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    Tra natura e cultura. Indagine sulle riviste verdi


     

    (NPG 1989-03-24)


    L'argomento «ecologia» è certamente uno dei più dibattuti, oggi come oggi, in sedi affatto diverse, dal parlamento alle pagine dei quotidiani, dagli studi televisivi ai banchi di scuola, dalle università ai tavolini dei caffè. Con un simile presupposto, non ci sarà da stupirsi del fatto che tale problema trovi spazio all'interno di una rubrica intitolata appunto ai «circuiti del discorso».
    Tra le innumerevoli prospettive che si possono adottare nello studio di questo tema, ci è parso stimolante proporre una breve analisi dell'informazione fornita sull'argomento dei vari mezzi di comunicazione: in particolare abbiamo scelto di occuparci del settore mensili specializzati in «natura, ambiente, ecologia».
    In Italia la diffusione e la moltiplicazione delle riviste verdi è diventato un fenomeno assai rilevante che coinvolge una vastissima audience 1: basti pensare ad esempio che Airone contava in Italia, durante il 1987, 1.860.000 lettori, secondo i dati Ispi sulla readership di settimanali e mensili relativi all'intero anno '87.
    Le edicole espongono dunque un'ampia scelta di riviste «ecologiche», che sono divenute oggetto di interesse per lettori appartenenti a diverse fasce di età e gruppi sociali; tra le tante disponibili abbiamo scelto di prendere in considerazione le cinque che ci parevano maggiormente significative dal punto di vista della diffusione e della qualità del prodotto: Airone, Oasis, Aqua, Silva e Natura Oggi.
    L'interrogativo che costituisce il filo conduttore della nostra analisi è il seguente: qual è l'immagine di natura che viene proposta da questi periodici?

    I CINQUE «NOMI» DELLA NATURA

    Il primo passo da compiere per approfondire il discorso in questa direzione consiste nell'esaminare con attenzione i titoli, i «nomi» assegnati alle cinque riviste di cui ci occuperemo.
    Il titolo, infatti, è un importantissimo mezzo comunicativo, è lo strumento attraverso il quale si crea e si definisce il contatto tra un testo e il suo fruitore: se un titolo è accattivante, oppure inquietante o misterioso o singolare, esso attirerà con maggiore efficacia e immediatezza l'attenzione del consumatore.
    Il titolo inoltre crea delle aspettative circa gli argomenti - l'universo di discorso - che si suppongono contenuti nel testo, nonché sulla strategia adottata dagli autori per impostare un efficace circuito comunicativo con i lettori e per garantirne la continuità. Esaminiamo dunque i cinque titoli nel dettaglio.

    Natura: uno spazio da conoscere e «curare»

    Airone (edito dal 1981 dal Gruppo G. Mondadori). L'aver adottato come titolo il nome di un uccello veicola immediatamente l'attenzione del lettore verso il referente 2 «natura». Viene tuttavia abbastanza spontaneo chiedersi perché proprio un airone, con le centinaia di animali in pericolo di estinzione (come, se non più di esso) o di animali curiosi, stravaganti, simpatici, famosi, su cui poteva cadere la scelta degli autori (cf, ad esempio, il titolo Panda assegnato al notiziario del WWF).
    L'airone è un animale certamente bisognoso di protezione (nel maggio '81 i nidi di airone cinerino presenti in Italia erano appena 675), ma nello stesso tempo «casalingo»: la strategia comunicativa perseguita si potrebbe pertanto sintetizzare nel rifiuto di un titolo troppo stravagante che veicolerebbe l'immagine di una rivista «esoterica», estranea alla realtà italiana e nel complesso poco stimolante ai fini dell'acquisto.
    Bisogna osservare inoltre che nella scelta del titolo sono sicuramente risultati determinanti i valori simbolici positivi che vengono da sempre associati all'animale. L'attuale direttore della rivista, Sergio Giannella, in un articolo apparso sul n. 85 di Airone, afferma che l'elegante uccello è stato scelto come simbolo del mensile «ricordando che Plinio il Vecchio indicava la sua presenza come 'favorevole presagio della fine di paure e pericoli'». Nelle antiche mitologie, l'airone veniva in effetti considerato come un uccello di buon augurio, uno spirito gentile portatore di felicità; per il suo aspetto nobile e altero era emblema, presso gli egizi, i greci e i romani, della potenza e della divinità. Nel folklore europeo più recente esso rappresenta colui che «mette becco» dappertutto (quindi il curioso) e nello stesso tempo è considerato quale emblema della vigilanza.
    Ecco come, attraverso le marche connotative 3 dell'uccello, si evidenziano due delle principali caratteristiche del giornale, che, animato senz'altro da una curiosità scientifica, desidera vigilare sulla buona salute dell'ambiente e che nello stesso tempo cerca di fornire conoscenze specifiche su molti argomenti tecnici, mettendo quindi davvero il «becco» dappertutto. L'editoriale di presentazione al primo numero (maggio '81) si concludeva proprio avanzando la speranza che Airone avesse le carte in regola per rappresentare «un episodio culturale di un certo rilievo» e per diffondere «una mentalità naturalistica ed ecologica riorientando l'attenzione del pubblico verso il sapere scientifico».
    Un anno dopo, nella rubrica Opinioni dell'etologo D. Mainardi, leggiamo che la grande diffusione di Airone sembra dipendere dalla crescita della richiesta di una cultura scientifica e naturalistica fornita non in modo meramente didattico (come nelle scuole o negli atenei), ma divulgativo («da gente a gente»).
    La rivista quindi intende rispondere al bisogno culturale dell' audience rivestendo i panni di una pubblicazione decisamente scientifica, ma non per questo riservata a pochi eletti. Più recentemente (maggio '88) leggiamo che Airone si definisce come il periodico che «ha voluto dare impulso per primo, in campo editoriale, all'alleanza tra l'uomo e l'ambiente» e che intende continuare a promulgare questa nuova cultura ponendosi come «polo primario d'informazione, di idee, di emozioni e di proposte».
    Vediamo dunque come il titolo stesso della rivista, contenendo marche connotative di tipo strettamente culturale (inerenti alla densità dei valori simbolici incarnati all'airone), si identifichi con il programma comunicativo vero e proprio del periodico, suggerendo implicitamente il suo desiderio di costituirsi come uno spazio da cui sia possibile creare e diffondere una cultura volta alla conoscenza e alla cura della natura e dei suoi protagonisti.

    Natura: un'oasi da difendere

    Oasis (mensile pubblicato dalla Musumeci & Fioratti Editori a partire dal 1985). Il titolo introduce il lettore nell'atmosfera di una particolare realtà paesaggistica, in una sorta di «isola verde» situata all'interno di un territorio desertico: la sua presenza, com'è noto, permette lo stabilirsi di forme di vegetazione e quindi lo stanziamento umano.
    Metaforicamente dunque l'immagine dell'oasi richiama alla mente un referente che si configura come nettamente distinto e separato da tutto ciò che lo circonda, idealmente o materialmente; essendo unico, diverso, esso sarà anche raro e perciò prezioso e insostituibile: per queste ragioni andrà protetto e tutelato.
    Nello stesso tempo l'oasi è indispensabile alla sopravvivenza dell'uomo e di ogni forma di vita in territori particolarmente ostili (come il deserto, che può essere considerato il simbolo della distruzione, della cessazione della vita) e quindi, per questa sua eccezionale utilità, va particolarmente curata e rispettata.
    Se l'immagine suggerita da questo titolo è senz'altro quella di una natura considerata come un bene prezioso e raro, è altrettanto palese che il giornale stesso intende assumere le caratteristiche di una sorta di «oasi» per il lettore, suggerendogli un modo per evadere dalla realtà attraverso il vagheggiamento di una natura incontaminata, popolata da creature meravigliose e altrimenti irraggiungibili o inconoscibili.
    Ad incrementare ulteriormente le connotazioni di preziosità e nello stesso tempo di esoticità contenute nel titolo (laddove con «esotico» intendiamo dire misterioso, affascinante) è la denominazione «Oasis» in luogo del più comune «Oasi»: essa corrisponde a un vocabolo italiano ormai caduto in disuso e alle rispettive traduzioni inglese e francese del termine. Il titolo quindi, oltre a fornire alla rivista una veste «internazionale», la colloca in un universo di discorso che appare fortemente orientato verso il favoloso, l'inusuale, il ricercato, ecc.

    Natura: da conoscere «scientificamente»

    Aqua è un mensile che si occupa di «acqua natura e vita» dal 1986. Il titolo chiarisce immediatamente l'universo discorsivo a cui fa riferimento la rivista (tutto quanto è «acquatico»), ma con una particolarità, che sta nella dicitura latina del termine, scelta che veicola attorno a questo periodico un'impressione di scientificità, e gli conferisce una veste decisamente dotta. Tale strategia comunicativa è ulteriormente rafforzata dalla citazione greca riportata in fianco al titolo a pag. 3 (la pagina del sommario), la cui traduzione è la seguente «La cosa migliore è l'acqua». La frase è tratta dalle opere del filosofo greco Talete (sec. VII-VI a.C.), secondo il quale è proprio l'acqua a costituire il sostrato permanente di tutte le cose esistenti, il loro punto di partenza e di arrivo.
    Analogo discorso va fatto per la rivista «gemella» di Aqua, intitolata questa volta Silva, un altro vocabolo latino che significa appunto «selva, foresta, bosco, parco, ecc.».
    Nell'antichità il termine veniva usato anche in ambito poetico, per indicare una raccolta, una miscellanea di scritti: si tratta pertanto di una parola comune e ricorrente nella titolistica dotta di quella letteratura. Analogamente a quanto accade in Aqua, c'imbattiamo anche qui, nella pagina del sommario, in una citazione (questa volta in latino) tratta dalle opere del grande oratore romano Cicerone: «Serimus arbores quae prosint altero saeculo», ovvero: «Seminiamo alberi che siano utili alla prossima generazione». Alle piante di questa celebre frase può essere attribuito un duplice significato: quello denotativo 4, secondo il quale il referente dell'enunciato 5 andrebbe identificato con alberi veri e propri (seminiamoli affinché i posteri abbiano giovamento da questo incremento di «verde»); e quello connotativo, per cui al termine pianta potrebbe essere sostituito quello di «idea», «pensiero»: seminiamo e coltiviamo idee buone che potranno essere utili ai nostri discendenti.
    Il titolo più «ovvio», meno ricco di sovrasensi, ce lo fornisce Natura Oggi, «mensile di cultura del tempo libero», edito dal 1982 dal Gruppo Rizzoli Periodici, che evoca l'argomento di cui intende trattare in modo più diretto e con un taglio più «giornalistico», grazie anche all'uso del vocabolo «oggi» (cf la scelta dell'analogo titolo per il settimanale Oggi, sempre edito dal Gruppo Rizzoli). Un titolo così configurato genera nel lettore l'aspettativa di un contenuto orientato soprattutto sulla notizia, sul reportage, sugli avvenimenti.

    IMMAGINE DI NATURA E STRATEGIE COMUNICATIVE

    Per concludere la prima fase dell'analisi, vediamo dunque quali sono i dati comuni che emergono dai titoli analizzati, al fine di porre in rilievo alcune strategie comunicative che ci permetteranno di comprendere con più chiarezza l'immagine di «natura» che queste riviste intendono trasmetterci.

    Una natura «culturalizzata»

    L'elemento che sembra imporsi sugli altri è senz'altro quello della veste culturalmente ricercata e raffinata che ciascuna di queste riviste adotta. La natura «vera e propria», nei titoli fin qui esaminati, passa in secondo piano, mentre si evidenziano le marche culturali connesse all'argomento ambiente: acqua e terra, ad esempio, sono nobilitate dalle citazioni in lingua originale di grandi filosofi ed eruditi del passato, citazioni che, certamente, non sono accessibili alla stragrande maggioranza dei lettori; la natura è paragonata all'oasi che si incontra nel deserto, elemento «altro», diverso e raro, ma «colonialmente» da assimilare (almeno da un punto di vista cognitivo). L'atteggiamento che l'uomo d'oggi dovrebbe tenere nei confronti della natura è simboleggiato dal curioso e vigilante airone, animale anch'esso raro e dotato di qualità evocative assai particolari.
    Tutto ciò rimanda, a nostro avviso, a un universo di discorso che ha più del «culturale» che non del «naturale», e che finisce per proporre non una fusione dei due termini (che favorirebbe la creazione di una «cultura della natura»), ma una sovrapposizione del primo sul secondo, per cui il vero oggetto di interesse di queste riviste non potrà mai essere una natura «naturale», ma una natura «culturalizzata», profondamente mutata dall'uomo, che non solo la abita e la interpreta secondo le sue regole, ma che finisce per trasformarla in un oggetto costruito a sua immagine e somiglianza 6.
    Si ha dunque l'impressione che la natura, considerata per se stessa, priva di orpelli letterari e culturali, non abbia una giustificazione ontologica, né riesca ad attirare l'attenzione del pubblico (fatto che potrebbe essere smentito dal grande successo che ottiene da sempre e in tutto il mondo una rivista come National Geographic, dal titolo assai poco «accattivante» per chi non conosca il serio Istituto omonimo da cui viene pubblicata).
    Tale impressione diventa ancora più forte se sfogliamo con una certa attenzione le nostre cinque riviste, il cui apparato di titolazione interno (titoli, sottotitoli, occhielli, sommario - e aggiungeremmo anche le didascalie fornite ai numerosi e ricchissimi servizi fotografici) risponde a criteri analoghi a quelli sopra enucleati, nell'evidente tentativo di fornire al lettore un'immagine il meno possibile «naturale» (o, per meglio dire, «banale») della natura.

    - La caratteristica principale dei titoli interni è che essi sono costruiti ancora una volta come citazioni di frasi celebri o di titoli di libri o film famosi, oppure in modo che in essi venga evidenziata soprattutto la funzione poetica' del linguaggio. Esempi del primo tipo so. no: «C'è del verde in Albania», «Bip. Bip: corro dunque esisto» (Airone, Giugno '87), «Provaci ancora, Panda»: (Airone, Febbraio '88), «Il nuovo librc della giungla» (Natura Oggi, Giugnc '88), «Storie di ordinaria amministrazione» (Oasis, Settembre '87).
    Per quanto riguarda il tipo maggiormente «evocativo», invece, possiamo citare parecchi esempi da Oasis, che sembra prediligere questo stile («Natura artista», «Leggende alate», «Pietre preziose» - dietro ai quali anche il lettore più acuto individuerebbe con difficoltà servizi sulle conchiglie, sulle cicogne, sulle lontre - «Verdi segreti», ecc.); da Airone («Le lagune dell'arcobaleno», «Lo zoccolo e l'artiglio») e da Silva («Corbezzolo & charaxes»). Un altro mezzo alquanto diffuso per enfatizzare l'aspetto «letterario» del titolo consiste nell'utilizzo di figure retoriche come l'ossimoro 8 («Ghiacci di fuoco», Oasis, Settembre '87), l'annominazione 9 («Maggio ha divorziato dal maggiolino?», Airone, Maggio '82), l'allitterazione 10 («Alla riscoperta del Mediterraneo, il mare dei miti», Airone Mare 1987) e così via.

    - Analoghi procedimenti compositivi si riscontrano anche nei sottotitoli e nelle didascalie. A questo proposito è d'obbligo evidenziare il fatto che Oasis accompagna i suoi magnifici servizi fotografici con citazioni letterarie a non finire. Ogni immagine è affiancata e sottolineata da una strofa poetica o da alcune righe tratte da prose celebri: «Certe stagioni», poesia eschimese tradotta da Hemingway nel '22, commenta la figura di una graziosa lontra marina; Federico Garcia Lorca presta i suoi versi per far risaltare le morbide curvature di una conchiglia; Plinio, Ovidio e Dante sono utilizzati per descrivere usi e costumi della cicogna (e le citazioni sono rigorosamente in latino!). Insomma, c'è di che farsi una cultura.

    - L'ultimo aspetto che ci resta da analizzare è quello - consistente - dei servizi fotografici: anche qui la cosa che colpisce maggiormente è la spettacolarità delle immagini, che presentano una natura tanto meravigliosa quanto «riveduta e corretta» dall'occhio della macchina fotografica. A conferma di questa ipotesi basterà citare le parole di M. Ferrari (Oasis, Maggio '88, p. 81) poste a commento di un reportage di G. Indelli intitolato (significativamente) «La vera terra».
    Egli dice: «Queste foto sono belle perché vive, partecipate, sentite (...), sono foto quasi normali di campi e distese di fiori (...), foto che chiunque potrebbe fare. Da una muta, ovvia e banale visione di campi, Indelli ha tratto paesaggi che possono dire qualcosa, e queste sono foto che parlano» (corsivi nostri).

    Un testo da interpretare

    Non sarà difficile a questo punto convincersi del fatto che per queste riviste la natura è muta e parla esclusivamente attraverso l'interpretazione dell'uomo (la fotografia in questo caso corrisponde a un determinato tipo di «lettura»). La natura dunque è come tin testo: vive attraverso la storia delle sue interpretazioni, parla se qualcuno lo interroga o giace dimenticato e sconosciuto in qualche biblioteca.
    Il testo è però universalmente considerato come un prodotto culturale: la natura non dovrebbe soggiacere alle stesse regole. Tuttavia, come ci proponevamo di dimostrare all'inizio, le cinque riviste che abbiamo preso in considerazione forniscono ai lettori un'immagine estremamente «culturalizzata» della natura, fino al punto di seppellirla sotto un cumulo di citazioni e di orpelli pseudo-letterari, più o meno accessibili ai lettori.
    Un'ipotesi che potrebbe giustificare un simile uso e abuso di cultura è che tali riviste (soprattutto alcune) soffrano di un complesso di inferiorità nei confronti di altre che trattano di argomenti più «elevati».
    Sarà possibile salvare la natura se continuiamo a volerla considerare come un oggetto da interpretare, manipolare, rendere il più possibile simile ai prodotti dell'uomo? Ai posteri l'ardua sentenza, tanto per aggiungere al mucchio ancora un celebre motto.

    NOTE

    1) Nel linguaggio pubblicitario questo termine indica l'insieme delle persone raggiunte da un dato messaggio trasmesso mediante un dato mezzo.
    2) Il referente è ciò a cui rinvia un segno linguistico nella realtà extralinguistica (ossia «esterna» al testo). Non sempre però esso indica una «cosa esistente»: per esempio l'unicorno non esiste nella realtà, ma il segno linguistico ha comunque un suo referente.
    3) Il termine connotazione si oppone a denotazione (= valore informativo-referenziale di un segno, indicato con precisione dal codice, ovvero dall'insieme di regole che governa un determinato sistema di segni), poiché indica un valore supplementare, allusivo, evocativo, affettivo del segno: «in una parola, un sovrappiù di segno» (A. Marchese, Dizionario di retorica e stilistica, Mondadori, Milano 1978). Ad esempio, la parola leone ha un significato denotativo (è un animale mammifero della famiglia dei felini, ecc.: definizione del vocabolario); ma ha anche un valore connotativo se lo riferiamo metaforicamente a una persona coraggiosa o aggressiva (Achille era un leone). Con marca intendiamo invece un tratto distintivo la cui esistenza permette di stabilire un'opposizione tra due o più elementi.
    4) Vedi la nota precedente.
    5) S'intende con enunciato ogni sequenza conclusa di parole emessa da uno o più locutori; esso può essere formato da una o più frasi e caratterizzarsi secondo il tipo di discorso (enunciato letterario, satirico), di comunicazione (enunciato verbale o scritto), di lingua (enunciato italiano, francese, greco ecc.).
    6) Il termine natura compare invece sistematicamente nei sottotitoli adottati dalle cinque riviste: Airone, che si propone significativamente di «vivere la natura, conoscere il mondo», si definisce come «il mensile della natura e delle civiltà»; Oasis è il «mensile di natura ecologia fotografia», Natura Oggi il «mensile di cultura del tempo libero», Aqua il periodico di «acqua natura e vita», Silva di «ambiente natura territorio». La strategia comunicativa perseguita dagli editori è ovviamente quella di fornire nel sottotitolo «l'argomento di cui si parla», lasciando al titolo il compito di attirare il lettore con la sua originalità e «spettacolarità». Una procedura analoga si può riscontrare nei quotidiani: ai titoli si affida una funzione analoga a quella dei «manifesti pubblicitari», mentre sommario e occhiello svolgono un ruolo esplicativo nei confronti del contenuto dell'articolo (per una trattazione esauriente sull'argomento si veda il volume di G. Ferraro, Strategie comunicative e codici di massa, Loescher, Torino 1981).
    7) Secondo lo studioso R. Jakobson, il linguaggio è un insieme di funzioni riferite ai fattori costitutivi della comunicazione (cioè mittente, contesto, messaggio, canale, codice, destinatario); «la funzione poetica, in particolare, è costituita dall'accento posto sul messaggio per se stesso». Tuttavia bisogna notare che non è corretto «ridurre la sfera della funzione poetica alla poesia», in quanto tale funzione è presente in altre attività linguistiche tutte le volte che si «mette in risalto l'evidenza dei segni» (G.P. Caprettini, Aspetti della semiotica, Einaudi, Torino 1980). Jakobson cita come esempio di funzione poetica del linguaggio lo slogan politico I like Ike, lanciato dai sostenitori di Eisenhower in occasione della sua campagna per le elezioni presidenziali americane.
    8) L'ossimoro è una sorta di antitesi in cui si accostano parole di senso opposto e che sembrano escludersi l'un l'altra (es. oscura chiarezza, urlo silenzioso).
    9) L'annominazione è una figura retorica di tipo grammaticale e semantico che consiste nella ripresa di un vocabolo o lessema variato nella sua forma (es. AMOR ch'a nullo AMATO AMAR perdona, Dante).
    10) L'allitterazione è una figura retorica di tipo morfologico che consiste nella ripetizione degli stessi fonemi sia all'inizio di due o più parole, sia all'interno di esse (es. Mi abiTUerò a senTIrTI o a decifrarTI nel TIcheTTIo della TElescrivenTE, Montale).


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