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    Giovani e religiosità popolare tra tradizione e mutamento



    Vito Orlando

    (NPG 1987-03-5)


    Se il lettore, lanciando uno sguardo al titolo, non ci liquiderà con una scrollatine di spalle, un sorriso ironico o un gesto di stizza, perché avrà ritenuto lo stesso titolo uno stridente contrasto e qualcosa di assolutamente inattuale, sentiamo quasi il dovere di ringraziarlo.
    Vogliamo però immediatamente rassicurarlo che non si trova di fronte ad un revival romantico costruito da gente irriducibilmente nostalgica.
    La problematica, a cui allude il titolo, non è confinabile tra i «reperti archeologici», anche se può non suscitare grandi entusiasmi. È reale e forse più presente ed esteso, ancora oggi, di quanto non si riesca ad immaginare.

    UNA PROBLEMATICA INATTUALE?

    In dieci anni di ricerche e di riflessione sul mondo popolare e sulla condizione giovanile, l'idea di mettere più direttamente a confronto l'orizzonte religioso- culturale del popolo e le attese religioso- esistenziali dei giovani è balenata più volte.
    L'occasione di cimentarsi in questa impresa è maturata nella forma meno prevista: è una rivista di pastorale giovanile che si pone il problema, riconoscendone quindi ed evidenziandone la portata, al di là di stretti confini geografici e/o sociali.
    Nella presente riflessione vorrei poter offrire stimoli per un confronto che potrebbe far maturare piste nuove di ricerca e forse liberare qualche atteggiamento da prevenzioni e pregiudizi.
    Non intendo fare un approfondimento sistematico di contenuti e caratteristiche della religione popolare; non mi pongo neanche il problema relativo a letture e interpretazioni della religione popolare: esiste ormai un'ampia letteratura al riguardo e non farei che ripetere quanto si può facilmente trovare altrove.
    È evidente tuttavia che non potrò tralasciare una rapida analisi delle diverse forme secondo cui si presenta attualmente il rapporto «giovani-religione popolare».
    L'interesse e l'obiettivo precipuo, tuttavia, riguardano soprattutto le modalità e il significato di questo rapporto. L'attenzione alle modalità di coinvolgimento e al significato deve aiutare a cogliere le prassi messe in atto per l'iniziazione cristiana dei ragazzi e giovani in ambienti popolare.
    La pretesa è quella di verificare se sia possibile identificare eventuali apporti o sfide della prassi di iniziazione cristiana e della religione popolare in genere alla pastorale giovanile.
    Non ripropongo quindi contenuti e riti... Vorrei piuttosto cogliere modelli e stimoli per valorizzare il patrimonio di esperienza che ha reso possibile la comprensione e la condivisione di valori significativi per la vita quotidiana e l'apertura a orizzonti trascendenti.

    Una necessaria contestualizzazione

    Anche chi non ha avuto reazioni di rifiuto nei confronti del nostro argomento, avrà però pensato che esso tocchi ormai un numero piuttosto ristretto di giovani, quelli che vivono negli ambienti più tradizionali e non del tutto travolti dalla modernità.
    In verità pensiamo che il rapporto giovani-religione popolare, pur con accentuazioni e/o relativizzazioni, possa riguardare ambienti diversi, senza preclusioni assolute.
    La modalità e i significati che il rapporto assume, tuttavia, sono necessariamente relativi alle tradizioni e al patrimonio religioso-culturale di ciascun contesto.
    Bisogna, inoltre, riconoscere che alcuni gruppi sociali sono culturalmente più vicini al patrimonio e alle tradizioni ambientali, quindi più facilmente coinvolti come protagonisti di vissuti esperienziali ambientali.
    Il riferimento contestuale e sociale è, quindi, elemento essenziale per la riflessione sul rapporto giovani-religione popolare, ed è all'interno di situazioni concrete che meglio possono emergere stimoli e sfide per la pastorale giovanile.
    Alla luce di questa esigenza, dobbiamo precisare che le riflessioni che proponiamo si riferiscono al territorio meridionale in genere: alle città che hanno tradizioni che si perdono nel tempo e a contesti che presentano caratteristiche rurali e tradizionali.

    Lo sviluppo dei temi

    Per dare a tutti la possibilità di seguire la nostra riflessione, crediamo che sia utile fare anzitutto una breve ricostruzione delle modalità secondo cui avveniva la socializzazione religiosa nella vita del popolo e negli ambienti più tradizionali. Questo richiederà un breve richiamo del significato e della funzione della religione nella vita quotidiana e nel contesto socio-ambientale.
    La ricostruzione tende semplicemente a porre un punto di riferimento ideale da cui partire per analizzare continuità e cambiamenti nella prassi religiosa ambientale e nelle modalità di socializzazione religiosa delle nuove generazioni.
    È evidente che è immediatamente più interessante l'analisi del coinvolgimento attuale dei giovani nelle manifestazioni di religione popolare per verificare i loro atteggiamenti e cogliere eventuali appelli e provocazioni per la pastorale giovanile.
    L'assoluta novità della riflessione ci farà attardare su qualche aspetto, a seconda anche della sua rilevanza per l'intero argomento. Il punto finale verso cui tendiamo è la delineazione di un'ipotesi di progetto di «esistenza cristiana popolare» che sappia integrare le esigenze e attese dei giovani con le modalità e il patrimonio della religione popolare.

    RELIGIONE POPOLARE E SOCIALIZZAZIONE RELIGIOSA

    Per comprendere la modalità e il significato della socializzazione religiosa in ambienti popolari tradizionali, occorre avere qualche idea sul significato e la funzione che la religione aveva in questi ambienti e per queste persone.

    Aspetti significativi della religione popolare

    L'agire e il vivere quotidiano, in tutti i loro aspetti, erano per lo più comuni a tutti gli abitanti di un territorio ed avevano come punto di riferimento l'orizzonte religioso-sacrale.
    Le modalità secondo cui si realizzava l'apertura e il contatto con il religioso erano molteplici: gli spazi della vita familiare e quelli dell'ambiente esterno sovrabbondavano di richiami e di segni che portavano a riconoscere la presenza benevola di simboli e di figure religiose.
    Tutto questo aveva la funzione di garantire e proteggere contro i numerosi rischi della vita e aiutava a resistere alla precarietà che la segnava profondamente.
    Anche il tempo annuale e quello della vita personale era scandito da avvenimenti religiosi, legati alle stagioni della terra e a quelle della vita.
    Un po' alla volta nell'ambiente avevano acquistato significato e valore concezioni, atteggiamenti e comportamenti condivisi, che diventavano i fondamenti dell'identità personale e collettiva. In questa identità l'essere «cristiano» era il fulcro e il fondamento anche della dignità dell'uomo; ciò che lo distingueva dalle «bestie» e che imponeva a tutti un limite a qualunque vessazione.
    Questi aspetti erano reali e significativi, non bisogna però pensarli come un tutto armonico e integrato.
    La gente del popolo era riuscita a trovare risposte e modalità di soluzione ai singoli problemi della vita mettendo insieme riti e preghiere, vissuti esperienziali e relazionali, oggetti e benedizioni, devozioni e luoghi sacri in forma piuttosto sincretistica.
    Bisogna sottolineare la notevole autonomia del popolo nell'attuazione di questi riti e il suo protagonismo nella partecipazione alle diverse manifestazioni. Riti e manifestazioni servivano da occasione e spazio per esercitare una vera «ministerialità»: non poche persone guidavano le celebrazioni in casa (preghiere, riti, novene, ecc.) e nel contesto territoriale (pellegrinaggi, feste, ritualità varie).
    Il religioso aveva piuttosto una funzione intramondana, veniva coinvolto per la soluzione dei problemi legati all'angoscia della sopravvivenza.
    Bisogna però considerare che esso rientrava in una visione complessiva della vita che era quella di una totale dipendenza dalla natura nei cui confronti l'uomo si sperimentava impotente e che doveva cercare di propiziarsi.

    Un ordine nel cosmo

    A partire da questa sottomissione, che ovviamente accresceva atteggiamenti di rassegnazione e di fatalismo, la religione aveva caratteristiche tipicamente cosmiche e sacrali: la presenza diffusa e riconosciuta del sacro restituiva un ordine e una benevolenza alle cose diversamente ostili.
    Sarebbe errato interpretare questo rapporto con la natura solo in termini di dipendenza angosciante. La natura, nel suo insieme, appariva come qualcosa di sacro, e questo portava a vivere sia una dimensione contemplativa che una forma di rapporto mistico con essa. Una visione e un rapporto che davano spesso luogo a una esigenza di riparazione nei suoi confronti e a forme che potrebbero essere viste come segni di riconciliazione, oltre che di propiziazione.
    Prima che iniziasse lo sfruttamento aberrante che osserviamo ai nostri giorni, l'uomo ha cercato di realizzare con la natura un armonioso equilibrio, misto a forme di soggezione sacrale.
    Il rapporto con Dio e con le varie figure della religione era animato dalla fiducia nella loro benevolenza; ma non era alieno da elementi che esprimevano una transazione di tipo contrattuale, esposta e spesso anche impregnata di elementi superstiziosi e qualche volta magici.
    Al di là di quelle che possono essere le nostre valutazioni di questo tipo di religiosità, bisogna sottolineare che le persone del popolo spesso esprimono, ancora oggi, una visione sapienziale che mostra una significativa integrazione della vita e della fede, essendo riusciti a fare della visione religiosa l'orizzonte di significato e di comprensione della vita. All'interno di questo orizzonte e di questa esperienza dai forti connotati religiosi, hanno elaborato una concezione di Dio e del rapporto con Lui che acquista a volte i caratteri di vera pietà e spiritualità cristiana.

    La socializzazione religiosa popolare

    La forte connessione tra visione religiosa concreta, tra spazi di vita e presenza del sacro, fanno intravvedere che non potevano esistere distinzioni tra socializzazione, inculturazione, educazione, cristianizzazione. Si diventava cristiani socializzandosi e si aveva coscienza della proprietà identità religioso-culturale a mano a mano che si cresceva e ci si inseriva nell'ambiente.

    Le modalità tradizionali

    Il nostro problema comunque riguarda le modalità della socializzazione religiosa: come avveniva la socializzazione religiosa delle nuove generazioni?
    Come per le altre dimensioni della vita e la stessa acquisizione di ruoli sociali, anche per la socializzazione religiosa si attuava un lento e progressivo coinvolgimento esperienziale: si imparava facendo e assumendo gradualmente i ruoli relativi all'età, sotto l'occhio vigile della fami: glia, ma anche di tutto l'ambiente.
    I modi di fare, di pensare e di credere si trasmettevano progressivamente, e venivano consolidati dai ruoli assunti all'interno del circuito di relazioni ambientali.
    Fin da piccoli si era coinvolti in manifestazioni e in momenti significativi della famiglia; insieme a genitori e nonni si partecipava a feste, fiere e santuari; si attuavano in famiglia riti e devozioni e si viveva una frenetica attesa dei giorni di festa: ci si coinvolgeva nei preparativi, ricoprendo ciascuno un ruolo e incaricandosi di qualcosa da approntare.
    In modo conforme all'età si partecipava anche a pratiche penitenziali e si era coinvolti in scelte e devozioni familiari che rassicuravano circa la soluzione di alcuni problemi della vita o esprimevano il ringraziamento per aver sperimentato l'intervento benevolo del protettore.
    Si aveva cosi modo di aprirsi alla diversità della vita e di ammirare rituali anche sconvolgenti, vissuti da persone che si conoscevano.
    Tutto questo non avveniva in modo brutale, non aveva solo un valore materiale. Veniva scoperto nel suo significato e nel suo valore per la vita attraverso le spiegazioni che si ricevevano. Gli adulti, infatti, non solo coinvolgevano i piccoli nelle varie manifestazioni, ma si facevano premura di spiegarne il significato; trasmettevano le modalità rituali preoccupandosi però di far capire i giusti atteggiamenti che dovevano accompagnarli.
    Bisogna anche sottolineare che sui singoli si esercitava un forte controllo ambientale: non adeguarsi alle attese, non apprendere e non svolgere nel modo dovuto ciò che tutti erano chiamati a fare, poteva diventare rischioso per la stima e il riconoscimento della propria personalità sociale. Uniformarsi significava mettersi con gli altri, stare di fronte a loro senza problema, acquistare sicurezza nella propria vita personale.

    Religiosità istituzionale

    La socializzazione religiosa aveva un unico percorso che comprendeva sia l'aspetto religioso-ambientale che quello liturgico-ecclesiale.
    La chiesa, nella sua presenza materiale, era il luogo centrale della comunità ambientale.
    Ad essa si ricorreva per molte necessità; in essa si vivevano momenti significativi per tutta la collettività; in essa si ricevevano le parole che segnavano la vita; in essa si celebrava lo scorrere della vita attraverso i vari segni e riti di passaggio: alle scadenze più o meno fissate si celebravano i sacramenti che segnavano il passaggio nei nuovi ruoli della comunità.
    La religiosità liturgica-ufficiale non era pertanto qualcosa di estraneo; essa si integrava con le modalità più popolari di vissuto religioso.
    La liturgia offriva un ricco rituale legato direttamente alle situazioni e ai bisogni dei momenti diversi della vita della gente: rito di benedizione e di propiziazione, formule di preghiere e devozioni, solenni processioni, ecc.
    La religione di chiesa era immersa profondamente nella vita del popolo e offriva quindi garanzie ulteriori.
    A livello di socializzazione religiosa, l'istituzione religiosa, un po' alla volta, cominciò ad aver cura di far acquistare una certa capacità di concettualizzazione e trasmissione delle verità di fede. Bisogna però anche tener presente che tra il popolo erano presenti e si tramandavano racconti apocrifi del vangelo, storie di santi, miti e leggende fondatrici che, in un modo non sempre del tutto ortodosso, avevano la funzione di tramandare oralmente i fondamenti e le esigenze conseguenti della fede a livello di vita quotidiana.
    La socializzazione religiosa era quindi di tipo esperienziale; l'adesione al religioso era guidata e sostenuta dall'ambiente e maturava attraverso esperienze di vita.
    Potremmo quindi dire che il suo punto di arrivo non era una vera e propria personalizzazione della fede; bisogna però considerare che l'integrazione culturale era totalmente proiettata nell'orizzonte religioso.

    CONTINUITÀ E CAMBIAMENTO

    Il tentativo di ricostruire la realtà del passato non deve essere assolutamente visto come una restituzione ad un ideale che potrebbe apparire fin troppo idilliaco se non fosse compreso alla luce delle situazioni generali in cui si viveva. Queste erano in verità molto misere, oltre che precarie, e spesso anche frutto di ingiusta oppressione dei più deboli. In quelle condizioni la fede religiosa raramente veniva vissuta come forza liberante e non faceva certo maturare prassi di liberazione. Essa riusciva a raccogliere e a orientare in un orizzonte diverso le invocazioni che si elevavano da una vita che aspirava comunque ad un orizzonte di alterità e proiettava queste aspirazioni in un orizzonte escatologico, ma esso appariva troppo ultraterreno perché potesse divenire forza trasformante anche della condizione terrena della vita. Se da una parte l'orizzonte religioso era punto di riferimento essenziale per una comprensione della vita, la prassi religiosa quotidiana esprimeva piuttosto passività e adeguazione. Nell'insieme, quindi, era una situazione che poggiava su fragili fondamenti, per poter resistere all'uragano del cambiamento abbattutosi su di essa in questi ultimi decenni.
    Vogliamo cercare di raccogliere alcune conseguenze di queste trasformazioni per precisare meglio la realtà attuale.

    Il travaglio del cambiamento

    La portata del cambiamento realizzatosi fa pensare ad un uragano impetuoso e impietoso che spazza via quanto incontra al suo passaggio. In verità, le trasformazioni che si sono realizzate in alcuni ambienti sono tali da sembrare frutto di secoli di trasformazioni; invece sono avvenute in un breve volgere di anni, tanto che vi sono ancora molti testimoni di quello che era un mondo e un modo di vivere totalmente diverso.
    Non possiamo fare l'analisi del cambiamento socio-strutturale, né ci interessa farlo, sebbene aiuterebbe a comprendere molte cose; vogliamo solo rilevare i contraccolpi sul vissuto religioso e sulla socializzazione delle nuove generazioni.
    In questa prospettiva il cambiamento più importante che si è realizzato sembra essere il seguente: da una situazione di bisogno e di ignoranza, di impotenza e fatalità, di paura e di oppressione... si è passati ad una situazione di relativa sicurezza, di crescita culturale, di maggiore libertà e autonomia, di coscienza critica e di stimolo alla partecipazione.
    La conseguenza più immediata di questo cambiamento è stata quella di incrinare i rapporti tra la realtà della vita e la fede religiosa, perché i fondamenti religiosi tradizionali sono apparsi insufficienti e anche insignificanti; la stessa soluzione dei problemi della vita avviene ormai per lo più al di fuori dell'orizzonte religioso.
    Incrinatosi il cardine su cui poggiavano i modelli tradizionali di rapporti, di atteggiamenti e di comportamenti, e offuscatosi l'orizzonte all'interno del quale la vita trovava la risposta ai suoi problemi fondamentali, è divenuta incerta l'identità personale ed è difficile farne acquistare una anche al nuovo ambiente.
    Questo sforzo di sintesi non deve far trascurare il fatto che il cambiamento ha investito un po' tutti gli ambienti della vita e trasformato anche i rapporti tra le diverse istituzioni. Le famiglie non sono più spazi di vita totalizzanti e spesso sono segnate dall'amarezza del distacco, della divisione, dell'isolamento, dello sradicamento: molti sono andati a vivere in città, in altre regioni, in altre nazioni. Si perde quindi il legame con l'ambiente e anche se non se ne tralasciano subito le tradizioni, non si può a lungo farle rivivere da soli. I ritorni nell'ambiente d'origine sono soltanto una boccata di ossigeno che fa intraprendere con minore travaglio il duro adattamento alle nuove situazioni.
    I contesti ambientali vengono stravolti nelle loro strutture e nel modello culturale: i punti di riferimento si diversificano, i progetti si individualizzano, le radici non sono in grado di alimentare le nuove aspirazioni, né di fondare le visioni ideali.
    Spesso sono invasi da gente di altri ambienti che non ha la forza di trapiantare le proprie tradizioni e non si sente sufficientemente coinvolta in quelle che trova.

    La distanza della chiesa-istituzione

    La chiesa ha perso la sua centralità sia fisica che simbolica e diventa sempre più distante dalla vita reale delle persone. L'offerta religiosa istituzionale non riesce a incontrare le attese, né ad incarnare adeguatamente le caratteristiche religiose ambientali.
    Si potrebbe affermare che il rinnovamento ecclesiale o ha puntato troppo in alto, riuscendo così a coinvolgere solo alcune persone e fasce sociali (quelle culturalmente più provvedute): o non ha trovato possibilità di concreta attuazione per mancanza di capacità negli stessi rappresentanti dell'istituzione e per il difficile o comunque lento coinvolgimento dei laici, che hanno avuto sempre un ruolo marginale nella chiesa.
    Non bisogna dimenticare che l'ambiente ecclesiale, di fronte al cambiamento si è messo sulla difensiva, coprendo di sospetto il nuovo che si stava attuando, costringendo quasi a fare una scelta: o la novità o la fede...
    Insomma è mancata la sensibilità e l'attenzione necessaria al cambiamento per essere in grado di svolgere una funzione critica, ma anche di animazione. Per questo l'intervento è apparso per lo più moralistico e incomprensibile; troppo in contrasto con gli altri interventi e con gli orientamenti nuovi che prende la vita.

    Cambiamento e socializzazione religiosa

    Potersi scrollare di dosso il peso del moralismo ecclesiale è apparso a qualcuno come una «liberazione dalle catene e l'assunzione di un atteggiamento di sfida» verso l'istituzione. Questo è stato vissuto soprattutto dalle nuove generazioni, molto più disponibili al nuovo e al moderno, anche perché ai loro occhi l'insieme del patrimonio tradizionale diventava sempre più insignificante.
    Più che scendere in dettaglio circa il cambiamento, per noi è molto più importante valutare le sue conseguenze sulla socializzazione religiosa.
    Venendo meno l'omogeneità culturale-ambientale e diversificandosi i percorsi di socializzazione, si è prodotta lentamente una dissociazione tra socializzazione-inculturazione-cristianizzazione; tra educazione ed educazione religiosa perché le famiglie, per lo più, non ispirano la loro azione educativa alla prospettiva religiosa; tra comprensione, conoscenza, atteggiamenti e comportamenti, perché la gente resta legata a visioni e idee tradizionali, ma la prassi concreta non sempre si presenta come interpretazione e traduzione coerente delle stesse, anche per la profonda incidenza di messaggi e di modelli esterni.
    Insomma, oggi non si diventa cristiani socializzandosi, perché gli obiettivi dell'educazione e della socializzazione non sono coerenti con la visione cristiana, perché è venuto meno un chiaro riferimento ambientale e familiare all'orizzonte della fede.

    La prassi catechistica rinnovata

    In questa nuova situazione ambientale e familiare si inserisce la catechesi rinnovata, l'assunzione da parte della comunità cristiana della guida diretta dell'educazione della fede.
    In questa nuova situazione ambientale e familiare si inserisce la catechesi rinnovata, l'assunzione da parte della comunità cristiana della guida diretta dell'educazione della fede. Nelle migliori situazioni, la prassi catechistica rinnovata ha avuto difficoltà a collocarsi come cammino efficace nel contesto ambientale e a trovare collaborazione e sostegno familiare. Né questo deve far meraviglia; la sua impostazione e le sue esigenze non hanno travato facile e immediata comprensione nelle famiglie. La delega in bianco delle famiglie alle comunità parrocchiali esprime da un lato la necessità di offrire ai figli i sacramenti, e dall'altro la loro incapacità a entrare nel nuovo ordine di idee circa la necessità di un cammino che aiuti a riscoprire la vitalità e la significatività della fede.
    Si ha, quindi, spesso l'incresciosa diversificazione tra le famiglie che vedono ancora radicato il senso sociale dei sacramenti (come tappe della vita) e le parrocchie che, accentuandone il significato salvifico e di iniziazione cristiana, non sempre riescono a trovare sufficienti convergenze con le stesse famiglie.
    Si verifica tuttavia che ben presto l'influsso ecclesiale viene meno, mentre in non pochi giovani resta alquanto vivo quello delle manifestazioni ambientali a cui la stessa famiglia continua a fare da tramite e da legame emotivo-esistenziale.
    Bisogna inoltre tenere presente che uno dei problemi attuali è la catechesi ai giovani e agli adulti.
    Dopo la celebrazione dei sacramenti, l'offerta formativa della chiesa, quando c'è, è limitata a qualche gruppo e/o associazione. Capita quindi che per i giovani del popolo le alternative sono due: o allontanarsi del tutto dalla religione, o continuare il cammino ambientale di apertura al religioso coinvolgendosi nelle diverse manifestazioni. Questo percorso resta però senza guida ecclesiale, al massimo si hanno stimoli familiari a continuare a farlo.
    Bisogna riconoscere che la catechesi ecclesiale non ha agganci al patrimonio religioso-tradizionale e ciò che offre appare del tutto disincarnato ed estraneo dalla «religiosità dei padri». Si hanno cosí due conseguenze negative: quella di non immettere elementi innovatori nella religiosità ambientale e quella di creare una netta separazione tra vissuto religioso ambientale e offerta formativa ecclesiale.

    IL COINVOLGIMENTO DEI GIOVANI NELLA RELIGIOSITÀ POPOLARE

    In questi anni di ricerca sulla religione popolare mi sono trovato immerso nelle realtà ambientali più diverse: ambienti urbani, grandi centri, piccoli paesi, santuari importanti, piccoli luoghi di culto, ecc.; ho partecipato a manifestazioni legate a momenti religiosi e a fatti locali o interpretanti momenti liturgici particolari.
    In ogni contesto e per ogni manifestazione ho potuto osservare atteggiamenti molto diversi tra i giovani. Non è facile farne una descrizione dettagliata e non è neanche il caso di attardarsi in essa. Ritengo però utile esaminare alcune forme di coinvolgimento diretto, rilevare cioè le modalità secondo cui essi si fanno oggi protagonisti di manifestazioni popolari e il significato che attribuiscono ad esse.

    Manifestazioni natalizie e pasquali

    I misteri centrali della redenzione hanno avuto una rilevante presenza nelle manifestazioni religiose popolari. Oggi restano particolarmente vive le manifestazioni della settimana santa; vi è anche una rilevante presenza di celebrazioni natalizie.
    Da qualche tempo si sta diffondendo, nei contesti più diversi, una forma di rappresentazione natalizia, il presepe vivente, che, sebbene abbia una lontana origine (San Francesco), non era molto in uso.
    Protagonisti di questa rappresentazione sono, in genere, ragazzi e giovani che riescono ad offrire quadri di rilevante coreografia e di intensa partecipazione.
    L'origine di questa manifestazione fu certamente popolare; la sua attuale realizzazione vede protagonisti gruppi parrocchiali, anche piuttosto impegnati, che si organizzano e offrono questa forma di «spettacolo religioso», o di celebrazione paraliturgica.
    La creatività e l'intensa espressione di questa manifestazione le fanno acquistare notevole rilevanza.
    Diversa è la realtà che si osserva durante la Settimana Santa.
    Le manifestazioni più caratteristiche e anche più diffuse sono i riti della domenica delle palme, le sacre rappresentazioni e le processioni che si svolgono soprattutto durante il triduo pasquale.
    In tutte queste manifestazioni si attua, in modi diversi, il coinvolgimento di ragazzi, adolescenti, giovani e adulti.
    Il rituale della domenica delle palme era ed è ancora molto significativo. Il ramoscello di ulivo fu arricchito di significati e di funzioni molto rilevanti: come segno di augurio e di riconciliazione veniva scambiato da grandi e piccoli all'interno della famiglia, ma anche tra vicini e conoscenti; come segno propiziatorio veniva collocato negli ambienti nei quali si svolgeva la vita: la casa, i terreni che si coltivano, il pozzo da cui si attingeva l'acqua, ecc.
    Le sacre rappresentazioni impegnano i giovani nell'interpretazione di personaggi, evangelici e non, legati ai momenti culminanti della vita di Cristo.
    Alcuni di questi personaggi hanno acquistato caratterizzazioni tipicamente ambientali, frutto della immaginazione popolare, o legati a simboli particolarmente significativi nelle situazioni concrete della vita.
    Le rappresentazioni si riducono per lo più a sfilate solenni e alquanto affascinanti per le vie dei paesi con alcuni personaggi e momenti carichi di pathos. A volte sono presenti anche recitazioni che fanno rivivere i quadri drammatici della passione di Cristo.
    Ciò che colpisce in queste manifestazioni è l'impegno e l'attenzione nella partecipazione. Il coinvolgimento può essere dettato per alcuni, in un primo momento, da desiderio di esibizione, ma si giunge ben presto a immedesimarsi nel personaggio e nell'avvenimento.
    Un'altra manifestazione piuttosto diffusa nel triduo pasquale è la processione dell'Addolorata, del Cristo Morto. In alcuni ambienti vi è la processione dei «misteri»: gruppi statuari che rappresentano protagonisti e situazioni della passione del Signore.
    Anche in queste processioni le famiglie coinvolgono da piccoli i loro figli, facendoli partecipare come soldati, angeli, piccoli portatori di croci, «addolorate», ecc. È il modo alquanto naturale per vederli passare attraverso le varie forme di protagonismo nella manifestazione fino a quando diventeranno portatori, incappucciati, penitenti, per continuare un voto o una tradizione di famiglia.

    Forme di partecipazione dei giovani

    I giovani sono continuatori passivi di queste manifestazioni? Quale capacità e sensibilità nuova portano e immettono nelle stesse manifestazioni?
    Ho potuto raccogliere testimonianze altamente significative di giovani che hanno vissuto queste esperienze. In esse si evidenziano sia l'effetto prodotto in loro stessi, sia il significato di tutta la rappresentazione per l'ambiente.
    «Io l'ho fatto per un senso profondamente spirituale... Qualcuno ci accusa di esibizionismo. Io gli chiederei soltanto se ritiene esibizionismo sottoporsi deliberatamente a quelle sofferenze... Per me le sofferenze e le beffe di quel giorno mi hanno fatto capire di più Cristo stesso, quello che Egli ha sofferto per noi!».
    «Sono cattolico e tendo a imitare Cristo. Ho letto tutti i vangeli per immedesimarmi nel personaggio. Sono convinto che oggi dobbiamo portare la croce di Cristo. La rappresentazione non significa soltanto ricordare il passato!».
    «Ho voluto fare la parte del Cireneo per stare vicino al Cristo con la croce e capire meglio quello che ha sofferto veramente il Signore!».
    Gli atteggiamenti interiori non sono tutti cosí profondi e spirituali. Sono anche legati alla volontà di protagonismo, alla ricerca di protezione e di sicurezza, di immedesimazione nel personaggio e nell'ambiente; al desiderio di continuare una tradizione familiare, di non far interrompere una tradizione ambientale.

    Il peso della tradizione

    Negli ambienti nei quali queste manifestazioni hanno radici molto lontane, si è anche arricchito il singolo personaggio di un alone particolare e si è ormai caratterizzato a tal punto che si ritiene essenziale trasmettere anche lo stile secondo cui lo si deve rappresentare.
    In questi stessi ambienti è diventato naturale per i giovani continuare la tradizione: sarebbe inspiegabile se si rifiutassero di farlo, dato il contesto in cui vivono. Per gli adulti e gli anziani è un fatto scontato che vi sia la manifestazione. Per i giovani è un riconoscersi in quello che è stato loro tramandato e quasi un voler significare che nel raccogliere quella eredità reclamano anche un maggior riconoscimento a livello ambientale, proprio in quanto eredi e continuatori di ciò che costituisce l'aspetto più significativo.
    Bisogna anche tenere presente che negli ambienti in cui si attuano queste manifestazioni vi è una preparazione e un'attesa anche a livello familiare; in famiglia si stimolano i figli a coinvolgersi, si racconta di quanto avvenuto negli anni, di qualche episodio particolare, di esperienze personali di partecipazione da parte del padre o della madre, i quali ci tengono che i figli facciano la stessa esperienza.
    Insomma il giovane o la ragazza sono avviati a vedere il loro protagonismo come il modo più vivo di appartenenza alla comunità e di vivere un momento religioso intenso.
    In altre manifestazioni l'apporto dei giovani si esprime piuttosto a livello tecnico e coreografico: cercano di dare volto nuovo a simboli tradizionali; arricchiscono il fascino delle stesse manifestazioni con coreografie ricercate; aprono gli orizzonti ambientali ad avvenimenti di particolare importanza ed attualità; riescono a creare dei ponti ideali con gli altri contesti nei quali è dispersa la comunità ambientale, ecc.

    Apertura a problematiche attuali

    Tutte le manifestazioni ambientali sono sempre vissute come «festa», rottura della quotidianità, apertura a un modo e a un mondo altro.
    I motivi di festa possono acquistare orizzonti e significati tra i.giovani che su- perano i confini ambientali e rivelano una attenzione al mondo attuale. Lo si può ricavare chiaramente dalla seguente testimonianza: «La festa religiosa, il sabato santo in particolare, come feste popolari che uniscono, tengono stretti i legami di una civiltà, di un modo di vivere, di un modo di sentire e di partecipare tutto particolare, fatto di elementi genuini di natura e di umanità.
    L'attesa della festa, la fede in Dio Salvatore, le preghiere dei devoti sono cose che fanno parte del passato, di un mondo disgregato anche se presente in piccoli frammenti
    Oggi ci sono altri problemi, c'è la corsa al consumismo, c'è la festa come spreco di cibi, sfarzo di eleganza, divertimento, distrazione dalla vita alienante di tutti i giorni, e spesso dalle frustrazioni, dalle rinunce, dalle delusioni cui questa società ci sottopone.
    Una società che chiede sempre di più senza offrire possibilità e alternative adeguate.
    È possibile pensare alla festa religiosa con fede, amore, fratellanza, quando tutto il mondo intorno proietta immagini diverse o addirittura contrarie?
    Certamente no! Questo mio dire potrebbe far pensare che io non abbia fede, o peggio che la ritenga inutile.
    Al contrario, la fede, l'esempio di forza, di costanza che Cristo incarna deve essere fonte viva di stimolo ad andare avanti a continuare la lotta. Una lotta impregnata di sofferenze, ma piena di sacri ideali, una lotta per l'uguaglianza, per la non discriminazione sociale, per la pace.
    Le piccole rinunce durante queste feste non hanno valore in sé, ma rafforzano il corpo e lo spirito alimentando la fede, per cui volentieri mi sottopongo ad alcune di esse».

    ALTRE FORME DI RELIGIOSITÀ POPOLARE

    Il coinvolgimento dei giovani nelle feste dei santi patroni è alquanto problematico, anche perché ad essi si offre uno spazio piuttosto relativo.
    In queste manifestazioni prevale la loro disponibilità al consumo e all'aspetto ludico: consumano un'occasione di divertimento con tutta la frenesia a cui la situazione può indurre.
    Vediamo da vicino alcune espressioni.

    Feste patronali e altre manifestazioni ambientali

    La loro partecipazione può acquistare caratteri diversi quando la festa offre maggiore possibilità di protagonismo. Alcune feste, infatti, celebrano alcuni fondatori relativi sia al culto che alla vita della comunità.
    Questi eventi danno luogo a rappresentazioni figurative, a carri allegorici, a rappresentazioni simboliche che richiamano la situazione originaria dell'ambiente e l'origine dell'evento che si celebra.
    Tutti questi aspetti arricchiscono il messaggio della festa e la aprono anche alle nuove realtà che fanno parte dell'esperienza ambientale o umana in genere.
    Intorno a questi motivi è più facile rilevare l'attenzione, l'interesse e il coinvolgimento dei giovani che esprimono, a volte in modi alquanto arditi, la loro lettura degli eventi passati e attuali e le modalità delle rappresentazioni di quanto la festa ricorda.
    I giovani, inoltre, possono trovare spazio di protagonismo in attività collaterali alla manifestazione religiosa: culturali, artistiche, sportive, comunitario- ambientali, ecc.
    Tutto questo sottolinea la particolare attenzione a cib che si riferisce alla dimensione comunitaria e culturale, piuttosto che ad aspetti tipicamente religiosi. Probabilmente perché non potendo esprimere se stessi nella manifestazione religiosa, difficilmente si riconoscono nei significati che essa richiama e intende veicolare.

    Riferimenti a santuari e modalità devozionali dei giovani

    L'immersione dei giovani nel sacro santuariale è molto diversa, soprattutto in riferimento alle specificità degli stessi luoghi e ai motivi che li portano a vivere questo riferimento.
    Se si eccettuano i santuari che hanno un richiamo particolare per la loro rinomanza nazionale e internazionale, a quelli che conservano un carattere ambientale e regionale, i giovani, in genere, sono già stati in compagnia di anziani e adulti. Ogni santuario locale ha caratteri particolari a livello devozionale; questi sono espressi nei racconti ascoltati da fanciulli e verificati, in seguito, quando si è potuto soddisfare il loro desiderio di partecipazione.
    A questo riguardo occorre dire che i santuari hanno anche una loro specificità a livello di rassicurazione esistenziale e svolgono quindi un ruolo particolare nella vita ambientale e familiare. Questa specificità è presente anche nelle modalità di riferimento dei giovani che spesso continuano un voto fatto dalla famiglia e trasmesso loro come impegno di vita. Si osservano cosí atteggiamenti e comportamenti devozionali che sembrerebbero del tutto impensabili nei giovani.
    Un fenomeno attualmente comune è quello di trasformare alcune pareti dei santuari in spazi nei quali si scrivono invocazioni, domande di grazie, impegni di vita, ecc.

    Scritte e «domande»

    Un esempio può aiutare a cogliere il contenuto di ciò che scrivono i giovani.
    Incuriosito dall'abbondanza di scritte murali, ho raccolto, un anno fa, tutte quelle che sono riuscito a decifrare su una parete nella cripta della basilica di San Nicola a Bari.
    Ne ho trascritte 75, di diverso contenuto.
    Un terzo di esse esprimevano invocazioni e domande circa la riuscita di una relazione affettiva, la felicità di un rapporto, la durata di un amore, la ricomposizione della coppia, la maturazione di una sintonia affettiva, ecc. Spesso non riguardavano soltanto il bisogno personale, ma piuttosto quello di amici; l'invocazione non si ferma alla realtà attuale, ma si proietta sulla vita futura. Per spiegarsi questa particolare focalizzazione di invocazioni, occorre tener presente che San Nicola esercita una particolare protezione sulle ragazze da marito.
    Altre 16 scritte hanno come argomento la famiglia: si invoca la protezione del santo su tutta la famiglia, si chiede l'aiuto per qualcuno in particolare: «San Nicola, proteggi sempre la mia mamma e tutti coloro che mi seguono e mi stanno vicino». Al santo si esprimono anche particolari difficoltà di rapporto e problemi che possono turbare la pace, la felicità di tutta la famiglia: «Fa' che le mie sofferenze finiscano con i miei genitori!»; «San Nicola, fa' che nella mia casa ci sia la felicità e che mio padre trovi lavoro!».
    12 frasi ancora riguardano la scuola: si chiede soprattutto che il santo faccia essere promossi e aiuti in particolari difficoltà.
    15 scritte formulano domande più generali di protezione e di aiuto, ma qualcuna esprime il bisogno di una guida nella vita, perché si possa credere in qualcosa e trovare se stessi: «Fa' che creda sempre in qualcosa! aiutami a trovare me stessa e anche qualcuno che stia con me per sempre!».
    Le invocazioni sono anche aperte a problematiche non strettamente individuali: aiuta i giovani di oggi, aiuta a risolvere la fame nel mondo...
    Ve ne è una che sembra particolarmente significativa: «San Nicola, non voglio chiederti qualcosa di grande, perché non mi sembra giusto rivolgermi a te solo per ottenere qualcosa. Ti prego solo perché questo giorno che sono venuta a trovarti per la prima volta mi aiuti a imparare ad amare e a credere nello Spirito!».
    Anche se in forme diverse dal passato, si continua a portare al santuario i propri problemi e insicurezze e a cercare protezione e aiuto.
    Il tipo di domande contenute nei messaggi murali riguardano gli aspetti che maggiormente accrescono l'incertezza nella vita di giovani di oggi: insicurezza affettiva, rapporti familiari, problemi di senso e orientamento di vita, problemi scolastici...
    La vita di questi giovani, bisognosa di rassicurazione, trova nel sacro e nella protezione del santo un orizzonte di rassicurazione, di fiducia, di speranza.
    Il tono e il contenuto delle frasi lasciano intravvedere un atteggiamento interiore e una dimensione spirituale non insignificante. Spesso infatti l'invocazione riguarda il bisogno di essere «sostenuti nel fare il bene», e «aiutati a non fare peccati».

    SIGNIFICATO DEL COINVOLGIMENTO DEI GIOVANI

    Le forme di coinvolgimento che abbiamo descritto hanno certamente una loro sorprendente rilevanza; bisogna tuttavia riconoscere che esse riguardano un numero piuttosto limitato di giovani. I più, infatti, si collocano ai margini, come spettatori a volte anche provocanti nei confronti dei coetanei.
    Fatta questa doverosa precisazione, resta comunque la rilevanza del loro coinvolgimento che fa interrogare sui significati e sull'importanza che può avere per la vita dei giovani e per quella di tutto l'ambiente.
    Le poche testimonianze hanno già evidenziato le intenzioni e le motivazioni che spingono i giovani a partecipare a manifestazioni ambientali e a vivere esperienze religiose di tipo popolare.
    Superando immediatamente la sfera dell'individuale, vogliamo proiettare questo coinvolgimento più nella prospettiva ambientale ed ecclesiale.
    Anzitutto è evidente, negli ambienti un po' tradizionali ma sconvolti dai messaggi della «modernità», il disagio esistenziale e la difficoltà di fare un percorso di iniziazione religiosa che giunga fino alla presa di coscienza di un'appartenenza ecclesiale. Un po' perché la loro socializzazione globale è lontana dall'integrare il religioso di Chiesa, un po' perché l'istituzione si è allontanata dal religioso popolare-ambientale.
    Resta tuttavia l'esigenza, anche se un po' generica, del sacro e soprattutto quella di potersi inserire a pieno titolo nella realtà ambientale ed essere riconosciuti come parte della stessa.
    Il coinvolgimento, quindi, deve essere letto alla luce del bisogno di integrazione e di identificazione; quindi dell'acquisizione di una certa sicurezza nell'appartenenza ad una collettività e nell'aprirsi a istanze che sono presenti nel vissuto della stessa collettività. Se da una parte vi è l'aspirazione ad essere riconosciuti nell'ambiente, bisogna d'altra parte non sottovalutare le istanze nuove che essi riescono a portare in questi avvenimenti.
    Il coinvolgersi in eventi fondatori non fa chiudere gli occhi ai problemi del presente, anzi si assiste spesso al tentativo di raccordare questi eventi con la vita at- tuale e i suoi problemi, attraverso raffigurazioni simboliche ed anche intenzioni esplicite che esprimono il superamento di atteggiamenti passivi e una volontà di diventare protagonisti nella storia più grande, articolando in modo rinnovato storia sociale e religione.
    Si potrebbe individuare un'istanza di identificazione e di progetto nell'iniziazione alla vita religiosa che trova modalità significative di attuazione in queste forme di coinvolgimento.


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