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    La lettura della Bibbia nella Revisione di Vita



    GiOC di Vicenza

    (NPG 1989-06-23)


    Non è facile parlare di questo tema. La Revisione di vita (RdV) per noi non è una tecnica, anche se ha un suo metodo e un suo stile. È soprattutto un'esperienza di vita e di fede, un'esperienza di ricerca di Dio.
    Essa parte da una fede profonda: Dio è alla ricerca dell'uomo. Come rendersi disponibili al suo incontro?
    La Bibbia si apre col racconto della creazione e della caduta dell'uomo. Subito dopo leggiamo: «Verso sera l'uomo e la donna sentirono che Dio, il Signore, passeggiava nel giardino. Allora per non incontrarlo, si nascosero tra gli alberi del giardino.
    Ma Dio, il Signore, chiamò l'uomo e gli disse: Dove sei... ?» (Gen 3,8).
    La storia è questo giardino dove Dio passeggia e chiama l'uomo, un uomo che costantemente si nasconde perché non vuole farsi guardare da Dio fino in fondo.
    Per noi fare RdV è innanzitutto ascoltare questo Dio che viene in cerca dell'uomo.
    Cercherò allora di raccontare come la Bibbia ci è di aiuto in questo cammino Sarà più un sistematizzare l'esperienza che un fare delle riflessioni.

    LA VITA CI CONTRODUCE ALLA COMPRENSIONE DELLA BIBBIA

    Nella RdV noi parliamo di tutto quello che compone il nostro tessuto quotidiano, a volte fatto di cose grandi, altre volte fatto di cose piccole e banali.
    È la nostra vita di lavoro, di tempo libero, di affetti e di amicizie, di uso del denaro e delle cose...
    Attraverso questi fatti noi ci interroghiamo per scoprire le cause profonde di quello che viviamo e i valori che sono in gioco.
    È un'attenzione quasi pignola, che sembra non aver niente da condividere con la fede.
    Eppure questa lettura di vita ci aiuta a scoprire una dimensione fondamentale della Scrittura. Essa stessa è una storia, ove entrano le gioie e le sofferenze, i peccati e le resistenze a Dio, le cose della vita quotidiana e i grandi fatti politici. Dentro questo tessuto Dio ha parlato per costruire il suo popolo e donare la salvezza.
    Questo partire dalla nostra storia e questo scoprire la dimensione storica della alleanza di Dio con l'uomo ci aiuta a leggere tutta la storia come una grande storia di salvezza. I fatti sono il luogo ove Dio si rende presente e agisce.
    È quello che la Dei Verbum pone all'inizio della sua riflessione: «Con questa rivelazione infatti Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come a degli amici e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi tra loro, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto».

    Le domande che la vita pone alla Bibbia

    Leggendo la vita noi sentiamo affiorare in noi molte domande. Sono domande semplici: che cosa fare, come agire? Sotto di esse, però, noi sentiamo che sono nascoste domande più profonde: come spendere la vita? Per che cosa vale la pena di pagare? Quali le cose che contano?
    Noi sappiamo che la Bibbia non ha risposte da darci sulle prime domande. Esse dipendono da noi, dalle nostre responsabilità, dalla nostra capacità di rischiare. La Bibbia però ci è di guida soprattutto nelle domande più serie e profonde, quelle dalle quali dipendono tutte le scelte.
    Questo ci aiuta a non aspettarci dalla Bibbia ciò che non ci può dare, a non leggerla in maniera integrista.
    E ci aiuta a entrare in comunione con quel grido incessante che ha dato origine alla Scrittura: «Dio, dove sei?».
    Cerchiamo perciò di leggere la Scrittura nel suo insieme, coglierne il senso profondo, captare il messaggio al di là delle forme storiche che esso ha assunto.

    Le domande che la Bibbia pone alla vita

    Ma non sempre la Bibbia ha le risposte che noi cerchiamo Spesso ha delle domande da farci.
    Lasciarsi interrogare dalla Scrittura è veramente intrecciare un dialogo con Dio: la vita ci pone delle domande che noi rivolgiamo al Signore, che a sua volta ci interpella, a modo suo. La Bibbia non è un libro di ricette, ma un libro che sconvolge i nostri schemi e ci interroga.
    Esso ci guida a scoprire il valore vero della vita. Esso ci aiuta a penetrare nel gran libro di Dio che è la storia.
    In questo scopriamo quanto vere erano le parole di S. Agostino quando scriveva: lo Spirito Santo, dito di Dio, che aveva già scritto le lettere della creazione, s'è messo all'opera per comporre questo nuovo libro e ha steso su di noi il cielo delle Scritture. È come un nuovo firmamento che, come il primo, narra la possenza di Dio e, più ancora del primo, canta la sua misericordia. «Grazie ad esso ci è stato restituito lo sguardo della contemplazione e, così, tutte le creature diventano per noi rivelazione di Dio».
    «La Scrittura spiega ciò che la creazione ci pone davanti» dicevano gli antichi. Essa ci fa da guida per scoprire ciò che i nostri occhi da soli non potrebbero vedere.

    UNA LETTURA «INCARNATA»

    Il partire dalla vita ci impedisce di leggere la Bibbia in maniera astratta e intellettuale.
    Ci impedisce inoltre di leggerla come un libro di ricette o di ricordi antichi.
    Letta alla luce della vita, la Bibbia diventa Parola di Dio per noi oggi. Ripercorrendo la storia e la ricerca del popolo ebraico, scopriamo che la sua ricerca è la nostra, le sue domande sono le nostre e che il cammino fatto da chi ci ha preceduto è di grande aiuto anche per noi.
    Sentiamo di fare quello che Paolo VI raccomandava agli esegeti riuniti per la XXI settimana biblica italiana: «La fedeltà alla parola incarnata esige anche, in virtù della dinamica dell'incarnazione, che il messaggio sia reso presente, nella sua interezza, non all'uomo in genere, ma all'uomo d'oggi, a quello a cui il messaggio è annunciato adesso. Cristo si è fatto contemporaneo di alcuni uomini e ha parlato nel loro linguaggio.
    La fedeltà a lui chiede che questa contemporaneità continui. È qui tutta l'opera della Chiesa, con la sua tradizione, il magistero, la predicazione. La fedeltà all'uomo moderno è impegnativa e difficile, ma è necessaria, se si vuole essere fino in fondo fedeli al messaggio.
    Tra le due fedeltà, quella al Verbo incarnato e quello all'uomo d'oggi, non può né deve esistere contrasto».
    Leggere la Bibbia nello Spirito significa appunto questo: far rimanere nella lingua d'oggi l'eterno messaggio di Dio. È lo spirito che rende la Scrittura contemporanea a tutti gli uomini

    Una lettura fatta in comunità

    La RdV, come attento ascolto della vita e della Parola, non è mai un fatto puramente individuale. È sempre un fatto comunitario, che chiede attenzione, dialogo, mettere assieme punti di vista che sembrano inconciliabili. Non è questo un lavoro di mediazione pura e semplice, ma una ricerca fatta nell'umiltà, consapevoli del dono che possiamo ricevere dagli altri.
    Questo, da un lato, ci impedisce di dare della Bibbia letture individuali e azzardate. Il leggere la Bibbia nella fede di una comunità è la garanzia di un ascolto serio ed attento.
    Da un altro lato ci fa entrare nel dinamismo che ha fatto sorgere la Scrittura, nata nella fede di una comunità.
    Solo la lettura fatta nella comunità che l'ha generata e la custodisce lungo il tempo è garanzia della lettura autentica.
    Era l'esperienza di cui scriveva S. Gregorio Magno, quando diceva:
    «Diverse volte mi capita che le cose che non riuscivo a capire da solo, collocato in mezzo ai miei fratelli le ho comprese: avviene così che spesso ascolto con voi le cose che poi dico a voi».
    «La Scrittura cresce con il suo lettore».
    «Come il mondo, così quest'altro mondo, che è la Scrittura, non è creato una volta per sempre, ma lo Spirito lo crea continuamente, ogni volta che l'apre alla nostra intelligenza».
    «La contemplazione rende capaci non solo di comprendere la Scrittura, che è già stata composta, ma addirittura di scriverla qualora non esistesse».

    Un ascolto che dà vita

    Lette così, vita e Parola nella RdV sono due aspetti che si richiamano l'uno con l'altro, anzi l'uno sarebbe morto senza l'altro.
    La vita priva della luce della fede non riesce a svelare il mistero che in essa è nascosto. La Parola senza la vita è lettera antica, senza destinatario e incomprensibile.
    Narrare la vita nella Parola e la Parola nella vita è possibilità invece di dischiudere tutte le possibilità in esse contenute. È una maniera di narrare che porta vita.
    M. Buber fa raccontare questo a un rabbino: «Mio nonno era paralitico. Un giorno gli chiesero di raccontare la storia del suo maestro, il grande Baal Sem. Allora raccontò come il grande Baal Sem avesse l'abitudine di saltare e di ballare mentre pregava. Mio nonno si alzò e raccontò; la storia lo eccitò a tal punto da mostrare saltando e ballando, come avesse agito il maestro. Da quel momento egli fu guarito. Questo è il modo di raccontare storie» (Schillebeeckx, Gesù la storia di un vivente).
    È quello che sperimentiamo ogni volta che facciamo RdV e raccontiamo la nostra storia e quella di Gesù: vediamo dei giovani, piegati dalla vita, raddrizzarsi e camminare, vediamo giovani che aprono gli occhi...
    La RdV è la nostra maniera di «raccontare storie».

    Liberare la Parola

    La RdV proprio per la sua semplicità permette a tutti di esprimersi, di dire una propria parola, fatta da gente semplice che non ha pretese di interpretare; tutto avviene in un clima di ascolto e di fiducia reciproca.
    È veramente un luogo ove i piccoli hanno la parola. È per noi lo strumento attraverso il quale dei giovani lavoratori si impossessano della parola per esprimere la propria vita e il tesoro in essa contenuto.
    La parola non è così solo il mezzo per interpretare ma anche il luogo più profondo dell'incontro con Dio che agisce nel cuore di ciascuno.
    Raggiungiamo fin nel profondo quella esperienza di cui parlava Don Milani quando scriveva: «Quando avrai perso la testa per questi pochi ragazzini, al fondo del tuo impegno di liberazione della parola, naturalmente troverai Dio. Cioè, troverai la parola fatta carne».

    L'INTUIZIONE FONDAMENTALE DELLA RDV

    Dopo aver descritto l'esperienza che facciamo nella RdV ci è più facile capire allora l'intuizione di fondo che accompagna per noi questo metodo.
    Sappiamo di non essere gli unici a farne uso, però siamo anche consapevoli dell'originalità dell'uso che ne facciamo.
    Molti oggi lo usano come metodo di spiritualità, per rivedere la propria vita alla luce della fede.
    Per altri è diventato una maniera per presentare i contenuti della fede.
    Per noi la ricerca è essenzialmente missionaria: leggere la vita, scoprirvi in essa i segni del lavoro del Signore, per collaborare con Lui alla costruzione del Regno.
    Cardjin sognava un movimento di giovani lavoratori che fossero apostoli degli altri lavoratori, perché solo chi conosce a fondo la vita e il linguaggio dei lavoratori può comunicare con loro.
    È per noi il tentativo di vivere una nuova Pentecoste: come comunicare il Vangelo a delle folle ancora lontane dalla Chiesa? Come imparare lingue nuove?
    E questo lavoro è fatto da gente semplice, da gente del popolo che impara ad abitare nella Bibbia con la stessa semplicità con cui abita la vita. Anzi scopre che non si tratta di due case, ma di una casa unica, perché se la Bibbia è la casa della Parola, questa «Parola si è fatta carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi».
    Vivendo questa familiarità con il mondo, con la parola, scopriamo inoltre vera anche l'altra frase di S. Giovanni: «Venne tra i suoi ma essi non l'hanno accolto». Scopriamo in molta gente, apparentemente lontana e indifferente, che ha accolto dei germi di questa parola, che la segue e la vive. Ci riempie sempre di stupore e sentiamo quanto è vero quanto diceva il Concilio: «E ciò non vale solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale» (GS 22).

    Osservazioni di metodo

    Da quanto già detto appare chiaro l'uso della Bibbia e i rischi che si vogliono evitare.
    La RdV è composta da tre grossi momenti: il vedere, il giudicare e l'agire.
    La Bibbia entra solo nel secondo momento.
    Vediamo il perché e il come. Innanzitutto il perché.
    Noi vediamo che la fatica di leggere la realtà, di coglierla nei suoi vari aspetti, di analizzarla, di interpretarla dal nostro punto di vista (poiché nessuna interpretazione è neutrale) sia una fatica tutta umana, tutta lasciata alla nostra ricerca. Per questo ci viene richiesta competenza e informazione per non essere superficiali.
    Dio non si sostituisce all'uomo in questa fatica e neppure nella fatica di indovinare quali strade battere per rispondere agli appelli del Signore.
    La fede è anche rischio, inventiva, mai sostituzione dell'uomo, della sua fatica e della sua ricerca.
    In questo scopriamo quanto è vero quello che diceva Bonhceffer quando ci ricordava che l'Incarnazione ci riporta alla necessità di vivere il Vangelo come un dono e come una lotta: «La grazia a buon mercato è la nemica mortale della nostra Chiesa. Attualmente, nella nostra lotta, è in gioco la grazia a caro prezzo.
    La grazia a buon mercato è la giustificazione del peccato e non del peccatore. Poiché la grazia fa tutto da sola, tutto deve semplicemente restare come prima. Il mondo è giustificato per grazia; bisogna dunque che il cristiano viva come il resto del mondo! Il cristiano, quindi, non deve obbedire a Gesù: non ha che da riporre la sua speranza nella grazia!... La grazia a buon mercato è la grazia non accompagnata dall'obbedienza, la grazia senza la croce, la grazia che prescinde da Gesù Cristo vivente e incarnato.
    La grazia a caro prezzo è il tesoro nel campo, a motivo del quale l'uomo va e vende con gioia tutto ciò che possiede; è la perla di grande valore, è la chiamata di Gesù Cristo; è a caro prezzo perché costa all'uomo la sua stessa vita, è grazia perché soltanto allora fa dono all'uomo della vita; è a caro prezzo perché condanna i peccati, è grazia perché giustifica il peccatore. La grazia costa molto prima di tutto perché è costata molto a Dio, perché è costata a Dio la vita di suo Figlio... La grazia a caro prezzo è l'Incarnazione di Dio».
    L'Incarnazione, lungi dall'annientare l'uomo, lo valorizza e Io innalza a partner di Dio, con tutta la sua responsabilità.
    La Bibbia entra invece nella seconda parte della RdV, nel giudicare. Anche qui essa non è il fondamento per scoprire i valori presenti nel mondo. Se l'Incarnazione è lo stile di Dio, essa continua nel tempo e Dio spinge la storia al suo traguardo.
    I valori sono seminati da Dio lungo la storia e sta a noi scoprirli.
    La Bibbia ci è di aiuto a discernerli, a vedere e a valutare se il cammino della storia va verso il traguardo oppure se ne allontana.
    La Bibbia diventa «luce» per leggere la realtà, Parola di Dio sulla storia, giudizio sulla vita, ma mai schema preordinato da imporre sulla realtà.
    In questo ci è di guida e di aiuto quanto Paolo VI scriveva al card. Roy il 14 marzo 1971: «Interpretare la storia attraverso i segni dei tempi non è nient'altro che domandarsi se gli avvenimenti, le realizzazioni, le correnti d'opinione che si affrontano, rappresentino o no un arricchimento di questa natura umana, costantemente percettibile, che si completa sviluppandosi nel tempo. E poiché la natura umana è stata creata da Dio, si pone questa domanda: il nuovo avvenimento che si profila è a sua immagine o a sua caricatura?
    Il metodo dei segni dei tempi consiste dunque innanzitutto nello scoprire delle corrispondenze, delle rassomiglianze».
    La Bibbia, l'esperienza del popolo ebraico, l'esperienza di Gesù ci aiutano proprio a far questo: a cercare delle rassomiglianze, a cercare là ove sta nascendo il mondo nuovo che Gesù ha inaugurato e che possiamo scoprire solo tenendo gli occhi fissi a Lui, «autore e perfezionatore della nostra fede».
    Siamo convinti che non mancano i rischi, ma sappiamo anche che la conoscenza di Gesù Cristo è un cammino lungo, paziente, e «chi crede non ha fretta», come diceva Don Mazzolari.
    Bisogna correre dei rischi pur di vedere sorgere dei laici, credenti e apostoli degli altri giovani, capaci di leggere la Bibbia, fedeli a Dio e all'uomo, anzi fedeli a Dio proprio nel momento nel quale vivono la loro fedeltà all'uomo.

    IL RIFERIMENTO A GESÙ, GIUDIZIO SULL'ESISTENZA

    Per concludere vorrei citare quanto si riferisce al tema da noi trattato nello scritto di P. Jossua.
    Egli dice: «Per esercitare la fede, il cristiano si riferisce alla persona di Gesù. In realtà Gesù si presenta, nel nostro mondo, come testimone di un'esperienza unica di Dio. Nel giudizio che Gesù dà sopra la realtà, si esercita il giudizio di Dio stesso. Nel fondo della sua esperienza umana, Gesù incontrò continuamente la realtà di Dio, suo Padre.
    Riferendosi a Gesù, il cristiano riconosce la pienezza dell'esperienza umana di Dio e la pienezza dei doni di Dio all'uomo. In Gesù, Dio ha realizzato i suoi piani per la nostra speranza. Nella esistenza umana di Gesù, vissuta da lui come Figlio di Dio, e nella sua vita accanto a Dio per sempre, dopo aver vista la morte, il cristiano contempla e vede una ad una le promesse antiche che Dio ha compiuto in lui e che va realizzando negli uomini attraverso la storia, sino alla fine dei tempi.
    Nell'analisi che il cristiano compie della realtà nella quale vive, il riferimento a Gesù non giunge a perturbare i dati esterni forniti dall'osservazione, verificati o espressi con i mezzi che offre la cultura né, ordinariamente, giunge ad alterare le possibilità personali di ogni soggetto.
    Il riferimento a Gesù è un 'giudizio' globale sopra il mondo, come quel 'giudizio' sopra il mondo costituito dalla semplice esistenza di Gesù in terra. Per il solo fatto della sua presenza nel mondo, Gesù indicava continuamente al Padre e rendeva visibile il carattere di inconsistenza e quindi di 'condanna' di tutto quanto non si sottometteva a lui nella fede.
    Riferendosi a Gesù il cristiano rende attuale, concretizza questo «giudizio» sopra il mondo.
    Il cristiano, rendendosi conto dei propri sentimenti e reazioni grazie agli strumenti di osservazione di se stessi che oggi possediamo, riassume la propria esperienza umana e la confronta con l'esperienza umana di Gesù, per percepire se esistono somiglianze tra le linee fondamentali e i dettagli frammentari che caratterizzano l'esperienza umana del cristiano, e le linee e i dettagli quali appaiono nella vita di Gesù.
    Le somiglianze scoperte permettono di sperare fermamente che la compagnia amorosa del Padre, la filiazione, i doni divini, in definitiva, che Gesù visse e vive come propri, sono trasferiti al cristiano. Il discernimento della Parola di Dio, di conseguenza, porta il cristiano a incontrare se stesso nella relazione radicale con il Padre nella quale vive Gesù e in cui lo stesso cristiano viene introdotto» (Jossua, Discernimento e Revisione di Vita, in La Revione di Vita, Ed. GiOC).


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