un pezzo drammatico.
    Anche i conduttori (giovani sui 20-25 anni) si inseriscono portando le loro esperienze.

    Terzo giorno

    Mattino: affettività.
    Come gestirsi quando gira la testa?
    Con quali convinzioni dividere il tempo e la testa tra anima gemella e animazione. Abbiamo provato formule diverse, per adesso la migliore si è rivelata quella di individuare una coppia sui 20 anni. Loro danno una testimonianza, nei gruppi ci si confronta e si finisce con un'intervista in cui si devono focalizzare 4-5 punti da ricordare.
    Nelle giornate di richiamo del campo, a fine estate, ci saranno giochi e discussioni per riprendere i punti focali di ogni argomento. Non ci basta che dicano: «è una bella coppia». Devono portarsi a casa qualcosa di più di una bella impressione.
    Nel pomeriggio l'ultima sessione di espressione corporea e alle 17 la prima verifica per Centri.
    Finora i gruppi mescolavano i Centri e rendevano l'incontro ricco di novità. Nella verifica per Centri si confrontano le idee udite fin qui con la realtà del Centro. Che cosa è più urgente? Che cosa possiamo fare noi?
    Tale verifica ha un duplice scopo. Ci aiuta a essere concreti. La concretezza è una delle note dominanti del Campo 1: non diciamo quasi nulla che non sia immediatamente riscontrabile nella loro vita. C'è però un secondo scopo. Quando i Centri riferiscono in assemblea i loro risultati, noi ci accorgiamo se le idee sono davvero passate. Hanno capito che cosa significa essere costruttivi e non pettegoli, pieni di lagnanze? La discussione molto partecipata in assemblea risulta incoraggiante per i giovani. Si accorgono che ci sono problemi più grossi dei loro, che altrove ci sono anche soluzioni, e che non si è soli a condividere la causa del servizio.

    Quarto giorno

    La mattina è per le confessioni.
    «6 idee + 1 premessa» è il titolo di quel foglio che rimarrà nel quaderno.
    È il secondo contributo di idee specificatamente religioso. Preghiera di ringraziamento e confessione, due argomenti in cui non ripartiranno da zero.
    I sacerdoti dei centri sono invitati a raggiungerci e a essere disponibili per le confessioni.
    Nel pomeriggio la gita con cena fuori.

    Quinto giorno

    Mattina: sistema preventivo.
    Dopo due giorni questi giovani saranno in quella fantastica bolgia che è l'estate-ragazzi, per cui abbiamo lasciato i discorsi sull'amorevolezza ad altri campi. Qui si insegna invece come stare in cortile. Sono 12 regole pratiche per tre momenti (prima, durante e dopo il gioco). L'intervento viene fatto da un salesiano «da cortile», in genere un chierico che nelle varie estate-ragazzi ha già dovuto «godersi» le ingenuità e le trascuratezze dei giovani animatori.
    Alla relazione, solitamente vivace e piena di simpatia, fa seguito una verifica per Centri sulle 12 regole. È terreno caldo, perché i giovani del Campo 1 fino all'anno prima hanno dovuto subire tutte le incompetenze dei loro animatori estivi.
    Al pomeriggio, al posto dell'espressione corporea i gruppi preparano le scenette per la serata finale.
    Il Campo offre certamente spunti per parodiare questa o quella persona.
    Conviene prepararsi in questo momento, perché dopo la cena la fantasia e la voglia saranno stemperate in quella nostalgia tipica dell'ultimo giorno al Campo 1.
    Nei campi successivi saranno molto meno sdolcinati. Qui non pare vero di dovere lasciare gente che una settimana prima non conoscevi e con cui in pochissimo tempo ti sei trovato a condividere moltissimo. Dopo la merenda ancora una verifica per Centri, su due o tre aspetti più importanti rimasti in sospeso. Alle 18, come tutte le sere, l'isola.

    Sesto giorno

    La messa conclude una mattina che non presenta nuovi temi, ma che è essenziale per tirare le somme e per agganciarli al Campo 2.
    Il responsabile del Campo presenta le conclusioni in simmetria con l'introduzione.
    1. Vedi introduzione. Come è andata?
    2. Contenuti del Campo 1. Ripercorrendo i fogli si fa l'ennesimo e ultimo ripasso:
    - animazione: da dove partire? verso dove andare?
    - affettività;
    - sistema preventivo;
    - dimensione religiosa: preghiera di ringraziamento e confessione;
    - laboratorio di espressione corporea.
    I ragazzi devono avere in mano tutto quello che si è fatto (giochi, espressione corporea...) Non abbiamo solo fatto vedere delle cose, abbiamo provato con loro dei materiali.
    3. Contenuti del Campo 2.
    Al Campo 1 sono arrivati senza sapere che cosa li avrebbe attesi, di quali temi si sarebbe parlato: non era infatti così importante, perché molto del Campo 1 si gioca sull'evoluzione dall'anonimato alla condivisione forte di una causa: l'educazione dei ragazzi più piccoli.
    E come sarebbe possibile presentare prima questa evoluzione?
    Al Campo 2 invece verranno solo giovani che hanno almeno un anno di esperienza di animazione. Per loro sarà importante sapere bene di quali argomenti si tratta. Inoltre si ha l'impressione di trovarsi in un programma serio, tutt'altro che improvvisato se già al termine del primo livello si possono elencare i tempi del secondo livello.
    4. È finito?
    No, comincia!
    Negli ultimi due giorni si afferma con prepotenza una parola d'ordine: «Non voglio il Campo 1, voglio la vita quotidiana».
    Dai campi estivi si torna spesso caricati, euforici, con gli occhi pieni di commozione. Se fai poi un giro nei Centri, dopo un mese dall'inizio della scuola, trovi solitamente un gran piattume mescolato con le nostalgie del Campo: «Al Campo sì che era bello!». A che serve un Campo che alimenta solo delle illusioni?
    Che fare allora?
    Spesso chi è consapevole di questo miraggio si scaglia contro i sentimentalismi e infiora la settimana di discorsetti tagliagambe: «Non illudetevi... la vita è dura». Noi preferiamo trasformare l'illusione in sogno. Il campo è OK, i rapporti sono OK, ma solo nella vita quotidiana ho la possibilità di giocare i sogni che sono nati in questa settimana. Evviva la vita quotidiana! Evviva la fatica che rende vere le parole.

    CAMPO 2: ATTREZZARSI PER L'ANIMAZIONE

    È il campo generalmente più esplosivo. C'è una vitalità incredibile in tutti i momenti della giornata. L'anno prima erano sconosciuti, ora invece sanno di avere una settimana per stare insieme a facce note, hanno tante cose da raccontarsi. La prima cena è un fuoco di artificio. I campi successivi saranno più calmi, più vissuti sul profondo.
    È anche il più numeroso. Il campo di primo livello si era sdoppiato in due per non superare i 50, qui invece si fondono e arrivano ad 80. Alcuni si sono persi o per fragilità personale o per mancanza di spazi operativi.
    Si aspettano molto dal campo perché già conoscono gli argomenti e perché hanno già provato a mettere le mani in pasta, accorgendosi dei propri limiti.
    Nell'introduzione al campo vengono suggerite tre indicazioni concrete per vivere bene la settimana e che ne determineranno lo stile.

    Lo stile

    - Caduta delle barriere.
    Uscite dai gusci! Tirate fuori quello che davvero pensate, senza fermarvi al «che bello», «che brutto» con cui tornate a casa come siete arrivati. La verifica per centri serve a questo.
    - Grossa voglia di imparare.
    Al Campo 2 è più forte che al Campo I il rischio di sentirsi «vecchio». Qualcuno si illude di sapere già abbastanza. Sono quelli che non prendono appunti o li buttano giù disordinatamente.
    - Andare al personale.
    Avete molte persone a vostra disposizione per parlare di voi stessi e chiedere un confronto. Sono i conduttori, sono gli altri amici del campo. Ci sono persone molto «forti». Non aspettate l'ultimo giorno per andare in profondità, non state in supericie. E non fate i «campeggiatori» che vanno a caccia di belle figliole, come certa gente che arri va dai campi e sa raccontare solo cose superficiali.

    I contenuti del programma

    Probabilmente il Campo di secondo livello è il più articolato come contenuti.
    Al primo livello molto si centrava su se stessi (test, come stare in cortile, come confessarsi...) e le idee da portare a casa non erano poi moltissime. Al terzo livello il tema «gruppo» unifica la molteplicità degli interventi. Al secondo livello si toccano invece aree diverse che abbiamo ritenuto opportuno toccare in questo momento.

    1. La psicologia del ragazzo.
    Si descrive la situazione delle elementari, delle medie e del biennio superiore.
    Non riteniamo utile fermarsi troppo sui primi anni di vita, perché stuzzicano la curiosità ma non servono a questi giovani dei campi. Chi fa questo intervento si preoccupa di evocare le esperienze. La cosa più importante non è descrivere bene le teorie di Freud o Piaget, ma insegnare come si educa. Oltre il quadro teorico ci saranno dunque molti esempi, alcuni proposti dal relatore, altri dai giovani medesimi con esercizio attivo e discussione finale.
    Le ore a disposizione nella settimana devono essere almeno 6.

    2. Relazioni umane.
    Si tratta di un training sull'empatia ( = capacità di mettersi nei panni degli altri).
    Molti problemi di rapporto con i ragazzi e di rapporto tra animatori o con il prete/suora hanno qui la loro radice, nell'incapacità di svestirsi dei propri punti di vista. L'esercizio sull'empatia abitua inoltre a cogliere la dimensione emotiva delle persone. Quante volte nelle discussioni si fronteggiano «giusto»/«sbagliato» trascurando gli stati d'animo degli interlocutori!
    L'empatia costituisce per i giovani del Campo I la scoperta di un nuovo mondo. Sono pochi oggi i giovani abituati di per sé a percepire l'importanza dell'empatia. (Come materiale, si può utilizzare l'articolo in NPG 1988/8: «La comunicazione soggettiva».)
    Bisogna dedicare a questo esercizio una mattina iniziale (3 ore), più una ripresa alla fine della settimana.

    3. Animazione.
    L'anno precedente il discorso «animazione» si era fermato ad una analisi personale. Al test erano seguite cinque idee, cinque pilastri da tener sempre presenti. Ora invece si allargano le prospettive sul piano culturale. In questi anni si parla di animazione in libri e riviste: per capirci qualcosa ci vogliono alcune chiavi di lettura. Si spiega la dimensione personale, sociale e trascendente dell'animazione (cf i quaderni dell'animatore).
    A questo argomento sono dedicati due interventi di almeno 1 ora.

    4. Sistema preventivo.
    Al primo livello le regolette pratiche. Al secondo il cuore. Chi me lo fa fare di sacrificarmi per i ragazzi, di arrivare puntuale e preparato? Alla base ci sta quello che D. Bosco ha scritto nella lettera da Roma dell'84. Una mattinata è dedicata a questa lettera.

    5. Dimensione religiosa.
    Al Campo di primo livello l'attenzione si era concentrata sulla confessione mentre per tutta la settimana ci si esercitava nella preghiera di ringraziamento.
    Al secondo livello l'argomento religioso è toccato specificamente da due interventi:
    - eucaristia;
    - itinerario spirituale per crescere nella preghiera.

    * Laboratorio di canto corale.
    È la passione per il canto corale, eseguito anche a più voci. Sono canoni di Taizè o canti dei Gen. Il gusto per il canto curato rimane anche per i campi successivi e diventa una sensibilità da portare nei Centri.

    PROGRAMMA DEL CAMPO 2

    La sera di arrivo è già lavoro per due ore, prima di cena.

    Alle 17 introduzione al campo, poi a gruppi si rievocano i contenuti dell'anno precedente che riteniamo prerequisiti per il secondo livello. Si introducono i nuovi temi. Questo è anche il momento per sottoporre a un supplizio i nuovi, quelli che non hanno fatto il primo livello.

    In due ore si presentano sinteticamente i contenuti del primo livello sottolineando ciò che non possono trascurare prima di accedere al secondo.

    Primo giorno

    - mattino: relazioni umane (empatia)

    - pomeriggio:

    14.30 canto corale

    15.30 psicologia evolutiva

    16.30 merenda

    17.00 psicologia evolutiva

    18.30 isola

    Secondo giorno

    - mattino: sistema preventivo

    - pomeriggio:

    14.30 canto corale

    15.30 verifica per centri (sugli aspetti già analizzati)

    16.30 merenda

    17.00 animazione

    18.00 isola

    Terzo giorno

    - mattino: eucaristia (alcune idee)

    celebrazione penitenziale

    - pomeriggio:

    14.30 psicologia evolutiva

    16.30 merenda

    17.00 animazione

    18.00 isola

    Quarto giorno

    gita

    Quinto giorno

    - mattino: psicologia evolutiva

    empatia (altri esercizi)

    - pomeriggio:

    14.30 verifica per Centri

    16.30 merenda

    17.00 dimensione religiosa: il cammino della preghiera

    18.00 isola

    Sesto giorno

    La messa conclude la mattinata.

    Prima si fanno le valutazioni. I giovani espongono le valutazioni personali su un foglio, i conduttori tirano le loro somme servendosi di una lavagna luminosa.

    Dopo pranzo si riparte.

    Il clima è allegro, non ci sono più i pianti dell'anno prima.

    Tutto il campo è stato molto legato alle realtà dei Centri, non è stato un'evasione. Si ha voglia di tornare in città perché intanto l'estate-ragazzi è iniziata e gli animatori si sentono attesi.

    CAMPO 3: IL CICLO VITALE DEL GRUPPO

    Se i primi due Campi avevano come obiettivo quello di offrire motivazioni di supporto a un servizio di animazione, iniziare una lettura seria della propria persona e dare alcune indicazioni sulla relazione con gli altri e sulla riscoperta della propria fede, il secondo ciclo di Campi intende offrire ai partecipanti competenze specifiche in determinati settori che riteniamo fondamentali.
    Il giovane inizia il Campo 3 con almeno 18-19 anni, ha alle spalle alcune esperienze di animazione con i ragazzi del proprio Centro, ama stare con gli altri in uno scambio di opinioni critico e aperto, sta cercando la propria collocazione nella vita (scuola, lavoro, affettività, fede, famiglia...).
    L'argomento del campo (il ciclo vitale del gruppo) è sentito e vissuto dai partecipanti con un forte senso di coinvolgimento personale. Da una parte vengono analizzate fasi di sviluppo che hanno toccato con mano nel loro stare con i ragazzi (servono quindi come approfondimento, verifica di un certo comportamento...), d'altra parte alcune di queste fasi le stanno vivendo loro stessi nei propri gruppi di appartenenza (quindi sono interessati a coglierne i problemi, a prospettare soluzioni, a confrontarsi come i gruppi di altri centri si muovono e vivono...). Tutto questo per dire che il tema ci pare adatto a questo punto di sviluppo e di maturazione dell'animatore.

    Lo stile

    C'è notevole differenza tra il primo e il secondo livello nello stile e nell'atmosfera creata al campo. Dal Campo 3 in poi si è molto più esigenti nell'impegno personale e nella serietà richiesta per affrontare le cose. Tutto questo è illustrato al momento dell'accoglienza collettiva in un clima sereno e festoso. La serietà del modo di lavorare non ha nulla a che fare con la musoneria e la tristezza, anzi è preludio alla gioia di fronte ai risultati che si raggiungono di volta in volta.
    Ai campisti viene lasciato molto più tempo che devono imparare a gestire bene: lavori di gruppo, tempo di silenzio e di riflessione personale, tempo libero per chiacchierare, cantare, preparare cartelloni, serate...
    Il tutto quindi si svolge con un profondo senso di calma, anche se l'attività è intensa e non si perde tempo: ci sono cioè tempi lunghi per affrontare i vari temi del campo, e inoltre il gruppo è il grande tema generatore che favorisce l'unitarietà dei singoli interventi.

    I contenuti del programma

    Il testo base è il libro «Il ciclo vitale del gruppo» (di M. Comoglio, LDC) di cui si affrontano le prime quattro fasi:
    - dalla dispersione all'appartenenza;
    - dall'appartenenza alla coesione;
    - dalla coesione al progetto.
    La mattinata (9,30-12,30) è impiegata a trattare una singola fase con questa scaletta:
    - un'ora parla l'esperto evidenziando i punti salienti e arricchendo la sua esposizione con esempi, cartelloni, lucidi già predisposti;
    - vengono distribuiti dei fogli in cui c'è lo schema di quanto hanno sentito con un ceck-up conclusivo che serve da verifica della comprensione della fase in questione, di alcuni termini ecc.;
    - lavoro a gruppi in cui si confrontano pareri, si risponde ad alcune domande che il conduttore ha dato, domande che mirano a calare la fase del gruppo nel concreto dei Centri, della loro esperienza e delle loro difficoltà....
    Le quattro mattine centrali del campo sono spese a illustrare la nascita, lo sviluppo, la maturazione del gruppo. Si ha cura di riprendere i concetti chiave all'inizio di ogni lezione, sempre per quel principio di metodo (spesso disatteso!) che è la ridondanza o la ricorsività.
    La quinta mattinata è spesa a riflettere sul ruolo che il gruppo ha avuto nella pedagogia di D. Bosco.
    Si rilegge il sistema preventivo dal punto di osservazione che è il gruppo.
    Da questo incontro (uno dei più ricchi) nasce la scoperta che il gruppo, nel cuore di D. Bosco, era luogo privilegiato di educazione e decisiva, anche se iniziale, esperienza di Chiesa.
    Al pomeriggio si svolgono temi più leggeri e più sul versante operativo:
    - come animare un piccolo gruppo o un grande gruppo;
    - nozioni di dinamica di gruppo;
    - come guidare una riunione, una discussione;
    - alcune tecniche utili nella vita di gruppo.
    Qui la vetrina libraria offre spunti e idee che poi vengono messe in comune. Il tema dell'affettività, trattato da un animatore/trice adulto, viene riletto non solo in chiave personale, ma in funzione del gruppo.
    Alle domande risponde tutta l'équipe.
    Un altro momento piacevole del Campo, anche se di solito un po' burrascoso, è quello dei «casi difficili». Vengono cioè proposti ai campisti 5 casi concreti, quotidiani, cui sono invitati a rispondere in base alla loro esperienza. I casi sono:
    - il ragazzo che disturba;
    - collocazione dello sport nel quadro educativo complessivo;
    - come affrontare i ragazzi caratteriali, violenti, con grossi problemi alle spalle.
    Questo ha il vantaggio di ribadire alcune idee di fondo, di sentire le soluzioni degli altri, di confrontarsi, di stare con i piedi per terra e di intuire la difficoltà e la complessità del fatto educativo.
    Dimensione religiosa: il gruppo è il grande tema, si è detto. Anche il momento (mezz'ora) religioso del mattino è incentrato su questa interrogazione: «Come Gesù ha fatto gruppo con i discepoli?».
    Si legge Mc 3,11... e si scoprono tre finalità:
    - perché stessero con Lui (Gesù ha grande il senso dell'amicizia);
    - per mandarli a predicare (essere e sentirsi dei mandati);
    - perché vincessero il male (collaboratori nel bene, nel costruire semi di vita).
    A fianco di questo tema, il Campo 3 per la dimensione religiosa vuole offrire ai giovani alcuni punti fermi sulla Parola di Dio, sul modo di leggerla, sull'importanza che essa ha nella vita di un cristiano...
    Dal Campo 3 si parte con l'impegno di voler iniziare a «sgranocchiare» l'e- vangelo con costanza e serietà. Non si è cristiani se si ignora la Parola di Dio!
    Su questo punto verte la preparazione alla celebrazione penitenziale, collocata nel pomeriggio precedente la gita, che diventa così l'esperienza collettiva della festa e della gioia nella riconciliazione.
    Nella messa quotidiana della sera si insegna concretamente a far sì che la Parola di Dio parli alla vita; nel momento dell'isola si offrono brani semplici su cui fare esercizio delle cose ascoltate.
    Serate: anche qui una novità. Non tutti i giorni si organizza una serata con scenette, canti, giochi... In genere se ne fa una la prima sera per sgelare l'ambiente e sicuramente una conclusiva, che serve da «memoria comica» del campo. Per il resto si lascia alla libera iniziativa dei campisti e dei conduttori. Se c'è un paesino vicino, è l'occasione per un buon gelato in compagnia. Un anno è stata proposta una veglia di preghiera con canti stile Taizé.
    Ad un'ora concordata c'è la preghiera della sera con l'attesa «buona notte».

    CAMPO 4: LA SPIRITUALITÀ GIOVANILE

    Se è vero che ogni singolo Campo è importante nel quadro del progetto globale, è altrettanto vero che il Campo 4 è quello più ricco e che porta i giovani a una rifondazione delle motivazioni per cui prestano un servizio di animazione.
    Dunque profondità di motivi e intuizione di uno stile, quello che si rifà alla figura di D. Bosco.
    A scanso di equivoci diciamo solo che non è un campo «spiritualità» o vissuto sulle nuvole; richiama ad ogni istante la vita, la analizza, la critica, la «sogna» nuova e affascinante.
    Qui i tempi di riflessione e i momenti lasciati ai singoli (19-22 anni) sono ampi e mai sufficienti; la gestione del campo è completamente nelle mani dei partecipanti (serate, servizi, liturgia...).

    I contenuti

    Vengono affrontati cinque temi della spiritualità giovanile, uno per giorno:
    - il quotidiano, luogo di incontro con Dio;
    - i sacramenti e la preghiera nella spiritualità giovanile;
    - festa e servizio;
    - Maria;
    - la vita come vocazione.
    Ognuno di questi temi viene svolto in tre tempi:
    - idee teologiche che fondano il tema su basi serie e profonde;
    - come D. Bosco ha vissuto questo aspetto della spiritualità e quale eredità
    di insegnamento ci ha trasmesso;
    - la tua vita oggi, nel tuo Centro: quali suggerimenti percepisci per te, quali aspetti sono presenti, quali assenti, quali difficoltà incontri...
    Questa esposizione a «trittico» ha il vantaggio di richiamare continuamente il primo aspetto con il secondo, poi i primi due con il terzo: c'è un'unitarietà che facilita la comprensione e l'apprendimento delle idee di fondo.
    Il materiale offerto è molteplice:
    - ciclostilati per ogni argomento, da inserirsi nel famoso quaderno;
    - appunti personali;
    - fascicoletti prodotti da qualche Centro su questo argomento;
    - il testo R. Tonelli «Spiritualità per la vita quotidiana» (LDC).
    Su queste tematiche sono improntati gli incontri di preghiera del mattino e della sera, i canti, la scelta dei salmi.
    Questi ultimi sono la scoperta del Campo 4: si inizia a spiegare loro qualcosa e ad insegnare come si pregano, come farli diventare alimento lungo il corso della giornata. «Lampada ai miei passi è la tua Parola», e anche i salmi sono sua Parola.
    Non è qui possibile passare ad una trattazione specifica sulla spiritualità giovanile sia perché qua e là già esiste, sia perché ognuno deve fare la fatica di riscriversela a seconda dei destinatari che ha di fronte. Vogliamo solo sottolineare lo stupore e il senso di profonda libertà che prende e affascina i giovani quando vengono a contatto e scoprono la ricchezza che ha il nostro modo di fare esperienza di Dio ( = spiritualità).

    CAMPO 5: IL CRISTIANO NELLA CHIESA

    Arriviamo così all'ultima tappa del nostro iter formativo, che ha come tematica «il cristiano nella Chiesa». Per motivi di tempo, questo campo dura solo cinque giorni (uno in meno) e si svolge a cavallo tra luglio e agosto. Ha un carattere decisamente formativo e di orientamento «vocazionale».
    L'andamento della giornata assume una fisionomia a due tempi: relazione e tempo di riflessione. Diminuire il tempo per il lavoro a gruppi a favore della «ruminatio» individuale. Per chiacchierare e scambiare opinioni ci sono i tempi dei pasti, del dopocena, della gita.

    I contenuti del programma

    Il tema «il cristiano nella Chiesa» è incentrato essenzialmente su due documenti conciliari, offerti a tutti i campisti: la «Lumen gentium», che illustra la natura e la missione della Chiesa e «Apostolicam actuositatem» che tratta dell'apostolato dei laici. A questo si aggiunge la presentazione della figura del Cooperatore salesiano, come proposta vocazionale all'interno di una spiritualità e di una scelta per i giovani. Infine una o più coppie di giovani sposi parlano ai campisti della loro esperienza di fidanzamento e di matrimonio cristiano: impostazione, difficoltà, valori di fondo, stile di vita, rapporto con la parrocchia e il Centro giovanile.
    Al Campo 4, all'interno del tema «la vita come vocazione», si parla esplicitamente e con molta franchezza della vita consacrata e della vita del sacerdozio. La dimensione vocazionale è sempre molto presente in tutti i campi e non abbiamo paura, nelle celebrazioni e nei colloqui personali, nelle «buone notti», a fare la proposta che D. Bosco faceva a tanti suoi ragazzi. Ci vorrà ancora del tempo, ma siamo convinti che i frutti non mancheranno. In questo campo il tutto viene ripreso come confronto e come una delle vie per operare nella Chiesa.
    Una novità del Campo 5 è che la gita contempla uno spazio di tempo (da quando si arriva alla méta fin verso le ore 15) da viversi da soli, una specie di eremitaggio ad alta quota su una pista di riflessione, presentata in precedenza.
    Il campo si chiude con qualche «promessa», cioè con qualche giovane che promette di vivere da Cooperatore salesiano, entrando in tal modo a far parte della Famiglia Salesiana; altri proseguono il cammino di preparazione fino all'Immacolata o alla festa di D. Bosco.

    CONCLUSIONI

    1. È difficile mettere per iscritto e incapsulare in poche pagine un'esperienza che dura più di un mese e coinvolge mesi di preparazione e oltre 350 giovani tra campisti e conduttori. Siamo convinti di aver imboccato una strada buona per i seguenti motivi:
    - l'esperienza è valida in se stessa;
    - favorisce la conoscenza e lo scambio tra i Centri;
    - fa circolare idee nuove e comuni;
    - offre modelli di identificazione utilizzabili anche durante l'anno;
    - favorisce il sorgere di amicizie costruttive e arricchenti;
    - alimenta in tutti la volontà di maggior serietà nella loro preparazione all'animazione da un punto di vista umano, cristiano e tecnico.

    2. L'esperienza dei campi continua nei Centri attraverso il lavoro quotidiano, le visite ufficiali o improvvisate dei conduttori, i piccoli o grandi meeting che spontaneamente si organizzano...
    Ci sono però anche momenti e iniziative stabilite in accordo con i responsabili dei centri.
    Un maxincontro di tutti i campisti all'inizio dell'anno scolastico serve per il lancio della proposta formativa dell'anno.
    Per quelli di Torino, la scuola di preghiera, ogni primo giovedì del mese, offre la possibilità della confessione regolare, aiuta ad approfondire la proposta che gli animatori porteranno nei Centri.
    C'è pure un giornalino di collegamento «Pronto» che ogni due mesi riporta inziative, notizie, suggerimenti a tutti i Centri.
    Nella festa dei giovani i campisti diventano gli organizzatori e gli animatori di questa esperienza di festa, aperta a tutta la città.

    3. Quello che abbiamo scritto è solo un'esperienza, fatta in un contesto determinato, e quindi non ripetibile tale e quale in altri contesti.
    La nostra stessa esperienza e proposta non è immutabile, ma varierà nel tempo sotto la spinta delle circostanze o per suggerimento dei giovani stessi.
    Ma noi non volevamo fare una proposta da ricopiare altrove; volevamo solo presentare un'esperienza che ha dato dei frutti, perché ha scommesso sui giovani (nella loro domanda), negli animatori, nell'animazione, nella spiritualità.
    E non varrebbe allora la pena che queste scommesse divengano «realtà organizzativa e propositiva» anche in altri contesti?


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