Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Evangelizzazione, educazione, animazione. La scelta di NPG in un tempo di pluralismo



    (NPG 1990-03-31)


    Siamo in un tempo di pluralismo antropologico e teologico. Il nostro non è un pluralismo formale, come se si usassero dei sinonimi per dire, grosso modo, le stesse cose. Siamo invece confrontati da un pluralismo di sostanza: le stesse espressioni evocano modelli concettuali molto diversi.
    NPG ha progressivamente maturato una sua posizione. Si esprime in un modello di pastorale giovanile giocato in un preciso rapporto tra evangelizzazione, educazione, animazione.
    Mettiamo sulla carta queste nostre prospettive, al punto in cui sono maturate oggi nella nostra ricerca, per un confronto e una verifica.

    I PROBLEMI

    Secondo la nostra lettura, le diverse posizioni (teoriche e pratiche) di pastorale giovanile sono originate soprattutto dal modo con cui sono comprese e organizzate le esigenze della «educazione alla fede» e della «educazione».

    I termini

    L'educazione riguarda l'ambito della produzione e della comunicazione della «cultura», attraverso l'esercizio progressivo di una razionalità critica, in vista della personale crescita in umanità. Ha come preoccupazione sostanziale e specifica la maturazione della persona nella società, attraverso la proposta di valori, il confronto con modelli e scelte di vita, la gestione equilibrata degli interessi personali e dei rapporti intersoggettivi. L'educazione alla fede invece ha come oggetto la proposta, esplicita e tematica, dell'evangelo del Signore, per sollecitare alla sua accoglienza, come unico e fondamentale evento di salvezza. La struttura comunicativa specifica di questo annuncio è la testimonianza di vita, l'interpretazione di questa esperienza, fino a tradurla in messaggio, e la celebrazione dell'esperienza vissuta nei sacramenti della Chiesa. Il linguaggio utilizzato è quello della fede vissuta e confessata.

    I rapporti e le interferenze

    L'atto pastorale e l'atto educativo si richiamano e si ricoprono in una relazione anomala. Essi possiedono una loro specificità, formale e sostanziale. Per questo un atto non è l'altro. Nello stesso tempo si danno però sovrapposizioni e interferenze. Non sono originate solo da ragioni pragmatiche (sono spesso coincidenti gli agenti, gli strumenti e i destinatari); ne esistono anche di più sostanziali, dovute alla natura progettuale di questi atti per lo stretto rapporto tra maturazione umana e salvezza in Gesù Cristo. La distinzione tra atto pastorale e atto educativo non è mai totale né la sovrapposizione può risultare mai completa. Di qui i problemi del rapporto, sul versante pratico e su quello teorico. Quando diciamo «educazione» alla fede prendiamo sul serio la voce «educazione», disposti a misurarci, nelle dimensioni di fondo, con i contributi delle scienze dell'educazione? oppure, nell'ambito della pastorale, l'educazione è solo un modo di dire analogico, che ha poco da spartire con il mondo concreto dell'educazione? Ammessa una eventuale dimensione educativa per la pastorale, possiamo parlare veramente di «educabilità» della fede?
    Educabilità vuol dire possibilità di intervenire attraverso processi di educazione. Qui parliamo di educabilità della fede: possiamo intervenire sulla maturazione della fede? Sappiamo che la fede è un dono di Dio, segno della sua bontà e del suo amore, che supera ogni nostro impegno e progetto. Educazione esprime invece lo sforzo attraverso cui l'uomo aiuta sé e gli altri a costruirsi progressivamente. A prima vista i due elementi non vanno proprio d'accordo. Si escludono a vicenda; o si influenzano tanto da rovinarsi. Se insistiamo troppo sulla educazione, salta la gratuità della fede; se insistiamo troppo sulla fede, l'educazione perde la sua carica di competenza umana, di progettualità e responsabilità personale. Ammesso il raccordo, dobbiamo progettare una educazione a partire dalla fede o una educazione alla fede a partire dall'educazione?

    I MODELLI

    Il rapporto tra educazione e educazione alla fede non è prima di tutto un dato di teoria pastorale. Esso è una qualità del vissuto concreto delle comunità ecclesiali. La sua definizione teologica è una interpretazione critica della prassi ecclesiale. Il vissuto delle nostre comunità ecclesiali si presenta oggi molto pluralista e diversificato. Accentuando le linee di tendenza in uno schema di comodo, è possibile indicare quattro modelli.

    Primo modello: le forti proposte

    Il modello teologico tradizionale, che per tanto tempo ha dominato il dibattito circa il rapporto tra teologia e pedagogia, propone una prospettiva di netta dipendenza: l'atto pastorale «comanda» all'atto educativo sia nelle procedure che nelle strumentazioni. In questa prospettiva si parla molto di educazione alla fede e si insiste sugli interventi necessari per attuarla. La voce «educazione» è assunta però solo in una visione molto analogica rispetto a quella caratteristica delle scienze dell'educazione; il suo contenuto viene derivato, quasi deduttivamente, dal dato teologico. Viene così, in ultima analisi, svuotata ogni seria preoccupazione educativa nell'azione pastorale. Queste prospettive teologiche ispirano e orientano un modo concreto di fare educazione alla fede. In questo modello l'azione educativa e pastorale viene strutturata secondo uno stile di forte proposta. Le esigenze più decisive dell'esperienza cristiana sono messe in primo piano. In fondo, al modello interessano più i contenuti e gli eventi che il confronto con i destinatari. Dalla cultura dominante ci si preoccupa di prendere le debite distanze, ritrovando la carica alternativa e critica dell'esperienza cristiana. È facile giungere al rifiuto dei processi educativi o alla loro strumentalizzazione per l'educazione alla fede.

    Secondo modello: la prevalenza del «soprannaturale»

    Come reazione alla eccessiva pedagogizzazione della fede e della vita cristiana, sotto la spinta della «teologia dialettica», è sorto un modello che distingue drasticamente il momento educativo da quello pastorale. Alla base di questa concezione sta l'affermata irriducibilità del mondo della fede con il mondo profano e la costatazione teologica che nella Rivelazione c'è solo un discorso soteriologico, estraneo ad ogni interesse educativo. Dio è Dio; egli è il totalmente Altro, colui che è nascosto e avvolto nel mistero. All'assoluta e somma superiorità di Dio va contrapposta l'estrema e infinita inferiorità dell'uomo. Tra Dio e l'uomo non esiste nessuna possibilità di passaggio. In Gesù Dio si è fatto vicino all'uomo; l'evento è però unico e irripetibile. Nulla ha modificato della struttura costitutiva. Questo modello è segnato da una visione pessimistica nei confronti della cultura e di ogni produzione umana. Esso rifiuta, di conseguenza, in termini abbastanza duri, ogni mescolamento dell'educativo nell'ambito dell'evangelizzazione. L'accesso al mistero di Dio e alla sua salvezza è un dono che irrompe nella storia dell'uomo. Bisogna solo invocarlo ed accoglierlo con piena disponibilità. Le cose da fare sono poche e relativamente semplici: moltiplicare i contatti tra Dio e l'uomo. Di qui l'insistenza sui momenti di preghiera, sulle celebrazioni liturgiche e sacramentali, sull'ascolto della Parola di Dio, sulle esigenze di una esistenza tutta nello Spirito.

    Terzo modello: la scelta educativa

    Esistono modelli pastorali che preferiscono invece misurarsi sulle modalità storiche mediante le quali Dio ha voluto realizzare la Rivelazione. Essi sottolineano così la convergenza e complementarietà tra atto pastorale e atto educativo. La logica di fondo è quella della «sacramentalità»: di quel rapporto tra «visibile» e «mistero» che caratterizza l'Incarnazione, la qualità della presenza tra noi di Dio in Gesù di Nazareth. La Parola di Dio, offerta della Rivelazione, assume una sua speciale visibilità umana, per farsi conoscere, per rendersi vicina e accessibile all'uomo, in vista della fede. C'è quindi un aspetto della Rivelazione, inseparabile da quello trascendente, che è alla portata delle capacità di apprendimento dell'uomo. Esiste, in altre parole, un visibile, rivelatore dell'invisibile, un contenente veicolo al contenuto, un significante che conduce al significato. In questa prospettiva è facile riconoscere nell'educazione un contributo irrinunciabile anche per l'educazione alla fede: il visibile è il luogo di presenza del mistero e via privilegiata per accedervi. Lo stile pastorale è molto realistico. Evita i discorsi e le proposte troppo elevate, giocate sulle idealità astratte del solo dover essere. Preferisce fare proposte, rispettando il primato dell'esperienza. Gli educatori sono alla ricerca di «domande» in cui riformulare e da cui far reagire la fede. L'attuale diffusa «domanda di senso» rappresenta un luogo privilegiato per questa operazione. Dove è già vivace, lì l'azione pastorale si trova a proprio agio, anche se riconosce l'esigenza di «educare» continuamente anche questa domanda. Dove è assente o non viene posseduta riflessamente, la presenza, amorevole e costante, dell'educatore e l'accoglienza degli interessi quotidiani dei giovani sono finalizzati a farla fiorire. Anche i contenuti tipici dell'esperienza cristiana sono riscritti per renderli significativi ed espressivi, all'interno del modello antropologico che è stato privilegiato. Sorge così un modo nuovo di pregare, di celebrare, di realizzare l'impegno etico, di vivere da uomini spirituali.

    Quarto modello: l'educativo prima del pastorale

    Qualche esperienza attuale preferisce affermare il primato dell'educativo, compreso in termini di totale autonomia, sul pastorale. Da questa ipotesi nasce un modello pastorale che mette al centro la prassi quotidiana nelle sue dimensioni più immediate e concrete. Tutti sanno che le cose si portano dentro un mistero più grande. Lo chiamiamo di solito con i nomi rivelati della nostra esperienza credente: presenza di Dio, peccato, salvezza, fede. Su esso la pastorale gioca le sue preoccupazioni e le sue operazioni. Questa dimensione profonda è immersa però in dati e fatti sperimentabili e manipolabili, in cui sono in gioco responsabilità precise e concrete. A questo livello, si pronunciano le scienze dell'educazione. Qui è indispensabile chiamare le cose con i loro nomi, accettare i ritmi e i tempi dei normali processi evolutivi, programmare con serietà e competenza gli interventi adeguati. Realizzata così, la pastorale possiede una intensa carica di coinvolgimento. Diventa aggressiva e inquietante. Crea una gerarchia di preoccupazioni e di esigenze, diversa da quella tradizionale. Molti problemi religiosi passano in secondo piano, per fare spazio ad altri, vissuti come più urgenti. La risonanza politica attraversa anche i gesti ritenuti abitualmente più «sacri» (eucaristia, salvezza, Parola di Dio...). Affiora la consapevolezza che fare bene educazione è già in ultima analisi fare educazione alla fede.

    LA PROSPETTIVA DI NPG

    Tra queste diverse posizioni, NPG ha privilegiato una serie di scelte, ispirate al principio teologico-pastorale dell'Incarnazione. L'ha fatto per fedeltà alla sensibilità diffusa nella Chiesa del dopoconcilio. Nello sviluppo della sua storia, nel ritmo e nelle procedure tipiche di una rivista, NPG ha progressivamente portato a livello di maturazione più completo e articolato il suo riferimento all'evento dell'Incarnazione, come criterio di ogni azione pastorale. Ha preso consistenza così un modello di pastorale giovanile. L'abbiamo ricordato esplicitamente, celebrando i vent'anni di NPG (cf 1986 /1). Qui sottolineiamo le sue dimensioni ispiratrici.

    Un rapporto tra educazione alla fede e educazione

    Le scelte di NPG si caratterizzano prima di tutto sulla definizione di un tipo di rapporto tra «educazione alla fede» e «educazione»: a questo livello stanno i problemi e le differenziazioni, come ricordavamo poco sopra.

    Il primato dell'evangelizzazione: ma quale evangelizzazione?

    NPG ha cercato un rapporto tra educazione e educazione alla fede a partire dalla consapevolezza della priorità carismatica affidata alla evangelizzazione. «Evangelizzazione» è però un'espressione tanto ricca di significati da diventare equivoca. La comunità ecclesiale, quando oggi parla di evangelizzazione, si riferisce normalmente alle prospettive che l'Evangelii nuntiandi ha presentato come punto di riferimento normativo (cf EN 1724). L'Evangelii nuntiandi definisce l'evangelizzazione come un processo complesso, articolato in differenti interventi. Con una schematizzazione utile, gli interventi possibili sono riassunti in tre: la testimonianza, l'annuncio, la celebrazione. Il documento propone chiaramente una descrizione di ciascuno, per evitare cattive letture. Testimonianza è un modo di essere presenti nella realtà e la qualità dell'impegno per trasformarla. In questo, si propone come una modalità di vita e di responsabilità, condivisa e compartecipata con tutti gli uomini di buona volontà. È una dimensione «laica». Secondo i riferimenti che noi privilegiamo, testimonianza è l'atto educativo e la produzione della cultura, realizzati come espressione concreta di promozione dell'uomo. La testimonianza fa nascere domande attorno al senso dell'esistenza, personale e collettiva. A queste domande, l'evangelizzazione risponde attraverso l'annuncio. Nell'annuncio il credente dà le ragioni dei gesti di testimonianza che ha posto. La colloca in un orizzonte di definitività, li interpreta e, soprattutto, li collega esplicitamente con il mistero del Dio di Gesù Cristo, nella comunità ecclesiale. L'annuncio, nella proposta offerta da Evangelii nuntiandi, non è perciò la diffusione di parole, ma la giustificazione attraverso la parola proclamata («dare le ragioni») di un impegno promozionale. La terza dimensione dell'evangelizzazione è costituita dalla celebrazione. Certamente il documento pensa alle celebrazioni liturgiche e sacramentali, momento vertice di tutto il processo. Ricorda però anche l'esperienza globale di vita nuova: un clima, respirato e vissuto, che assicura, nell'oggi e per connaturalità, della verità di quanto è proposto per il futuro. È importante ricordare che l'Evangelii nuntiandi propone questi tre momenti come dimensioni dell'unico processo di evangelizzazione. Sembra ricordare che solo nella articolazione complessiva il processo è vero. Nessun elemento è previo o va interpretato solo come successivo, quasi ci fossero gesti di semplice pre-evangelizzazione o si potessero progettare interventi con scadenze logiche o valoriali. Questa importante prospettiva restituisce alle singole comunità ecclesiali la responsabilità di essere soggetto di evangelizzazione. Al loro interno, tutti collaborano all'unico compito, con interventi e presenze differenziate. La diversità non dice mai subordinazione: esprime invece qualità di presenza. In questa visione teologica viene suggerita una soluzione molto stimolante del rapporto tra educazione e educazione alla fede. Rispetta la diversità degli approcci, anche se li colloca nell'unica intenzionalità globale. E apre alla necessità di farsi attenti a tutti i dati educativi nel centro stesso del processo di evangelizzazione.

    La «distanza» tra educazione e educazione alla fede

    Pur riconoscendo la reciproca implicanza e il forte peso dell'educativo sul pastorale, in ordine all'obiettivo specifico della pastorale giovanile, è importante sottolineare anche la «distinzione» e una certa «distanza». Prima di tutto è indispensabile affermare che non si dà atto educativo diretto e immediato in rapporto alla esperienza di fede. La fede si sviluppa sul piano misterioso del dialogo tra Dio e ogni uomo. Questo spazio di vita sfugge ad ogni tentativo di intervento dell'uomo. In esso va riconosciuta la priorità dell'iniziativa di Dio. La risposta dell'uomo consiste nell'obbedienza accogliente. Questa immediatezza e radicalità viene servita, sostenuta, condizionata dagli interventi, formalmente educativi, che hanno la funzione di attivare il dialogo salvifico e di predisporre l'accoglienza. Questi interventi si pongono dalla parte del «segno». Sono orientati a rendere il segno sempre più significativo rispetto alle attese del soggetto, e spingono a verificare le attese personali per sintonizzarle con l'offerta della fede e della salvezza. Questo è l'ambito in cui pastorale e educazione coincidono operativamente. Gli interventi educativi hanno quindi una funzione molto importante nella educazione della fede. Senza di essi non si realizza, in situazione, il processo di salvezza. Si collocano quindi sul piano delle modalità concrete e quotidiane in cui si sviluppa il dialogo salvifico. Lo stesso gesto nella salvezza può essere contemporaneamente compreso come tutto nel mistero di Dio e tutto frutto di interventi educativi. Certo, le due modalità non sono sullo stesso piano né possono essere considerate «alla pari». Bisogna riconoscere, in una fede confessante, la priorità dell'intervento divino anche nell'ambito educativo, più direttamente manipolabile dall'uomo e dalla sua cultura. La fede dunque riconosce la grandezza dell'educazione: il fatto cioè che liberando la capacità dell'uomo e rendendo trasparenti i segni della salvezza, libera e sostiene la sua capacità di risposta responsabile e matura a Dio. Ma la fede riconosce che anche l'educazione rimane, come tutti i fatti umani, sotto il segno del peccato. La fede dunque deve esprimere un giudizio sull'educazione dell'uomo in genere e, in particolare, sul modello educativo umano che può essere utilizzato nel proporre la fede alle nuove generazioni. Questo, in fondo, non è attentato al dovere di rispettare l'autonomia dei fatti umani. Significa invece che l'approccio educativo e comunicativo è giudicato dall'evento al cui servizio si pone. Nel nostro caso comporta la costatazione che questo approccio, anche se è legato ad esigenze tecniche, avviene sempre nel mistero di una potenza di salvezza che tutto avvolge: la grazia salvifica possiede una sua rilevanza educativa, certa e intensa anche se non è misurabile attraverso gli approcci delle scienze dell'educazione.

    Educazione è il nome concreto della «promozione umana» in campo di pastorale

    In questa prospettiva NPG ha sempre voluto affermare e riconoscere la portata «salvifica» dell'educazione, la sua capacità di rigenerare veramente l'uomo e la società. Per questo ha sostenuto un modello di pastorale giovanile attento all'educazione e rispettoso delle sue logiche. Certamente, l'impegno educativo non può mai esaurire tutta l'azione pastorale. Essa richiede interventi qualificati in un orizzonte che si sporge nel mistero di Dio. Di quest'ordine sono, per esempio, liturgia e sacramenti. La fiducia nell'educazione non esclude queste esigenze, ma suggerisce la modalità e l'intenzione con cui esprimere questo servizio pastorale «ulteriore». Chi crede all'educazione sa che solo all'uomo restituito alla coscienza della sua dignità e alla passione per la sua vita, possiamo annunciare il Signore Gesù, come la risorsa risolutiva del suo desiderio di felicità e di vita, da invocare e incontrare nella verità e nella profondità della sua esistenza umana. L'uomo, spossessato della sua responsabilità, piegato sotto il peso della disperazione o distrutto nell'oppressione, non può trovare nel Signore Gesù un principio di rassegnazione. Chi lo fa, tradisce la profezia dell'evangelo e pone il Dio della vita come concorrente spietato e geloso alla fame di vita. Se questa è l'intenzione, il modo con cui viene realizzata l'educazione alla fede risulta necessariamente condizionato. L'evangelo viene annunciato in tutta la sua radicalità e forza interpellante, perché offrirlo per la vita non significa di certo deprivarlo della sua verità. L'annuncio mette però l'uomo al centro, lo vuole protagonista anche quando gli sollecita l'obbedienza accogliente di un dono. Le esigenze della gradualità, della progressività, il rispetto della soggettività anche nella sua elaborazione, rappresentano i criteri obbligati su cui misurare il servizio pastorale. Sono proprio queste esigenze quelle che fanno più difficoltà a coloro che si riconoscono nei primi due modelli, descritti nelle pagine precedenti. NPG non ha sempre trovato consenso facile alle sue proposte per questi contrasti di mentalità. Abbiamo però difeso tenacemente la nostra prospettiva perché ci sembra corretta almeno come le altre, perché è quella che permette una pastorale giovanile davvero sulla misura dei giovani più poveri.

    L'animazione

    Negli ultimi anni, NPG si è fatta attenta ad una sensibilità nuova: l'animazione. Nei primi passi, lo spessore di questa formula non è sempre stato evidente. Un po' alla volta si è però chiarito. Oggi rappresenta un ambito indiscusso del contributo di NPG alla pastorale giovanile italiana.

    Animazione come qualità dell'educazione

    NPG propone una definizione operativa di animazione che prende le distanze delle accezioni più comuni e riporta il concetto direttamente nell'ambito formalmente educativo: animazione è uno stile di educazione. Per questo viene utilizzata come «nome concreto» dell'educazione (sul piano dell'orizzonte culturale e delle strategie operative). L'animazione è un originale stile educativo che ha lo scopo di maturare le persone e le istituzioni, attivando un processo critico di promozione liberatrice. Esso si realizza al di dentro dei processi di socializzazione. Mira a favorire la crescita attraverso interventi condivisi da tutti i protagonisti e protesi al raggiungimento di finalità concordate. Per la sua funzione critica si qualifica come stimolo alla responsabilizzazione. Questo impegno avviene soprattutto attraverso la progressiva restituzione ad ogni persona di un protagonismo responsabile. La persona è così sollecitata a scoprire le sue aspirazioni più autentiche e maturanti e a realizzarle con creatività, nel confronto interpellante con le libertà e le attese degli altri uomini e nel realismo delle diverse mediazioni istituzionali.

    La pastorale giovanile a scuola dall'animazione

    Il modello educativo assunto dall'animazione rappresenta una proposta ideale per realizzare le esigenze che scaturiscono dalla dimensione educabile della fede. La fede è una risposta personale, libera e responsabile, pronunciata all'interno di un progetto dotato di una sua consistenza normativa e segnato da una precisa dimensione comunitaria. Per educare a questa decisione si richiede nello stesso tempo l'educazione alla libertà e responsabilità, e la disponibilità alla solidarietà ecclesiale e alla accoglienza di progetti già dati. La libertà riconquista alla verità personale il dono in cui siamo collocati, che giudica e misura questa stessa libertà. La decisione di fede diventa perciò tanto più libera, responsabile, matura e autentica, quanto più la persona attua in sé un processo di libertà, responsabilità, solidarietà, crescita in umanità. L'animazione può essere considerata quindi uno stile privilegiato non solo per educare, ma anche per intervenire educativamente nell'educazione alla fede.


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu