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    Per un progetto di «esistenza cristiana popolare»



    Vito Orlando

    (NPG 1987-03-16)


    Il lungo percorso precedente ci ha condotti alla meta, ciò a cui era orientata la nostra analisi e che costituisce il motivo della stessa. È evidente che la riflessione non può fermarsi all'analisi e alla ricostruzione di alcuni spaccati di una realtà senza dubbio problematica.
    Non si tratta quindi di una meta conquistata ma di un punto di partenza per verificare e illuminare il nostro intento iniziale e per aprire qualche prospettiva a livello progettuale.
    Ci chiediamo anzitutto: la pratica religiosa popolare di giovani, quale è emersa in riferimento alle diverse situazioni e modalità di realizzazione, ha qualcosa da dire a chi volesse elaborare una pastorale giovanile negli stessi contesti a cui si riferivano le nostre analisi?
    Non si tratta di interpretare questo rapporto in modo strumentale: non si deve soltanto verificare se vi siano elementi da poter utilizzare. Porre il problema in questi termini sarebbe poco corretto e soprattutto verrebbe a mancare la possibilità di realizzare una reciprocità che potrebbe innescare un dinamismo innovativo nella stessa religione popolare. Vi è quindi anche un altro aspetto del problema che potrebbe essere espresso in questo modo: una pastorale giovanile che valorizzi la religione popolare può risultare forza innovativa della stessa?
    Anche questa seconda prospettiva potrebbe risultare parziale, senza il tentativo di ricomporre istanze e protagonisti in un progetto integrato di «esistenza cristiana popolare».
    L'integrazione deve però partire concretamente dal riconoscimento dell'apporto e delle istanze che emergono dalla riflessione precedente e deve far intravedere una possibilità concreta di realizzazione.
    Questo è l'aspetto più impegnativo della nostra riflessione e la proponiamo come un primo stimolo, e quasi un'ipotesi complessiva che potrebbe trovare numerosi e concreti apporti o anche secche smentite.
    Considerando il nostro tentativo come un punto di partenza più che come una soluzione del problema, esso si apre a qualunque integrazione esigita dalla sua concreta attuazione.

    LE ISTANZE GIOVANILI SIGNIFICATIVE DELLA PRATICA RELIGIOSA POPOLARE

    Vogliamo anzitutto sottolineare due istanze significative che evidenziano l'apporto dell'inserimento dei giovani nelle pratiche religiose popolari.

    Dall'immersione nel sacro alla scelta di fede

    L'interesse e il coinvolgimento dei giovani nelle manifestazioni religiose popolari possono essere letti a partire da una specie di convergenza e di incontro tra le esigenze attuali dei giovani e alcuni aspetti propri della religione popolare.
    La religione popolare ha forti accentuazioni dell'aspetto emozionale-affettivo, supera l'enorme distanza tra sacro e umano riconoscendone le diverse forme di presenza nella quotidianità, è ricca di simbologie che richiamano questa presenza, finalizza il rapporto al sacro alla ricerca di securizzazione personale, ecc. Tutti questi elementi hanno notevole corrispondenza con le attese, le ricerche e le esigenze dei giovani.
    Questo dato quindi può essere estendi- bile e far verificare le stesse qualità che la pastorale giovanile deve perseguire. Quale rapporto di reciprocità però esso può consentire tra religione popolare e pastorale giovanile?
    La convergenza e quindi la reciprocità può essere letta a partire da un comune bisogno del sacro, anche se resta alquanto indefinito e problematico.
    Nei giovani si nota un'esigenza di contatto nuovo, delle disponibilità di coinvolgimento in manifestazioni che hanno una forte carica imitativa, una volontà di approfondimento e di comprensione che sono certamente molto significative e innovative.
    Nel coinvolgimento in manifestazioni popolari i giovani cercano di arricchire e aggiornare il messaggio che esse esprimono, superando gli stretti interessi personali e confini ambientali; essi attuano una forma di apertura della manifestazione alle esigenze culturali-ideali del mondo attuale.
    In questa prospettiva, l'interscambio dovrebbe verificarsi tra il contesto sacrale che la religione popolare offre e l'esigenza di una maturazione e di una scelta di fede personale a cui la pastorale giovanile deve orientare; si deve superare la distanza dal divino, senza tuttavia perdersi in un cosmo sacro indistinto, che non porta ad una scelta e adesione personalizzata; senza però annullare esigenze che appaiono comunque importanti in una esperienza religiosa.

    Dal «cosmo sacro» alla fede come «storia»

    A livello popolare si può facilmente osservare un continuum tra «iniziazione religiosa-integrazione ambientale-identificazione personale».
    Questo continuum era molto evidente in una situazione di omogeneità culturale e prima che intervenissero i profondi cambiamenti a cui abbiamo accennato.
    Oggi è più difficile riconoscerlo, soprattutto perché manca ogni forma di organicità tra i tre elementi; le esigenze attuali, inoltre, possono investire l'intero processo e renderlo discontinuo e diacronico.
    Questo può dipendere dal fatto che oggi difficilmente il processo educativo- religioso tende alla trasmissione del patrimonio ambientale; dal fatto che gli stessi ragazzi e giovani giungono solo in un secondo momento a scoprire quello che li circonda e a provare interesse per il patrimonio tradizionale.
    Oggi può capitare più facilmente che un bisogno di identità personale porti a fare attenzione alla tradizione ambientale e a tutti i suoi aspetti, quindi anche alle manifestazioni religiose.
    Bisogna anche considerare che molto spesso i giovani dei contesti più legati al tradizionale conservano un forte legame al loro ambiente di origine, in cui si sentono radicati e in cui più facilmente si riconoscono a livello culturale e ideale.
    È proprio questo ancoraggio dell'identità personale al patrimonio collettivo che li porta a coinvolgersi in manifestazioni che segnano una continuità con quanto è stato vissuto e sperimentato nel passato.
    Tutto ciò fa emergere una esigenza molto importante che deve essere tenuta presente in qualunque progettualità pastorale e quindi anche nell'azione pastorale a favore dei giovani: l'attenzione al territorio, alle condizioni di vita e al patrimonio culturale e religioso in esso presente, per radicare la stessa scelta religiosa e per dare un orizzonte concreto alla realizzazione dell'identità personale.
    L'apertura e l'attenzione al territorio sono diventate ormai elementi centrali sia a livello culturale-sociale che religioso. È ovvio però che questo non significa restringere e mortificare gli orizzonti e i dinamismi della vita, ma darle la possibilità di fondarsi su qualcosa a partire dal quale realizzarsi e aprirsi al futuro; farle sperimentare un senso di appartenenza capace di accrescerne la sicurezza e di dare al suo agire una dimensione comunitaria e di fare assumere concrete responsabilità sia nei confronti della comunità che del territorio.
    Anche a livello religioso questo riferimento e radicamento nel territorio può portare a scoprire il significato dei valori e delle pratiche in riferimento alla vita e alla storia ambientale. Il religioso può così divenire valore fondante di una certa realtà comunitaria e ambientale. L'esperienza della presenza del sacro (aspetto cosmico) può fondersi con l'esigenza di un impegno storico per liberare da ogni passività e fatalismo e costruire un futuro più conforme al progetto di Dio e alle aspirazioni umane autentiche.
    Se da una parte la religione popolare stimola all'attenzione e al concreto manifestarsi del religioso nel territorio, il protagonismo dei giovani e la stessa azione pastorale a loro favore possono inserire un elemento di dinamicità, capace di aprire a esigenze di futuro e di autentica liberazione dell'uomo, superando così passività e fatalismo, che spesso accompagnano le visioni religiose del popolo.

    ISTANZE ATTUALI DEI GIOVANI E RELIGIONE POPOLARE

    Nelle riflessioni precedenti si è cercato di verificare il rapporto tra giovani e religione popolare partendo sempre dalla prospettiva della religione popolare.
    Non si è mai avuta sufficiente attenzione a istanze attuali dei giovani, a livello generale, per valutare la eventuale possibilità di trovare qualche corrispondenza con caratteri tipici della religione popolare.
    Senza eccessive forzature, mi sembra che si possono evidenziare alcune corrispondenze piuttosto importanti e significative.

    Esigenza contemplativa e apertura all'Oriente

    Vi sono notevoli segnali che evidenziano nei giovani una ricerca contemplativa e un'esigenza sapienziale che riesca a soddisfare il bisogno di un diverso rapporto con se stessi, con il reale, con gli altri, con il sacro.
    Il fascino dell'Oriente può essere il segno più eclatante di questo bisogno; vi sono però esperienze religiose diverse che tendono a ridare un ruolo importante all'istanza contemplativo-sapienziale-naturale (basti pensare all'esperienza di Spello, di Bose, e ai tanti campi formativi che privilegiano ambienti e modalità organizzative che favoriscono queste esigenze).
    Il senso mistico del reale e l'atteggiamento contemplativo sono diffusi nell'esperienza religiosa popolare.
    Le modalità espressive sono ovviamente diverse.
    Si potrebbe tuttavia operare un più attento confronto e trovare forse mediazioni espressive in grado di valorizzare l'una e soddisfare le esigenze dei giovani.

    Aspetto cosmico e attenzione ecologica

    I «verdi» diventano sempre più numerosi. L'esigenza ecologica insieme alla riscoperta della natura fanno acquistare sempre più credibilità al messaggio che essi vogliono offrire all'umanità e che diventa un vero compito storico: bisogna ricuperare una condizione ecologica di vita che porti ad una maggiore attenzione alla natura e ai suoi ritmi, per salvaguardare la vita stessa dell'uomo.
    L'aspetto tipicamente cosmico della religione popolare, opportunamente reinterpretato, può essere rivalutato alla luce di questa istanza nuova. In questa rivalutazione si possono approfondire aspetti significativi che riguardano la sacramentalità diffusa nei segni creaturali; educare alla temporalità e trovare agganci con religioni anche non cristiane, incrementando cosí nuove forme di ecumenismo.
    Questa rivalutazione potrebbe facilitare anche un più fecondo inserimento dell'esperienza religiosa della comunità cristiana nelle situazioni e nelle esigenze della vita umana.

    Pacifismo e riconciliazione

    La non violenza e la pace sono ormai accolte e proclamate dai giovani come condizioni indispensabili all'umana convivenza.
    I segni che pongono i giovani e i messaggi che lanciano (marce, raduni, gesti di riconciliazione, ecc.) sono sempre più numerosi e coinvolgenti.
    Anche questa istanza trova notevoli agganci con la religione popolare. L'umile ramoscello di ulivo è un forte richiamo in ambiente popolare a queste esigenze; un richiamo presente nei vari ambienti in cui la vita si svolge; un segno concreto scambiato anche come espressione di riconciliazione.
    Questi rapidi cenni aprono prospettive di ricerca e di approfondimento suggestive e forse anche efficaci. Per ora ci accontentiamo di averle richiamate.

    UNA PROSPETTIVA PASTORALE INTEGRATA

    Una fede incarnata che diventa storia è un obiettivo e una modalità che non si raggiungono naturalmente e spontaneamente, ma intenzionalmente e attraverso un processo che aiuti a maturare sia la concretezza della fede che la sua forza trasformante della storia.
    L'efficacia di questo processo sta nella capacità di calarlo in contesti concreti, attuarlo cioè in riferimento alle esperienze quotidiane della vita, cosí come esse si esprimono, con tutto il carico di valori e di condizionamenti del passato e con tutte le incertezze e attese per il futuro.
    Il vivere quotidiano di un contesto socio-ambientale esprime protagonisti diversi di queste due condizioni e atteggiamenti: gli adulti e i giovani. Gli adulti più o meno ancorati ai valori tradizionali, ma anche condizionati da atteggiamenti e mentalità che li fanno guardare acriticamente al nuovo e li portano a rifiutarlo o ad accoglierlo in forme aperte al compromesso, e i giovani che vivono l'incertezza del presente che condiziona anche le attese per il futuro e che spesso appaiono carichi di istanze profetiche per il presente e per il futuro.
    L'ideale sarebbe (e questo dovrebbe essere il frutto del processo) non perdere i valori del passato, superare i condizionamenti che ne possono derivare, aprendosi alle istanze giovanili per rinnovare il presente e guardare con speranza al futuro.
    Questo però non può essere fatto né dagli adulti né dai giovani. Gli adulti sono stati come «sorpresi dal nuovo», non ne sanno valutare appieno la portata umana e soprattutto non hanno saputo creare una continuità integrata con i valori del passato. Diciamo quindi che essi non sono soggetti adatti per trasmettere un passato che appaia come elemento significativo nella vita dei giovani.
    I giovani, d'altra parte, non hanno memoria storica del patrimonio religioso tradizionale e dei suoi significati; non hanno sperimentato cioè la significatività di quella religiosità perché essi la stanno osservando e qualche volte vivendo in condizioni esistenziali diverse. Quando se ne appropriano conservano solo le forme esteriori tradizionali, ma la riempiono di intenzionalità radicalmente nuove. Questo però crea equivoci, perché gli adulti si fermano all'apparenza e sono contenti che le manifestazioni si facciano, ma non percepiscono le nuove intenzionalità, i nuovi significati in esse trasferiti dai giovani, non si incontreranno mai con i giovani per vivere in forma comunitaria sia le manifestazioni che i loro significati.
    Questa situazione potrebbe apparire senza via di uscita. Non è facile trovare modalità operative capaci di far superare gli equivoci, di recuperare valori e forme espressive aperte a istanze ed esigenze nuove.

    Per un progetto di «esistenza cristiana popolare»

    Un nuovo progetto di «esistenza cristiana popolare» può maturare solo a partire da una comunità che sia in grado di attuare un confronto ermeneutico tra «dati tradizionali», sensibilità ed esigenze nuove, messaggio cristiano.
    Questo progetto deve trovare nella realtà condizioni di fattibilità, se non vuole restare solo un'aspirazione ideale. La difficoltà maggiore per questa fattibilità è il fatto che la «comunità» è spesso solo uri termine astratto che non riesce a concretizzarsi in una realtà fatta di persone, di partecipazione, di comunione, ecc. Quando acquista aspetti di concretezza, rischia di essere lontana sia dal dato tradizionale che dalle istanze nuove, non riuscendo più a mediare e a incarnare il messaggio.
    Si devono quindi realizzare alcune condizioni previe perché possa diventare soggetto attivo, protagonista di questo nuovo progetto di esistenza cristiana.
    Anzitutto deve verificarsi un riavvicinamento e una disponibilità di accoglienza del dato tradizionale come del nuovo con i rispettivi protagonisti. La comunità deve cioè recuperare, riconoscendo loro pieno diritto di cittadinanza, sia la religiosità popolare e i suoi protagonisti che i giovani e le loro istanze. Soltanto a partire da ciò essa può mettere in atto un'integrazione non tra realtà che le sono estranee, ma tra ciò che effettivamente la costituisce; può diventare luogo di confronto ermeneutico, anche perché lo attua in un impegno di comunione tra questi diversi protagonisti.
    Una comunità che metta in atto questo suo modo nuovo di essere e questo confronto, più facilmente potrebbe essere in grado di sperimentarsi come «popolo» che ha una storia e una cultura, una spiritualità e una fede; un «popolo» che cammina sforzandosi di fare storia e di produrre cultura, capace di assumere il nuovo e di riesprimerlo in un orizzonte e in una esigenza di salvezza integrale. Anche questa prospettiva rischia di apparire un'aspirazione ideale; essa tuttavia è un obiettivo indispensabile per cominciare a dare il giusto peso a visioni teologiche e salvifiche e tradurle in prassi pastorali concrete, senza ridurle a semplice oggetto di disquisizione in gruppi elitari, piuttosto lontani dalla realtà concreta.
    La Chiesa deve rigenerarsi ricollocandosi tra la gente e assumendo le situazioni concrete; scendendo tra la gente del popolo e aiutando tutti a sentirsi parte di questa realtà e organicamente ad essa collegata, può essere in grado di fare esperienza di popolo e diventare protagonista di novità con il popolo.

    Scelte ed esigenze prioritarie

    Si deve anzitutto verificare la distanza che si è prodotta e i motivi che la accrescono, per cominciare a sentirsi una cosa sola e a trovare un cammino comune.
    Per questo compito, poiché le situazioni ambientali possono essere molto diverse, bisogna mettere in atto prassi e piani concreti che ne tengano conto e che sappiano quindi avviare un cammino adeguato alle singole realtà.
    Appaiono, tuttavia, alquanto comuni la ricerca di identità e il bisogno di sicurezza: entrambi si coniugano nella vita dei giovani e possono essere aspetti ed esigenze presenti nella vita degli adulti e degli anziani.
    Il primo frutto del confronto ermeneutico potrebbe essere la considerazione della comune appartenenza e di punti di riferimento capaci di avviare la scoperta di fondamenti sia dell'identità personale che della comunità.
    È importante che i contenuti del processo, che a mano a mano si scoprono e si approfondiscono, appaiano collegati all'esperienza concreta e siano capaci di rispondere alle diverse esigenze dei soggetti e della comunità locale. Perché la comunità acquisti caratteri di concretezza, si senta radicata in un ambiente e accolga tutti, sembrano importanti alcune scelte prioritarie:
    - la comunità deve verificare i gesti concreti che la fanno essere comunità reale, capace di accogliere istanze diverse e di accrescere l'attenzione di tutti per coloro che ne sono portatori;
    - la comunità deve anche trovare un radicamento nella realtà ambientale e riconoscere (scoprendolo e verificandolo) il patrimonio religioso elaborato, sperimentato e vissuto nel passato, un patrimonio che accresce i vincoli comunitari. Di questo patrimonio deve cercare di vagliare le potenzialità attuali e valorizzarle integrandole con le nuove esigenze;
    - la comunità, inoltre, deve accogliere tutti, mettendo tutti nella condizione di sentirsi parte viva. Per questo deve verificare il potere emarginante delle sue scelte e la forza di penetrazione del suo messaggio.
    Perché il nuovo progetto cristiano popolare arricchisca il patrimonio ambientale a livello religioso e culturale, occorre tradurlo in manifestazioni e simboli che non appaiano troppo ermetici da sfuggire alla comprensione dei più semplici, né così banali da perdere la capacità simbolica.


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