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    Divenire religiosi nella società d'oggi


    Appunti di psicopedagogia religiosa/ 1

    Giuseppe Sovernigo

    (NPG 1987-10-64)


    L'analisi psicologica dell'origine ' e della funzione delle condotte religiose ha individuato le situazioni cruciali come il terreno psichico del sorgere e dell'evolversi della religiosità. La ricerca della specificità e dell'autenticità delle condotte religiose ha poi precisato alcuni criteri tipici che rendono «religiose» tali condotte, a differenza di altre che lo possono essere solo in apparenza o per analogia. Ogni persona, prima o poi, vive situazioni di vita cruciali.
    La difficile condizione dell'uomo fallibile è infatti universale nel tempo e nello spazio.
    Ma come di fatto l'uomo diviene religioso? Quali sono i passaggi o momenti significativi di questo itinerario? Qual è la dinamica psicologica della religione? Che cosa rende di fatto possibile oppure problematico questo moto di uscita dalla situazione cruciale tramite l'ipotesi e l'affermazione del radicalmente Altro?
    Si tratta di precisare il divenire strutturale interno della religiosità, la dinamica che consente al soggetto di passare da una posizione di problematicità o di non religiosità a una di religiosità.

    GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA RELIGIONE: UN'ANALISI FENOMENOLOGICA

    Sulla base delle analisi fenomenologiche, storiche e psicologiche della religiosità, essa si presenta articolata in due momenti successivi (soggettivo e oggettivo), a loro volta suddivisi in due strutture (pre-razionale e razionale il primo, normativo e istituzionale il secondo).
    Questi due momenti sono tra loro connessi e interagenti: essi costituiscono le componenti dialettiche e fondamentali della religiosità.
    Il «momento soggettivo» si riferisce alla esperienza come è vissuta dal soggetto. Occorre tuttavia ricordare che di fatto non c'è mai assoluta soggettività: ogni uomo è immerso in una cultura, in un sistema di modelli anche collettivi. Tale «momento soggettivo» articola tra loro due «strutture psichiche» portanti, che costituiscono la dinamica interna della religiosità.
    Il momento iniziale dell'esperienza religiosa è costituito da una «intuizione emozionale» (cf le vocazioni, le teofanie, le rivelazioni, le conversioni, l'illuminazione...).

    L'intuizione emozionale

    Nelle sue esperienze significative l'uomo ricerca e può trovare una risposta adeguata mediante una intuizione emozionale. Alla radice di ogni religione sta un'esperienza originale vista come «stupore» dinanzi alla potenza del radicalmente Altro e come «sentimento immediato» di essergli connessi. Ciò che si vive è un'esperienza di incontro, rifacendosi all'Altro che stupisce come a un insieme, un tutto.
    L'uomo è costitutivamente e originariamente un essere disponibile alla religiosità per l'esperienza immediata che fa della sua dipendenza, del limite e insieme del mistero che lo avvolge.
    Questa intuizione emozionale costituisce la «struttura prerazionale» dell'esperienza immediata che fa della sua dipendenza, del limite e l'insieme del mistero che lo avvolge.
    Questa intuizione emozionale costituisce la «struttura prerazionale» dell'esperienza religiosa.
    Essa non è frutto di un ragionamento prolungato, cosí da risultare una dimostrazione dell'esistenza del «quid», ma un'intuizione che implica la partecipazione emotivo-affettiva totale dell'uomo, che poi vi si «consegna» con totale fiducia.
    Di fatto l'uomo religioso ha il sentimento di essere entrato in contatto con il divino, dal quale emana ininterrottamente un messaggio a lui diretto.
    Per molti credenti Dio è una realtà da quando ne hanno fatto esperienza. La sua presenza si è imposta irresistibilmente in un momento di pace interiore, o in una folgorazione che a un tratto ha risollevato l'esistenza, aprendo il mondo al di sopra di essa; o ancora in un avvenimento sentito come un'assistenza miracolosa.
    Secondo alcuni studiosi la primitiva esperienza religiosa consiste dunque in una intuizione accompagnata da una gamma variabile di sentimenti, che solo piú tardi avranno una sistemazione razionale.
    L'oggetto sacro è designata come «mysterium tremendum». L'uomo vi è collegato da un senso di dipendenza, e nutre verso di esso sentimenti opposti di amore-odio, attrazione-repulsione, vicinanza-separazione. Questo insieme di fattori viene detto «esperienza religiosa». Vi sono però molte ambiguità in questo «religioso». Il radicalmente Altro come risposta alle problematiche umane può apparire sia come una pura illusione, sia come un prodotto del desiderio, sia come una proiezione dei bisogni insoddisfatti.

    La ricomposizione razionale

    In un secondo momento l'uomo «prende le distanze» dall'esperienza e la esamina, la oggettivizza. Ora avviene un recupero dell'intuizione primordiale mediante una «ricomposizione razionale». Gli elementi intuitivi, emotivo-affettivi che connotavano il primo momento, vengono analizzati e sottoposti alla «verifica critica» della ragione raziocinante, e ricomposti in un «quadro di significati» sistematico.
    Due sono le possibili risposte in questa fase di revisione. La prima è il rifiuto della religione. Il Dio incontrato è il «Dio per me», un derivato dalle mie esperienze, da una situazione-limite.
    Cosí interpreta Freud l'esperienza religiosa: il bambino che non trova piú un padre che lo aiuta come vorrebbe, proietta la propria esperienza del padre all'infinito. Di fatto Dio sarebbe solo una proiezione, una illusione che avviene a livello inconscio.
    Nella fase poi di revisione critica, sempre secondo Freud, l'uomo giungerebbe a scoprire che il radicalmente Altro è un'illusione basata sulla propria esperienza frustrante. Di qui «l'avvenire di un'illusione». Se le cose sono cosí, Dio è nient'altro che un prodotto della mente umana; Dio non esiste: è la logica e la scelta dell'ateismo.
    La seconda possibile risposta è il riconoscimento e l'accettazione del radicalmente Altro e l'istaurazione di un rapporto vivo con lui. Può cosí succedere diversamente, rispetto alla posizione di rifiuto: riconoscerlo come presenza che viene incontro ai bisogni dell'uomo ma che non è creato dai bisogni; qualcosa di radicalmente altro e oltre le possibilità umane di afferrarlo. Tale presenza è sperimentata come un «Qualcuno», che conferisce una certezza «abbagliante»: il mondo ha un senso, un significato. Ogni cosa diventa un'allusione, risveglia un'Altra Presenza.

    Gli effetti della ricomposizione razionale

    La rielaborazione della intuizione iniziale emozionale mediante sistemi razionali, si esprime con immagini, con simboli, con verbalizzazioni, con filosofie e con teologie; si costruisce una sistematizzazione sempre piú ricca che fa da supporto all'intuizione iniziale. Ne risulta un «credo».
    Questo passaggio porta a una certezza interiore comprovata, anche mediante il tentativo di esorcizzare le ambiguità presenti nell'esperienza religiosa e originaria.
    Questa fase è pertanto connotata da una ricerca appassionata del significato della religiosità stessa, che dovrebbe approdare alla scoperta che nell'esperienza religiosa ciò che conta non è tanto l'insieme delle occasioni che le danno origine, quanto piuttosto il riconoscimento del radicalmente Altro.
    Si ha cosí l'atteggiamento religioso autentico, cioè una religiosità sottratta alle incertezze e alle ambiguità della primitiva esperienza religiosa.
    I due momenti dell'esperienza religiosa sono tra loro strettamente connessi, ed hanno una funzione complementare: l'approccio prerazionale preserva la religione dal divenire un puro e freddo razionalismo; l'approccio razionale le impedisce di cadere nel fanatismo e nel falso misticismo.
    Entrambi sono importanti: l'approccio razionale è destinato alla sterilità là dove non esistono delle esperienze religiose in raccordo con la personalità profonda.
    C'è un «salto» per giungere all'affermazione della presenza, che ha le sue radici in un'intuizione amorosa.
    Cosí le situazioni cruciali o limite sono importanti, perché rimettono in gioco tutto il senso dell'esistenza, tutte le sicurezze già elaborate in ogni fase della vita.
    Da qui può nascere una religione rinnovata, capace di motivare una risposta globale alla domanda di significato che l'uomo si pone. Religiosi non si nasce, ma si diventa. Compito delle situazioni esistenziali è quello appunto di rimettere in moto la personalità in riferimento alla religione o all'ateismo. Di qui la necessità di educare l'atteggiamento, non tanto la strutturazione formale, rigida, esterna. Ciò chiede un raccordo costante con la vita vissuta e una problematizzazione delle situazioni.

    Il rito e la morale: l'istituzionalizzazione dell'esperienza religiosa

    Ma l'esperienza religiosa non è un fatto che si gestisce unicamente nel privato: essa è vissuta in un contesto sociale, e comunque può diventare modello di condotta socialmente rilevante.
    È il cosiddetto momento oggettivo dell'esperienza religiosa: essa nel tempo e a confronto con altre esperienze religiose si obiettivizza, tanto piú se ripetuta nel tempo attraverso generazioni. E diventano «importanti» per l'individuo e il gruppo a cui l'individuo appartiene e a cui si riferisce.
    A poco a poco i significati per la vita cominciano a divenire norme, passaggi obbligati attraverso cui transitare per vivere date esperienze, fissano e privilegiano alcuni comportanti per la qualità, l'originalità, la maggior rispondenza all'esperienza e alle finalità del gruppo.
    Nascono le norme di culto, i riti, i sacrifici, le preghiere, le rappresentazioni e i libri sacri, le norme morali, le pratiche religiose, le mediazioni sacerdotali, ecc. A livello istituzionale poi le esperienze religiose consolidate si organizzano in strutture sociali, come la chiesa, le persone sacre, gli edifici sacri, i libri sacri...
    L'istituzionalizzazione è il risultato «logico» del processo dell'esperienza socialmente rilevante: i modelli di comportamento a lungo andare tendono a cristallizzarsi, a configurarsi in sistemi statici, in istituzioni che garantiscono la qualità e la fedeltà a date norme ed esperienze nel tempo e nello spazio.
    L'istituzione non è costituita tanto dal gruppo quanto dalle norme istituzionalizzate, rese obbliganti.
    Allora l'esperienza religiosa iniziale tende a ridursi a strutture, a istituzioni che conservano il carisma iniziale e che cercano di renderlo ripetibile e ripresentabile anche ad altri gruppi nel tempo e nello spazio.
    L'origine e lo sviluppo della religione rientra pertanto nella logica dei sistemi sociali, che si evolvono e talora regrediscono.
    Notiamo poi in conclusione che ogni esperienza religiosa è composta da elementi complessi: è sempre soggettiva e oggettiva, individuale e collettiva, un'intuizione emozionale e insieme un tentativo di sistemazione razionale, una norma interiore e istituzionalizzata, fatta propria e ritenuta rilevante da un gruppo.
    Tra questi due momenti esiste una dialettica profonda, che risulta essenziale per la comprensione della stessa religione.
    La riconquista o riappropriazione e la ristrutturazione di una religione personale da parte del soggetto ripercorrono a ritroso questo stesso cammino.

    Implicazioni «pedagogiche»

    Le tappe essenziali possono essere le seguenti:
    - una «presa di distanza» dall'istituzione per scoprirne i valori fondanti: una rimessa in discussione della norma e del rito per scoprirne il senso e il compito;
    - una riformulazione di un proprio quadro interpretativo, scomponendo e ricomponendo il proprio credo;
    - un'attivazione e riadeguamento dell'intuizione emozionale all'età e al tipo di personalità del soggetto.
    Questa costante riconquista, viva soprattutto in alcuni momenti o fasi della vita, si attua articolando continuamente i diversi elementi costitutivi della religione. Quando si inceppa l'articolazione di queste fasi, la personalità si blocca e la religiosità si fissa e regredisce; lo stesso quando un elemento viene massimalizzato a scapito degli altri.
    Possiamo dire che l'andamento della religiosità delle persone segue un triplice movimento, cosí contraddistinto:
    - una rimessa in discussione, a contatto con situazioni cruciali;
    - la riconquista di una religiosità piú personale;
    - la ricomposizione e riassunzione del bagaglio religioso precedente.

    L'UOMO D'OGGI HA ANCORA ESPERIENZE RELIGIOSE?

    La ricerca religiosa è un'esperienza umana universale. Da sempre e ovunque l'uomo si mostra interessato a incontrare una realtà «altra» rispetto all'esperienza del fattuale quotidiano, come risposta agli interrogativi esistenziali che egli si va ponendo.
    In questa sua ricerca a volte approda al riconoscimento di tale realtà in un radicalmente Altro, altre volte si rinchiude e si limita entro l'orizzonte delle cose di cui ha esperienza a livello sensibile, delle realtà in/qualche modo osservabili con i suoi strumenti razionali, sotto controllo e verifica.
    In ogni caso il riconoscimento o anche solo la ricerca del radicalmente Altro è un'esperienza che agisce da centro di riferimento di una personalità evoluta, adulta, autonoma. Essa è infatti la «captazione di una dimensione del reale in profondità», una «disposizione profonda mediante la quale la persona vive una relazione diretta con Dio, una captazione del mondo come segno del divino».
    Ora la percezione del sacro che sta all'origine dell'esperienza religiosa è diversa nel tempo e nelle culture, nelle diverse società e nelle diverse età.
    Importante è dunque indagare se e come l'uomo d'oggi, in una società post-industriale e complessa, fa esperienza del sacro.
    Le domande che ci si può rivolgere sono dunque le seguenti:
    - come sorge e si enuncia per l'uomo d'oggi il rapporto religioso?
    - lungo quali strade e a partire da quali realtà egli fa esperienza del religioso?
    - come si configura il sacro e quale funzione assolve all'interno della struttura psichica dell'uomo contemporaneo?

    Le vie dell'esperienza religiosa per l'uomo d'oggi

    Mentre per l'uomo primitivo il rapporto con il radicalmente Altro è inteso in senso partecipativo, a carattere cosmo-biologico (la presenza del divino è un'esperienza quotidiana nella pianta, nel ruscello, nella montagna, nell'esperienza sessuale, nel ciclo delle stagioni...), in una parola si vive nella «natura», l'uomo moderno - in ordine all'esperienza religiosa - sente di dover demitizzare non solo la presenza divina ma anche lo stesso concetto di natura.
    Essa non è piú fonte degli interrogativi «religiosi».
    Egualmente demitizzata è la «via dell'uomo» per giungere a Dio: la supposta conoscenza delle dinamiche intrapsichiche e psicosociologiche permette di intravvedere il mondo umano appunto come «mondo dell'uomo», in cui si smorza ogni riferimento o vincolo al divino e si perde l'aura di «mistero» che da sempre l'aveva avvolto. Attraverso quali strade allora l'uomo contemporaneo si pone interrogativi esistenziali cui può dare spesso una risposta religiosa, una risposta che conduce all'intuizione del radicalmente Altro?
    Oggi soprattutto nella storia viva, personale e collettiva, nei fatti umani rilevanti, nelle situazioni cruciali a livello personale e socio-esistenziale. Queste situazioni umane particolari costituiscono le cosiddette «esperienze pre-religiose» (Vergote).
    Ma esse - pur densissime di contenuto - non necessariamente conducono a risposte religiose. Sono ambivalenti, nel senso che possono divenire veicolo, per una scoperta della realtà trascendente, o possono restare tali, appunto pre-religiose.
    L'analisi psicosociologica del divenire rileva che l'esito in senso religioso o meno è facilitato (o reso difficile) dalla compresenza di un duplice fattore: l'ambivalenza in sé delle situazioni cruciali in ordine alla religiosità e il tipo di struttura psichica del soggetto.
    Quanto al primo fattore, l'ambivalenza si gioca appunto sul fatto che tali esperienze sono quelle attorno a cui preferenzialmente l'uomo o i gruppi si interrogano (possono interrogarsi) in modo ultimativo, come terreno indispensabile perché la religiosità si radichi e si sviluppi adeguatamente e non resti invece giustapposta, periferica, indotta. Ma d'altra parte esse sono pure ambivalenti in ordine all'esito, che di fatto risulta diversificato, potendo portare alla risposta affermativa o negativa circa la presenza e la fiducia in un «Altro» che in tale esperienza «appella».
    Circa il secondo fattore, il modo con cui il soggetto può vivere tali situazioni cruciali, chiama in causa il problema piú tipicamente psicologico del come si struttura dentro la personalità l'esperienza religiosa.
    Ma su questo torneremo successivamente.


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