Siamo partiti dall'esperienza, dalla prassi pastorale in cui ogni operatore è coinvolto.
Dalla prassi abbiamo ricavato interrogativi, problemi, ma anche modelli operativi, di accostamento alla Bibbia nelle comunità giovanili.
È il ritorno alla prassi che ci interessa, per rinnovarla dal di dentro, non solo attraverso una progressiva mentalizzazione dell'animatore, ma anche attraverso lo sforzo, sin qui fatto, di delineare un «modello di lettura esistenziale» da riproporre con maggior impegno nei gruppi.
Di esso abbiamo indicato la prospettiva (quella ermeneutica), l'itinerario di compimento (dall'interpretazione alla attualizzazione culturale fino alla ermeneutica esistenziale nel qui-ora del gruppo giovanile con le sue domande e le sue aperture) e le condizioni da creare per assicurare la correttezza di tale operazione.
* Tornando alla prassi, indichiamo alcune urgenze e sollecitiamo ad alcune scelte concrete.
- Il contributo di Riccardo Tonelli, ricollegandosi a quanto Molari ha sviluppato intorno all'approccio narrativo, intende offrire le condizioni pratiche, tutte collocate dalla parte dell'adulto educatore e della comunità degli adulti, per assicurare una autentica narrazione.
Tra la tentazione, posta davanti all'adulto, di rinchiudersi nel silenzio e di rinunciare a una «sua» parola, e l'alternativa di riproporre, magari alzando il tono di voce e la solennità retta da paludamenti, «parole dure come macigni» che piovono sulle teste della gente, viene ritagliato un modello di relazione tra animatore e gruppo che sia comunicativo sulla vita e si caratterizzi per uno stile coinvolgente.
In questa prospettiva il tipo di comunicazione che l'animatore mette in atto nel processo di evangelizzazione è di tipo simbolico, e la comunicazione simbolica ha la sua struttura e il suo linguaggio proprio.
È all'interno di questa collocazione che va ricuperato il tema della verità, della oggettività della parola e della sua autorevolezza.
- Bissoli invece aggiunge al nostro dossier un «capitolo grigio» sull'utilizzazione della Bibbia nei gruppi giovanili: quando essa non serve o non vuole o non può essere fatta servire.
La Bibbia non serve quando vengono a mancare le ragioni che motivano la sua presenza, ragioni di diverso livello, che vengono qui richiamate, con una accentuata preoccupazione operativa e pratica.
- Il succinto contributo che segue, mentre raccoglie dall'esperienza vissuta dell'operatore constatazioni, esigenze e bisogni, indica tre modalità differenti e complementari con cui l'operatore pastorale può oggi accostarsi e recuperare l'uso del Libro: quella che ritrova in esso una miniera di materiale culturale esperienziale, rielaborato dai linguaggi propri, che si offrono come «contenuto» antropologico-teologico col quale confrontarsi, da utilizzare e da rielaborare.
La seconda modalità è quella di ritrovare nella Bibbia un testo di formazione della mentalità pastorale; infine rintracciare in essa la chiave di lettura e i criteri di scelta per progetti e gli interventi pastorali.
* Per ultimo, come conclusione, presentiamo un «manifesto» che intende riassumere in forma di decalogo i punti qualificanti del modello di utilizzazione e lettura esistenziale da noi delineato.
È un'ipotesi che, a partire dall'esperienza, rilanciamo alla prassi pastorale coi gruppi giovanili, perché l'incontro giovani-Bibbia diventi nell'oggi evento narrativo-sapienziale intorno all'esperienza di vita quotidiana e alla produzione di vita in qualità.