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    Animazione e catechesi nella pastorale dei ragazzi: una diocesi si interroga


    Giovanni Villata

    (NPG 1989-02-42)

    La diocesi che ha avviato questo importante ed articolato momento di revisione della pastorale dei ragazzi e di profondo ripensamento dell'offerta ecclesiale è quella di Torino. Il «grido d'allarme» era stato lanciato dal suo pastore in visita ad una delle zone pastorali: «Un difficilissimo compito spetta ai sacerdoti e alle comunità parrocchiali: dare vita ad una pastorale che non perda per strada l'ottanta per cento dei ragazzi appena celebrata la cresima». Il vescovo parlò addirittura di «disastro pastorale».
    La risposta delle comunità e della diocesi tutta è stata vivace, creativa e non solo momentanea. È sorta davvero una ipotesi di «rivisitazione della pastorale dei ragazzi» che contempla un fitto calendario di momenti di studio, verifica e progettazione, alcuni già realizzati, altri ancora in via. È in cantiere addirittura una ricerca finalizzata a rilevare lo spessore dei problemi e i nodi critici dell'offerta ecclesiale. Abbiamo espresso il nostro desiderio di poterne offrire le conclusioni e i dati più rilevanti ai lettori. Per intanto offriamo un contributo che fa il punto sulla riflessione fin qui avviata a livello di base e indica le prospettive di verifica e di ri progettazione che questa diocesi va intravvedendo.
    Ciò che vorremmo sottolineare è l'affiorare di tutta una serie di problemi intorno all'educativo, alla competenza comunicativa ed ermeneutica del catechista, alla necessità di integrare in forma nuova il ruolo di catechista e di animatore senza accettare la divisione o la successione dei ruoli, alla costruzione di un «ambiente educativo» (l'oratorio?) e all'individuazione di un progetto globale di formazione dei preadolescenti. Sono problemi che indicano che stanno emergendo nuovi modelli formativi nelle comunità parrocchiali, insieme a «nuove figure di educatori».

    All'invito del vescovo a ripensa- re la pastorale diocesana dei ragazzi e alla «rivitalizzazione» degli oratori, il nostro Ufficio diocesano (di Torino) ha risposto mettendo in cantiere una serie di iniziative culminate nei due convegni celebrati a Valdocco rispettivamente il 30 aprile-1 maggio e 1'1-2 ottobre 1988.
    Nel primo «Oratorio ieri e oggi» si è proposta una riflessione sulla storia degli oratori torinesi dalla seconda metà dell'Ottocento ad oggi, nel secondo «Oratorio, quali progetti?», facendo tesoro delle indicazioni emerse dalla «rivisitazione» della memoria, si è avviato un concreto cammino per ridare vita ad una pastorale dei ragazzi che accolga le loro domande e, nello stesso tempo, offra risposte evangeliche (non integriste o riduttive) e in cui trovi adeguata collocazione l'oratorio «rinnovato».
    Contemporaneamente è stata promossa una ricerca - la prima nella diocesi - sulla situazione della pastorale dei ragazzi, con particolare attenzione agli oratori parrocchiali e a quelli tenuti da religiosi e religiose.
    Quattro «seminari», realizzati tra gennaio e maggio del 1988, hanno permesso di focalizzare temi e problemi su cui sono articolate le domande del questionario utilizzato per la ricerca.


    I «SEMINARI» PER AVVIARE UNA RIFLESSIONE

    L'idea dei seminari è scaturita dall'ascolto dei sacerdoti e dei laici impegnati nella catechesi e nell'animazione dei ragazzi, ma anche da una ricerca condotta dai membri della Consulta giovanile diocesana, un organismo che raduna i rappresentanti delle commissioni giovanili zonali, delle associazioni, dei movimenti e gruppi presenti in diocesi.
    Gli incontri con i sacerdoti e laici e le informazioni acquisite attraverso la ricerca della Consulta hanno permesso di focalizzare i problemi della pastorale con ragazzi/e (dagli 11 ai 15 anni) attorno a tre principali nodi: il rapporto tra catechisti e animatori; il passaggio dalla catechesi delle medie ai gruppi di ragazzi e ragazze di prima superiore, e infine la ricerca di un «ambiente comunitario» (l'oratorio?!) in cui aggregare i ragazzi e i giovani.
    Dopo aver consultato i Vicari episcopali territoriali - la diocesi è divisa in quattro vicarie - si è deciso di verificare la presenza e la consistenza di tali nodi nel contesto vivo di quattro zone pastorali della diocesi.
    Il criterio con cui sono state scelte le zone - la prima in città, la seconda e la terza appena fuori, l'ultima in campagna - è stato quello di una qualche rappresentatività in rapporto con quanto si sta facendo in diocesi per la pastorale con i ragazzi e i giovani.
    Si è preferito dare vita a un seminario e non a convegni o celebrazioni, per dare possibilità a tutti i partecipanti di avere un ruolo attivo nel riflettere sui temi e nell'elaborare proposte.

    Gli obiettivi e le tappe del cammino

    Oltre a fornire indicazioni utili alla stesura del questionario per la ricerca diocesana, i seminari avevano due obiettivi ben precisi: suscitare un dibattito e una riflessione sui nodi appena indicati della pastorale con i ragazzi (in particolare sul primo, il rapporto fra catechisti e animatori) e stimolare la ricerca e la realizzazione di esperienze nuove, con attenzione specifica ali' oratorio .
    Per facilitare il raggiungimento di questi obiettivi, l'ufficio diocesano ha preparato un dossier contenente due tipi di schede: le schede-documento per la riflessione e lo studio personale (sono state contrassegnate con una «D» seguita dal numero progressivo) e quelle da usare come riferimento per la discussione in gruppo (contrassegnate dalle lettere «Dg» seguite da un numero progressivo).
    Le schede «D» contengono gli orientamenti, la definizione dei termini (pastorale, catechesi, animazione...), articoli sulle problematiche della pastorale con i ragazzi e, infine, alcuni elementi per progettare itinerari educativi e pastorali.
    Nelle schede contrassegnate «Dg», collegate alle precedenti con opportuni rimandi, sono indicati alcuni problemi relativi ai tre nodi fondamentali della pastorale evidenziati poco sopra, e vengono suggeriti orientamenti per avviare il dibattito e giungere a formulare proposte operative.
    La realizzazione dei seminari e le tappe del cammino di preparazione sono state affidate ad un'apposita commissione costituita in ogni zona, composta da catechisti e animatori e guidata dal sacerdote delegato zonale per la pastorale dei ragazzi e dei giovani.
    Le commissioni hanno lavorato intensamente promuovendo incontri tra parroci e sacerdoti, religiose e religiosi, animatori di gruppi associazioni movimenti e catechisti, e annotando fedelmente riflessioni personali e proposte scaturite dalla discussione sui temi e i problemi indicati nelle schede.
    Ogni seminario si è celebrato sotto la presidenza del vicario zonale con un rappresentante dell'ufficio diocesano e di tutti i «gruppi» che hanno condiviso il cammino di preparazione.

    INDICAZIONI E PROPOSTE

    Dai documenti-sintesi dei vari gruppi di lavoro e dai seminari stessi sono emerse considerazioni e suggerimenti operativi da cui traspare il desiderio -non senza una matura presa di coscienza delle difficoltà che provengono dalla vita delle stesse comunità parrocchiali e dall'odierna cultura - di «servire meglio» l'evangelizzazione dei ragazzi e dei giovani.
    Li raccogliamo attorno ai tre «nodi» che hanno dato origine ai seminari stessi.

    Catechisti e animatori

    La difficoltà al dialogo e alla collaborazione tra catechisti e animatori, ipotizzata nell'apposita scheda-guida alla discussione in gruppo, è stata confermata dal confronto con la prassi pastorale.
    I catechisti, per lo più adulti (anche religiose), hanno una presenza e dei riferimenti istituzionali consolidati; inoltre è affidato loro un compito ben preciso: trasmettere i contenuti della fede.
    Gli animatori, per la quasi totalità laici - giovani se non giovanissimi -percorrono un cammino educativo diverso e per molti ambienti parrocchiali quasi totalmente sconosciuto; mancano quindi sia di sostegni istituzionali consolidati sia di esperienze con cui confrontarsi; si dimostrano più attenti ai bisogni, ai problemi e al linguaggio dei ragazzi e meno ai contenuti del messaggio cristiano.
    Entrambi, sovente, si avvalgono del gruppo come luogo educativo, ma avvertono che la presenza, senza integrazione di un diverso modo di concepire la relazione e la comunicazione dei valori, si ripercuote negativamente sugli stessi ragazzi, sottoposti, loro malgrado, a stili educativi diversi in momenti ben precisi del cammino di educazione cristiana: la catechesi che si sviluppa soprattutto nel periodo precedente la cresima, e l'animazione che normalmente inizia dopo.
    Da queste considerazioni emergono indicazioni non prive di aspetti ancora problematici, ma che possono orientare l'azione pastorale verso il superamento dei disagi appena indicati.
    Tra le molte ne proponiamo due: la necessità di avere un numero maggiore di animatori con una formazione più qualificata e maggiormente centrata sul compito che la comunità affida loro.
    L'opportunità di maturare una nuova figura di educatore che faccia catechesi sul modello culturale dell'animazione.
    In proposito tutti i documenti dei quattro seminari precisano che non si tratta di sostituire gli attuali catechisti (adulti e/o giovani) con animatori (per lo più giovani) e neppure di annullare o ridurre la figura del catechista; ma, esattamente, di riflettere, dialogare e confrontarsi per dare vita a una nuova figura di educatore alla fede.

    Il passaggio: un momento privilegiato per la verifica dell'educativo

    Il secondo «nodo» è quello relativo al passaggio dalla catechesi delle medie ai gruppi di prima e seconda superiore.
    In altre parole: si è chiesto ai partecipanti di verificare se il modo con cui si fa catechesi nell'età della scuola media, crea le premesse per favorire un contatto vivo tra la comunità parrocchiale e i ragazzi, proprio nel momento in cui passano alla scuola superiore o si avviano al lavoro.
    È utile ricordare che con il termine «passaggio» si intende richiamare i vari momenti «di cambio» che caratterizzano la vita di ogni persona.
    Sono momenti ben radicati nella storia di ognuno, ma anche fortemente segnati da novità.
    Un buon educatore (genitore, insegnante, catechista, animatore...) coglie questi momenti come occasione privilegiata per aprire un dialogo educativo, in cui si raccolgano le domande (espresse o latenti) dei ragazzi e delle ragazze per educarle, senza forzarle con proposte «fuori tempo».
    In molte parrocchie ci si impegna a fondo nella catechesi ai preadolescenti in preparazione alla cresima: spesso, però, questo impegno in cui si investono notevoli risorse personali e strutturali è sganciato da un progetto educativo che prevede la configurazione e l'articolazione dei passaggi.
    Nei seminari ci si è soffermati su un fatto tipico del passaggio fra l'età delle medie inferiori a quella dei primi anni delle superiori: il cosiddetto dopo-cresima, momento assai critico per la pastorale.
    Le riflessioni dei partecipanti hanno confermato la tendenza al forte calo di presenze in comunità dei ragazzi e delle ragazze che hanno ricevuto il sacramento della cresima, e la loro disaffezione all'ambiente in cui sono stati generati ed educati alla fede.

    Le cause di una disaffezione

    I documenti dei gruppi preparatori e le sintesi finali dei seminari indicano, sostanzialmente, due ordini di cause. Le prime mettono in questione sia la scelta dei contenuti della catechesi sia il modo di proporli; le seconde chiamano in causa gli educatori stessi e il loro modo di stare con i ragazzi.
    A proposito dei contesti e del modo di comunicarli si nota che:
    - le tematiche dell'anuncio sono deboli, frammentate, richiamate episodicamente, soprattutto nel periodo del dopo-cresima;
    - anche nella pianificazione catechistica delle medie inferiori sono per lo più assenti orientamenti pedagogici che permettano una comunicazione del messaggio più qualificata e maggiormente coinvolgente i ragazzi stessi.
    Mancano, ad esempio, la scelta di un nucleo centrale che si approfondisce e si sviluppa nei tre anni, l'impianto organico dei temi e delle iniziative, l'attenzione al linguaggio dei ragazzi, e infine una metodologia definita (ad eccezione delle associazioni e/o movimenti) che superi l'improvvisazione o «l'ispirazione momentanea» dell'educatore;
    - la catechesi non sembra avere una incidenza sul «cambio di vita»: i comportamenti dei ragazzi e delle ragazze risultano slegati dai contenuti dell'annuncio e quindi poco illuminati e sostenuti da motivazioni ispirate dalla fede.
    Per quanto riguarda gli educatori si ripropone il problema della reazione dei ragazzi a stili educativi diversi (catechista, animatore), ma anche la necessità di avere educatori che abbiano una presenza sufficientemente stabile, in modo da non sottoporre i ragazzi stessi all'incontro con tre o quattro persone diverse nell'arco di uno stesso anno pastorale: ciò lede la continuità educativa e aumenta la difficoltà a stabilire rapporti interpersonali.
    I documenti segnalano ancora una questione che non sembra per nulla marginale: la figura del catechista-animatore può mettere in crisi l'idea che i genitori hanno del catechista e del catechismo, e quindi ripercuotersi negativamente sui ragazzi stessi.
    Come agire per fare maturare anche nei genitori la necessità di un catechismo fatto in modo diverso sia nell'età delle medie che nei primi anni delle superiori?

    L'oratorio come attenzione all'«ambiente»

    L'oratorio è tuttora uno dei luoghi attraverso i quali la comunità tutta esercita la propria responsabilità educativa in ordine alla accoglienza da parte dei ragazzi e dei giovani del dono della fede.
    L'idea di «rivitalizzare» tale luogo educativo sembra trovare consensi: i risultati dei seminari lo confermano. Nello stesso tempo si propone con insistenza una domanda: come «ridefinire» l'oratorio oggi?
    Nel cercare risposte ci si è orientati a descrivere le attività che fanno l'orato- rio oggi, più che soffermarsi a cercare dei riferimenti ideali.
    Le attività che non devono mancare in oratorio sono: ritiri, feste, celebrazioni, gruppi di interesse, uscite giornaliere, campeggi, incontri di formazione...
    Da queste attività traspare un oratorio concepito come luogo in cui ci sono presenze diverse e diversificate, e si fanno proposte diverse e diversificate partendo dall'accoglienza di tutti i ragazzi e giovani, e mettendosi in cammino con loro su diverse strade.
    Nel contempo si ripropone la necessità di coordinare questi diversi cammini in modo che siano espressione di un progetto educativo e pastorale comune, operativamente condiviso, però che non restino «avventure» solitarie, episodiche anche se esaltanti.
    Si tratta allora di maturare una mentalità di comunione in cui si valorizzano le diversità e si promuovono strutture, per fare in modo che tale dono sia visibile e le diversità non si traducano in iniziative concorrenziali, sovrapposte o di intralcio reciproco.
    Non solo, ma è necessario - lo ribadiscono con forza documenti preparatori e documenti sintesi - che nello stesso tempo non venga a mancare la formazione sia degli educatori che dei ragazzi e dei giovani.
    Mentre si dichiara che non è oratorio far giocare i ragazzi in funzione del catechismo e che il gioco ha una sua dignità educativa che va accolta e rispettata in se stessa, riemerge un antico problema: in che modo comporre il gioco, l'attività sportiva con cammini di formazione cristiana?

    PROPOSTE VERSO L'OPERATIVO

    Non mancano però le proposte per fare in modo che il «nuovo» oratorio scaturisca veramente dalla riflessione e dall'impegno responsabile di tutta la comunità parrocchiale.
    Tra l'altro si rileva che:
    - la comunità e in particolare il consiglio pastorale parrocchiale devono assumersi le proprie responsabilità sull'oratorio e sulla catechesi nell'oratorio (evitando di offrire solo una astratta consulenza);
    - è necessario rendere i ragazzi più protagonisti: questo richiede sia l'uso di didattiche nuove sia un cambio di atteggiamento degli educatori nei confronti dei ragazzi stessi, i quali vanno considerati come soggetti attivi e non destinatari passivi;
    - sembra opportuno realizzare itinerari concentrati nel tempo, in cui si parta da un punto e vi si lavori attorno, allargando e approfondendo gradualmente i contenuti. I ragazzi dimostrano di non reggere ad una programmazione che duri troppo nel tempo e sia articolata su enunciati astratti;
    - va presa in considerazione la scelta di momenti di formazione differenziati per i ragazzi e le ragazze, senza rinunciare però a iniziative stabili da realizzare insieme;
    - si impone la chiarificazione dei ruoli delle diverse presenze educative: il catechista, l'animatore, il coordinatore dei catechisti e/o degli animatori, i genitori, gli adulti con responsabilità diverse, i sacerdoti.
    Più particolarmente si segnala la necessità di riconoscere al sacerdote un ruolo di ascolto, consiglio, direzione spirituale; l'opportunità della presenza di adulti (tra cui alcuni genitori) che siano di sostegno e garantiscano la continuità, ma con discrezione (soprattutto nei confronti degli altri educatori): non si presentino come degli «arrivati», ma siano disponibili a lasciarsi educare ancora. Si richiede urgente la verifica delle conseguenze che possono derivare per l'oratorio da presenze educative occasionali e limitate nel tempo (ad esempio, gli obiettori, i seminaristi, le suore...).
    Da ultimo si mettono sul tappeto i problemi relativi al tempo di apertura e all'orario; sono ricordati fattori che ne condizionano le soluzioni quali la presenza di educatori, l'assenza del sacerdote perché impegnato nella liturgia, l'accoglienza di tutti i ragazzi o solo di quelli più impegnati.
    Ecco una ipotesi concreta in cui si cerca di dare risposte ai «nodi» indicati nei seminari e riproposti, soprattutto nel realizzare un oratorio «rinnovato». Si articola in tre proposte complementari:
    - fare un incontro all'inizio dell'anno pastorale (tra giugno e settembre) in cui i coordinatori (dove esistono) e/o gli educatori concordino momenti comuni per attività di formazione sia degli educatori sia dei ragazzi (ad esempio in Avvento, in Quaresima...); trovare alcuni appuntamenti annuali in cui si richieda la partecipazione di tutti a iniziative che coinvolgono l'intera parrocchia (ad esempio la festa patronale, una celebrazione...);
    - riscoprire il valore del tempo estivo per realizzare alcune esperienze forti con i ragazzi, in modo da disporsi positivamente all'attività del nuovo anno;
    - alternare, nel calendario delle attività, i momenti in cui si lavora sulla formazione e sulla vita di fede, con quelli in cui si accolgono e coltivano gli interessi dei ragazzi.


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