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    Animazione e tecnologia


    La «rete» dell'animazione. Voci per un Dizionario /6

    Mario Pollo

    (NPG 1990-03-42)


    Tra gli atti comunicativi attraverso cui si esprime la cultura umana vi è un insieme del tutto particolare che è costituito da quelle comunicazioni che avvengono per mezzo degli strumenti della tecnica, e che quindi si collocano nel dominio della tecnologia.
    Nel contesto comunicativo gli strumenti tecnici rappresentano un modo particolare di articolazione della relazione dell'individuo umano con se stesso, con gli altri e con la realtà materiale e culturale.
    È bene a questo punto chiarire, anche per evitare che qualcuno pensi che qui si parla solo della tecnologia dei mezzi di comunicazione, che in antropologia il termine comunicazione non è riferito solo al processo che realizza lo scambio di segni e, quindi, di informazioni ma anche a quei processi che realizzano lo scambio di beni e di servizi (l'economia) e quegli scambi parentali (il matrimonio) che consentono la riproduzione e la conservazione della specie umana attraverso la costituzione della famiglia.
    Il termine comunicazione indica perciò, di fatto, l'intero sistema di relazioni attraverso cui l'uomo realizza il proprio progetto di vita sulla terra. Per questo motivo si può affermare che la tecnologia investe quasi tutti i processi che formano la vita individuale e sociale di un essere umano.
    In modo affatto particolare è corretta l'affermazione che ogni strumento di natura tecnica fissa un particolare modo di vivere la comunicazione e manifesta una particolare concezione della cultura sociale e dei valori umani. Lo strumento tecnico seleziona, cioè, dalle infinite possibilità offerte dal mondo un insieme particolare di possibilità. Questo significa che gli strumenti tecnici che l'uomo ha a disposizione condizionano il suo progetto personale offrendogli alcune direzioni da percorrere invece di altre. Si può perciò affermare che la tecnologia è una parte assai significativa della grammatica del progetto d'uomo e, tra l'altro, è anche quella più attuale e moderna.
    La tecnologia, se si condivide questo punto di vista, può essere considerata il capitolo più ampio della grammatica del linguaggio, inteso come capacità dell'uomo di esercitare il proprio dominio sulla realtà. Dominio senza il quale ogni discorso progettuale rischia l'illusorietà.

    PERSONA UMANA, COMUNICAZIONE E TECNOLOGIA

    Questi ultimi decenni sono stati caratterizzati da un impetuoso e, per alcuni versi, imprevedibile sviluppo tecnologico. Basta, ad esempio, osservare ciò che è avvenuto nei mezzi di comunicazione. La stampa, che è stata per quasi mezzo millennio l'unica tecnologia della comunicazione, si è vista, in pochissimo tempo, affiancare da nuovi potenti mezzi quali il telegrafo, la fotografia, il cinema, la radio, il telefono, la macchina da scrivere, la televisione, le telescriventi, i sistemi di registrazione e di riproduzione audio e video sempre più sofisticati, i computers, i telefax. Il tutto, oggi, assistito da una rete di satelliti, di ripetitori, di antenne, di cavi e di trasporti che assicurano vari tipi di comunicazione istantanea, o al massimo differita di poco, tra tutte le aree del globo terracqueo.
    La rivoluzione tecnologica dei mezzi di comunicazione è tutt'altro che giunta la termine. Laser, fibre ottiche, alta definizione, ecc., non sono che i facili indizi di una evoluzione tecnologica che riserverà ancora, al di là dell'immaginabile, ulteriori sorprese e stupori.
    Oltre a questi mezzi di comunicazione dell'informazione la tecnologia in questo ultimo secolo si è arricchita anche di strabilianti mezzi di trasporto che, come è evidente, sono anch'essi strumenti di comunicazione. L'insieme integrato dei mezzi di trasporto, dei mezzi di comunicazione e di tutti i mezzi che assistono la vita quotidiana delle persone, oltre che la produzione industriale, il cui sviluppo non è stato meno importante di quello egli strumenti della comunicazione di informazioni, rappresenta il complesso sistema di comunicazione del mondo contemporaneo.
    In conseguenza di questa rivoluzione tecnologica il sistema di comunicazione odierno tende a trasformare il mondo, in accordo a quanto sosteneva il compianto Mc Luhan [1], in una sorta di villaggio globale all'interno del quale le persone dedicano sempre più tempo e risorse alla attività di comunicazione, magari solo come recettori passivi.
    Attraverso il sistema di comunicazione si sta disegnando un nuovo mondo abitato da un nuovo uomo in possesso di un sistema nervoso che si estende in tutto il globo terracqueo e di organi motori in grado di fargli percorrere in poco tempo distanze enormi.
    Questo uomo nuovo, che non ha, nonostante questa descrizione, l'aspetto di un mostro, ha esteso i propri organi sensoriali e motori e il proprio sistema nervoso attraverso i mezzi di comunicazione che le nuove tecnologie hanno prodotto.
    Il sistema di comunicazione offre, cioè, all'uomo contemporaneo occhi, orecchie, corde vocali, gambe, braccia e mani tecnologiche che lo mettono in grado di vedere, sentire, parlare e agire anche al di là dello spazio-tempo che il suo corpo e la sua psiche sono in grado di dominare direttamente.
    La tecnologia, e non solo quella della comunicazione in senso stretto privilegiata dall'esempio, non può perciò essere considerata solo come un insieme di mezzi esterni all'uomo che egli può utilizzare secondo le sue esigenze, ma come una vera e propria parte costitutiva della natura fisiologica umana.
    L'uomo del nostro tempo ha, di fatto, incorporato nel suo stile di vita i mezzi di comunicazione trasformandoli in protesi. Ciò ha modificato la sua fisiologia e ha dilatato il suo dominio spazio-temporale.
    La modificazione della fisiologia umana non è però avvenuta solo a livello metaforico ma si è manifestata anche a livello della struttura del sistema nervoso.
    L'utilizzo intensivo di alcune tecnologie ha indubbiamente modificato il sistema nervoso degli esseri umani odierni rendendolo significativamente diverso da quello degli uomini vissuti in epoche passate. La rapidità delle percezioni, delle reazioni ed il livello di complessità del coordinamento psicomotorio e viso-motorio degli uomini dei nostri tempi è senza dubbio molto più sviluppata di quella degli uomini di un passato anche recente. Al contrario alcune abilità umane possedute dagli uomini del passato sono scomparse o sono divenute oltremodo rare.
    Ad esempio i mass media hanno, da un lato, dilatato le capacità quantitative di elaborazione, di trasmissione e di conservazione dell'informazione dell'uomo e, dall'altro lato, ridotto la capacità di interpretazione delle stesse informazioni.
    La tecnologia non può, quindi, essere considerata un fatto neutro all'uomo che questi può utilizzare per certi scopi, rimandando il giudizio etico su di essa solo agli effetti prodotti dal suo utilizzo. Ogni tecnologia per il fatto stesso che modifica in qualche modo la configurazione dell'essere umano esprime una sua eticità, ovvero esprime un dato insieme di valori e una concezione della persona umana, della sua vita e del suo mondo.

    ANIMAZIONE E TECNOLOGIA

    Per questo insieme di motivi l'animazione non può non considerare nel suo percorso educativo il rapporto del giovane con l'insieme degli strumenti tecnici che il suo tempo gli rende disponibili. Allo stesso modo deve selezionare in modo rigoroso gli strumenti che utilizza per realizzare il suo itinerario educativo, perché attraverso gli strumenti veicola una certa concezione dell'uomo e della vita.
    Questo significa che l'incontro dell'animazione con la tecnologia avviene in due ambiti distinti anche se interrelati. Il primo di questi ambiti è costituito dalle attività dell'animazione volte a educare i giovani ad un corretto rapporto con gli strumenti tecnici che incontrano nella loro vita quotidiana. Il secondo ambito è, invece, costituito dall'insieme dei mezzi tecnici che vengono utilizzati per realizzare, o semplicemente supportare, l'attività di animazione.

    L'educazione del giovane ad un corretto rapporto con la tecnologia

    Educare il giovane ad un uso corretto della tecnologia significa per prima cosa renderlo signore del suo rapporto con gli strumenti, materiali e immateriali, che questa gli mette a disposizione. Questo significa che l'animazione deve aiutare il giovane ad essere consapevole degli effetti che l'uso degli strumenti ha sul suo personale progetto di vita e su quello della società in cui lo realizza. Questa consapevolezza, che altro non è che la manifestazione della centralità della coscienza nella vita dell'essere umano, si forma attraverso lo sviluppo della capacità di cogliere la dimensione etica che ogni strumento tecnologico possiede. I criteri che il giovane deve poter elaborare per sviluppare questa capacità sono quelli inerenti la valutazione del rapporto tra:
    - il sistema di valori che fondano il suo progetto di vita e quelli che lo strumento esprime;
    - i principi che ispirano la progettazione e l'uso degli strumenti e i risultati che effettivamente producono;
    - lo strumento e la cultura in cui è inserito.

    Valori e tecnologia

    Come si è già brevemente accennato gli strumenti non possono essere considerati come delle sorta di operatori neutri che ricevono il loro valore solo dall'uso che di essi viene fatto. Ad esempio un coltello non è neutro e, quindi, buono quando serve per tagliare il cibo e cattivo quando serve per far del male a qualche essere vivente.
    Il coltello al di là del suo uso possiede un suo intrinseco valore. Di solito questo valore è rintracciabile nella forma del coltello. Ad esempio una posata classica con la punta arrotondata ed una lama poco tagliente è chiaramente progettata per impedirne un uso offensivo per la vita di qualsiasi specie animale. Al contrario un coltello molto appuntito e affilato, magari con una sezione studiata appositamente per favorirne la facile penetrazione, manifesta una sorta di ambiguità di uso, avendo insita nella sua forma contenuta la potenzialità di offesa del corpo di un vivente. Questo significa che un coltello di quest'ultimo tipo, al di là dell'uso a cui sarà sottoposto, contiene in se stesso, nella sua forma, il "valore" della tangibilità violenta degli esseri viventi.
    Questo discorso forse risulta più chiaro se si passa ad uno strumento tecnico più complesso. Una catena di montaggio, ad esempio, non è neutra ma sposa al contrario alcuni valori ben definiti come la supremazia del prodotto sulla persona che lo produce e del lavoro come merce e non come via di autorealizzazione umana. Una catena di montaggio prima ancora del suo uso è l'espressione di un certo insieme di valori che sono stati incorporati in essa, consciamente o inconsciamente, dalle persone che l'hanno progettata e commissionata.
    Il primo insegnamento che l'animazione deve proporre al giovane è perciò quello che ogni tecnica possiede sempre un certo valore che precede il suo effettivo uso. Questo significa che l'animatore deve educare i giovani a decifrare le intenzionalità che sono presenti nei vari strumenti tecnici con cui il essi entrano in contatto, direttamente o indirettamente, nella loro vita quotidiana. In modo particolare i giovani devono essere messi nella condizione di cogliere la concezione di uomo e di mondo che è presente negli strumenti con i quali essi costruiscono la loro vita. Questo significa che l'animazione deve mettere in grado il giovane di capire che il suo farsi non è solo il prodotto della sua intenzionalità e di quella delle persone con cui vive, ma che in esso giocano un ruolo potente anche se silenzioso le "cose" la che la tecnologia del suo tempo gli mette a disposizione.

    Valori e uso degli strumenti

    Il discorso appena fatto intorno alla dimensione etica degli strumenti tecnici anche se corretto è parziale perché non tiene conto degli effetti concreti che l'uso di questi produce.
    Infatti ogni strumento produce sovente degli effetti, magari secondari, che nessuno era in grado di prevedere. Si può dire che ogni strumento ha una sua eticità nascosta che nasce sempre dal suo impatto con la realtà.
    Ci sono strumenti progettati con tutte le migliori intenzioni di questo mondo che manifestano nel loro utilizzo contraddizioni e limiti tali da vanificare, o ridurre di molto, la loro positività. È questo, ad esempio, il caso delle tecnologie genetiche che nate per controllare in modo responsabile o per favorire la riproduzione della vita, si rivelano invece produttrici di effetti di disincentivazione della riproduzione della vita stessa nella normalità delle condizioni di esistenza delle culture nelle quali avvengono, favorendo forme di egoismo genetico che hanno il sapore della morte.
    Questo significa che la dimensione etica di uno strumento non può essere letta solo attraverso lo sguardo di una morale dei principi, ma deve essere svelata anche attraverso la morale dei risultati. Il criterio di valutazione della moralità dello strumento deve essere oltre che teorico-astratto di tipo pratico-sperimentale. In altre parole esso non può essere né solo teorico, né solo pragmatico ma, viceversa, deve realizzare una sintesi circolare, retroattiva, tra questi due modi di valutazione etica degli strumenti tecnici.

    Strumenti e cultura

    Il valore di uno strumento non dipende solo dalla sua natura particolare ma anche dalla cultura sociale al cui interno esso è inserito. Ogni cultura, infatti, elabora dei propri criteri di valutazione degli strumenti attraverso i quali seleziona tra tutti i mondi tecnologici possibili il suo mondo tecnologico. Ogni persona è, quindi, sempre condizionata dai criteri della sua cultura di appartenenza quando analizza il valore di uno strumento. Questo significa che se non si tiene presente questo il giudizio sul valore degli strumenti rischia sempre di essere irrimediabilmente relativo. Molti strumenti pur buoni e validi sono stati abbandonati perché la cultura sociale non solo non li valorizzava ma li svalutava. Se il giovane deve superare le soglie del relativo per andare verso il territorio in cui il soggettivo si apre all'avventura dell'oggettivo, non può non sviluppare un'analisi del rapporto che esiste tra il suo modo di valutazione della tecnologia e la cultura sociale in cui è inserito. Senza questa analisi la sua valutazione della dimensione degli strumenti rischia di essere terribilmente etnocentrica e parziale.
    Non bisogna dimenticare a questo proposito che non sempre i criteri che una cultura produce sono validi in quanto, come è noto, le culture possono impazzire o produrre valori aberranti e, quindi, criteri di valutazione delle tecnologie assolutamente fuorvianti. Basti pensare, senza andare ai casi storici clamorosi, alla valutazione monoliticamente positiva che negli anni passati è stata fatta dei processi di industrializzazione e che ha provocato dei veri e propri disastri sull'ambiente naturale e delle altrettanto gravi distruzioni sulle culture locali, con i conseguenti effetti di anomia su molti abitanti dei paesi industriali.
    Educare alla tecnologia implica perciò educare i giovani anche ad una sorta di distanziamento dalla loro cultura sociale che consenta loro, pur nella piena appartenenza, di essere critici rispetto ai valori che essa propone.

    Tecnologie educative e animazione

    Anche l'animazione utilizza ampiamente gli strumenti tecnici che il sapere di questo tempo mette a disposizione delle attività di educative. Tutto il repertorio delle tecniche di animazione, ad esempio, può essere considerato una vera e propria tecnologia anche se di natura eminentemente immateriale. Non bisogna però dimenticare che accanto agli strumenti tecnici immateriali l'animazione utilizza anche strumenti tecnici materiali. Audiovisivi, computers e strumenti di sostegno alla produzione di forme espressive sono da considerarsi a pieno titolo prodotti della tecnologia.
    Il rapporto dell'animazione con la tecnologia può essere letto attraverso i paradigmi della povertà, dell'essenzialità e della significatività esistenziale.
    Questi tre paradigmi, ancorché non esclusivi, sono centrali per fondare il rapporto dell'animazione con la tecnologia, in quanto il loro mancato rispetto mette in crisi i valori di fondo su cui poggia la concezione dell'animazione.
    Infatti a ben guardare povertà, essenzialità e significatività esistenziale non sono che tre facce dell'amore per la vita e per l'uomo che è alla base dell'animazione.

    Il paradigma della povertà

    La povertà indica la fede dell'animazione nella possibilità di educare sia con strumenti poveri che in situazioni di scarsità di risorse materiali e immateriali. Ogni situazione umana può aprirsi al vento vivificante dell'educazione anche se essa è attraversata da una profonda povertà materiale e culturale, purché ci sia un educatore che è disposto a spendersi per l'educazione. Questo perché l'animazione ha evidenziato come l'unica variabile veramente indispensabile all'educazione sia la relazione umanamente significativa tra educatore ed educando.
    Oggi, purtroppo, molte persone che dovrebbero educare hanno sostituito questa capacità relazionale con un dispiegamento pirotecnico di strumenti tecnici. Dispiegamento che non è però assolutamente in grado di surrogare l'assenza di una relazione umana significativa dal punto di vista educativo.
    Povertà significa, poi, che l'animazione mette al centro del suo processo gli ultimi e che, quindi, si fa povera per condividere la povertà di chi vive le situazioni di marginalità sociale ed economica.
    Gli strumenti che l'animazione utilizza devono essere tali da consentirle di essere un'azione povera che libera la ricchezza che è presente nella relazione tra le persone che vogliono percorrere insieme un cammino di realizzazione della propria umanità.

    Il paradigma dell'essenzialità

    In quest'ottica offerta dalla scelta della povertà si può affermare che l'essenzialità non è che il modo di vivere che rispetta questa fede dell'animazione e la sua scelta di povertà. L'essenzialità è un modo di fare animazione perché attraverso questo stile l'animazione vuole aiutare i giovani a elaborare uno stile di vita non consumista, centrato sui valori e sulla capacità di selezionare nell'offerta della complessa opulenza solo le cose che servono alla loro piena realizzazione umana, letta da un punto di vista trascendente l'ottica del piacere e dell'utilità immediata. L'essenzialità è uno stile di vita che investe non solo i consumi di cose materiali ma anche beni immateriali come i sentimenti, le idee e le opinioni.
    Ora se l'animazione deve educare all'essenzialità non può che selezionare con questo criterio l'offerta delle tecnologie che la società attuale le propone.

    Il paradigma della significatività esistenziale

    Strettamente connesso con i due precedenti paradigmi che devono ispirare la scelta delle tecnologie necessarie allo svolgimento dell'animazione vi è quello della significatività esistenziale.
    Questo paradigma nasce dalla consapevolezza che l'offerta tecnologica odierna, specialmente a livello della comunicazione pur essendo quantitativamente estesa e ridondante per molti versi è però alquanto poco profonda nelle risonanze del significato.
    La comunicazione contemporanea considera, infatti, l'uomo come una sorta di macchina per comunicare, soggetta a più o meno rigorose leggi, ma aliena dalle risonanze del mistero e della poesia. L'uomo attraverso la comunicazione di massa odierna può essere persuaso, manipolato, condizionato e indotto a certi consumi e, quindi, a certi comportamenti, tra cui anche la commozione, ma non può però essere stupito e meravigliato nel senso antico di queste espressioni. Quello che i mass media provocano, infatti, non è vero stupore ma il suo surrogato. Un surrogato, tecnicamente perfetto, ma che non tocca le radici dell'essere perché non offre nessun senso e nessun sentimento utile a comprendere la vita dell'uomo nel mondo.
    I mezzi di comunicazione umana odierni, pur con la loro strabiliante potenza, rischiano di impoverire invece di arricchire la vita umana. Essi rischiano, cioè, di svuotare l'essere umano, di alienarlo dalla sua interiorità e di isolarlo dagli altri esseri umani.
    Ad esempio, il fatto che milioni di persone vedano gli stessi programmi televisivi non contribuisce assolutamente ad avvicinare e rendere solidali tra di loro queste persone. Le persone consumano le stesse informazioni, gli stessi spettacoli, gli stessi cibi, gli stessi valori e le stesse idee all'interno di un isolamento che assume ogni giorno di più l'aspetto di una povertà spirituale.
    È un isolamento che non diviene mai solitudine, che non diviene, cioè, mai il luogo dell'incontro dell'uomo con se stesso, con i propri dubbi, con le proprie paure, con le proprie aspirazioni e speranze perché non è nutrito da quel particolare linguaggio che può aiutarlo a contemplare, se non a decifrare, il mistero di se stesso e della propria vita.
    È necessario, perciò, che il giovane sia aiutato a riaffiancare all'estensione l'intensione, a recuperare, cioè, la profondità della comunicazione che, molto spesso, alberga lontano dalle dimore lussuose dei moderni apparati tecnologici.
    L'animazione per offrire ai giovani questa opportunità privilegia le esperienze comunicative esistenzialmente significative e, quindi, ogni uso delle tecnologie deve essere subordinato a questo particolare punto di vista.

    Conclusione

    La concezione dell'uomo come essere progettuale privilegiata dall'animazione impone che essa aiuti il giovane a scegliere un rapporto con la tecnologia che lo metta nella condizione di incorporare nella propria dimensione esistenziale solo quelle mediazioni tecniche che sono congruenti al suo personale progetto di vita. Per fare questo l'animazione deve abilitare il giovane a comprendere che il dominio della sua responsabilità etica va oltre i confini biologici della sua persona, in quanto abbraccia gli strumenti tecnici con i quali egli media il suo rapporto quotidiano con se stesso, con gli altri e con la natura.
    La tecnologia, infatti, non può essere considerata esterna all'uomo ma l'estensione artificiale del suo corpo e, quindi, interagente a pieno titolo con la sua dimensione etica.


    NOTE

    [1] Mc Luhan M., Gli strumenti del comunicare, Milano 1967, p.11


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