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    Quale spazio per i giovani nella società oggi /1


    Una sfida ai giovani: una società da animare 

    (NPG 1988-1/2-80)


    Si può passare da una lettura-riflessione a una interiorizzazione-riformulazione dei contenuti proposti nel dossier? Si possono trasformare articoli scritti da esperti in materiali di lavoro per gruppi? È possibile passare da indicazioni di cammino a piste e itinerari concreti?
    È quello che intendiamo fare in questa ultima parte del dossier/centenario.
    Potremmo intitolare questa rubrica «le pagine gialle» per una attualizzazione. E sono difatti una specie di guida di rimando, di indicazioni, di tracce, piste, materiali vari offerti agli animatori perché nei loro gruppi di animazione (o comunità educative e religiose, gruppi, movimenti, scuole...) possano riesprimere e utilizzare le intuizioni racchiuse nel dossier, che - come è risultato evidente - non è tanto celebrativo di un personaggio, quanto ripropositivo di un metodo di educazione da ridefinire nell'oggi.
    I tre «blocchi» che offriamo (Una sfida ai giovani: una società da animare - Diventare protagonisti della propria formazione - Una spiritualità giovanile salesiana) hanno una storia.
    In occasione delle feste centenarie, tra le varie manifestazioni è previsto anche un convegno internazionale giovanile a fine agosto a Torino («Confronto '88»), che chiuderà con la venuta del Papa. Il tema dell'incontro «Giovani nella chiesa per il mondo» viene preparato nelle varie nazioni attraverso momenti di lavoro dei gruppi di base, feste giovanili regionali e «confronti» nazionali.
    Per fornire piste comuni di riflessione abbiamo preparato un sussidio con quattro temi base e otto sottotemi:
    - come essere giovani oggi (Giovani oggi: il punto di vista salesiano - Ma i giovani sono religiosi?);
    - quale spazio per i giovani nella società oggi (Una sfida ai giovani: una società da animare - Diventare protagonisti della propria formazione);
    - come essere credenti in questa chiesa (Una spiritualità giovanile salesiana - Una chiesa che si fa serva dell'uomo);
    - come essere giovani con i giovani (Siamo gente di festa - Uno stile di servizio dai giovani ai giovani).
    Presentiamo qui alcune tracce, con uno sviluppo tematico e metodologico maggiore rispetto al sussidio «internazionale».
    Per gli animatori che - data la ricchezza del materiale offerto - ritenessero di poter avviare lavori di gruppo o di riflessione che durino più di qualche incontro, ricordiamo che l'intera traccia n. 4 «Come essere giovani con i giovani» (festa e servizio) è stata pubblicata in NPG ottobre '87, e che pubblicheremo nei numeri seguenti la traccia n. 1 «Come essere giovani oggi».

    ALCUNE ANNOTAZIONI COME PREMESSA

    Va subito detto che le tracce che offriamo sono dei materiali «provvisori» per la discussione, la ricerca, la verifica. Vogliono facilitare il lavoro, non offrire risposte immediate o soluzioni prefabbricate.
    Esse vogliono essere una «miniera» di possibili percorsi da seguire negli incontri. Chi anima gli incontri è chiamato a studiare con calma le tracce, magari ricorrendo alle fonti citate o ad altre, per poi fare delle scelte in situazione. In tal modo tutti i gruppi lavoreranno sulle stesse «tematiche» facendo riferimento ad un vocabolario comune (facilmente arricchibile), ma ogni gruppo si muoverà con molta libertà e creatività. In quanto miniera di possibile percorso, ogni traccia svolge una sorta di «ragionamento» che, mentre si snoda, individua domande e problemi contestualizzati e sollecita alla ricerca e al confronto.
    Proprio per questo chi prepara gli incontri è chiamato a studiare le tracce per cogliere il ragionamento, per poi rielaborarlo personalmente. Non vogliono essere dei vestiti «stretti» che impacciano il cammino. Vogliono soltanto sollecitare ad approfondire le tematiche per poter elevare il livello dei vari momenti del «confronto» .
    I confini tra le tracce, più che limiti, vanno visti come «porte» che si aprono e che permettono alle diverse tracce di comunicare e così permettere al «confronto d. Bosco '88» di spaziare sui vari problemi e temi legati all'«essere giovani nella chiesa per il mondo».

    Il modulo degli incontri

    Una parola va spesa sul modulo degli incontri da realizzare. In termini globali si può dire che devono essere incontri condotti con uno stile di animazione. Stile di animazione vuol dire, anzitutto, mentalità di ricerca alla luce di alcuni «dati» esistenti.
    Non è ricerca quella in cui si parte dal basso chiedendo ad ognuno cosa ne pensa del tema, senza una seria ed appassionata «informazione».
    Ma non è ricerca neppure quella in cui i giovani sono chiamati a interiorizzare o approvare contenuti già prefabbricati.
    Ricerca invece è serietà di documentazione, confronto con domande giovanili nuove, paziente invenzione di risposte alle domande giovanili che sono insieme un'attualizzazione del carisma pedagogico e spirituale salesiano.
    Stile di animazione vuol dire, in secondo luogo, utilizzo di adeguate tecniche di lavoro nell'arco degli incontri in modo da valorizzare i diversi momenti (preghiera, ricerca comune, conferenze e relazioni, gioco e festa, paternità...). Non è possibile ridurre gli incontri a una buona conferenza. Occorre che gli incontri siano di «mediazione» tra domande e attese giovanili e appassionata offerta dei grandi contenuti carismatici.
    Questo è possibile attraverso lavori di gruppo, tracce di lavoro, tecniche che facilitano la comunicazione affettiva e lo scambio dei contenuti, modalità espressive nella presentazione dei lavori di gruppo...
    Non ogni incontro potrà, e tanto meno dovrà, svolgere tutte le tematiche che ora verranno presentate. Come si vedrà, in qualche modo esse sono elaborate in modo tale che da ogni tema (e rimanendo fedeli ad esso) è possibile accedere alle principali intuizioni del carisma pedagogico e spirituale salesiano.
    È auspicabile che ogni incontro (sia di una giornata che di un'ora come anche di una settimana) si concentri su uno solo dei grandi temi. Ovviamente in grandi assemblee di gruppo sarà invece possibile affrontarne contemporaneamente diversi.
    I singoli temi sono stati svolti in una «chiave» che va anticipata. Si è voluto «celebrare» don Bosco non come fatto del passato o come personaggio a sé stante, ma come messaggio del presente attraverso l'attualizzazione della causa per cui egli ha vissuto: la passione evangelizzatrice per i giovani.
    Non si parla dunque di don Bosco, ma si cerca di individuare cosa don Bosco (e la tradizione vivente salesiana che ormai data oltre 100 anni) hanno da dire rispetto ai problemi dei giovani oggi sul piano dell'educazione culturale e religiosa.
    L'impresa non è facile, perché non esistono risposte prefabbricate, perché non è possibile far esprimere don Bosco su problemi per lui inesistenti, ma ancor più perché c'è una reale «distanza» culturale e teologica tra i tempi di don Bosco e i nostri giorni. Continuamente si è chiamati a capire questa distanza. Ripetere le parole del passato non serve. Serve invece una fedeltà creativa, che riflettendo insieme sul carisma e sui problemi d'oggi, riesce a «tirar fuori» cose nuove.
    Ma nel capire questa distanza non ci si può avventurare da soli. Esiste una grande risorsa: il Concilio Vaticano II. I suoi documenti sono il frutto del lavoro ecclesiale per capire la distanza «culturale» tra la tradizione ecclesiale e i nostri giorni.
    Ecco allora che il Concilio si colloca come terzo polo, oltre le domande giovanili e i dati del carisma salesiano, nel dare vita alla ricerca dei giovani nei vari incontri. La teologia conciliare, i suoi grandi temi ispiratori e i suoi orientamenti pastorali, devono essere centrali nello sforzo di attualizzare il carisma salesiano.
    Il soggetto di queste tracce, o meglio ancora, i destinatari, non sono i giovani, ma neppure gli educatori, bensì l'insieme educatori-giovani. Non ci può essere confronto «salesiano» se i giovani sono abbandonati a se stessi o «manipolati». Educatori e giovani sono chiamati ad una ricerca comune, in cui i primi svolgono un compito di animazione.
    E l'animatore, mentre offre il suo aiuto, non si sostituisce mai ai giovani, anzi stimola la loro fantasia e riflessione, valorizza i loro contributi (a prima vista poveri), facilita il lavoro di sintesi.
    Queste sono dunque tracce per comunità educative che, come tali, apportando ogni componente la sua esperienza e competenza, vivono il «Confronto don Bosco '88».

    Quale spazio per i giovani nella società oggi /1.
    Una sfida ai giovani: una società da animare

    Esplicitiamo alcune premesse, come introduzione:
    - D. Bosco e l'esperienza salesiana offrono non solo un'ottica originale con cui leggere la realtà sociale e giovanile, ed è l'attenzione alle «forze del bene» che come germe esistono dentro esperienze ambivalenti e anche negative.
    L'esperienza salesiana offre anche un'ottica particolare per «intervenire» sulla realtà: ci si interessa di tutta la realtà vedendola dal punto di vista della crescita del singolo giovane, e per «trasformarla» insieme ai giovani.
    - Lo spirito salesiano non conosce l'utopismo idealizzante, né il cinico disinteresse per il reale e la sua trasformazione. Conosce invece una laboriosità ed uno spirito di iniziativa fuori del comune. Esso trova la sua motivazione ultima nell'ansia di salvezza dei giovani, fino a voler trasformare gli stessi giovani (come D. Bosco) in «impresari» di Dio e del suo Regno.
    - L'iniziativa e laboriosità salesiana hanno oggi un nome: animare la società. Animare rimanda al «dare un'anima» alla società.
    A questo si arriva lavorando alla sua trasformazione attraverso una attività specifica: il formare le nuove generazioni. Stile salesiano è fare indirettamente politica attraverso l'educazione.
    - L'animazione della società è ciò che i salesiani vogliono proporre ai giovani. Lo fanno concretamente dando vita ad una esperienza di animazione nei propri ambienti educativi, capace di aprire al protagonismo, al volontarismo ed alla stessa politica.

    OBIETTIVI

    Chiedersi quale sia lo spazio dei giovani nella società è certamente interrogarsi sullo spazio che la società fa ai giovani al suo interno. Ma è soprattutto interrogarsi su quale spazio i giovani devono conquistarsi e come, per partecipare alla costruzione della società.
    Di qui gli obiettivi della traccia:
    1. Rendere anzitutto consapevoli che il rapporto con la società è sempre presente e dunque una risposta è già in atto. Può essere di disinteresse, rassegnazione, fuga, protagonismo.
    Perché si dà una risposta piuttosto che un'altra? Dai fatti occorre risalire alle cause e sbilanciarsi nell'interpretare.
    2. In un tempo di diffuso disinteresse verso il collettivo o di esaltazione dell'eroe solitario che sale i gradini della scala-società, si vuole abilitare ad «amare questa società», come modo di espressione dell'amore alla vita. Si tratta di imparare a sentirsi radicati in questa società e cultura. Non per lasciarla come è, ma per trasformarla a partire da quanto le generazioni precedenti hanno fatto.
    3. L'amore alla società e la decisione di dedicarsi alla sua animazione sono obiettivi distanti se si tiene conto della situazione giovanile. Ecco allora l'obiettivo: abilitare a vivere nel gruppo giovanile un'esperienza di animazione dove, quasi in un piccolo laboratorio che riproduce in scala ridotta la società e la chiesa si interiorizzano nuovi atteggiamenti etici, nuovi comportamenti sociali, nuove iniziative.
    4. Abilitare, infine, il gruppo giovanile a diventare sempre più gruppo di «volontariato» e dunque a decentrarsi lentamente verso un servizio gratuito che possa esprimersi sul piano della riflessione culturale, lotta all'emarginazione, ricostruzione di nuovi rapporti sociali.

    TRACCIA Dl RIFLESSIONE E RICERCA

    La situazione giovanile, rispetto al rapporto con la società, sembra oggi riassumibile in un triplice possibile percorso. Sono percorsi a cui i giovani vengono «facilitati» dalla società e dal «disagio» cui li immerge, ma sono insieme percorsi in cui i giovani giocano la loro libera scelta.
    In altre parole, non sono del tutto condizionati.

    La situazione giovanile in questa società

    Ecco dunque i percorsi o esiti a partire da una comune situazione di «disagio»:
    - il cammino dal disagio alle diverse forme di «irrazionalità», dalla droga alla violenza, piccola o grande che sia;
    - il cammino dal disagio all'«adattamento passivo» e al «conformismo» che annebbia la coscienza e fa regredire lo spazio della libertà personale;
    - il cammino dal disagio al «protagonismo» e alla partecipazione attiva e critica alla vita sociale nei suoi vari ambiti.
    A quali dei tre percorsi si stanno ambientando e si ambienteranno nei prossimi anni i giovani? E quali «condizioni» permettono di aiutarli ad avviarsi per una strada di protagonismo e partecipazione?
    Sono questi gli interrogativi che una ricerca «da salesiani» non può oggi non affrontare.

    Ripensando l'esperienza di D. Bosco

    Che significa attualizzare lo spirito di D. Bosco rispetto alla presenza nella società?
    Possono essere ricordati tre elementi.

    Il coraggio dell'iniziativa
    Consapevole del «disagio» dei giovani del suo tempo, don Bosco risponde, facendosi carico di tutti i loro problemi, con iniziative concrete:
    - alla solitudine e abbandono educativo risponde con l'esperienza oratoriana festosa e comunitaria;
    - alla mancanza di lavoro e istruzione risponde aprendo scuole e laboratori;
    - alla mancanza di «casa» risponde aprendo ospizi e collegi per i più poveri.
    In lui non c'è una teorizzazione di come i giovani devono rapportarsi alla vita sociale, ma un favorire condizioni concrete di una partecipazione giovanile.
    Quali atteggiamenti si possono trarre dalle sue iniziative?

    Una presenza specifica: l'educazione
    Dietro il moltiplicarsi delle sue iniziative sta una scelta precisa: farsi presenti nella società attraverso l'educazione dei giovani, soprattutto i più poveri. La sua è una presenza educativa.
    Così facendo si distingue da presenze strettamente «politiche». D. Bosco non si impegna alla trasformazione delle strutture sociali ( = far politica), ma alla formazione di giovani capaci di trasformare la società (= far educazione politica).
    «Se si vuole, noi facciamo anche della politica... la politica si definisce la scienza, e l'arte di ben governare lo stato. Ora l'opera dell'oratorio... esercitandosi specialmente nel sollievo della gioventù più bisognosa, tende a diminuire i discoli e i vagabondi, a vuotare le prigioni... in una parola a formare «buoni cittadini» che... saranno di appoggio per mantenere nella società l'ordine, la tranquillità e la pace». In conclusione: D. Bosco propone ai giovani un'esperienza educativa che li aiuti a passare dal rischio di irrazionalità ad una scelta di protagonismo.

    La motivazione: fare la salvezza dei giovani
    A rileggere gli scritti di don Bosco è facile osservare che egli si riferisce alla salvezza come «salvezza dell'anima» e dunque qualcosa di «spirituale» che si realizza «oltre il tempo». Questo era il linguaggio del suo tempo.
    Se tuttavia si guarda all'insieme del suo operare, appare una appassionata preoccupazione per il miglioramento complessivo della vita del giovane, dal punto di vista fisico, sociale, intellettuale, morale, spirituale. Nulla della crescita del giovane si sottrae alle sue cure.
    Per arrivare a questo miglioramento complessivo, don Bosco rifiuta ogni concezione «spiritualistica» di salvezza. Egli si sente chiamato a «fare» tutta la salvezza dei giovani e a lottare per creare le condizioni sociali, politiche ed economiche che la rendono possibile. Da questo punto di vista egli, più che un «filantropo», è un credente nella «salvezza di Gesù».

    RICERCA SU UNO STILE Dl ANIMAZIONE

    Come riformulare oggi le intuizioni di don Bosco e della tradizione salesiana rispetto ad una «presenza educativa» attenta alle condizioni complessive di vita dei giovani e al loro miglioramento qualitativo?
    La tradizione salesiana ha già dato, in questi ultimi anni, una risposta attualizzante: porsi accanto ai giovani in uno stile di animazione ed abilitare i giovani a interiorizzare ed esercitare a «vivere animando».
    Cosa si intende per stile di «animazione»?
    Si apre, come si intuisce, un enorme campo di studio e ricerca comune.

    Una scelta di fondo: l'amore alla vita

    L'animazione è anzitutto «uno stile di vita», un modo complessivo di vivere che si ispira ad una scelta o scommessa: vale la pena di vivere, vale la pena amare la vita.
    L'amore alla vita è una scommessa complessa e articolata in cui possono essere raccolte alcune affermazioni basilari:
    - la consapevolezza di vivere in una «società del disagio». L'amore alla vita non è la decisione degli ingenui, di coloro che non «conoscono» la vera realtà del mondo d'oggi, chiusi in una lettura dolciastra o accomodante della realtà. Per amare la vita è necessario una «lettura critica», per nulla ingenua, della vita sociale. Ma non una «lettura disperata». L'amore alla vita dice ricerca appassionata dei «segni di bene», dei germi di speranza;
    - di fronte al «disagio» colto nella sua crudezza si possono dare più scelte: la scelta della fuga e dimenticanza; la scelta della ricerca del piacere personale e basta; la scelta dell'impotenza e dell'arrendersi.
    Amare la vita è, invece, scommettere che anche nelle situazioni più disgraziate è possibile compiere un gesto, per forza di cose «povero», che redime la situazione della inumanità e restituisce una «dignità» insperata. È da notare che la restituzione della dignità avviene in una situazione che rimane spesso «povera» e a volte indecifrabile; come è da notare che non si crede all'annullamento totale della libertà personale;
    - la scommessa di amore alla vita non è una scelta viscerale e irrazionale. Una volta presa, essa piuttosto fa appello alle forze della ragione e dell'intelligenza umana, personale e collettiva.
    Alla ragione si fa ricorso per comprendere in modo sempre più lucido la realtà e come sia possibile trasformarla. Alla ragione si chiede di «elaborare un progetto».
    La scelta dell'animazione è che in ogni situazione è possibile progettarsi.
    Cosa vuol dire progettarsi? Implica anzitutto consapevolezza dei limiti (si pensi all'atleta). Implica poi intelligenza per fissare un nuovo limite che sia «oltre» il precedente ma realisticamente raggiungibile, lontano da ogni «utopismo». Implica infine la delineazione delle tappe per raggiungere il limite nuovo, gli esercizi e allenamenti...;
    - ogni progetto, al momento della realizzazione, richiede fatica e sofferenza. L'amore alla vita non esclude la sofferenza, anche se non la cerca. La capacità di amare nuove forme di vita richiede lotta, resistenza, ripresa dagli errori;
    - amore alla vita dice infine esperienza di felicità, di una felicità grande che si realizza in azioni per molti versi ancora povere. Ecco una affermazione centrale: tutta la felicità può incarnarsi in un gesto povero.

    Un soggetto di animazione: il gruppo

    È facile comprendere che l'amore alla vita è una «conquista». Da soli non è facile. Il soggetto della conquista è il piccolo gruppo.
    È possibile ricercare insieme le motivazioni a quanto ora detto. Nell'insieme si può dire che il piccolo gruppo, man mano che si consolida, scatena delle energie affettive che le singole persone possono utilizzare per confermare definitivamente se stesse come esistenti (= amare la vita a cominciare da se stessi) e per «trasformarsi» insieme a servizio della causa della vita.
    Se pertanto si vuol maturare una scelta di animazione occorre «immergersi» in una esperienza di gruppo: il gruppo «scioglie» la solitudine personale e abilita a vivere per l'insieme.
    L'affermazione dell'importanza del gruppo per la crescita di uno «stile di animazione» rimanda ad un'affermazione ulteriore: «la crescita dell'individuo è inscindibile dalla crescita dei contesti sociali in cui vive» e viceversa.
    Se il soggetto di animazione è pertanto il gruppo, è corretto affermare anche che il «soggetto di animazione è la società nel suo insieme».
    Nessuno esprime e matura amore alla vita «separando» la sua crescita dalla crescita della società, cioè dei vari ambiti sociali in cui vive. Si cresce «animando la società». Si anima se stessi animando la società.

    Alcuni obiettivi di rinnovamento sociale

    Per svolgere il suo compito di «animazione sociale», cioè di crescita dei singoli e del tutto contemporaneamente, il gruppo nell'attuale situazione è chiamato ad esercitarsi su alcune direzioni. Le elenchiamo, per una ulteriore ricerca.

    Il controllo del potere e la lotta al conformismo
    Oggi non c'è più nessuno che ordini esplicitamente. I «grandi dittatori» sono stati sotterrati, le autorità «forti» sono state smascherate. Eppure ci troviamo dinanzi ad un «nuovo grande conformismo».
    Nella società tecnologica il potere è diffuso, esercitato attraverso la costrizione vellutata dei sistemi simbolici (la cultura e i suoi modelli).
    - Animazione sociale sarà dunque svelare, smascherare i rapporti tra i sistemi simbolici e il potere (tra pubblicità e condizionamento dell'acquisto di beni superflui, tra spettacolarizzazione della vita e appiattimento dei bisogni vitali...).
    - Non lotta contro un potere per sostituirne un altro, ma la sua relativizzazione, smascherandone le logiche interne di manipolazione e di conformizzazione.

    La coscienza della distanza fra morale personale e morale sociale
    L'uomo e la società attuale sono affetti da una grave malattia: la scissione tra comportamento morale individuale (magari legato ad onesti princìpi) valido per i più ristretti ambiti vitali, e un comportamento morale a livello sociale retto da «regole» e princìpi diversi da quelli soggettivi (le ragioni del potere, dell'efficienza, della concorrenza, del profitto, dell'allargamento clientelare del potere).
    - Animazione sociale sarà quella che tende al superamento della scissione dell'uomo moderno, per cercare la fatica della «coerenza» per la felicità dell'uomo.
    - Per superare questa conflittuale presa di coscienza sarà anche necessario operare per il «cambiamento» del sistema sociale e della sua morale, ed operare una saldatura tra valori vitali del soggetto e valori nascenti dalle trasformazioni della stessa realtà.

    L'educazione ad un rapporto critico con gli strumenti sociali
    Gli strumenti (materiali e simbolici) della cultura sono ciò che permette all'uomo di incontrarsi con se stesso, la natura, gli altri, la società stessa.
    Sono dunque il «prolungamento» della capacità sensoriale, manipolatoria, e progettuale dell'uomo sulla realtà.
    Essi non sono neutrali: contengono una visione del mondo da trasformare e dell'uomo che ne verrà fuori.
    Ogni strumento contiene due livelli di significato: uno esplicito (al livello pratico, operativo, della sua efficacia sul mondo) e un altro implicito (la qualità della vita dell'uomo che intende promuovere).
    - Animare vuol dire allora abilitare ad una valutazione etica degli strumenti, al di là della loro immediata efficacia operativa; a regolare lo sviluppo della tecnologia e la progettualità oltre la logica del profitto e dell'efficienza, per misurare il loro positivo contenuto di liberazione dell'uomo e della vita.
    - Abilitare dunque alla scoperta del «valore» (delle valorizzazioni) che «regolano» l'uso degli strumenti, in modo tale che l'unico valore non si riduca a quello dell'espansione del potere esistente.
    - Abilitare a coniugare valori tecnologici e valori delle culture locali.

    La valorizzazione del gioco e degli altri momenti creativi
    La nostra società ludico-spettacolare sta smarrendo il significato più profondo del gioco e della creatività.
    I giovani sembrano voler riscoprire invece la dimensione ludica dell'esistenza nella sua originalità.
    - Imparare a giocare è un grande obiettivo di animazione sociale.
    O forse meglio: «reimparare a giocare».
    Ma qual è il «gioco vero»? Quello svincolato da utilità immediate, funzionali, utilitaristiche, frutto di gratuità e di libertà.
    - Imparando a giocare il gioco, i giovani portano all'interno della società la sperimentazione di rapporti sociali nuovi, inibendo quelli vietati o negati; introducono comportamenti nuovi, liberando il fantastico.

    L'abilitazione a sperimentare la responsabilità personale nel volontariato gratuito
    Nella crisi di partecipazione e a fronte di un insorgente neo-corporativismo e individualismo, l'animazione scommette in direzione della nascita di una nuova solidarietà, per ritrovare un nuovo equilibrio tra responsabilità personale e progettazione sociale.
    - L'attuazione e la valorizzazione della solidarietà giovanile all'interno dei più caldi contesti vitali può rappresentare il punto di partenza per allargare il cerchio della solidarietà nella presa di coscienza della «sofferenza vicina» presente nelle situazioni; per una più ampia disponibilità a lottare e farsi carico «insieme» della sofferenza dell'uomo perché scompaia o per lo meno sia arginata, e le cause che la provocano siano individuate e contrastate.
    - Si tratta di una solidarietà attiva e critica che allarga progressivamente gli orizzonti dai piccoli problemi quotidiani ai grandi problemi del Nord e del Sud del mondo.

    Le attività tra politico e prepolitico

    Quanto detto finora ha portato ad affermare che lo stile dell'animazione è di aiutare i giovani a fare un'esperienza di gruppo «educativa», di presenza nella società ispirata all'amore per la vita.
    Se tutta la vita del gruppo è un piccolo laboratorio di educazione ad un rapporto critico e partecipativo con la vita sociale, bisogna aggiungere che il gruppo è chiamato anche a dedicarsi ad attività nella direzione del sociale e del politico.
    Per indicare le possibili attività e sottolineare la incidenza nella trasformazione della vita collettiva, è opportuno introdurre la distinzione tra «politico» e «prepolitico».
    L'ambito prevalente dell'animazione è il «prepolitico». Con questo termine si fa riferimento a:
    - iniziative tese a favorire una riaggregazione giovanile in cui sia possibile «stare insieme» in un modo nuovo, avere rapporti interpersonali accettabili e gratificanti, confrontandosi, progettare attività;
    - iniziative destinate a fare cultura a livello popolare come il cineforum, il teatro, lo sport, lo spettacolo musicale, le tavole rotonde, i dibattiti su tematiche di interesse giovanile;
    - il servizio di volontariato agli emarginati, agli anziani; la solidarietà con i poveri e il terzo mondo, l'impegno per l'educazione dei più piccoli...
    In tutte queste attività si fa «politica» ma in un senso largo. Si abilita a non ridurre la politica a un vuoto gioco di parole. Ma soprattutto si pongono le basi per una maturante crescita nel politico.
    Si diventa consapevoli del ruolo politico che hanno i valori personali autentici, la creazione di nuovi modelli di vita, la proposta di esperienze alternative che scuotono dall'immobilismo le strutture sociali.
    E la militanza politica diretta? Impegnarsi come singoli o come gruppo? Impegnarsi da credenti che sanno rispettare la laicità della politica?

    Per un volontariato educativo

    L'animazione si pone come attività di volontariato ed educa al volontariato.
    È necessario spendere una parola a riguardo.

    Cosa intendere per volontariato?
    Cosa sta dietro questo termine ormai di moda?
    Indichiamo alcune tesi «da discutere»:
    - il volontariato autentico è costituito da uno «stile globale di vita»: agisce disinteressatamente a servizio di tutti, privilegiando gli emarginati;
    - il volontariato non è azione «privata»: non si vuole fare del bene soltanto, ma si vuole fare «politica» (= cambiare la società) attraverso il volontariato;
    - il volontariato è presenza normale e non di emergenza nella società;
    - il volontariato non fa concorrenza all'azione (e responsabilità) dei pubblici poteri, anzi desidera sperimentare una leale ed originale integrazione; anticipa profeticamente l'azione delle pubbliche autorità;
    - i campi del volontariato sono tra i più vasti: ovunque si manifesti la necessità di un intervento sociale.

    Possono i giovani fare volontariato?
    Il volontariato, prima che compito dei giovani è compito dell'adulto. Può il giovane fare volontariato oggi? Sembrano esserci alcune «controindicazioni»: la fuga dal politico (ma fino a che punto?), il rifiuto delle istituzioni, la scarsa progettualità, la paura di responsabilità continuate, la paura di essere strumentalizzati dai partiti...
    Si può, come qualcuno fa, affermare che il volontariato giovanile è un «fenomeno anomalo», in quanto non può essere ancora volontariato? Fino a che punto i giovani sono in grado di leggere in profondità i bisogni degli altri e battersi contro la povertà, in un atteggiamento di gratuità, proprio mentre sono concentrati sulla propria autocostruzione?
    Una proposta: dare vita a un volontariato che sia «educativo» per i giovani che lo stanno vivendo, in modo che senza strumentalizzare il povero, abbiano una concreta esperienza di autocostruzione e riscoprano così la passione per le cose grandi.
    A quali condizioni, allora, è possibile un volontariato educativo? E, posta la distanza oggettiva tra maggioranza dei giovani e volontariato, quale «itinerario» dal disimpegno al volontariato?

    La «solitudine» del credente nel volontariato
    Il volontariato non è un monopolio del mondo cattolico, né dei credenti. Chi fa del volontariato a partire dalla fede cristiana si ritrova spesso a fianco di altri uomini e donne non credenti che lavorano, con non minor passione e gratuità, per la stessa causa del «servizio» al povero. Succede anche che ci si sente più legati a queste persone, che non a tanti cristiani chiusi a casa loro.
    Come vivere questo? L'esperienza salesiana si traduce in due atteggiamenti complementari:
    - il cristiano si fa uomo di «compagnia» per tutti, perché la vita da servire è patrimonio e responsabilità di tutti. Sente che anche chi non crede, lavorando per il povero, lavora per la costruzione del Regno della vita;
    - il cristiano vive questa compagnia nella «solitudine» della sua esperienza di fede: coltiva le motivazioni profonde del suo servizio, celebra con gli altri credenti l'avvento del Regno, gioisce nel suo intimo della salvezza che Dio offre al povero anche attraverso chi non crede.


    T e r z a
    p a g i n A


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