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    Spunti per un itinerario: «Da giovani in un nuovo tempo»



    (NPG 1990-07-36)


    Gli spunti per l'itinerario non analizzano in particolare nessuno dei nuovi valori su cui si è focalizzato il convegno. Sono piuttosto una griglia dentro cui declinarli tutti.
    Si potrebbe allora utilizzare la stessa griglia per approfondire ogni valore, o si potrebbero raggruppare i valori secondo modalità diverse (solidarietà- pace; pace-mondialità; mondialità-giustizia-pace...).
    La scelta spetta alla comunità educativa o al gruppo locale, che conosce i giovani con cui lavora, e sa quali sono i temi più urgenti.
    È importante però che, qualunque siano le tematiche affrontate, si assicurino i seguenti passaggi:
    - dallo sguardo alla realtà mondiale e... quotidiana
    - alla presa di coscienza che i problemi esistono
    - alla responsabilità di fronte alle situazioni per elaborare una nuova cultura
    - alla progettualità, che si impegna a tradurre in gesti concreti le convinzioni.
    Il linguaggio utilizzato nell'itinerario è simbolico, ma ogni educatore deve andare oltre le parole, per tradurre le varie tappe in «occasioni» concrete di approfondimento, con il taglio, sempre presente, della spiritualità giovanile.
    Offrire una lettura delle singole tappe non esaurisce la ricchezza delle suggestioni che ogni educatore può elaborare.
    È solo una chiave di lettura, per andare oltre le parole e le immagini.
    È importante pertanto leggere attentamente la proposta fatta, per riuscire a tradurla con un linguaggio adatto alle diverse età dei giovani.

    INDICAZIONI PER L'ANIMATORE

    Riprendiamo in sintesi le singole tappe dell'itinerario proposto con alcune osservazioni per coloro che accompagneranno o guideranno il cammino dei gruppi.

    1. Zoomate

    È l'impegno, da far a volte maturare dentro la vita di gruppo, di non chiudersi nel proprio star bene, ma di «uscire» e prendere parte agli avvenimenti, ai problemi che toccano il mondo... lontano e vicino.
    La zoomata è il tentativo di mettere a fuoco almeno uno dei temi: ci sono sempre problemi, che si possono rilevare sul territorio e notizie, che si possono raccogliere con uno sguardo attento alla realtà.
    È un primo passo per non lasciare i giovani chiusi nella loro soggettività, pronti ad essere «sensibili», aperti a quello che succede intorno a loro.

    2. Passaggio in moviola

    Nel convegno si è parlato, più volte, di «vita al rallentatore»: è una condizione per prendere coscienza che né la sfera del personale, né la vita di gruppo esauriscono l'esistenza e il mondo.
    Riuscire a fare spazio dentro di sé per percepire che ci sono motivi che rendono «altri» poveri perché noi siamo ricchi, contenti, soddisfatti di quello che possediamo, è un secondo passo verso la responsabilità.
    Ma è solo capovolgendo la prospettiva che si può elaborare una nuova cultura.
    In questa tappa c'è un tentativo per passare:
    - dall'urgenza del problema
    - all'analisi delle soluzioni tradizionali
    - alla proposta di «misurare» i nostri bisogni, prendendo come punto di partenza i bisogni dell'altro.
    È forse così che può nascere un cambio di logica, che sfida la vita del credente.
    Ed è dentro lo sforzo di penetrare che cosa significa «interiorità», comprendendo a fondo la parabola del deserto, che si riesce a percepire che «altro» è la mediazione essenziale perché si avveri il nostro incontro con il Dio della vita.

    3. Grandangolo

    La frase biblica è già una spia per «avere un cuore grande».
    La proposta procede:
    - dal confronto con tutti quelli che già hanno intrapreso la lettura del mondo «dalla parte» di chi ha dentro una grande domanda di vita
    - al tentativo di «smuovere» la responsabilità personale e di gruppo.
    È il momento delle decisioni: abbandonare la vita di routine, inventare gesti, lasciare le certezze e... rischiare nuovi percorsi, a partire dalle urgenze di chi chiede di sedere a mensa con noi.

    4. Ciak! si gira un «nuovo tempo»

    La tappa della progettualità: non ci può essere analisi, presa di coscienza, responsabilità, che non arrivino a «progetti» concreti, che aiutano a tradurre i sogni in realtà.
    È il tempo delle decisioni concrete, fatte in «compagnia di tutti», ma con l'apporto di alcune caratteristiche tipiche della spiritualità giovanile.
    È il tempo in cui sia i singoli che i gruppi sono chiamati a riscrivere l'impegno soprattutto nell'ambito educativo e nelle scelte socio-politiche.
    È il momento in cui bisogna ritrovare, in profondità, le motivazioni, che fanno fare una scelta di campo, che fanno ritrovare il «senso» delle cose di tutti i giorni.
    Come è già stato detto, ognuna di queste tappe non può essere isolata dalle altre: è un cammino unico, articolato, da declinare attorno ad ogni valore o gruppo di valori.
    La spiritualità giovanile riuscirà a dire qualche cosa di significativo per questo «nuovo tempo» solo se c'è in tutti lo sforzo di chiarire «quale solidarietà, quale pace, quale giustizia...» noi vogliamo vivere.
    I giovani più impegnati, quelli che sono alla ricerca «della casa del senso», possono fare proposte da condividere.
    Ma sono le comunità educative che possono esplicitare il filo conduttore che unisce il cammino di questi anni: un cammino che, in maniera sempre più chiara, coinvolge i giovani e li aiuta a maturare scelte di vita.
    La proposta di questo cammino si colloca dentro l'itinerario di educazione alla fede.
    Esplicita alcuni temi generatori attorno a cui pensare l'educazione di tutti i giovani, nel rispetto della loro libertà, al punto in cui si trovano nella ricerca della fede.
    È alla sensibilità educativa delle comunità che viene affidato il compito della mediazione, della testimonianza, della proposta che può essere vissuta a livelli diversi.

    L'ITINERARIO: DA GIOVANI... IN UN «NUOVO TEMPO»

    Zoomate: fatti, segni, segnali intorno ai nuovi valori

    «Fra poco farò qualcosa di nuovo. Anzi, ho già cominciato!...»

    A fuoco: dalla chiusura e dall'indifferenza, all'apertura e all'ascolto dell'uomo, del mondo, della storia.

    Il mondo... dallo schermo
    Gli avvenimenti universali in... bianco e nero richiamano l'attenzione:
    - i sintomi del disagio, delle situazioni problematiche...
    - i segnali di novità, i tentativi di cambiamento...

    Il mondo... dalla finestra di casa
    I fatti dell'esperienza quotidiana toccano da vicino:
    - quello che capita intorno (in classe, nel gruppo, nel quartiere/paese) riflette il disagio più grande e la ricerca continua di soluzioni «nuove».

    Passaggio in moviola: la vita guardata al rallentatore perché affiori la coscienza

    «Entra nel tuo cuore...» (Mt 6, 6)
    «Che ne è di tuo fratello? (Gen 4,4)»

    A fuoco: dallo sguardo sulla realtà alla presa di coscienza, in profondità, delle sfide culturali emergenti:
    * l'altro e il suo bisogno: il punto di partenza per una nuova cultura:
    - nella domanda di vita dell'altro il riconoscimento del povero che io sono;
    - nella sua voglia di libertà e di giustizia il desiderio di un mondo «oltre», più solidale, più fraterno, più in pace...;
    - nel volto dell'altro il riflesso di un «Altro» che mi raggiunge, si fa vicino, compagno di strada...
    * il «noi ritrovato»: la vita è di tutti a condizione che sia per tutti:
    - noi progettiamo un modello di: solidarietà perché tutti...
    pace perché tutti...
    giustizia...

    Immagini... in trasparenza

    La vita dell'altro: una sfida per ripensare la spiritualità:
    * «la parabola del deserto»: un andare nella profondità delle cose:
    - prendere le distanze dalla logica del comune «buon senso»;
    - demolire gli idoli delle false sicurezze;
    - lasciar risuonare la 'Voce' attraverso le voci sommesse di tutti;
    - ascoltare «parole di amore» per pronunciare parole «nuove» (di pace, solidarietà, convivialità...);
    - inventare gesti di vita: epifania del Regno tra noi.

    Grandangolo: una responsabilità aperta al mondo

    «Con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi...» (Lc 6, 38)

    A fuoco: dalla presa di coscienza all'assunzione di responsabilità.
    Le urgenze dell'altro: a confronto con chi ha già tentato risposte:
    - gruppi si stanno impegnando per...
    - «eroi» e figure quotidiane si fanno carico di...
    - le Chiese hanno intrapreso iniziative ed elaborato riflessioni per... (Chiesa Italiana e Mezzogiorno, Documento di Basilea, Documento di Seoul...)

    Immagini congelate

    Una carrellata sulla gente, di fronte a:
    - l'uomo «straniero»;
    - l'uomo privato dei diritti;
    - l'uomo abbandonato;
    - l'uomo nemico e aggredito;
    - l'uomo «vittima» degli squilibri della natura.
    Un ventaglio di atteggiamenti: indifferenza; iniziale curiosità; disagio; disagio-colpa-rimozione; disagio-delega; disagio-ideologia; impegno...

    Immagini in primo piano

    L'altro in primo piano: i suoi bisogni ci «toccano» e ci stimolano:
    - noi siamo vivi, mentre altri...
    - noi abbiamo una casa, mentre altri...
    - noi abbiamo il pranzo assicurato, mentre altri...
    - noi gridiamo i nostri diritti, mentre altri...
    - noi possiamo fare «grandi» progetti, mentre altri...
    - noi...
    - gli altri sono indigenti, perché noi...
    - gli altri sono spodestati dalla loro dignità, perché noi...
    - gli altri sono sempre più poveri, perché noi...
    - gli altri...

    L'altro in primo piano: i suoi bisogni ci provocano a elaborare una «nuova» cultura:
    * gli altri sono un appello urgente: non hanno futuro:
    - lo scarto tra «noi» e «gli altri» è sempre più grande: i fossati del mondo non si colmano;
    - il nostro «star bene», guardato con gli occhi del povero: una modifica radicale ai nostri progetti;
    * le soluzioni di sempre non bastano più: lasciano il problema allo stesso punto:
    - Natale non è una volta all'anno; non serve «un pane» soltanto; l'assistenza non raggiunge i problemi alla radice; il disarmo non è la pace; una dogana in meno non è un mondo più fraterno...

    Le urgenze dell'altro: chiedono di modificare i progetti nella vita del gruppo e in quella personale:
    - voci che fanno decidere di lasciare «il caldo rassicurante» del gruppo... — voci che fanno decidere di abbandonare la vita tranquilla di tutti i giorni...

    Ciak si gira un «nuovo» tempo

    «Ecco io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21, 5)
    «Se conosceste il dono...» (Gv 4, 10)

    A fuoco: dalla responsabilità al progetto e all'azione «in compagnia»

    In compagnia con tutti per realizzare progetti comuni:
    * Dalla parte dei giovani:
    - con una buona dose di ottimismo;
    - con fiducia nel piccolo seme;
    - con una pazienza grande «da educatori»;
    - con l'amore alla vita, nelle piccole cose;
    - con...

    In ricerca di gesti concreti e quotidiani...
    * nell'ambito educativo;
    * nell'ambito socio-politico.

    ... per ritrovarsi nella «casa del senso»:
    * viviamo la certezza di gustare il sapore dell'impegno comune: le cose che facciamo riempiono di senso la vita;
    * facciamo circolare e scambiamo il «senso ritrovato»: la spiritualità si fa nella condivisione;
    * coltiviamo la speranza di un dono fedele alla promessa, che colma i nostri sforzi.

    «Ecco io faccio nuove tutte le cose.
    Ho già cominciato. Non ve ne accorgete?»

    LA COMUNITÀ E LA COMUNICAZIONE SUI VALORI: CONDIZIONI EDUCATIVE

    Abbiamo ipotizzato un itinerario educativo che solleciti, all'interno della comunità educativa, la comunicazione intorno ai valori, la loro elaborazione in vista di una «nuova qualità» della cultura, la loro produzione dentro le figure e la rete di relazioni che costituiscono la vita quotidiana.
    Non è un compito da poco.
    È alla fin fine il grande obiettivo dell'educazione: sollecitare e indurre atteggiamenti di liberazione della vita, perché essa si declini con delle «qualità» che oggi risultano irrinunciabili e che diventano «i valori» di una nuova cultura.
    I valori, oltre che ispiratori degli obiettivi dell'educazione formulati in termini di atteggiamento, costituiscono soprattutto il fondamento di ogni progettazione educativa.
    Con queste tematiche biennali chiamiamo in causa dunque le ragioni ideali dei nostri stessi progetti: miriamo alla ridefinizione del modello d'uomo che intendiamo costruire tramite l'educazione.
    La riflessione sui «nuovi valori» è invece sollecitata dalla consapevolezza di un profondo cambiamento, da una coscienza epocale appunto, che intravvede l'uscita dalla crisi culturale (crisi dell'Occidente?) e dallo smarrimento valoriale, nella direzione di una loro nuova riformulazione.
    «Educare ai nuovi valori» è allora raccogliere ed esprimere nell'impegno educativo questa nuova consapevolezza epocale intorno al futuro della storia; è aver individuato le emergenze, oltre che sociali anche culturali, in una dimensione planetaria.
    In questa nota ci interessa elencare e richiamare brevemente le condizioni educative da assicurare per la praticabilità dell'itinerario.

    I valori e la loro circolazione in un contesto vitale: «la comunità educativa»

    Non si parla in astratto dei valori, soprattutto in educazione.
    I valori sono il codice segreto che regola dall'interno i legami vitali di una comunità umana. Sono gli ideali che spingono a produrre vita e a farla circolare in un dato modo invece che in un altro, pur sempre all'interno di una comunità vitale.
    Essi non sono fissati in cielo come le stelle; per esistere e circolare richiedono l'esistenza di una comunità vitale di persone, quale è per noi la comunità educativa.
    La prima condizione è quindi assicurare la costruzione di una comunità educativa che vive al suo interno i valori in cui crede: li sperimenta, li fa vivere, li induce nei suoi membri, ad essi si ispira come norme-guide ideali; nella comunità educativa i valori vengono elaborati e fatti circolare anzitutto nelle forme vitali dei rapporti interpersonali, in quelle della organizzazione del potere e dei ruoli, e anche nelle forme della produzione culturale-linguistica, segnate appunto dalle qualità che i valori rappresentano.
    Non si tratta di un tutto già confezionato, ma di un processo, un cammino in cui la comunità si sente impegnata e sfidata.
    La comunità educativa riesce tuttavia a diventare luogo vitale di circolazione dei valori solo se rimane «aperta» allo scambio con l'ambiente: il reticolo di rapporti con le molteplici comunità e presenze sul territorio che raccolgono le urgenze culturali e le elaborano. Dunque una comunità educativa profondamente connessa con la realtà sociale ed ecclesiale, per un impegno unitario di elaborazione culturale.
    I nuovi valori non fioriscono in serra, in condizioni asettiche e protette. Proprio per il loro carattere universale ed epocale, sbocciano dentro la comunità umana che raccoglie le grandi sfide alla vita che emergono dal tessuto sociale.
    Pace, cura del creato, solidarietà in dimensione planetaria, giustizia, sono i temi grandi che attraversano la vita della comunità umana oggi.
    Richiedono una coscienza comunitaria aperta e sensibile a quello che accade «fuori dalla finestra» o dal circolo caldo di una istituzione protettiva.
    Proprio l'attenzione e lo sguardo «al di fuori» permettono alla comunità educativa di acquisire quella sensibilità nuova e quella fantasia con le quali ritornare «dentro» e riscoprire la possibilità di inventare nel piccolo le nuove qualità della vita.
    In tal modo verrà finalmente superata la separazione dei processi formativi dai luoghi della produzione culturale della società.
    Una occasione dunque di alleanza e riavvicinamento tra educazione e società civile.

    Dentro una comunità vitale, il gruppo «luogo educativo»

    Facciamo educazione, educhiamo alla fede nello stile dell'animazione. L'animazione ripensata creativamente dentro i diversi ambienti educativi è il modo con cui attualizziamo uno stile corretto di presenza e di compagnia nel mondo giovanile.
    Dire animazione è superare la gestione massificata o solo individuale dei processi educativi.
    Con l'animazione abbiamo scoperto e valorizziamo tutta la ricchezza di quella risorsa che è il gruppo primario che elabora cultura.
    Il gruppo rappresenta la mediazione educativa qualificante del nostro modo di educare.
    Attenti alle domande e ai bisogni di tutti, proprio per sollecitare lo svilup po della originale individualità di ciascuno, riconosciamo che il gruppo rappresenta il laboratorio privilegiato per far sperimentare uno stile di vita, per anticipare nel piccolo i valori che sogniamo di costruire in grande; per ricuperare quella identità sociale e culturale entro cui soltanto si sviluppano e fioriscono i valori.
    I valori, prima che patrimonio del singolo, in quanto regolatori di comportamenti e ispiratori di atteggiamenti di amore alla vita, sono anzitutto progetto collettivo dapprima vissuto, sperimentato nelle relazioni interpersonali, e poi successivamente anche rappresentato simbolicamente e lavorato con la riflessione che l'accompagna.
    In tal modo il gruppo rappresenta «l'in piccolo» del laboratorio entro cui nasce e si sviluppa creativamente la nuova cultura. Il gruppo diviene il grembo vitale dei valori, nella misura in cui esso si protende al di là dei compiti produttivi e funzionali, e diviene luogo in cui circola vita in qualità tra i membri.
    Immaginiamo un percorso di gruppo che va dalla classe, dal gruppo forzato o da quello spontaneo che si organizza attorno agli interessi, in direzione della formazione di un «gruppo primario», dove la comunicazione sui contenuti culturali è rispecchiata fedelmente dalla qualità delle relazioni tra i membri. Un gruppo con una buona comunicazione al suo interno.

    Far scoprire i valori «facendo fare esperienza»

    Indicate le condizioni che si riferiscono ai «luoghi» dell'educazione ai valori, richiamiamo soltanto alcune condizioni che si avvicinano di più al «come» assicurare la qualità valoriale dei processi educativi. L'educazione è comunicazione intorno ai valori, cioè alla qualità della vita in quanto vita di tutti e per tutti, a partire da chi della vita è maggiormente deprivato.
    Nessuno mette ciò in dubbio.
    Ma come si comunicano i valori? Attraverso quali canali? In che modo? Non basta chiamare per nome i valori, indicarli con delle parole, come quando si riconoscono le costellazioni in una notte stellata di mezza estate.
    I valori si comunicano anzitutto «facendo fare esperienza» di essi, facendoli gustare ai giovani, all'interno della comunicazione quotidiana che, appunto per questo, può diventare «relazione educativa».
    Per educare ai valori è perciò importante far fare esperienza di essi, produrre con i giovani esperienze di «vita in qualità», di vita cioè segnata dai valori che vogliamo indurre in loro.
    Una riflessione sulla comunicazione vitale ci fa subito capire che i valori, più che essere comunicati mediante la voce di chi li nomina, o la testa di chi li rappresenta e li indica come ideale, vengono comunicati in maniera molto più dimessa e silenziosa, attraverso la qualità delle relazioni quotidiane, con gli altri, con se stessi, con la natura e il mondo, con il mistero che abita tutto.
    Si porrà particolare attenzione allora ai gesti e ai comportamenti, alle espressioni simboliche, alle reti di relazioni, alle strutture che organizzano la vita della comunità educativa, alle norme che regolano la vita sociale: tutto questo è «oggettivazione» dei valori cui la comunità si ispira e verso cui tende.
    Ci saranno poi anche esperienze straordinarie da inventare insieme; ma ci sono prima di tutto le ordinarie esperienze quotidiane della convivenza educativa che trasudano valori e antivalori.
    È un'occasione per creare autenticità nei contesti educativi.

    La fatica e lo sforzo di «nominare i valori»: la progettualità culturale

    Ogni esperienza non trasforma il giovane in profondità se essa non è diventata simbolo, racconto; se essa non viene lavorata con la parola, meglio, con la molteplicità delle parole, che la interpretano e ne raccolgono il senso.
    I valori devono certo anzitutto essere vissuti, ma vanno anche «nominati», cioè parlati, raccontati, elaborati con gli strumenti culturali del tempo.
    La ricerca e la produzione dei valori è dunque inseparabile dalla loro progettazione culturale, dalla progettazione cioè di uno stile di vita, di una organizzazione della società che, nel piccolo e nel grande, si orienta verso l'orizzonte dei valori, pur senza mai raggiungerlo.
    Viviamo in un tempo di scetticismo e di caduta delle grandi illusioni collettive, di eclissi delle grandi narrazioni. L'impegno nel «nominare i valori», mentre li sogniamo e tentiamo di incarnarli in progetti, potrebbe sembrare pretesa ingiustificabile, quasi una forma di assolutizzazione violenta.
    Eppure abbiamo bisogno come dell'aria, perché l'abbiamo sperimentato in tante occasioni quotidiane, di ricuperare quella «distanza» tra realtà e fantasia, tra storia quotidiana e sogno carico di speranza, su cui si fondano progettualità ed impegno storico.
    Siamo consapevoli che i valori nuovi, che impariamo a nominare e a declinare culturalmente, sono sempre «al di là» della produzione di vita nuova in cui ci impegniamo, perché ne costituiscono l'orizzonte e l'utopia.
    Ma la lettura «in profondità» della vita quotidiana e di ogni esperienza educativa (e qui la parabola del deserto ci viene in aiuto) ci ha condotti alla felice consapevolezza, nutrita di amore e di fantasia, che nel piccolo, in germe, i valori che nominiamo e ci sforziamo di incarnare, sono «già» contenuti in esse, come seme fecondo; come dono gratuito da coltivare e da far germogliare nel grembo della storia umana e di ogni storia educativa, con l'impegno operoso di chi si sente preceduto e felicemente sorpreso dall'iniziativa di Dio.
    Davvero la terra sta diventando giardino!

    L'educatore testimone «che nomina i valori»

    Di qui il recupero della figura irrinunciabile dell'educatore nell'elaborazione dei valori.
    Consapevole di dover nominare le esigenze irrinunciabili della vita, e di quella in pienezza per tutti, egli sa di non poter tacere. Si ritrova a pronunciare parole che ricadono su di lui anzitutto, dure come macigni, e ne misurano l'impegno di comunicare vita.
    Accetta e riconosce la distanza tra gli ideali richiamati alla memoria e i contenuti concreti fatti passare con la sua presenza e la sua testimonianza. Confessa il suo limite e i tradimenti alla vita, mentre riconosce che l'autorevolezza del suo compito non può fondarsi solo sul ruolo, sul cedere facilmente alla tentazione di gridare più forte, ma sulla capacità di porre gesti dalla parte della vita che ne incarnino le qualità ricercate.
    Ma con il suo richiamare l'attenzione e sollecitare l'elaborazione di un progetto che si strutturi attorno a quelle che oggi appaiono come le epocali e irriducibili esigenze della vita, egli sa di aiutare tutti a vivere e a sperare, perché sollecita verso l'ulteriore e l'inedito.
    Per questo anche il modo di nominare i valori sarà quello di «raccontare storie di vita», dentro le quali tutti ritrovano qualcosa di ciò che hanno vissuto e in nome del quale ogni giorno producono vita; storie di vita di ognuno, di tutti, degli ultimi in particolare, che si intrecciano, come in una maestosa sinfonia, con «la grande storia» di Gesù e del Dio che vuol far vivere in pienezza ogni uomo della terra.


    T e r z a
    p a g i n A


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