(NPG 1990-05-65)
La forza della televisione, rispetto agli altri mass media, consiste in questo: si tratta di mezzo perfettamente interattivo. Detta semplicemente: un mezzo che: a) se gli fai domande, ti risponde; b) se ti fa domande, induce a rispondergli.
E le domande che pone e quelle a cui replica sono espresse - come sovente nella lingua italiana - dal ricorso al pronome chi. Questo consente di descrivere la funzione attuale della tv attraverso cinque modelli, riassumibili in cinque usi di quel chi.
1. Modello «Chissà chi lo sa». O della «Conoscenza».
È il più antico ma è tutt'ora vitalissimo. I programmi a quiz continuano a dominare i palinsesti; l'utente viene reiteratamente - meglio: ossessivamente - interpellato su un arco di informazioni e opinioni che oscillano tra «quanti fagioli ci sono in questo vaso?» e «che cosa pensa della eutanasia?». Ciò non richiede che I 'interpellato si rechi negli studi televisivi. Oggi, il Concorrente (più spesso, la Concorrente), costantemente allertato e attrezzato, compete nel proprio spazio domestico: sta a un capo della rete telefonica, saldamente installato tra il telefono e il telecomando (sullo sfondo gli altri elettrodomestici, muti: o, meglio, non interattivi, loro). E nemmeno si richiede, oggi, al Concorrente una qualche competenza: solo la tenacia e il tempo necessari a «prendere la linea». La Fortuna nel «prendere la linea» - dal momento che introduce a una domanda e a una risposta magari «esatta!» - tende a coincidere con la conoscenza stessa: chi risponde al quiz è qualcuno che sa. Non importa il contenuto di quel sapere (il numero dei fagioli nel vaso oppure il numero degli elementi di un composto chimico): il suo valore è squisitamente quello di scambio; il suo equivalente è in gettoni d'oro.
2. Modello «Chi paga qui?» O dell'«Arraffa arraffa».
Strettamente derivato dal Modello 1, si spiega col fatto che mediamente - nel corso di una settimana - la Rai distribuisce in premi (denaro, beni e servizi) 500 milioni, le reti Fininvest 400 milioni. Dunque, quasi 50 miliardi nel corso di un anno.
È del tutto evidente che questo può modificare, radicalmente, il rapporto tra pubblico e televisione. Quell'elettrodomestico non è lì per assolvere un servizio, alleviare una fatica, offrire evasione. Dà (può dare) ricchezza: o, comunque, qualcosa che allude ad essa. E questa aiuta a spiegare il rapporto di tipo devozionale tra il pubblico e alcuni conduttori: essi sono (possono essere) - alla lettera - dei benefattori.
3. Modello «Chi c'è c'è». O del «Presenzialismo di massa».
Si può prevedere che - tra le reti Rai, i network nazionali e le tv locali, tra le centinaia di salotti televisivi, la partecipazione in qualità di pubblico ele interviste per strada, tra le telefonate e i concorsi - entro qualche anno, almeno un membro di ogni nucleo familiare urbano sarà apparso in tv. E la sua vita e le sue relazioni interpersonali ne risulteranno modificate, in qualche misura (anche ridottissima). Per converso, il non essere mai apparso in tv sarà motivo di riprovazione sociale. Già ora, d'altra parte, per alcuni settori di classe dirigente, la frequentazione degli studi televisivi è un indicatore di prestigio e di status.
Degli ultimi due meccanismi - il quarto, «Chi l'ha visto?» o Sindrome dello Sceriffo, e il quinto, «Chi è stato?» o Sindrome del Giudice Istruttore
- si discute da mesi.
E motivatamente: lo schema processuale, evocato da entrambi i meccanismi, è ormai egemone (Telefono giallo e Processo del lunedì, Un giorno in Pretura e Fluff!, Io confesso e Chi l'ha visto e Forum...).
Quel modello corrisponde alla tendenza verso la giuridicizzazione dei rapporti sociali, propria della mentalità nazionale. Per cui, dissensi politici e contenziosi estetici, conflitti morali e litigi familiari, interpretazioni ideologiche e stili di vita: tutto, assolutamente tutto, può diventare materia da codice penale e oggetto di dibattimento processuale.
E così la tv completa il suo ciclo: già fonte di Conoscenza, di Ricchezza e di Fama (i primi tre Modelli), dimostra di saper esercitare - insieme a funzioni di gratificazione e promozione sociale
- anche funzioni di Disciplina e di Sanzione.
Per dispiegare compiutamente il suo ruolo di massima istituzione nazionale
- di agenzia di integrazione culturale e ideologica - la tv, oltre che infinitamente buona, deve mostrarsi infinitamente giusta. Dunque, deve sorvegliare e punire. Ricordate? «Chi non castiga i propri figli, non li ama».
(Luigi Manconi, La Stampa, 26 maggio 1989)