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    Le tappe progressive dell'integrazione fede-vita: quasi un itinerario



    Mario Delpiano

    (NPG 1988-08-26)


    Le esigenze della prassi e della sua progettazione, nonché della verifica, ci sospingono verso un livello di definizione dell'obiettivo che indichi le grandi tappe intermedie e sia traducibile nell'operativo.
    Non intendiamo rinunciare al tentativo di operazionalizzarlo, e tradurlo a quel livello di concretezza e di verificabilità che risulta possibile e compatibile nell'ambito educativo, salvandone cioè la globalità senza cedere a parcellizzazioni comportamentistiche.
    Per questo restiamo al livello globale degli obiettivi in termini di atteggiamento.
    Inoltre sentiamo l'esigenza di asserirne al contempo tutta la provvisorietà e l'inadeguatezza: l'educativo è un ambito fasciato dal mistero, il mistero dell'uomo e della sua libertà; il mistero di Dio che incontra l'uomo nel cuore più intimo della sua esistenza, chiamandolo alla responsabilità intorno alla sua vita come dono.
    Non vogliamo perciò rimanere prigionieri, perché catturati dentro modelli efficientistici e pragmatici che riducono, quando non svuotano, l'umano.
    L'operazionalizzazione dell'obiettivo a livello educativo-pastorale non può essere identificata con l'operazionalizzazione di obiettivi didattico-comportamentali, propria di interventi, pur essi educativi, ma circoscritti nello spazio, nel tempo, negli ambiti. Questo livello, seppur necessario, non viene considerato dal nostro progetto, perché ha senso in situazione concreta.
    L'obiettivo in direzione della operazionalizzazione si esplica nella individuazione di alcune competenze a cui progressivamente abilitarsi, e che, a livello educativo (perciò globale), risultano essere gli atteggiamenti (acquisibili, coltivabili e radicalizzabili nel contempo).
    I comportamenti e le competenze linguistiche e operative che di tanto in tanto potremo tentare di rilevare, costituiranno per noi come degli indizi, cioè indicatori sempre insufficienti, della progressiva ristrutturazione della personalità dei preadolescenti secondo gli atteggiamenti identificati.

    SÌ ALLA VITA COME SÌ A LIBERARE INSIEME LA NOVITÀ DEL CAMBIO

    La prima costellazione di atteggiamenti che esprime l'assumere in proprio la gestione della crescita e rappresenta una prima tappa nell'accoglienza responsabile e creativa del «cambio», è l'acconsentire del preadolescente a prendere parte all'avventura di liberare la novità della vita all'interno di forme, stili di comportamento, modelli, tutti da reinventare e da costruire insieme, in una grande impresa comune.
    È la decisione, che matura poco a poco, di non accettare più di vivere da bambino, gestito e progettato da altri; è il riconoscimento e l'accettazione di un dono che è inscritto nella vita del preadolescente stesso, all'interno di un'esigenza profonda di crescita, di trasformazione, che diventa consapevole decisione di «voler crescere», di saper diventare «soggetto», diverso rispetto al passato infantile, e provare a liberare le forze nuove, la vitalità erompente, quasi esplosiva, che non può più essere contenuta, e neppure negata o repressa. È decidersi a dare il via alla ricerca, avventurosa e impegnativa insieme, di forme nuove e adeguate di espressione della vita: stili, atteggiamenti, comportamenti, percorsi di elaborazione dei bisogni, circuiti di soddisfazione non più solo ripetitivi e di adeguamento passivo alla progettazione di altri, bensì creativi e personali, perciò anche divergenti rispetto a quelli di prima; è prendere gusto a far nascere forme e modelli di vita capaci di esprimere la novità che ognuno sta vivendo dentro, il cambio misterioso e profondo che segna tutta quanta la storia e la personalità del preadolescente.
    Si potrebbe obiettare che già i preadolescenti pronunciano, quasi spontaneamente, questo «sì» germinale. Ogni preadolescente è già tutta una esplosione di vitalità esuberante.
    Questo solo in parte sembra vero.
    Ci sono oggi soggetti che vivono la paura e l'insicurezza del nuovo che si portano dentro, e che non riescono a decidersi ad uscire dal guscio dell'infanzia protratta, dalla situazione di deresponsabilizzazione e di consegna in bianco ad altri della gestione della vita; soggetti che non sono sostenuti, né tanto meno sollecitati, ad «uscir dalla tana» per compiere il primo passo fondamentale del cambio.
    Ci sono anche educatori che rifiutano di definire come obiettivo quello di liberare il nuovo nei ragazzi. Sono gli educatori che preferirebbero che il cambio non accadesse, che i ragazzi passassero immediatamente dalla fanciullezza all'età adulta, senza lo sconquasso, i conflitti e le contraddizioni della preadolescenza e dell'adolescenza.
    In tal modo essi di fatto chiedono ai preadolescenti di continuare a restare bambini.

    Il contesto vitale come condizione

    Questo atteggiamento di assunzione del cambio e di ricerca appassionata del nuovo da liberare può sbocciare soltanto e svilupparsi all'interno di un contesto vitale in cui il preadolescente non è lasciato solo; in esso infatti può trovare il clima e perciò le condizioni vitali perché la crescita sia liberata.
    Lo sradicamento culturale e la sovraesposizione ai molteplici messaggi della cultura della dipendenza consumistica o di quella istituzionale (attualmente lontana dal recepire le esigenze più profonde del cambio) lasciano il preadolescente sprovvisto di strumenti per gestire un minimo di progettualità autonoma dei bisogni.
    Da ciò l'urgenza di un nuovo radicamento, la necessità prioritaria di annidarsi in un nuovo utero sociale: questa esigenza vitale primaria costituisce per noi il punto successivo da raggiungere nella presa di coscienza del preadolescente; egli è sollecitato a giocare in questa direzione quel margine di responsabilità e di libertà che finora è riuscito a conquistare.
    Questo primo passo che contiene germinalmente tutto l'obiettivo ed esprime in un certo modo il massimo di decisionalità del preadolescente sulla propria vita intorno al cambio, si configura in un «prender parte insieme all'avventura» del cambio, entro una compagnia nuova e allargata, tutta da costruire, perché non «già confezionata» come quella di prima; e dentro di essa, in tanti, si trovano le risposte, mentre si risponde a se stessi. Solo così il preadolescente supera l'illusione facile di avventurarsi da solitario nella scoperta della vita, o di protrarre ulteriormente la «consegna cieca» ad altri della gestione dei propri bisogni.

    Operazionalizzazione dell'obiettivo intermedio

    Articolerei questa prima tappa in una serie di atteggiamenti:
    - acconsentire a prender parte alla costruzione del nuovo mondo vitale con altri compagni di viaggio, coi quali dar vita al «mondo del noi», il grande villaggio;
    - impegno, nel collocarsi all'interno del nuovo mondo vitale, di trovare il proprio posto come soggetto-che-fa-parte di una realtà più grande, senza estraniarsi né facendosi fagocitare nella fusione indifferenziata, ma imparando a trovare le ragioni in sé e con gli altri dell'azione comune;
    - scoprire e accettare la relazione con il gruppo e con gli altri (i «tu» da incontrare), come relazione che fa crescere e sollecita a riscoprirsi come io, per divenire noi;
    - coinvolgersi attivamente e collaborare nella ricerca di uno stile di vita liberante, capace di esprimere le esigenze del cambio: disponibilità dunque ad inventare insieme una qualità nuova della vita nel nuovo grembo vitale, fatta di avventure, cioè attività-esperienze, valori e codificazioni nuove, capaci di esprimere il distacco e la novità con la precedente storia;
    - capacità di accettazione dello scontro e del conflitto necessari, con gli altri e con le cose, per dar vita al nuovo mondo comune; dal conflitto inevitabile infatti deve nascere un «patto» reciproco in cui ognuno è riconosciuto e accettato in tutto quel che è, nella simpatia e nella differenza.

    SÌ A DIVENIRE SOGGETTO NEL LIBERARE INSIEME IL CAMBIO

    Una seconda importante tappa da conseguire, che garantisce la collocazione nell'obiettivo, è quella che esprime l'orientamento a scoprire ed assumere, con progressività e crescente consapevolezza, la propria soggettività, il proprio «io» irrepetibile e unico, con i frammenti di mondo interiore da unificare.
    Il sì a liberare la vita in forma plurale, sollecita di conseguenza ed esige successivamente l'emergere della «differenziazione» all'interno del contesto identificativo, per separarsi dal tutto e di divenire soggetti all'interno dell'intersoggettività, co-protagonisti dell'avventura tentata. Superando il momento di fusione iniziale, il preadolescente diviene soggetto del cambio, anche all'interno della produzione comune di vita nuova, per dare ad essa i propri irrepetibili colori.
    Una serie di specificazioni ulteriori definiscono i passi di una progressiva strutturazione di tale atteggiamento globale:
    - desiderio e coraggio di avventurarsi nel «viaggio all'interno del proprio mondo soggettivo», per appropriarsi, poco a poco, del vissuto ricco e complesso intorno al cambio: sì perciò alla scoperta di se stesso, cioè delle risorse e delle capacità personali; interesse per la scoperta di sé come essere corporeo e delle sue trasformazioni; impegno nel dare nome ai bisogni che nascono e nella individuazione di percorsi adeguati di risposta;
    - disponibilità al ricupero della propria storia personale in quanto storia unica e irrepetibile; valorizzazione delle proprie radici, che sono la storia più grande entro cui è sorta la propria storia;
    - impegno nel coltivare capacità e abilità specifiche anche nuove (per passare dal sapere di essere al saper fare) per riconoscere e valorizzare i «talenti»: doti, potenzialità, gusti, interessi, da accogliere per liberare vita in pienezza, nella coscienza di dover rispondere per essi a sé e agli altri;
    - impegno nello smascherare le molteplici forme di falsa autonomia; nella identificazione e nel rifiuto di quelle forme di negazione e di manipolazione della soggettività che sono le risposte a falsi bisogni o le risposte inautentiche a bisogni veri. Si richiede nel preadolescente la capacità critica di non lasciarsi catturare dal fascino immediato delle molteplici nuove dipendenze che gli impediscono una elaborazione autonoma, consapevole, sperimentata insieme, di risposte personali ai bisogni che in lui stanno emergendo.

    SÌ ALLA VITA CHE RIMANE APERTA SULL'«OLTRE»

    Questo terzo obiettivo intermedio esprime l'apertura a tutta la vita, anche a quella sua dimensione oggettiva e profonda, sfuggente, di cui egli ora percepisce solo in parte la ricchezza e il mistero.
    È importante che agli acquisti quell'apertura all'ignoto, verso cui la vita stessa, in quanto avventura e progetto dell'uomo, conduce.
    Questo atteggiamento fondamentale da coltivare esprime l'apertura alla ricerca della vita fino a cogliere quella regione inaspettata di mistero che ogni vita porta con sé, quando si va oltre la soggettività scoperta e gustata, oltre l'intersoggettività sperimentata come rassicurante, al di là ancora della frontiera delle cose rapportate ai propri bisogni, oltre il presente posseduto, anche se mai pienamente. Si tratta dunque di un atteggiamento da assumere che conduce poco a poco il preadolescente, decentrato da se stesso, affacciato sull'alterità e la trascendenza.
    Anche qui individuiamo alcune tappe intermedie quali obiettivi di atteggiamento:
    - capacità di riconoscere e accettare lo sforzo e la fatica di superamento sempre parziale dei propri limiti, fino a scoprire e accettare il limite invalicabile che segna anche l'esistenza del preadolescente, e che la caratterizza come esistenza fragile, provvisoria, come un vivere nel bisogno colmato solo dall'altro, come rottura della onnipotenza narcisistica (sia essa vissuta come esperienza individuale o collettiva);
    - sì al radicamento in una storia collettiva e grande, cui si appartiene; disponibilità all'avventura, affascinante e sofferta, di «mettere le radici» nella cultura e nella storia di tanti che superano e abbracciano la storia personale del preadolescente; essi diventano per lui risorsa grande di modelli, di esperienze, di linguaggi per dire la vita nella sua novità;
    - liberare la capacità di sognare sulla propria vita e su quella di tutti: sì ad immaginare in grande, con fantasia, una vita diversa per tutti, per procedere oltre il presente, e per progettare qualcosa di più grande di quello che oggi si vive; sì alla fatica di tradurre i piccoli sogni in realtà;
    - sì all'altro, all'apertura del desiderio nell'incontro con l'altro, col suo bisogno irriducibile al proprio: l'altro da accogliere come amico simpatico, come ospite gradito. Capacità di riconoscere il suo appello, la sua invocazione di aiuto, la sua attesa di risposte che investono o scombinano il progetto di risposta ai bisogni personali;
    - capacità di riconoscere la «qualità profonda» della vita: il suo essere dono, offerta gratuita che interpella la responsabilità; scoperta del dono come rinvio delle cose e delle esperienze verso «i volti nascosti» che le rendono accessibili: volti conosciuti o più spesso sconosciuti, progetti nascosti che attendono di essere svelati e acconsentiti;
    - capacità di ascoltare e leggere la vita in profondità, per scorgervi le forze di morte che la aggrediscono e minacciano: quelle che, dentro o al di fuori dell'uomo, uccidono l'amore alla vita e il soggetto in quanto suo grembo; capacità di riconoscere quelli che lottano per la vita, contro la morte, fino a cogliere dentro se stessi il conflitto e la lotta da gestire tra vita e morte;
    - ricerca e capacità di assaporare i significati e il «senso» (il gusto, il sapore, il valore delle cose per la vita) a cui le esperienze vissute insieme rinviano, senza ridurlo a falso assoluto, a idolo, per conservare l'apertura e l'attesa del fondamento a cui ogni senso rinvia.

    L'INCONTRO CON LA STORIA Dl GESÙ DENTRO LA GRANDE STORIA DELLA VITA

    Nell'atteggiamento, anche se abbozzato solo in maniera iniziale, di accoglienza e di apertura all'altro, agli altri, con le loro storie di vita collocate dentro una storia della vita più grande, che le supera tutte, il preadolescente esprime il suo sì alla vita nella sua dimensione di trascendenza. Esso diventa, poco a poco, un sì consapevole e tematizzato alla riscoperta della storia di Gesù di Nazareth e all'incontro con lui, insieme all'incontro con coloro che lo confessano il Signore della vita.
    L'incontro con Gesù di Nazareth si completa nella piccola decisione, presa insieme, di voler giocare in Lui qualcosa della fiducia vitale e di scoprire quella che è stata la grande causa di Gesù per la vita di tutti, fino a condividerla con Lui.
    L'apertura e la disponibilità ad accogliere gli altri con la loro storia diventa perciò anche disponibilità ad accogliere una storia più grande ancora, di cui l'adulto, garante della qualità del nuovo contesto vitale, è narratore particolarmente qualificato.
    Si tratta di una storia che non è «possesso» di nessuno, perché in essa tutti sono coinvolti, anche se con ruoli e modalità diverse. È infatti da essa che ognuno è posseduto.
    La storia di Gesù di Nazareth è una storia che il preadolescente di oggi già conosce, magari anche solo come una tra le tante, perché ha imparato a ripeterla; facilmente si trova in essa a qualche titolo coinvolto, almeno per l'appartenenza sociologica ad una comunità ecclesiale; essa rappresenta forse anche per lui una ragione di sofferenza e di disagio.
    Questa storia può coinvolgerlo ora in maniera nuova, ed offrire la possibilità di uno sguardo (un senso) del tutto nuovo al «cambio» che sta vivendo con entusiasmo e trepidazione.
    Il sì a Gesù Cristo sarà anzitutto un sì alla riscoperta della sua storia che deve risuonare con parole nuove, capaci di far luce e liberare il preadolescente dalle paure connesse alla vita che sta cambiando in lui.
    Non potrà essere un riascoltatore per l'ennesima volta, un ridire «la solita storia». L'incontro con la storia di Gesù di Nazareth non può risultare per lui un incontro senza sorprese: non sarebbe più «incontro».
    Non possiamo tuttavia non chiederci: dove viene a collocarsi questa storia di Gesù? Non accettiamo infatti che essa diventi una storia come tante altre. Essa deve collocarsi come offerta di senso risignificante il senso del cambio. Un «di più di senso» che il preadolescente difficilmente ricerca e attende a livello di consapevolezza della domanda di vita.

    Una risposta gratuita che anticipa la domanda

    Il livello religioso dell'esperienza di vita quotidiana del preadolescente si sviluppa non primariamente come esperienza di una «risposta» che sopraggiunge inaspettata in relazione ad una domanda grande che nasce dentro, dall'esperienza della finitudine. Questa è l'esperienza privilegiata del giovane e dell'adulto; ciò avviene perché, nel cammino di elaborazione dell'identità a livello del senso, essi giungono alla soglia dell'umano e a percepirne problematicamente la dimensione costitutiva di limite dell'esistenza.
    Il preadolescente invece è ancora racchiuso nell'esperienza della pienezza narcisistica o della delusione dovuta all'infrangersi del suo sogno onnipotente; o ancora sembra naufragrare nell'esperienza di finitezza, di fragilità e di inadeguatezza di fronte al mondo e agli altri in quanto ostacoli invalicabili.
    In ogni caso lo sviluppo dell'esperienza nella direzione dell'apertura al religioso è tutto quanto un compito dell'educazione.
    Un luogo privilegiato dell'esperienza religiosa del preadolescente e dell'educazione della domanda vitale va dunque riconosciuto nell'esperienza di una «risposta-offerta» che sopraggiunge inattesa, spesso a volte non cercata consapevolmente; come risposta appunto ad una domanda che rimane ancora prevalentemente sepolta, o per lo meno inespressa e la fa emergere; come risposta che destabilizza e provoca, alimenta e nutre lo stupore, la gratitudine per il mistero della vita, sostiene e accompagna la ricerca di sicurezza profonda e la fiducia grande per tutto quello che, attraverso la vita, lo raggiunge.
    L'esperienza religiosa del preadolescente allora nasce dalla meraviglia che sorge all'interno dell'avventura in cui il preadolescente si trova coinvolto. È il «riconoscere il volto» che sta dietro le offerte di vita; l'accoglienza gioiosa delle ragioni di queste offerte, contenute in una «storia più grande» che raggiunge anche il preadolescente; e ciò sempre all'interno dell'incontro ospitale con quei «volti» che hanno incontrato sul loro cammino Gesù, il Signore della vita, il «volto» stesso di Dio in cerca dell'uomo.
    Il sì pieno alla vita, del preadolescente odierno è tale se si manifesta aperto all'incontro con l'altro, soprattutto con l'altro più «lontano», rappresentato dall'adulto, dalla comunità di persone grandi che, nella figura dell'adulto educatore, lo raggiungono, gli si fanno vicino, e gli offrono vita e ragioni di vita più grandi: sono storie di vita e di incontri che hanno alimentato il loro amore alla vita.
    Allora il «si all'incontro con Gesù, il Signore della vita» si articola in alcune tappe progressive così articolate:
    - sì alla presenza, alla relazione e al confronto con una persona «saggia» che, mentre offre vita, porta con sé una storia ricca raccontata dentro la vita di una comunità più grande;
    - sì alla storia di Gesù di Nazareth, raccontata da questa comunità; sì all'incontro con Lui, che raggiunge il preadolescente oggi attraverso una catena di persone e di storie, da incontrare come Colui che libera la vita, e sollecita a ripensare profondamente la «religione di prima» dentro la voglia di vivere e di crescere;
    - sì al Dio di cui parla Gesù; un Dio del cui volto ogni preadolescente va alla ricerca e che Gesù di Nazareth rivela in pienezza; un volto al cui cospetto si dissolvono i volti opachi del Dio della fanciullezza. Sì a un Dio che sta dalla parte della vita e della crescita, è perciò alleato nel cambio, che sollecita ad infrangere le catene dell'infanzia per liberare la vita nella responsabilità, appassionandosi ad essa;
    - sì ad amare e a cercare la vita «in compagnia» di Gesù di Nazareth e di coloro che con Lui si mettono dalla parte della vita per tutti, lottando contro le forze di morte;
    - sì a celebrare nei segni della festa le tappe conseguite sul cammino e le grandi mete ancora da raggiungere, nella fiducia e nella certezza di essere in tanti e di trovarsi in buona compagnia; sì nella speranza, perché il futuro un dono che lo raggiunge e travalica i piccoli progetti e i sogni sulla vita felice.


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