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    Per una educazione alla politica



    Documento redazionale

    (NPG 1990-01-3)

    Ecco un dossier/documento che potrà lasciare stupiti i lettori.
    NPG parla di politica! Perché è un discorso che ormai va per la maggiore? per stare alla moda con le «punte avanzate» del mondo cattolico? per il «fallimento» di progetti educativi non sufficientemente ampi? perché quindici anni di silenzio della rivista su questo tema sono troppi?
    La sensazione non è soltanto quella di riprendere un sentiero interrotto, ma di iniziare un nuovo cammino. Troppe cose sono cambiate (nel mondo della politica, nella sensibilità e cultura dei giovani, nella percezione degli educatori, nell'atteggiamento ecclesiale...) in questi ultimi anni, che permettono di comprendere come il discorso sul politico debba essere ripreso come parte integrante di un progetto di educazione e con una sensibilità nuova rispetto al passato, il tempo delle utopie, della «politica è tutto», del sogno di cambiamento totale.
    Tutte queste considerazioni, e le nuove piste che ci pare dover percorrere, sono «raccontate» in questa storia di vent'anni di NPG.
    Il dossier/documento che qui presentiamo racconta intuizioni, delusioni, mutamenti di rotta, ricomprensioni di una rivista che ha sempre ritenuto decisivo per l'educazione il discorso politico e dell'impegno politico.
    Questo è un «documento» programmatico, quasi una piattaforma ideale su cui NPG e i suoi collaboratori rilanciano, con la prospettiva che è loro propria, il tema dell'educazione alla politica.
    Ma questo non è che il primo passo. Non si può infatti stare sul generico, lavorare a tavolino. Abbiamo intenzione di ritornare con un paio di dossier lungo il 1990 per esplicitare le nostre riflessioni, i nostri temi: politica e fede, politica e educazione, un itinerario di educazione alla politica per i giovani oggi.
    All'inizio degli anni '70 NPG ha dedicato molta attenzione alle tematiche relative all'educazione alla politica. Lo sanno gli amici che hanno seguito il nostro lavoro fin dai suoi primi passi. Parlavamo allora soprattutto di «impegno politico», perché l'espressione suonava meno provocante rispetto alla sensibilità diffusa negli ambienti ecclesiali e ci poneva, nello stesso tempo, in maggior sintonia con le prospettive culturali più serie.
    Poi c'è stato il lungo silenzio di chi preferisce lasciare decantare i temi caldi, per favorirne la comprensione più pacata e l'interiorizzazione. Ora ne riparliamo, con vent'anni di più sulle spalle: perché?

    1. RIPARLIAMO DI POLITICA

    Dobbiamo giustificare la decisione e anticipare l'orientamento. Lo facciamo documentando la riflessione che è progressivamente maturata nel gruppo di redazione.
    Ci siamo resi conto, nella nostra ricerca, di quanto la storia di NPG sia legata ai fatti e ai modelli del più vasto contesto culturale, sociale ed ecclesiale. E siamo consapevoli di non poter raccontare la nostra storia come fosse un problema solo nostro: le scelte, in positivo e in negativo, esprimono l'onda di ritorno di eventi molto più impegnativi o la comprensione che di essi abbiamo avuto.
    Con le note che seguono diamo solo una sintesi di quadro: diciamo forte come intendiamo muoverci e in quali logiche vogliamo qualificarci. Molti temi richiedono sviluppi più approfonditi. Richiamati in questo «documento» nell'economia del tutto, saranno studiati con contributi specifici nei dossier che stiamo preparando sull'argomento.

    1.1. I primi passi

    Nel fervore degli anni a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, in cui era rumorosa la passione politica e sembrava travolgere istituzioni e tradizioni consolidate, NPG si è fatta attenta ai temi della politica per una precisa scelta educativa.
    Non potevamo certo restare alla finestra, nell'attesa di dire cose sicure e ponderate. La sensibilità giovanile correva rapida e molti educatori faticavano non poco per stare al passo.
    Due attenzioni ci sono subito parse urgenti.
    Era importante prima di tutto riscattare il concetto di politica: l'idea sottesa e lo stesso termine utilizzato. La strana pretesa di neutralità che dominava in ambito pastorale l'aveva relegato tra le cose di cui un operatore di pastorale poteva disinteressarsi e con cui i giovani credenti facevano bene a non contaminarsi. Politica suonava come sinonimo di partitismo; e l'attenzione alla politica, fuori dal sentiero tradizionale, sembrava, in fondo, contestazione alle logiche ufficiali e cedimento all'area marxisticheggiante.
    Riscattata la figura di politica, risultava più facile e conseguente il riferimento all'educazione politica. La sensibilità pastorale, attenta al politico, diventava subito progettazione educativa in chiave politica.
    Tutti ricordiamo le lunghe discussioni sul rapporto tra educazione e politica, nella consapevolezza, progressivamente maturata, di una convergenza che sembrava, a quei tempi, tanto totale da giustificare ogni conclusione. Se la politica è «tutto», ogni educazione è di fatto politicamente collocata. L'educazione politica non è un capitolo del complesso scenario educativo, ma la qualità intenzionale dell'intero processo.
    Su queste due risonanze vibrava spontaneamente la fede del credente e di conseguenza la specificità stessa dell'azione pastorale. Il tema del rapporto fede-politica ha occupato le ricerche di quei tempi, nella libertà e nell'entusiasmo che il Concilio aveva restituito ad ogni credente.
    NPG si è gettata con coraggio su queste problematiche, cercando una sua collocazione precisa e coerente.
    Dalla parte della politica abbiamo ripensato molte delle tematiche tradizionali della riflessione e azione pastorale. Il tema della politica e la relativa attenzione educativa sono diventati così non solo oggetto di una riflessione specifica, ma anche una specie di «luogo ermeneutico» da cui dire la pastorale giovanile. Ci rendiamo conto, ora in termini riflessi, che, in qualche modo, anche NPG aveva assunto la dimensione totalizzante della politica.
    L'operazione non è stata indolore. Abbiamo sofferto molto: ci inquietavano temi e prospettive nuove rispetto al ritmo tradizionale delle ricerche pastorali; e ci inquietavano le reazioni, dure e preoccupate, di chi veniva scomodato da questo modo di fare o era giustamente preoccupato del suo esito.
    Alcuni «fatti» (diversamente interpretati) sembravano davvero avallare le reazioni negative, quasi a mostrare come facilmente un certo modello può sfuggire presto di mano.

    1.2. I tempi del silenzio

    Dopo qualche anno di polemiche e coraggiose prese di posizioni, NPG ha voltato bruscamente pagina. Chi sfoglia le annate successive a quelle dei primi anni settanta, trova sempre più raramente accenni alla politica. Anche il termine - fortunato- di «educazione all'impegno» sembra cancellato dal nostro dizionario. Se ne inventa un altro, meno «scomodo» e di maggior consenso: il prepolitico.
    Cosa stava capitando?
    Ce lo chiedevano i lettori più affezionati e ce lo ripetevamo anche noi, in movimentate riunioni redazionali.
    NPG si è trovata, come moltissimi altri impegnati nel campo dell'educazione e della pastorale, al crocevia di situazioni complesse.
    Molti fatti si intrecciavano.
    Uno, innegabile, ci ha provocato violentemente: la costatazione della diffusa crisi in atto. L'entusiasmo politico aveva lasciato sul campo troppe vittime: giovani, sopraffatti da compiti che non riuscivano né a gestire né ad integrare nella loro struttura di personalità; non pochi educatori, travolti nella loro identità dai modelli nuovi.
    Gli esiti positivi non mancavano certamente. Nei ripetuti esami di coscienza non ce la sentivamo proprio di piangere il fallimento... Ma molte voci chiedevano una inversione di rotta.
    Il silenzio di NPG dipendeva inoltre dal silenzio più generale: di politica e di impegno politico si parlava ormai poco negli ambienti ecclesiali. Altre preoccupazioni emergevano.
    In quegli anni inizia la nostra ricerca sulla spiritualità giovanile e sulle tematiche connesse. Fiorisce la lunga e preziosa fatica attorno all'animazione e alla relativa formazione dei giovani più sensibili e disponibili.
    NPG ha scelto l'attenzione a temi più tradizionali per consolidare quello che avevamo intuito e per riformulare anche questi problemi a partire da quella novità di percezioni e di comprensioni che aveva entusiasmato i primi passi del nostro cammino. La «politica» ritornava così, intessuta con i discorsi tradizionali della pastorale giovanile, come sensibilità generale. Sul terreno dell'animazione i giovani più impegnati potevano rigiocare tutta la loro passione di trasformazione e di liberazione.
    Non volevamo ritornare alle posizioni di partenza, sconfessando una stagione culturale preziosissima, dei cui riflessi ci sentiamo ancora arricchiti. Ma volevamo consolidare tutto questo nella mentalità degli educatori che facevano strada con noi e dei giovani che stavano progressivamente ritrovando protagonismo anche nell'ambito ecclesiale.
    È innegabile però lo spostamento più esplicito sul terreno educativo e su quello dei rapporti interpersonali. La politica non risultava più «tutto», anche per NPG.

    1.3. Un nuovo discorso politico

    Oggi torniamo a parlare di politica.
    Come sempre e come su tutti i problemi, vogliamo restare in una esplicita prospettiva pastorale. Ne parliamo perché stimiamo il tema irrinunciabile nell'ambito dell'educazione alla fede; affrontiamo l'argomento «solo» da questo preciso punto di vista.
    Tre fatti hanno sollecitato la ripresa. Ci danno un po' la pretesa di ritornare su temi di un tempo, in una logica relativamente nuova.
    Prima di tutto, con la rinnovata attenzione alla politica, vogliamo denunciare lo scotto troppo alto che tanti giovani hanno pagato al primo fervore politico. Purtroppo si sono scontrati con un tessuto istituzionale duro e implacabile. Esso ha schiacciato la loro voglia di rinnovamento e ha spento il grido verso la partecipazione. Ci troviamo ormai soffocati in una trama, intricata e triste, di connessioni, di rilanci e di resistenze, tale da giustificare la diffusa sfiducia verso le istituzioni e la drammatica crisi di valori sul bene comune.
    All'inizio degli anni settanta, lo sguardo verso il futuro ha peccato di mancanza di realismo e di quella fretta che nasceva dalla speranza. Gli esiti non sono stati certamente felici; ma non possono proprio consolarsi coloro che hanno visto tornare tutte le cose al loro posto, dopo il vento della contestazione. Riparliamo di politica per restituirci progettualità e speranza, maturati sull'esperienza vissuta e sofferta.
    La seconda ragione mette, ancora di più in primo piano, la prospettiva educativa, che anima tutto il nostro lavoro.
    Negli ultimi anni si è da più parti ipotizzata una sorta di disaffezione dei giovani dalla politica, rilevandone un atteggiamento di rifiuto radicale a ogni forma di appartenenza e di impegno. In realtà questo distacco riguarda solamente le forme totalizzanti e dogmatiche del «far politica», quelle modalità del fare politica che le affidano la pretesa di avere una risposta ai problemi di tutti, di saper interpretare la realtà in tutte le sue sfumature e risolverne la complessità.
    Questa visione della politica è entrata in crisi: e per fortuna. Ci sono però segnali nuovi e molto interessanti: riportano in primo piano un modo nuovo di comprendere la politica.
    Viene riproposta la centralità della politica nella vita di ciascuno e della società, attraverso le nuove forme di impegno e di itinerari formativi (vedi il diffondersi delle scuole di formazione socio-politica), come risposta alla degenerazione e pura ricerca e gestione del potere.
    Si manifestano inoltre un'attenzione e una partecipazione diffusa nei riguardi dei problemi della quotidianità, del proprio vissuto di relazioni interpersonali e con l'ambiente, delle interazioni a livello sociale. Si fa strada la disponibilità ad assumere a vari livelli progetti caratterizzati da concretezza e aderenza al reale in quanto «possibile». Grossi avvenimenti dello scacchiere mondiale sembrano restituire fiducia al «fare politica» come modo incidente e maturo di affrontare anche i problemi più complessi. Abbiamo l'impressione che stiano progressivamente consolidandosi i frammenti di un modo rinnovato di intendere la politica: possiamo davvero parlare di politica, riprendendo le esperienze più belle vissute precedentemente e aprendoci verso modelli nuovi.
    Il terzo dato chiama in causa più esplicitamente il rapporto della politica con l'esperienza di fede.
    La rifondazione della politica deve poggiare su nuove basi etiche, impone la risignificazione del quadro di valori in base al quale costruire la vita sociale. Per questo richiama indirettamente l'esperienza di fede del credente. Lo ricorda molto bene la recente «nota pastorale della Commissione episcopale della Cei per i problemi sociali e il lavoro». Fondato saldamente sulla concezione cristiana della persona umana, dei suoi diritti e dei suoi doveri, ogni impegno temporale è ricondotto all'unico fine di promuovere l'uomo, di servire la sua dignità, nella certezza che la piena verità dell'uomo ci è data in Cristo. In un'epoca come la nostra, in cui, pur tra molte contraddizioni sembrano finalmente farsi strada nella co scienza dell'umanità alcune imprescindibili esigenze comuni, è importantissimo formare e confermare la coscienza cristiana sulla verità rivelata da Dio per l'uomo e la società che il magistero della chiesa insegna» (16).
    Si fa urgente, di conseguenza, la riprogettazione degli itinerari di educazione all'impegno socio-politico per i giovani d'oggi, proprio nel centro della pastorale giovanile.
    Provocati da questi fatti, abbiamo deciso di riprendere la riflessione sulla politica. NPG lo fa nell'orizzonte delle scelte che caratterizzano la sua proposta. E lo fa, anche alla scuola del cammino percorso, con quel tono interlocutorio e quotidiano a cui crediamo e con cui ci piace affrontare anche i problemi più gravi.

    2. POLITICA È...

    L'abbiamo già ricordato: anche quando ci siamo messi a parlare per la prima volta di impegno politico, lo scontro è avvenuto sul significato e l'ambito del termine «politica». Sono passati quasi vent'anni da quei primi passi, ma il problema resta: cosa è politica?
    Riprendendo il tema, il gruppo redazionale di NPG ha sentito il bisogno di approfondire il significato e l'orizzonte di «politica». Ci ha aiutato, in questa operazione, il ricco bagaglio di esperienza e riflessione maturato in questi anni.

    2.1. Politica con la «P» maiuscola e politica con la «p» minuscola

    Il termine «politica» può essere inteso in un duplice significato. Nell'accezione più ampia, di respiro culturale, esso fa riferimento a una determinata visione dell'uomo e del mondo. Rappresenta quel concetto di politica che si può scrivere con la «P» maiuscola, che precede la prassi politica, cioè i programmi, i modelli di governo, i partiti. Questa «politica» investe il vivere quotidiano dell'uomo e il suo impegno, molteplice e differenziato, per creare le condizioni di una vita umana, libera e responsabile, per tutti. Rappresenta l'ambito dei valori e degli orientamenti fondamentali della convivenza civile, coperto da tutte quelle attività, culturali e sociali, che emergono spontaneamente nei «mondi vitali» dei cittadini.
    C'è poi una seconda accezione di «politica», quella che si può scrivere con la «p» minuscola. Essa si riferisce alla «prassi politica» dei partiti, dei sindacati, del governo, al sistema istituzionale, alla definizione di programmi concreti.
    L'accezione operativa si riconduce, per forza di cose, alla prima. È come la sua traduzione concreta, a livello istituzionale, attraverso un gioco realistico di risorse e di possibilità, assicurato dal consenso tra le forze impegnate. Ma non coincide assolutamente con essa.
    In tutt'e due i casi (nella Politica e in politica) si richiede un confronto con il potere istituito. Al primo livello si opera attraverso un consenso sociale raggiunto nella partecipazione diretta, ispirata alla progettualità di ideali condivisi. Nel secondo invece prevale la rappresentanza e la delega.

    2.2. NPG e la politica

    La distinzione è importante. Riscatta la politica dalle trame subdole in cui può insabbiarsi e dai sottili giochi di potere che la sottraggono al controllo e al consenso popolare. La restituisce così a quella dignità che le compete come fatto umano d'alto profilo, come ha testimoniato con forza anche il Concilio, contro ogni posizione manichea: «La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità» (GS. 75). Ad esso fa eco l'invito a «prendere sul serio la politica [che] è una maniera esigente - ma non è la sola - di vivere l'impegno al servizio degli altri» (OA 46).
    La distinzione sollecita anche ad assicurare una gerarchia corretta di rapporti, quasi per dare un respiro culturale alla prassi politica. Punto di riferimento deve restare la Politica, come quadro di valori orientati al bene comune. La prassi politica ad essi si ispira, li media con realismo, li traduce sul ritmo istituzionale collettivo.
    NPG assume i due ambiti come egualmente importanti, proprio nel reciproco rapporto. Siamo infatti convinti che solo in una corretta e matura gestione istituzionale del potere (al livello quindi della prassi politica) è possibile assicurare le condizioni per una convivenza umana per tutti. Il piano della prassi politica non può restare prigioniero nel gioco delle trame partitiche e non può essere scaricato ad altri (come offerta o come espropriazione) con deleghe a scatola chiusa. La politica (con la «p» minuscola) cerca continuamente un respiro valoriale nella Politica (con la «P» maiuscola). Un processo di educazione all'impegno politico e l'assunzione delle due prospettive nell'ambito pastorale fanno i conti realisticamente con i due livelli.
    NPG riconosce e afferma che ogni azione per la promozione della giustizia e per la creazione di condizioni che rendano possibili a tutti la realizzazione del proprio destino, fa necessariamente i conti con il potere e richiede di conseguenza una partecipazione larga al suo esercizio. In questo senso la Politica si traduce sempre in politica.

    2.3. Verso una nuova definizione di politica

    Questa consapevolezza ci ha portato a definire le dimensioni che stimiamo normative per ogni riferimento alla politica e, di conseguenza, per ricostruire l'orizzonte dell'impegno politico.
    Le ricordiamo.
    Sappiamo di tracciare un quadro che ha il sapore di un sogno... proibito. Mettiamo a frutto però due faticose conquiste del nostro cammino: il diritto di sognare in grande, convinti che presto o tardi anche i sogni più belli diventeranno realtà; e il dovere di guardare con coraggio alle mete, anche quando mettono in crisi con la loro impegnatività.

    2.3.1. Necessità di una partecipazione diretta al potere
    Prima di tutto sottolineiamo la necessità di una partecipazione diretta alla gestione del potere.
    Questo è un punto centrale nella concezione di politica in cui ci riconosciamo. Rappresenta quindi il punto di arrivo del processo di educazione all'impegno politico.
    La politica è finalizzata al bene comune. Esso si concretizza nella creazione di condizioni oggettive che consentano a tutti la realizzazione del proprio destino. Per assicurare questo fine, riconosciamo come mezzo efficace la partecipazione di tutti alla gestione del potere sociale: potere e bene comune si richiamano reciprocamente.

    2.3.2. Il diritto al controllo sull'esercizio del potere
    Il concetto di potere richiamato in questa definizione di politica, è molto vasto. C'è un potere politico in senso proprio, in quanto promosso, distribuito, conquistato ed esercitato dalle istituzioni ufficiali dello stato. Ma ci sono altre forme di potere: il potere economico, il potere dei produttori e quello dei consumatori, il potere culturale e quello dei mass-media, il potere dei gruppi di pressione e delle istituzioni professionali, sociali, religiose.
    Queste diverse forme di potere hanno un peso politico notevole, anche se non appartengono alle strutture politiche vere e proprie, con uno scambio e una interferenza, continua e notevole.
    Questa comprensione ampia del potere è importante nella definizione di politica.
    Mette al centro la partecipazione, intesa come gestione del livello e della quantità di potere che compete a ciascuno, per assicurare il bene comune. Fa passare in secondo piano la conquista e l'esercizio del potere politico, che compete, per delega, ai partiti e ai movimenti che incarnano progetti storici.
    Riferisce inoltre a tutti i cittadini il diritto e il dovere di controllare gli apparati istituzionali dello stato. Le difficoltà non mancano. Ma non possono sicuramente servire per espropriare i cittadini di un diritto e di un dovere, che consideriamo inalienabili.
    La corretta gestione del consenso, della sua ricerca e delle sue espressioni, rappresentano una modalità qualificante di questo diritto e dovere.

    2.3.3. Un quadro di valori
    La politica deve fare riferimento ad un quadro di valori. Essi rappresentano quella visione globale di uomo, di mondo e di storia che fornisce l'orizzonte ispiratore della prassi e il suo punto continuo di verifica.
    Con questa affermazione, coerente con tutte le riflessioni precedenti, rifiutiamo l'ipotesi che sia possibile fare politica senza una ideologia; contestiamo anche l'ipotesi opposta che pone il primato della prassi su ogni pretesa valoriale.
    Sulla piattaforma valoriale nasce la possibilità di una collaborazione pratica o l'esigenza di diversificazioni.
    A questo livello si colloca il significato e l'ambito di una ispirazione cristiana della politica.

    2.4. Modelli operativi

    Le dimensioni su cui si costruisce la definizione di politica si organizzano e si risolvono in modelli operativi diversi. Basta pensare al rapporto tra società e stato, tra partecipazione e delega, tra tentativi di assemblearismo quasi totale e meccanismi e mediazioni di rappresentanza.
    Una prima ricognizione del tema ci ha reso consapevoli dei notevoli problemi connessi con questi rapporti e dei differenti riferimenti culturali che stanno a monte delle soluzioni prospettate concretamente.
    Altro argomento di peso rilevante nella comprensione di politica è quello relativo alla esigenza e allo spessore del «cambiamento». Veramente «il cambiamento viene assunto, oggi, come chiave di lettura dell'intera realtà. Ha infatti un carattere pervasivo: non esiste dimensione della vita individuale e sociale che, in qualche modo, non ne sia toccata. La politica ne risulta colpita assai in profondità proprio per il suo ruolo architettonico, di guida e di sintesi della convivenza sociale» (nota CEI 4).
    In redazione abbiamo meditato su questi interrogativi, alla luce dell'intricata attuale vicenda politica. Non abbiamo maturato un orientamento conclusivo. Ci ripromettiamo uno studio più approfondito, con l'aiuto di esperti.

    3. FEDE E POLITICA

    L'azione politica e la sua rifondazione su nuove basi etiche interpella con forza la fede.
    Sulla qualità e l'incidenza di una ispirazione cristiana nell'agire politico si è discusso a lungo in questi anni, con alterne vicende. Dati che sembravano pacificamente conquistati ritornano oggi al centro di vivaci polemiche. Sensibilità e consapevolezze nuove emergono, come giusta reazione nei confronti di soluzioni troppo sbrigative.
    Dobbiamo studiare il problema con calma e ponderata attenzione. Anticipiamo qui l'orientamento che NPG intende assumere e rimandiamo a contributi successivi il suo sviluppo e la sua motivazione più approfondita.

    3.1. Alla radice: salvezza e storia

    Alla radice del problema e delle diverse prospettive in cui i cristiani ne vivono e comprendono la soluzione, sta la coscienza del rapporto che intercorre tra storia profana e storia della salvezza.
    Alcune posizioni pratiche sono innegabilmente legate a concezioni teologiche di salvezza, limitate e molto disturbate.
    - La concezione «dualistica» è la radice di tutte le concezioni incomplete della salvezza. Il dualismo consiste nello stabilire una separazione netta tra il fine «naturale» dell'uomo e quello «soprannaturale». La distinzione aveva inizialmente lo scopo di mettere in risalto la gratuità e la trascendenza del dono di Dio. Ma si è spesso trasformata da distinzione a separazione, oppo nendo mondo e storia da una parte, cielo, eternità, grazia dall'altra.
    Sul piano operativo questa separazione-opposizione è diventata separazione-opposizione tra impegno religioso e impegno storico, tra salvezza dell'anima e perseguimento dei valori umani, tra provvisorio e definitivo, tra naturale e soprannaturale. In questa visione limitativa, la vita dell'uomo e la storia sembrano ridursi semplicemente al campo di prova delle virtù cristiane. L'impegno storico dell'uomo viene considerato soltanto nella prospettiva etica, di gesto, meritevole o meno, della salvezza eterna. La pastorale ha fissato il suo campo d'intervento nella sfera religiosa, lasciando ad altri ogni interesse per il profano.
    - Il soprannaturalismo esasperato è la conseguenza logica della visione dualistica. Se tra salvezza e storia non c'è alcuna intrinseca connessione, la salvezza viene definita unicamente nel conseguimento dello stato definitivo dell'uomo, nel raggiungimento della vita eterna. Le anticipazioni storiche della salvezza, che l'uomo realizza attraverso il suo impegno quotidiano, non hanno rilevanza per la salvezza eterna. Dunque non sono importanti in sé, non possono occupare e preoccupare il cristiano, tutto proiettato alla salvezza eterna. Ciò che conta, nella fase terrena della vita, è farsi meriti, acquistare titoli in vista del conseguimento della salvezza, dopo la morte.
    Da questa posizione la pastorale ha assunto la tendenza di legittimare l'immobilismo sociale e di snervare la carica di denuncia profetica della Parola di Dio nei confronti delle situazioni storiche.
    - Una salvezza concepita senza uno stretto legame con il mondo e la storia si presta facilmente a diventare un affare privato, nel quale sono impegnati solamente Dio e il singolo individuo. L'individualismo, dominante nella cul• tura europea di questi ultimi secoli, ha fatto sentire il suo peso anche nel modo di concepire la salvezza. Si parla così prevalentemente di salvezza della propria anima, lasciando cadere ogni dimensione comunitaria e l'interconnessione tra religione e società, tra esistenza religiosa ed esistenza storica. Con la privatizzazione della salvezza anche la privatizzazione dell'escatologia, ridotta ad uno spazio intimistico, in cui ciascuno vive la sua avventura terrena in modo solitario, in attesa di raggiungere l'eternità.
    Da questi modi di comprendere la salvezza cristiana prendono origine delle modalità in cui viene determinato, anche oggi da parte da taluni cristiani, il rapporto tra fede e politica:
    - la posizione integralista, che deriva la qualità e il modo storico dell'impegno politico dalla Rivelazione e dalle sue formulazioni teologiche, quasi che tutto ciò contenesse un messaggio politico immediato e un preciso modello di società;
    - la posizione «dualista», per cui fede e politica sono totalmente separate e coprono ambiti radicalmente diversi: il definitivo la prima, il provvisorio la seconda. Ne consegue il reciproco disinteresse;
    - ogni utilizzazione della dottrina sociale della Chiesa, dominata dalla volontà di influire in modo determinato sulle scelte politiche, perché ci si dimentica che essa «non appartiene al campo dell'ideologia, ma a quello della teologia e specialmente della teologia morale» (nota Cei 13).

    3.2. La prospettiva dell'Incarnazione

    NPG si muove in una comprensione di salvezza, profondamente legata al l'evento dell'Incarnazione. Lo riconosciamo, anche in quest'ambito, il punto di riferimento obbligato per una esperienza credente, fedele al progetto di Dio e attenta agli orientamenti in cui la Chiesa del Concilio si è autocompresa.
    In questa prospettiva, riconosciamo che l'azione di Dio si esprime nella storia in modalità sempre nuove, sempre più esigenti: in qualche modo l'evento dell'Incarnazione continua nel tempo, nel dialogo continuo della fede con le diverse culture. Il «grido» del povero risuona come eco della Parola di Dio in situazione: una parola che chiama alla responsabilità e all'impegno. Accogliendolo, creiamo nuovi eventi di salvezza; ricusandolo, allarghiamo i confini del peccato e della morte.
    L'appello di Dio all'uomo non ha soltanto un carattere soggettivo, personale, ma la sua azione suscita nella storia nuove responsabilità collettive, soprattutto in presenza di situazioni di particolare oppressione e di processi culturali che innescano cambiamenti cosí radicali della situazione da costituire nuovi soggetti storici, collettivi. Il loro emergere è dato dall'intreccio di azioni comuni assunte consapevolmente e dalla capacità di accogliere i valori degli altri popoli, degli altri nuovi soggetti, e di interiorizzarli.
    Per quanto parliamo di diversi livelli dell'unica salvezza di Gesù Cristo, che s'implicano reciprocamente, senza ridursi l'uno all'altro.
    Il livello superiore consiste nella realizzazione della comunione definitiva con Dio. Esso comporta «la liberazione dal peccato e l'entrata in comunione con Dio». E cioè la ricostruzione del progetto di Dio verso l'uomo e per l'uomo: l'offerta di comunione, l'offerta di diventare il suo popolo «che lo riconosca nella verità e fedelmente lo serva», l'offerta di essere introdotti nella famiglia di Dio, a titolo di figli per grazia.
    I livelli inferiori sono costituiti dalle varie salvezze particolari che si riferiscono alle molteplici dimensioni dell'esistenza umana nel mondo. Possiamo organizzare questi diversi livelli attorno a due che li esprimono abbastanza adeguatamente: la liberazione strutturale e la «coscientizzazione». La prima riguarda l'ambito sociale e politico e tende alla liberazione collettiva, da tutte le forme storiche di oppressione. La seconda investe la sfera strettamente personale, come restituzione ad ogni uomo della sua progettualità, in modo che possa diventare costruttore cosciente e responsabile del proprio destino. Questi due liveli si richiamano a vicenda. Ma l'uno non si esaurisce nell'altro. Un uomo è libero non solo se non soffre di oppressioni strutturali, ma se è in grado di progettare autonomamente l'orientamento della propria vita. Nello stesso tempo, la progettualità personale può avvenire, nella fase limite, anche all'interno di alienazioni strutturali.

    3.3. Laicità della politica

    Dalla comprensione di salvezza appena ricordata scaturisce una doppia conclusione, importante per comprendere cosa significhi per un cristiano l'impegno politico: l'urgenza di una ampia e competente attività politica e il rispetto della sua autonomia e laicità.
    Per un cristiano, impegnato per la salvezza, la fede sta al centro. La fede non è «cultura»; né la salvezza può essere ridotta solo a processi culturali o strutturali.
    La fede non può però fare a meno della cultura.
    La cultura non è mai un dato astratto, sottratto alla trama delle vicende istituzionali. Essa si traduce inevitabilmente nelle istituzioni della convivenza civile e nelle strutture pubbliche. Questo passaggio dalla cultura alle istituzioni avviene attraverso la mediazione politica, anello ideale tra progetti e realizzazioni, tra valori e programmi.
    Di qui la «laicità» della politica: il fatto cioè che dalla fede non si può dedurre direttamente un modello politico di società, di governo: essa non offre ricette di organizzazione sociale, politica ed economica. Lo ricorda con forza anche la Sollicitudo rei socialis (al n. 41): «La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire al problema del sottosviluppo in quanto tale [...]. Essa non propone sistemi o programmi economici e politici, né manifesta preferenze per gli uni o per gli altri, purché la dignità dell'uomo sia debitamente rispettata e promossa ed a lei stessa sia lasciato lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo».
    La fede si pone però come la coscienza della politica, assumendo una funzione profetica e creativa, suggerendo scelte coraggiose e aperte. Restituisce alla politica la sua profonda risonanza etica, perché contrasta duramente ad ogni tentazione di ridurre l'impegno storico ad un semplice meccanismo senza orizzonti.
    La sutura tra le due esigenze (impegno da cristiani nel rispetto dell'autonomia) sta nella ispirazione: la fede sollecita, orienta, verifica l'impegno concreto e lo misura sulla «verità rivelata sull'uomo» (Nota Cei 16).

    4. DALLA PARTE DELL'EDUCAZIONE

    Impegnati nell'ambito della pastorale giovanile, riconosciamo che lo spazio centrale del nostro servizio è rappresentato dalla «cultura»: l'insieme dei valori, dei comportamenti, degli orientamenti vitali che caratterizzano il riferimento di singoli e collettività. Sulla qualità della cultura, costatata e progettata, si gioca la missione educativa e quella pastorale.
    Qui si colloca specificatamente il nostro riferimento alla politica. Sollecitato dalla coscienza del legame stretto tra fede, cultura e gestione istituzionale del potere, rimanda all'educazione il compito di dare consapevolezza rifles• sa di questo dato di fatto e di sollecitare la progettazione di nuove ipotesi.
    Diventa «educazione politica» perché vuole svelare le trame esistenti e cerca progetti e protagonisti nuovi.

    4.1. Educazione e politica

    Non ci interroghiamo più su quel problema che ha occupato tante energie negli anni del primo fervore politico, quando ci chiedevamo con passione: l'educazione politica è un capitolo del vasto libro dell'educazione oppure rappresenta la modalità pervasiva di ogni fatti educativo?
    Abbiamo ormai maturato esperienze e raggiunto convincimenti che ci permettono di produrre un discorso scevro da estremismi. Riconosciamo la centralità della dimensione politica anche nell'ambito educativo, senza però scivolare in una coincidenza, strana e ingiustificata.
    L'educazione politica rappresenta il punto di incontro di due differenti consapevolezze: da un lato la società in quanto realtà di difficile «educabilità» e dall'altro il mondo giovanile in quanto realtà composita e di difficile «educabilità». L'esito è la costruzione di una convivenza democratica, caratterizzata da quel largo orizzonte valoriale a cui spesso abbiamo fatto riferimento, anche in queste pagine.
    L'educazione politica si configura come un'attività intenzionalmente svolta a sviluppare la dimensione etica, sociale, civica e politica della personalità giovanile, in vista della creazione di conoscenze, di motivazioni e di capacità relative alla partecipazione alla vita politica: capacità di capire e porsi in relazioni costruttive, di integrare e interiorizzare i valori dell'«altro», di costruire una struttura di valori fonda ti sul concreto dell'esperienza storica (libertà, solidarietà, responsabilità verso il territorio e l'ambiente).
    Si tratta inoltre di realizzare le condizioni affinché queste capacità possano esprimersi, condizioni che evidentemente sono anche di carattere strutturale/istituzionale. Tale obiettivo connota in maniera particolare l'educazione politica come educazione all'esercizio del potere nelle varie forme in cui esso si manifesta: controllo delle risorse, possibilità di coercizione, possesso dell'informazione, controllo dell'ambiente. Se si considera il potere come capacità di raggiungere determinati scopi influendo sulla realtà, va riconosciuta la possibilità di costituirsi come soggetto politico solo quando ci si rapporta col potere (economico, ideologico, politico) a partire da una nuova coscienza politica.
    In questo quadro occorre guardare con particolare attenzione alle notevoli difficoltà che molti giovani - soprattutto quelli delle aree urbane - incontrano nel percepire la complessità sociale e nell'acquisire gli strumenti culturali per affrontarla. Il mondo della politica, delle istituzioni, delle strutture civili è un mondo con cui essi non riescono ad entrare in contatto se non per vie «semplificate», quali le varie forme di marginalità e devianza.
    Nella prospettiva dell'educazione politica è urgente ricostruire dei percorsi formativi che aiutino questi giovani a uscire dalla loro situazione di marginalità, a ricomporre l'attuale frattura elaborando risposte adeguate alle loro domande di senso.

    4.2. Politica e educazione alla fede

    Il progetto pastorale in cui NPG si riconosce fa dell'educazione il luogo privilegiato dell'educazione alla fede. In questo senso tutto il processo di educazione politica risulta decisivo anche nell'ambito della educazione alla fede. L'attenzione di NPG alla politica non è giustificata solo da questa globale consapevolezza.
    Altri titoli sollecitano la pastorale giovanile a misurarsi con l'educazione politica.
    L'esperienza di fede sollecita i giovani credenti ad un coinvolgimento sul terreno del politico. La condizione richiesta all'impegno politico del cristiano è la coerenza delle sue scelte concrete con i valori fondamentali della fede confessata e dell'antropologia da essa ispirata.
    Nella comprensione e nell'espressione della sua fede, il giovane credente impara a dialogare con modelli politici differenti. Cerca il confronto con tutti. Collabora in una convergenza raggiunta sui progetti concreti, consapevole della provvisorietà di ogni programma politico e della incidenza che esso ha sul piano dei valori e degli orientamenti vitali. La fede spinge il cristiano al confronto nel pluralismo e alla coerenza sofferta con le scelte che stima irrinunciabili.
    Nel confronto e sull'ispirazione della fede confessata il giovane credente impara ad elaborare progetti operativi e programmi di promozione dell'uomo, in una convivenza democratica e liberatrice. La sua fede gli offre un punto di riferimento per valutarne l'autenticità per l'uomo e la sua storia.
    Nell'esercizio progressivo delle mediazioni politiche e nei processi di educazione ad esse, il giovane cristiano sperimenta inoltre un vero modello di spiritualità cristiana, capace di riconciliare «dentro» l'ansia verso la città dell'uomo con una intensa nostalgia verso la casa del Padre nel regno della definitività. In questo modello di spiritualità, il cristiano costruisce una sintesi vitale tra coscienza religiosa e professionalità. Come si nota da questi veloci accenni che ci ripromettiamo di riprendere in analisi più puntuali, la pastorale giovanile è attenta all'educazione politica non solo perché crede all'educazione. Lo è proprio nel centro della sua missione teologica.

    5. PROGETTI: UN ITINERARIO DI EDUCAZIONE POLITICA

    NPG ha scelto di pensare agli esiti e di formulare progetti in chiave di itinerario: per affermare la gradualità e la progressività di ogni cammino educativo e pastorale.
    Anche nel terreno della politica e dell'educazione all'impegno politico, riaffermiano la prospettiva dell'itinerario, come atteggiamento di fondo di chi cerca la traduzione operativa della nostra ipotesi e come modalità in cui formulare l'ipotesi stessa. Nella riflessione redazionale abbiamo profondamente condiviso la prospettiva e ci siamo impegnati a cercare realizzazioni congruenti.
    Il compito è tutto aperto: richiede una maturazione più accurata, il confronto critico con realizzazioni in atto, il contributo di esperti.
    Avanziamo qualche iniziale sottolineatura, quasi per dare i criteri e i riferimenti del lavoro che è in cantiere.

    5.1. Le mete

    La maturità politica, esito dell'educazione politica, è un fatto globale. Viene assicurata attraverso il conseguimento di un insieme di mete educative, quei traguardi che rappresentano dimensioni di personalità, da compaginare in un tutto armonico.
    - Costruzione di una capacità critica. Essa è l'esito di un maturo senso di realismo e della percezione riflessa del senso della storia. Il realismo sa evitare sia l'utopismo (una criticità senza realismo), sia il conservatorismo (un realismo senza criticità).
    La coscienza storica sa leggere il presente alla luce del passato: e in questo sa aprirsi prospetticamente verso il futuro.
    - Acquisizione di un bagaglio di conoscenze e informazioni politiche. L'educazione politica comporta la necessità di curare l'informazione intellettuale della persona, allargando le sue conoscenze con i diversi saperi, implicati nella politica. In questo la persona si abilita a superare il rischio facile della unilateralità nelle valutazioni, sa decifrare razionalmente i meccanismi in cui è embricata, può progettare con cognizione di causa.
    - Capacità di partecipazione, consapevole e impegnata. La partecipazione è qualità costitutiva della definizione di politica in cui ci muoviamo. La sua percezione e l'esercizio relativo sono di conseguenza mete obbligate di ogni maturazione politica. Nell'esigenza di partecipazione rientrano due modalità complementari: il «prendere parte» fisicamente e attivamente alle azioni, e il «condividere intenzionalmente» i valori e i significati che le ispirano e le orientano.
    - Solidarietà e responsabilità personale. Alla base di ogni azione politica sta la coscienza della solidarietà, costruita sulla responsabilità personale. Solidarietà e responsabilità sono i due aspetti di una stessa presenza. La solidarietà riconosce la molteplicità. La responsabilità se ne prende carico.
    - L'apertura verso l'azione, nella diversità. L'amore e l'impegno diventano «politici» quando si traducono in concrete azioni promozionali, a livello della gestione del potere. Le espressioni variano sulla sensibilità personale e sulla densità della situazione in cui si intende operare.
    - Capacità utopica. Questa meta ricorda l'urgenza di far spazio alla fantasia, alla capacità inventiva, alla creatività, anche nella realtà dura dell'azione e della progettazione politica.

    5.2. Le tappe

    Le mete suggerite sono raggiungibili attraverso un cammino, segnato da tappe intermedie e progressive. Ne ricordiamo alcune in vista di un possibile itinerario di educazione all'impegno politico.
    - Il punto di partenza è, come sempre, il vissuto giovanile «reale»: accolto come luogo di preziose indicazioni di prospettiva e «educativamente lavorato» per riportarlo progressivamente verso una sua piena maturazione. In questo ambito, vissuto giovanile è anche l'atteggiamento spontaneo verso la politica e gli uomini politici, il livello di partecipazione ricercato e assicurato, la percezione, spontanea e riflessa, dei problemi veri del territorio di vita...
    - Un momento importante è costituito dalla progressiva ricostruzione di atteggiamenti decisivi per la maturazione di una coscienza politica: capacità di dialogo e di integrazione, rifiuto dell'assolutezza delle proprie posizioni, capacità di prendere decisioni e assumere responsabilità, partecipazione, progettazione, conoscenza dei meccanismi; la solidarietà e la cooperazione.
    L'abilitazione a questi atteggiamenti avviene attraverso il clima che si respira nell'istituzione educativa e attraverso la ripetizione, controllata e programmata, di comportamenti nella linea degli atteggiamenti previsti. Ogni comunità educativa è chiamata a verificare l'esistente, per decidere interventi finalizzati a sostenere le tendenze positive e a modificare quelle negative.
    - Il momento successivo è dato dalla costruzione di un disegno politico, cioè di un insieme di principi di azione che prevedano modelli di relazione e di integrazione. L'azione dell'uomo può infatti essere definita politica solo se esiste un disegno di questo tipo.
    Questo disegno, al ritmo concreto dell'istituzione che lo progetta, va costruito con l'esplicita preoccupazione di sperimentare, nel piccolo e nel concreto, quel respiro politico verso cui si vuole abilitare: si pensi, per esempio, alla partecipazione e al controllo dei meccanismi dell'informazione e della gestione del potere, all'interno della istituzione educativa e della comunità scolastica.
    - Un altro momento è quello che si incarica di coniugare il «realismo» - vale a dire i modi e la qualità del «fare politica» - con quel tanto di «utopismo» che ci consente di procedere nel nostro cammino.
    In questo momento risulta di importanza notevole la diffusione e l'acquisizione di informazioni relative al fatto politico, fino alla costruzione (che è spesso verifica dell'esistente e ricostruzione in direzione nuova) di un «vocabolario» politico.
    Sempre a questo livello risulta decisiva la consapevolezza riflessa della complessità, per possedere la realtà e la capacità di trasformazione con quel realismo indispensabile che sa evitare riduzionismi e eccessive semplificazioni.
    - Si tratta inoltre di definire (sul piano della prassi e non solo su quello della teorizzazione) gli spazi privilegiati in cui questo disegno può realizzarsi a livello giovanile; definire, in altri termini, quelle proposte dotate di significato e di percorribilità che oggi possono essere formulate e praticate in un itinerario di formazione socio-politica. A questo livello si colloca il problema di formazione socio-politica. A questo livello si colloca il problema serio e inquietante dell'esito dell'educazione politica (e in concreto, per esempio, delle «scuole di formazione politica»).
    Fra le numerose e positive ipotesi NPG privilegia: lo sviluppo del volontariato e dello spirito cooperativo, la nascita di gruppi giovanili d'impostazione non violenta, ecologica, l'impegno per la lotta alla mafia, alla camorra, alla droga, contro la fame e per la pace.
    - Una dimensione importante (che non proponiamo come tappa a sé stante, ma come qualità di tutte) è data dalla attenzione continua per coinvolgere la fede e la concreta esperienza cristia na in questa educazione alla politica. L'esito è, come abbiamo ricordato studiando il rapporto tra fede e politica, la capacità di vivere la dimensione laica della politica e l'interiorizzazione di una profonda spiritualità per un cristiano impegnato in politica.
    A questo livello risulta prezioso il confronto critico con modelli: l'educazione alla politica passa anche attraverso la verifica delle «biografie» degli uomini politici.

    5.3. Gli ambiti

    Le lunghe riflessioni precedenti ci portano a concludere che l'ambito dell'educazione alla politica è quello della vita quotidiana. Non cerchiamo prima di tutto un ambito speciale, ritagliato e protetto nel ritmo dell'esistenza. Ma riaffermiamo la forza educativa (in positivo e in negativo) della vita e la necessità di restituire a tutti questo spazio.
    La scelta non suona come rifiuto di momenti specifici. Dice la logica di fondo e la conseguente funzionalizzazione di questi ai primi.
    Se è il quotidiano il luogo della prima e fondamentale «scuola di formazione politica», questo compito va affermato e restituito agli ambiti del quotidiano:
    - la famiglia e la scuola, come momento formativo ottimale, sul piano più globale;
    - la comunità ecclesiale (negli interventi che le sono tipici: catechesi, liturgia, vita di comunità...) come luogo di coraggiosa esperienza politica e come spazio in cui viene ricostruita una spiritualità per chi crede alla politica;
    - il gruppo come momento di sintesi esperienziale di una nuova qualità di gestione dell'informazione e del potere: come luogo quindi di una prima intensa e vivibile esperienza politica.
    I momenti speciali (stage, scuole di formazione politica...) sono per noi i momenti-forti di uno stile e di un ritmo che fa del quotidiano il suo centro.

    5.4. Gli strumenti

    La traduzione sul piano della prassi quotidiana dell'itinerario richiede, come è evidente, la scelta di una strumentazione adeguata e di strategie coerenti. NPG ne è consapevole e fa le sue proposte. Solo a titolo di esempio e per aprire una ricerca che intendiamo continuare soprattutto attraverso la proposta di esperienze, segnaliamo:
    - il contatto (sempre critico e sempre finalizzato all'educazione) con uomini politici capaci di narrare la loro autobiografia;
    - la proposta di modelli concreti di sbocco (nel partito, nel sindacato, nell'attività sul territorio, nella professionalità ordinaria...) per mostrare il ventaglio delle ipotesi, la loro praticabilità, il realismo a cui sollecitano, le difficoltà incontrate e superate...;
    - progetti e programmi di stage e di scuole di formazione politica, con esplicito raccordo verso il quotidiano;
    - esempi, progetti, modelli di «animazione politica» nella scuola: l'insegnamento e la formazione politica esplicita e diretta, la portata politica delle discipline, le prime e concrete esperienze politiche negli organi collegiali;
    - ritratti di politici cristiani: alla ricerca delle virtù dell'uomo politico e della sua necessaria spiritualità;
    - analisi critica dei meccanismi di potere insiti negli strumenti di informazione di largo consumo e nella gestione della cosa pubblica;
    - analisi critica del vissuto personale, per decifrare possibilità, esigenze, resistenze di una matura coscienza politica;
    - analisi critica dei modelli sociali esistenti: rapporto società-stato, sistemi di governo e di rappresentatività...;
    - rilettura di pagine di storia recente (il «sessantotto»...) alla ricerca dei meccanismi e dei processi politici implicati;
    - significato, funzione e limiti della cosiddetta «dottrina sociale della chiesa», nell'uso frequente e nei richiami ricorrenti;
    - un «tirocinio» di azione politica (guidato e misurato sulle reali capacità della persona), dove applicare sul campo le acquisizioni teoriche e pratiche e dove «imparare facendo»;
    - analisi delle presenze «cristiane» sul territorio, per valutarne la qualità e il significato, verso il modello teorico che sottostà alle scelte concrete;
    - verifica del tipo di potere di fatto gestito da ciascuno, verso una sua utilizzazione razionalmente motivata, in solidarietà e responsabilità, per superare la visione diffusa che lega la responsabilità del potere solo alle forme istituzionalizzate.

    6. CONCLUSIONE

    Abbiamo tracciato il quadro in cui NPG intende riprendere il discorso sulla politica. Alcuni temi li abbiamo sviluppati; altri sono evocati. L'orizzonte valoriale resta ancora vago e l'apertura al vissuto quotidiano appena accennata. L'abbiamo fatto a ragion veduta: non volevamo scrivere un libro... per dare il sommario dei nostri progetti. Come spesso abbiamo ricordato, ritorneremo su molti problemi, attraverso contributi espliciti e competenti. Questa prima nota serve a chi sarà invitato a collaborare per sapere come collocarsi; e la speriamo preziosa per il lettore che sa così in anticipo dove ci ripromettiamo di arrivare. Aiutare il lettore a condividere criticamente il nostro cammino è sempre stato per noi un punto di orgoglio. Non potrebbe non esserlo in un terreno, come è quello della politica, in cui la partecipazione è qualità pregiudiziale.


    T e r z a
    p a g i n A


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