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    Le parrocchie torinesi: orientamenti pastorali


     

    Giovanni Villata

    (NPG 1990-09-23)


    I dati della ricerca possono essere letti da un altro punto di vista non contrapposto ma complementare a quello sociologico: la prospettiva pastorale.
    Vedremo cioè gli orientamenti delle comunità parrocchiali, i risultati, le difficoltà che esse incontrano nel tentativo di ricomprendere e ridire ai ragazzi e ai giovani che abitano quel particolare territorio o con cui vengono in contatto, la «salvezza» cristiana che hanno ricevuto come un dono da comunicare a tutti.
    Sappiamo che questa azione pastorale si esprime fondamentalmente in tre momenti o servizi e che ha una legge da cui non deve prescindere.
    I momenti sono la catechesi, la liturgia e la carità: servizi distinti ma complementari e, come osservano i vescovi piemontesi, «non ha senso una pastorale che privatizzi i tre momenti (...) slegandoli l'uno dall'altro o peggio sovrapponendoli, senza inserirli in un unitario cammino di fede che investa l'intera esistenza del credente e della comunità in cui egli compie il suo itinerario di iniziazione».[1]
    La fede, infatti, come dice la Christifideles laici, va «confessata nell'adesione alla parola di Dio, celebrata nei sacramenti, vissuta nella carità, quale anima dell'esistenza morale cristiana» (ChL 33).
    La legge che sta a fondamento dell'azione pastorale della comunità ecclesiale è quella ricordata nel Documento sul Rinnovamento della Catechesi recentemente riproposto in tutta la sua validità alla chiesa italiana come fondamentale riferimento pastorale: «fedeltà a Dio e fedeltà all'uomo», non due preoccupazioni diverse ma «un unico atteggiamento spirituale, che porta la Chiesa a scegliere le vie più adatte, per esercitare la sua mediazione tra Dio e gli uomini» (RdC 160).
    In sintesi: la prospettiva è dunque quella dell'attuare la salvezza cristiana con e per i ragazzi e i giovani torinesi d'oggi, integrando sia i tre momenti fondamentali attraverso i quali essa si esprime, sia i cammini di maturazione umana e cristiana che la comunità parrocchiale offre.
    In questo articolo vedremo come si configura l'orientamento pastorale globale delle parrocchie torinesi; nel seguente cercherò, all'interno del quadro appena descritto, di cogliere i tratti più importanti che contraddistinguono la pastorale con e per i ragazzi e i giovani.

    DIVERSI MODELLI DI CHIESA

    La pastorale con e per i ragazzi e i giovani non è pastorale «diversa» da quella che la comunità parrocchiale va realizzando nel tentativo di rispondere alla propria vocazione evangelizzatrice.
    Si tratta della stessa pastorale che si esprime in interventi educativi contraddistinti da modalità particolari adatte a quei precisi destinatari che sono i ragazzi e i giovani che la comunità stessa ha generato alla fede.
    È la «diaconia» della Chiesa ai giovani e la reale «autorealizzazione» della Chiesa giovanile.
    Prima di mettere in evidenza le modalità con cui questa «pastorale specializzata» viene realizzata nelle parrocchie torinesi, mi sembra necessario presentare, in modo sintetico ed essenziale, i modelli di chiesa che ispirano i conseguenti modelli pastorali.
    Modello dice riferimento a una serie di tratti (teorici e pratici) orientati verso una precisa direzione, che mi permettono di configurare quella determinata immagine di chiesa e/o quel tipico modo di fare pastorale che da essa è ispirato; non indica quindi un «ideale» da raggiungere.
    I dati della ricerca sono stati riletti attraverso il filtro di tre modelli di chiesa elaborati valendosi sia della letteratura sull'argomento [2] sia dall'osservazione partecipata.
    Ognuno ha come riferimento e motivo ispiratore una tra le prospettive ecclesiologiche di base evidenziate nel Concilio Vaticano II e tuttora presenti nella vita della chiesa.

    I tratti fondamentali

    Per favorire la comprensione delle diversità tra i modelli, ho «esasperato un po'» i tratti fondamentali che li contraddistinguono.
    Li presento mettendo in evidenza le principali caratteristiche di ognuno, cominciando da quelle che si riscontrano nel modello «tradizionale».
    In questo modello il riferimento ecclesiologico è a un'immagine di chiesa gerarchica.
    In quest'ottica è determinante la presenza e l'azione del clero, e i laici vengono considerati più come esecutori e utenti che persone con cui condividere un progetto.
    Hanno peso notevole le tradizioni, la pratica sacramentale (i sacramenti sono i «mezzi» di salvezza e quindi di realizzazione personale), una liturgia di cui sottolinea piuttosto la componente rituale, e una catechesi preoccupata di trasmettere informazioni sulle «verità da credere» e di giustificare razionalmente tali verità nelle quali sono contenute tutte le risposte a tutti i problemi della vita.
    La carità si esprime prevalentemente nelle forme della beneficienza e dell'assistenza, e non poche opere promozionali ed assistenziali sono funzionali alla pratica sacramentale.
    Il modello punta decisamente su una proposta di salvezza individuale e tende a «separare» l'umano dal divino, il sacro dal profano, l'evangelizzazione dalla promozione umana.
    Nel secondo («comunionale») il motivo ispiratore è l'ecclesiologia di comunione definita come «l'idea centrale e fondamenale nei documenti del concilio» (ChL 19).
    L'obiettivo delle comunità che si ispirano a questa visione di chiesa è quello di costruire una comunità a specifica identità cristiana, dove sia possibile fare esperienza di rapporti interpersonali nuovi: non di egoismo, di anonimato ma di amore e di fraternità.
    Non si dimentica che la chiesa ha una sua inalienabile componente gerarchica, ma si legge tale componente dall'ottica di «compresenza delle diversità» e di «complementarietà delle vocazioni e condizioni di vita, dei ministeri, dei carismi e delle responsabilità» (ChL 20).
    Prevale l'orientamento alla corresponsabilità nel rispetto e nella presa di coscienza dei doveri-diritti che derivano dal battesimo e dalla cresima e dalla celebrazione della eucaristia.
    La catechesi mira ad offrire una proposta di identità cristiana attraente, sicura e rassicurante.
    Viene realizzata come servizio articolato alla parola attraverso l'impegno di persone diverse (preti, laici, religiosi/e, genitori, giovani...) e l'uso di modalità comunicative diverse in cui si mira, come nella liturgia, a sottolineare i tratti dello scambio, del dialogo tra persone con il «mistero» di Dio, della partecipazione soprattutto attraverso il gruppo e la comunità.
    Anche l'esercizio della carità si configura sugli orientamenti dominanti del modello e si presenta, di conseguenza, più come ricerca di forme che permettano la comunione intraecclesiale che come solidarietà concreta con i soggetti sociali più deboli e collaborazione per la trasformazione delle strutture.
    Il modello punta decisamente su una proposta di salvezza che superi l'individualismo e maturi nell'ottica, appena descritta, dell'apertura agli altri e nella formazione della comunità.
    Rimane il modello denominato «presenza nel mondo e per il mondo», modello che fa riferimento ad una visione di chiesa «povera e a servizio», e di cui viene sottolineata soprattutto la dimensione missionaria intesa come una presenza «lievito» che fermenta la massa.
    Il modello si pone nel fuoco dei problemi sociali, culturali e politici: li assume e li valuta nell'ottica della «causa» del Regno.
    Promuove la partecipazione dei laici e il loro impegno «nel mondo», e si propone di evitare ogni forma di clericalizzazione.
    Nella catechesi emergono spesso due momenti: l'iniziazione alla vita della comunità dei ragazzi o dei nuovi arrivati (realizzata normalmente attraverso forme molto partecipate e vitali) e lo sforzo di reinterpretazione e di riformulazione del messaggio cristiano.
    La liturgia perde un po' della sua caratteristica di celebrazione del mistero per diventare «occasione di ripensamento» dell'impegno quotidiano per la costruzione del Regno.
    La carità viene vissuta come testimonianza di servizio e di fraternità nella solidarietà con il mondo dei poveri e come impegno storico di liberazione.
    Il modello sottolinea una concezione della salvezza in cui si valorizzano l'impegno personale e comunitario nel quotidiano e la determinazione a superare i limiti del personale e del privato per aprirsi a livello sociale e politico.

    Quali parrocchie a Torino?

    Rileggendo i dati della ricerca attraverso il filtro dei modelli di chiesa, mi sembra emergano con sufficiente chiarezza i seguenti orientamenti:
    - non esistono quasi più parrocchie che facciano riferimento ad uno dei tre modelli allo «stato puro» (ossia così come sono stati appena descritti);
    - nelle parrocchie torinesi sono presenti, in proporzioni diverse e con diversa incidenza e «adattamento», tutti e tre i modelli;
    - oltre la metà di esse assume globalmente i tratti del modello comunionale; un terzo circa si contraddistingue per evidenti riferimenti al modello tradizionale; sono poche le parrocchie (sette in tutto) che si ispirano al modello ecclesiologico del tipo «presenza nel mondo e per il mondo», anche se alcuni aspetti di questo modello (ad esempio, l'impegno sul territorio, la collaborazione con forze sociali e politiche di ispirazione diversa...) sono presenti anche in comunità che si rifanno agli altri due modelli;
    - le parrocchie che si ispirano fondamentalmente al modello tradizionale tendono ad evolvere verso i tratti più salienti del modello comunionale, quali la centralità delle persone, la corresponsabilità, la valorizzazione delle strutture di partecipazione come il Consiglio pastorale parrocchiale (CCP), i piccoli gruppi... anche se oltre la metà delle parrocchie torinesi (in tutti e tre i modelli, in misura diversa), attribuisce ancora poca importanza a momenti comunitari quali, ad esempio, le giornate comunitarie, gli incontri comuni di preghiera per tutti coloro che sono attivi o impegnati nella parrocchia;
    - per quanto riguarda le difficoltà che si incontrano nella prassi pastorale, non sembrano esserci differenze sostanziali tra le parrocchie che si ispirano ai diversi modelli.
    Tutte rimarcano prima di tutto la mancanza di collaborazione da parte dei laici e insieme la scarsa accoglienza riservata alle iniziative pastorali che la comunità propone. In nessuna di esse, anche di diverso orientamento ecclesiologico, si pone come prima difficoltà la mancanza di linee pastorali diocesane.
    Emerge invece come problema di incidenza pastorale crescente quello dell'anzianità e della scarsità numerica del clero.
    In sintesi: nelle parrocchie torinesi non esiste più un unico modello ecclesiologico di riferimento.
    Sembra vincente la tendenza ad ispirarsi al modello ecclesiologico comunionale, introducendo, di volta in volta, delle variabili tipiche soprattutto del modello «presenza nel mondo» (per le parrocchie di ispirazione ecclesiologica comunionale) e comunionale (per quanto concerne le parrocchie di orientamento tradizionale).
    L'acquisizione della «mentalità di comunione» progredisce lentamente ma con continuità (a tutti i livelli) come una opzione senza ritorno, anche se le resistenze sono considerevoli sia nel clero sia in un certo laicato, piuttosto orientato alla delega che all'assunzione di responsabilità personali.

    DIVERSI MODELLI DI PASTORALE

    Agli orientamenti ecclesiologici che distinguono la vita delle comunità parrocchiali torinesi sono legati altrettanti modelli pastorali, anch'essi non riscontrabili allo stato puro.
    Nelle parrocchie ispirate ad una ecclesiologia gerarchica si insiste con maggior determinazione sulla importanza della preghiera, sulla pratica sacramentale, su «conoscere» e saper giustificare le verità della fede, sul riferimento a modelli oggettivi da imitare e su proposte che tendono a ripetere schemi collaudati.
    Sono valorizzate come persone autorevoli gli, adulti (soprattutto i religiosi e le religiose); si fa leva con determinazione sui valori oggettivi da assumere come norma di vita cristiana e sulla necessità di «contrapposti» alla cultura moderna, sospetta di distogliere da tale vita.
    In queste parrocchie i destinatari privilegiati (in alcuni casi, gli unici) della cura pastorale sono i fanciulli e i ragazzi; l'attenzione ai giovani e agli adulti è spesso limitata a coloro che possono offrire garanzie di impegno soprattutto come catechisti e nell'ambito liturgico, le due attività basilari cui dedicarsi.
    Quasi tutte le parrocchie di ispirazione pastorale tradizionale hanno strutture di partecipazione (il CPP e il Consiglio economico, ad esempio); valorizzano - sono tratti tipici degli altri due modelli - i piccoli gruppi più che le «classi» del catechismo tradizionale, tentano di dare più spazio al protagonismo, propongono momenti comuni d'incontro e di condivisione degli orientamenti catechistici... in una prospettiva però prevalentemente funzionale o strumentale.
    In quelle di orientamento ecclesiologico comunionale, la pastorale si presenta contraddistinta sostanzialmente dall'attenzione a valorizzare e a far maturare le persone, i rapporti interpersonali e la loro presenza attiva nella vita della comunità; favorisce la formazione dei piccoli gruppi come luoghi privilegiati di incontro di dialogo e di esperienze di vita cristiana e di chiesa.
    Per cercare di evitare il rischio di chiusura, in alcune delle parrocchie che si ispirano a questo orientamento si raccoglie l'istanza tipica del modello «presenza nel mondo e per il mondo» e ci si apre alla collaborazione con altre agenzie educative e istituzioni presenti sul territorio e alle problematiche sociali e culturali che ne segnano la vita.
    In altre si recupera l'istanza di integrità e di proposta sistematica dei contenuti della fede, tipica del modello tradizionale.
    Destinatari dell'attenzione pastorale non sono soprattutto o solo i fanciulli e i ragazzi; in queste parrocchie si punta con forza sui giovani e sugli adulti ai quali si offrono proposte di cammini comunitari di crescita nella fede e si chiede di assumere l'impegno nel servizio della comunità (ad esempio di diventare animatori di gruppo, di essere disponibili per le attività oratoriane...).
    Di più difficile determinazione rimane la pastorale realizzata nelle poche parrocchie che hanno come riferimento il modello ecclesiologico del tipo «presenza nel mondo e per il mondo».
    In tutte si mira a proiettarsi oltre i confini, le attività pastorali e i problemi che segnano la vita interna della parrocchia, verso una presenza cristiana dentro la vita quotidiana.
    È valorizzata la ricerca di nuove forme di annuncio, di partecipazione e di condivisione per essere «presenza profetica» nella chiesa e nel mondo.
    La partecipazione alle iniziative gestite da enti, organismi e persone sul territorio è una costante dell'orientamento pastorale.
    Si propone l'esperienza dei piccoli gruppi o delle piccole comunità come luoghi per superare l'anonimato, costruire rapporti, leggere e interpretare la Parola ed elaborare strategie di impegno ecclesiale, sociale e politico.
    Negli incontri di questi piccoli gruppi si fa spesso ricorso al metodo del «vedere-giudicare-agire» tipico di movimenti quali la Gioventù Operaia Cristiana (GiOC).
    Destinatari privilegiati dell'azione pastorale sono gli adulti e i giovani: in queste parrocchie sono presenti gruppi di apprendisti e di giovani lavoratori.

    CARATTERISTICHE COMUNI

    Nonostante la compresenza di diversi modelli di chiesa e di pastorale, nessuno allo stato puro ma tutti contraddistinti da un certo «sincretismo», mi sembra possibile rintracciare alcune caratteristiche comuni che contraddistinguono l'azione pastorale delle parrocchie torinesi.
    Le esprimo raggruppandole attorno a due indicatori: gli aspetti positivi e quelli problematici.
    Il criterio con il quale distinguo gli aspetti positivi da quelli problematici fa riferimento alla descrizione di pastorale presentata in apertura e alla ecclesiologia di comunione che il Concilio Vaticano II propone come idea centrale per la vita delle comunità ecclesiali.

    Gli aspetti positivi

    Da quanto emerge dai risultati della ricerca mi sembra di poter considerare come aspetti positivi:
    - l'orientamento globale dei vari modelli di chiesa e di pastorale verso l'ecclesiologia di comunione;
    - la crescita della convinzione che la parrocchia non è principalmente una struttura, un edificio, un territorio, ma una comunità di fede e una comunità organica;
    - i tentativi, ancora sporadici, e bisognosi di orientamento e consolidamento, per superare una pastorale emotiva, improvvisata, frammentata e legate a visioni soggettive;
    - la centralità accordata più alle persone e ai rapporti tra di esse e con il messaggio cristiano che ai progetti astratti;
    - il desiderio di superare una pastorale assorbita quasi del tutto dalla cura dei fanciulli e dei ragazzi, ma scarsamente o per nulla attenta ai giovani e agli adulti;
    - le varie iniziative per realizzare un clima di collaborazione e corresponsabilità (tra laici e preti, preti e laici, religiosi/e preti, ad esempio);
    - la convinzione, spesso ancora a livello di desiderio, che è necessario pensare e realizzare programmi pastorali anche imperfetti e a breve termine.

    Gli aspetti problematici

    Non mancano certo alcuni orientamenti persistenti e piuttosto comuni che possono essere visti come difficoltà da superare per maturare una pastorale organica che coinvolga tutta la comunità parrocchiale e sia sempre più fedele al suo principio normativo.
    Tali aspetti mi pare si possano ricondurre a tre:
    - le difficoltà a progettare e realizzare una pastorale d'insieme;
    - il pragmatismo come atteggiamento mentale e modo di concepire e realizzare concretamente l'azione pastorale;
    - l'eccessiva concentrazione dei compiti pastorali, compresi quelli laicali, nelle mani del clero.

    NOTE

    1. CEP, L'iniziazione cristiana dall'infanzia alla fanciullezza fino alla maturità della vita cristiana nell'età giovanile, 1984 n. 8.

    2. Cf Y. Congar, Ministeri e comunione ecclesiale, Bologna, Dehoniane 1973; A. Acerbi, Due ecclesiologie. Ecclesiologia giuridica ed ecclesiologia di comunione nella «Lumen Gentium», Bologna, Dehoniane 1975; B. Mondin, Le nuove ecclesiologie. Una immagine attuale della chiesa, Roma, Paoline 1980; G. Ambrosio et alii, Per una pastorale che si rinnova, Torino, LDC 1981; F. Perrenchio, Bibbia e comunità di base in Italia, Roma, LAS, 1980; E. Alberich, Catechesi e prassi ecclesiale, Torino, LDC, 1982; L. A. Gallo, Una chiesa al servizio degli uomini. Contributi per una ecclesiologia nella linea conciliare, Torino, LDC 1982; C. Floristan, Modelli di chiesa soggiacenti all'azione pastorale, in «Concilium» 20 (1984) 6, 128-138; E. Franchini, Il rinnovamento della pastorale, Bologna, Dehoniane 1986; J. B. Cappellaro - E. Franchini, Le due anime della pastorale italiana, Bologna, Dehoniane 1988.

     


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