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    Un'estate da fiaba con "le avventure di Pinocchio"


    Rielaborazione di Bruno Ferrero e Mario Delpiano

    (NPG 1986-05-59)

    La rubrica questo mese guarda all'estate. In questo periodo dell'anno cresce l'impegno delle comunità educative e delle istituzioni verso i ragazzi, si moltiplicano anche le attività e le iniziative. Nei mesi precedenti abbiamo raccolto esperienze/sussidi elaborati per gruppi ristretti di preadolescenti che hanno già percorso un certo cammino di gruppo. Per questo erano di difficile valorizzazione con tutti i ragazzi, quali un centro di animazione sul territorio intende raggiungere senza discriminazione né distinzione di sorta.
    Il sussidio estivo che qui presentiamo è la rielaborazione di una iniziativa realizzata con molta serietà e impegno dal gruppo di animatori dei ragazzi dell'oratorio salesiano di Leumann (Torino) nella scorsa estate. E uno strumento utilizzabile soprattutto come «tipo» per sollecitare la creatività e l'iniziativa di altri gruppi di animatori, attenti ad elaborare un intenso momento di «avventura estiva» capace di raggiungere tutti i ragazzi, a partire dal semplice desiderio di trascorrere insieme un momento felice e divertente, vivace e un po' «pazzo». Nel sussidio la dimensione ludica e avventurosa è percorsa in filigrana da un intento profondamente educativo. Ogni attività, fatta con un certo stile, è occasione di crescita comune per i ragazzi, anche in tempo di vacanza.

    Un campo estivo con Pinocchio: come e perché
    Intervista con un'animatrice

    Il gruppo di animatori che ha pensato e sperimentato questo campo estivo ruota attorno all'oratorio salesiano di Leumann-Rivoli, un comune suburbano della cintura torinese.
    Attorno a una favola essi hanno sviluppato i temi e le attività giornaliere del momento estivo con gruppi di ragazzi e ragazze fanciulli e preadolescenti.
    Un'esperienza «favolosa» di un'estate tra le montagne della val d'Aosta, vissuta da un'ottantina di ragazzi e una decina di animatori.

    L'impegno del vostro centro tra i ragazzi durante l'estate non è una novità. Perché quest'anno un'esperienza estiva trasfigurata nelle «avventure di Pinocchio»?
    Da più anni cercavamo un filo conduttore che offrisse una unità tematica e di sviluppo alle tante cose che si fanno d'estate coi ragazzi. Il libro «Le avventure» sembrava utile per collocare tutte quelle attività estive (dal gioco allo svago, dall'avventura in mezzo alla natura ai momenti riflessivi e celebrativi di gruppo) all'interno di una serie organica di temi educativi, caratteristici del momento esplorativo della crescita, nel momento in cui il ragazzo comincia a voler fare esperienza sulla propria pelle dell'avventura della vita. E l'estate è per questo un momento privilegiato.
    Le avventure di Pinocchio ci sono dunque apparse un discorso educativo interessante, meritevole di essere riscoperto e anche reinterpretato nell'oggi.

    Perché proprio una «fiaba» da vivere durante l'estate coi ragazzi?
    L'accentuazione della dimensione fantastica e dell'avventura ci sembra capace di esprimere il carattere affascinante e insieme altamente educativo del «tempo delle vacanze», e in tal modo dipingere con i colori della vita la ricca esperienza che i ragazzi vivono d'estate, ma che rischia di restare inespressa.

    Puoi farci un bilancio di una tale esperienza?
    Dalla reazione e dalla partecipazione dimostrata dai ragazzi si potrebbe anzitutto dire che è stata per loro un'esperienza interessante che li ha affascinati. Hanno accettato volentieri di « stare al gioco », i quattordicenni, anche se una maggiore attenzione alla differenza d'età potrebbe ora suggerirci una differenziazione della proposta .
    Con l'iniziativa comprendente il fare esperienza e la espressione simbolica di essa, siamo riusciti a sviluppare il grande tema dell'avventura e della fatica di crescere e di essere uomo, non solo burattino. Un'avventura che non ha interruzioni nel corso dell'anno .

    Come si strutturava il campo con le giornate?
    Tutte le attività e le esperienze prendevano avvio da momenti particolari, posti all'inizio di ogni «unità educativa», che erano i «tempi del racconto». La narrazione di una particolare avventura di Pinocchio era perciò seguita da alcune giornate in cui i ragazzi vivevano in maniera riattualizzata quella data esperienza del burattino.
    Il punto di arrivo era la riespressione delle cose vissute insieme, i ragazzi giungevano perciò a ricostruire il «loro racconto», a dare parola alla avventura da loro vissuta.

    Perché all'inizio della giornata il «tempo del racconto»?
    Imparare a raccontare ed essere capaci ad accogliere una «storia» è una cosa grande e fondamentale per crescere. E importante perché, in un modo o nell'altro, si racconta la vita, magari trasfigurata dalla fiaba. Le avventure di Pinocchio lo sono. Devono perciò essere raccontate, non lette, e raccontate appunto dentro una vita, facendo esperienza, magari insieme, non solo sui banchi di scuola o sugli schermi televisivi.
    Il racconto andava fatto con arte e fantasia, per catturare il ragazzo e scatenare la sua fantasia, ma anche la sua voglia di vivere e di fare esperienza delle avventure raccontate. Solo a questa condizione poteva lui stesso, con gli altri, continuare l'avventura, e quindi anche la storia di questa avventura.
    Attorno a questo «tempo sacro» iniziale, ruotava l'avventura delle varie giornate. Era come il fischio della partenza, il leit motiv che li accompagnava, anche se nascosto, e che alla fine i ragazzi, coi loro linguaggi, potevano liberamente riprendere in collegamento con quanto vissuto.
    Le svariate attività e i momenti delle giornate erano perciò ripensati in rapporto ai nuclei tematici della avventura raccontata, in modo che la vita briosa del campo potesse costituire un « valore » significativo (cioè un'esperienza) e insieme traccia e materiale di una nuova avventura da raccontare, quella vissuta insieme. Si trattava di ricercare quelle attività che fossero aderenti alla sensibilità ed ai bisogni dei ragazzi, e che, in un certo modo, trovassero già una prima interpretazione ed espressione in Pinocchio. Tutto ciò non con un intento di carattere dimostrativo o deduttivo, ma con l'obiettivo di spingere i ragazzi a «dare parola» alla loro avventura, per non perdere la ricchezza di quanto veniva vissuto insieme nel campo.
    Una meta irrinunciabile era dunque che i ragazzi ricostruissero la storia, ma una storia arricchita da qualcosa che poteva essere soltanto loro.
    Il momento culminante e conclusivo del campo è stata la «festa con i genitori e gli amici». Lì essi hanno riproposto e rappresentato, raccontandola, la loro avventura, non più ascoltatori silenziosi o spettatori, ma protagonisti e narratori.

    Un'estate attorno ad una favola può essere vissuta in maniera diversa da fanciulli o da preadolescenti. Come è stato possibile?
    Se si accetta la formazione di gruppi omogenei attorno all'età, è possibile allora anche differenziare il modo di vivere la favola.
    I più piccoli infatti rimanevano « catturati » nel suo mondo, come in un grande gioco, come se vivessero insieme un grande sogno.
    I preadolescenti, invece, soprattutto i più grandicelli, la accettavano, sì, come momento ludico e avventuroso, ma la coglievano anche come linguaggio simbolico, capace di dire qualcosa sulla loro vita. Essi tendevano a vedervi dentro, rispecchiata, la vita lontana dal campo, quella di tutti i giorni, con la dimensione concreta, realistica, ed insieme con la sua buona dose di sogno e di immaginazione.

    Un'estate con «le avventure»: pagine operative

    Presentiamo il sussidio. Esso è costituito da un insieme di unità narrative ed esperienziali, scelte tra le tante possibili, sviluppate nel racconto delle «avventure», che apparivano più rispondenti alla situazione di vita del ragazzo. Ogni unità si può articolare in maniera elastica in più giornate, secondo i tempi del campo e gli obiettivi che si intendono privilegiare. Sullo stesso stile sarà possibile elaborarne altre, magari più aderenti alla concreta situazione dei destinatari.

    LE GIORNATE DEL «C'ERA UNA VOLTA... »

    Il racconto. I primi tre capitoli di Le avventure di Pinocchio raccontano la «nascita» del burattino da un pezzo di legno, il suo «battesimo», le sue prime scoperte del mondo.

    Area e obiettivo educativo

    Vogliamo aiutare i ragazzi a comprendere che la loro vita è una «storia» con un punto di partenza e uno di arrivo. Qualcuno li ha chiamati a vivere, qualcuno che ha volto e nome preciso. Da quel momento è iniziata l'avventura del crescere.
    I ragazzi vivono super-condizionati dalla società, soprattutto attraverso la presenza ossessiva dei mass-media; questi li spingono a vivere la loro esperienza nel mondo in termini di contemporaneità e ubiquità. Tutto diviene per loro evento del presente; ogni spazio e luogo di avventura è reso accessibile alla loro fantasia e immaginazione. E tutto ciò finisce con l'ingabbiarli in un presente appiattito.
    Dal punto di vista educativo è importante far loro scoprire che crescere significa progredire nel tempo, cioè «salire dei gradini» camminare, evolvere, diversificarsi. Ogni giorno è un pezzo di strada da percorrere, un pezzo della propria storia personale da comporre.
    Non si cresce da soli, come Robinson Crosuè in un'isola; nessuno cresce senza radici. Il bambino che nasce è stato desiderato, voluto, sognato. E già portatore di un «progetto», che prima di tutto è di altri.
    L'obiettivo di quest'area pedagogica è ulteriormente scomponibile in obiettivi più circoscritti e specifici. Ne indichiamo tre, ma nella forma dinamica di «sentieri» educativi.

    Il sentiero del tempo

    Perché i ragazzi si sentano storia: non vivono solo al presente, hanno un passato personale dentro un passato più grande che è collettivo.
    E' importante ricuperare le « radici ». E anche la condizione per poter costruire il futuro.
    Indichiamo alcune attività possibili.

    1. Tutto è cominciato. Si realizzano ricerche, osservazioni, documentari, diapositive, cartelloni, che descrivono l'inizio delle cose .
    Si può, per esempio, seguire lo sviluppo di un fiore o di una pianta dal seme, seminare qualche fiore; osservare le diverse fasi dello sviluppo delle rane in uno stagno (è facile una caccia di girini ai diversi stadi della crescita). Sarebbe molto bello anche descrivere, con tecniche varie, lo sviluppo della vita umana.
    Se la situazione lo consente, ogni ragazzo prepara il «cartellone d'identità», con tutte le fotografie che riesce a rintracciare per descrivere la sua crescita.
    Si può realizzare anche a forma di «quiz»: esporre le foto dei ragazzi quando erano «poppanti» e indovinare a chi appartengono. Oppure premiare che riesce a trovare la fotografia più vicina al momento «O» della sua storia.
    Per eventuali discussioni ed approfondimenti si può utilizzare l'inserto di Mondo Erre: La tua storia, dal Big Bang fino al tredicenne di oggi.
    La migliore conclusione di questa attività è un falò in cui a gruppetti i ragazzi mimano nascita, crescita e morte di qualche cosa. Alla fine di tutto un animatore proclama, con opportuno sfondo musicale, uno dei racconti della creazione tratti dalla «Genesi».

    2. Gioco delle sagome. Lo scopo è quello di permettere ai ragazzi di riconoscersi reciprocamente. Si disegna su un grande foglio il profilo di ogni ragazzo, con tecniche a scelta (ottima quella dell'ombra). Poi si distribuiscono a caso dei foglietti con i nomi di tutti i ragazzi presenti. Ognuno deve applicare il biglietto con il nome alla sagoma corrispondente.

    Il sentiero dello spazio

    Conduce i ragazzi a scoprire il luogo dove si trovano. E segno di maturità avere una soddisfacente relazione con l'ambiente vitale. E necessaria anche una conoscenza e sensibilità di tipo ecologico e di conservazione: il cosmo è stato affidato all'uomo, che ne è pienamente responsabile.

    1. Caccia al tesoro: progettata in modo da far scoprire strade, costruzioni, particolarità geografiche e storiche del posto in cui ci si trova.
    2. Concorso di fotografia o di pittura.
    3. Passeggiate e gite guidate.
    Non dovrebbe essere difficile, per l'animatore far percorrere al ragazzo questo sentiero.

    Il sentiero della famiglia

    L'animatore (o gli animatori in gruppo) «racconta» alcuni passi della storia di Pinocchio in cui è protagonista Geppetto. E Geppetto che fabbrica il burattino, che si rivela subito insolente e molto «crudele». I ragazzi sono sollecitati a recuperare qualcosa dalle loro «radici» familiari, suggerite dai volti, dalle esperienze quotidiane, dai fatti anche banali, sotto i quali è possibile cogliere i problemi della famiglia di oggi, del viverci da dentro quali componenti
    Il problema è quello del rapporto ragazzi-famiglia, molto più ampio di quello figli-genitori. Molto utile per le discussioni con i ragazzi può essere l'inserto di Mondo Erre: La famiglia.

    1. Inchiesta tra i ragazzi sul loro rapporto con la famiglia. L'animatore può usare una parte del questionario riportato nel libro L'età negata e poi confrontare i dati ottenuti con quelli della ricerca nazionale riportati nel volume.
    2. Teatro-verità: i ragazzi a gruppetti devono rappresentare scenette di vita familiare, quelle che capitano loro tutti i giorni (il risveglio, la partenza per la scuola, i pasti, i litigi, la tv, ecc.).
    3. La famiglia in tv. Una serie di scenette per criticare umoristicamente come viene presentata in televisione (soprattutto nella pubblicità) la famiglia (la madre che lava sempre, il padre assaggiatore di whisky o compratore di automobili, ecc.).
    4. Cambio casa (gioco). I ragazzi si prendono per mano a due a due e formano la casa. Dentro la casa abita l'inquilino che si colloca stando in piedi tra le braccia dei due. Un ragazzo rimane libero. Al via si hanno quindi tante case con inquilino più un giocatore libero. Il capo-gioco ordina di «cambiare casa»: quelli che formano la casa devono formarne un'altra con un altro compagno qualsiasi. compreso il giocatore libero. Il capo-gioco può ordinare il «cambio inquilino»: in questo caso cambiano tutti gli inquilini, e il giocatore libero può infilarsi nella prima casa senza inquilino e condannare un altro giocatore alla giusta penitenza. All'ordine: «cambio tutto!», si devono riformare case e inquilini. E un gioco di movimento e di destrezza.
    5. Fratelli e sorelle (gioco). Si formano delle coppie, che vengono poi «dissolte» in due file. Un elemento di una coppia in una fila e l'altro nell'altra fila. Le due file serpeggiano sul terreno di gioco. Ad un urlo di un animatore le coppie devono riformarsi il più velocemente possibile e sedersi per terra schiena contro schiena. Gli ultimi di ogni turno vengono eliminati. I vincitori sono proclamati «coppia del secolo» e possono diventare (con solennità e sfarzo!) i protagonisti del gioco scherzo seguente.
    6. Lo sposalizio. E' un gioco da farsi quando fa molto caldo.

    Occorrente:
    - vestito per lo sposo: un pigiama con fiore all'occhiello;
    - vestito per la sposa: una lunga camicia da notte con abbellimenti in carta crespa bianca o colorata, fiori nei capelli e velo;
    - 4 poltrone: possono essere anche degli eleganti sgabelli o puf realizzati con 3 gomme ciascuno e poi rivestiti di stoffa e chiusi da un asse.
    Le due poltrone o puf per gli sposi dovranno essere confezionate in modo che essi, sedendosi, possano bagnarsi abbondantemente e vistosamente;
    - piccola banda vera o fittizia;
    - fascia bianca di carta crespa per il parroco che terrà il discorso agli sposi:
    - due testimoni e relative damigelle che seguiranno la sposa;
    - due paggetti per tenere lo strascico o il velo della sposa;
    - il corteo ben nutrito.

    Gioco:
    a) Il corteo con banda in testa seguita dagli sposi, paggetti, damigelle e tanti amici, si dirige al luogo convenuto dove troverà il parroco, i testimoni e tutto il necessario per la cerimonia.
    b) Qui è molto importante il discorso del parroco il quale con disinvoltura dovrà far sedere prima i testimoni e poi alla fine del discorso invitare ancora i testimoni ad alzarsi per aiutare gli sposi a sedersi.
    «Lo stupore degli sposi sarà grande »; il parroco per consolarli ricorderà a tutti che c'è il detto: « sposi bagnati, sposi fortunati».

    LE GIORNATE DEL «GRILLO PARLANTE»

    Il racconto. E il famoso capitolo quarto della storia di Pinocchio: «dove si vede come i ragazzi cattivi hanno a noia di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro».
    E un capitolo vivace e dialogato che si presta particolarmente ad essere recitato con le ombre cinesi

    Obiettivo educativo

    Far capire ai ragazzi che nelle loro azioni devono agire con responsabilità. Avere responsabilità significa dover dare delle risposte a qualcuno. Si tocca qui un punto delicato della vita dell'uomo: la sua coscienza morale. Siamo stati chiamati a vivere da qualcuno, quindi la nostra vita ha un senso. Non siamo degli sbandati, abbiamo un compito importante da svolgere. Ogni mattina riceviamo l'invito al «ballo» della vita, ma dobbiamo «ballare» secondo determinate regole o sciuperemo tutto, in particolare il bene più grande che possediamo: la nostra vita.

    Il sentiero della responsabilità

    La corrispondenza o meno a quanto detta la coscienza porta alla realizzazione di sé o al fallimento. I ragazzi devono innanzitutto imparare a «sentirla». I valori (cioè la chiamata al buono, al bello, al giusto, al rispetto, alla libertà, ecc.) non vengono inventati, ma devono essere scoperti, in quanto sono già consegnati ad ognuno. Di qui l'importanza di non agire a capriccio, ma di seguire questa voce che chiama e ammonisce dentro di noi.
    Pinocchio illudendosi di poter vivere senza «risposte» da dare a nessuno. uccide il Grillo con una martellata, pur pentendosi poi di aver perso un simile amico. La sua pretesa libertà inizia a dare i suoi frutti amari fin dall'inizio: la frittata vola dalla finestra, gli si bruciano i piedi, per concludere il tutto con le orecchie da ciuchino nel paese dei Balocchi.
    Il capitolo del racconto è denso di significati « morali » più o meno manifesti. Si possono sottolineare tenendo conto dell'età dei ragazzi.
    Pinocchio entra nella stanza dopo essere scappato dalle mani dei carabinieri: in seguito a qualche marachella la coscienza si fa subito sentire. E l'esperienza dell'uomo che rientra in se stesso (la stanza è figura della coscienza, del riflettere su se stessi). E interessante notare che questa è la prima birbanteria combinata da Pinocchio e subito la coscienza si fa sentire. Ma una volta uccisa. . .
    Pinocchio sente il cri-cri del Grillo e chiede chi è, ma la voce risponde solo: «Sono io!». Inutile chiedere chi è quella voce che risuona dentro di noi. Essa è la chiamata ad essere noi stessi, la nostra vera identità.
    «Io sono il grillo parlante e abito in questa stanza da più di cent'anni». Romeo Maggioni commenta così: «Si sa che l'imperativo morale traduce una norma eterna, perché espressione della nostra natura, e quindi del suo progettista che è Dio! La coscienza è appunto il giudizio che commisura l'atto che compio con la 'verità', per pesarne il valore». I grandi valori esistono prima di noi. Il nostro compito è scoprirli e viverli.
    «Io non me ne andrò di qui» rispose il Grillo, «se prima non ti avrò detto una grande verità». Quindi non una verità qualunque contrabbandata da un maestro qualsiasi, ma la verità che deve guidarci ogni giorno nelle nostre azioni.
    «Fra i mestieri del mondo non ce n'è uno solo, che veramente mi vada a genio». La tentazione di vivere sconsideratamente, senza responsabilità, come coloro che hanno solo pretese e niente da dare, è sempre alla portata di mano. La facilità di questa soluzione è data dal fatto che Pinocchio non conosce ancora la vita, eppure vuol seguire subito questa inclinazione: «mangiare bere, dormire. divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo».
    «Forse non credeva nemmeno di colpirlo... ». Sono le nostre azioni a giudicarci. I «ma io non credevo. . . » nei confronti della coscienza servono a poco. O la ascoltiamo o la uccidiamo.

    1. Storie incomplete. Si inizia una storia lasciando il finale sospeso. Toccherà ai ragazzi concluderla. Dalle conclusioni emergeranno i valori che i ragazzi ritengono più importanti. Per esempio: Un marito ha la moglie ammalata. Per curarla c'è solo un farmaco molto costoso. Il farmacista non vende la medicina se non viene pagato tutto e subito. Che cosa fa il marito?
    Oppure: Una madre vedova ha due figli di 11 e 8 anni. Non vivono in condizioni agiate. Il figlio di 11 anni allora...
    2. Audiovisivi incompleti. E adatto soprattutto ai più piccoli. Viene proiettata una delle tante favole o racconti della LDC con relativo commento sonoro. La storia, però, si interrompe prima del finale. Tocca ai ragazzi inventare la conclusione.
    L'animatore, dopo aver sentito le conclusioni dei ragazzi, deve aiutarli a giudicarle. Nelle loro « finali » i ragazzi hanno espresso quello che per loro era importante. Ma non tutte le soluzioni possono essere valide. E questo il momento della verifica della presa di coscienza dei valori.
    Molto utile per gli incontri con i ragazzi può diventare l'inserto di Mondo Erre: Le qualità umane per diventare adulti.

    Il sentiero del giudizio

    E' un secondo importante obiettivo: diventare indipendenti dai giudizi degli altri in modo responsabile, imparando a filtrare le varie voci, le pressioni e le influenze che agiscono su ciascuno di noi.
    Le voci più importanti sono quelle dei genitori, degli amici, dei mass media, dei valori personali, della religione, degli educatori. Riuscire a farne una sintesi corretta è un passo avanti verso la maturità. Possono far crescere il senso dell'io, oppure condizionarlo fino a precipitarlo nel pantano del più piatto conformismo.

    1. Il gioco degli emblemi. Il gioco è fondato sulla distanza che esiste spesso in un individuo tra l'immagine che ha di se stesso e l'immagine che di sé presenta agli altri. Questo giochetto permette a ciascuno di prendere coscienza di questa differenza, quando esiste.

    I partecipanti devono essere una quindicina. Il materiale occorrente è carta e matita. Ogni partecipante sceglie un simbolo con cui identifica se stesso (un leone, una scala, un guerriero, ecc.), poi disegna un simbolo per ciascuno degli altri partecipanti, a seconda di come percepisce la loro personalità.
    Alla fine i partecipanti spiegano il perché delle loro scelte. Ciascuno può prendere coscienza dell'immagine di sé che offre agli altri .

    2. Il guardiano del faro. E un gioco che aiuta a promuovere l'originalità delle idee. Occorrono fogli di carta e pennarelli. Il conduttore del gioco propone ai partecipanti di scrivere sul loro foglio, in cinque minuti, il massimo di idee e proposte per trovare un'occupazione o una distrazione per un guardiano di faro che vive solo, isolato sulla sua torre.
    Passati i cinque minuti ogni partecipante legge forte le sue idee. Chi trova sul proprio foglio un'idea enunciata da un altro la cancella. Quando tutti si sono espressi, tutte le idee «doppie» sono state cancellate. Rimangono le idee originali (quelle che uno solo ha trovato). Chi ha il maggior numero di idee originali ha vinto.

    3. Il tribunale. Si istituisce un processo regolare con giudici, avvocati difensori, pubblico ministero, giurati, ecc., per giudicare un fatto capitato oppure un personaggio storico o inventato. Si può fare il processo al lupo di Cappuccetto Rosso, a Giulio Cesare, a Cristoforo Colombo, ecc.

    LE GIORNATE DE «IL GATTO E LA VOLPE»

    Il racconto. Il dodicesimo e tredicesimo capitolo della storia di Pinocchio sono molto vivaci e pieni di spunti «educativi». Il povero burattino (quanto è ancora lunga la strada per diventare «ragazzino»!) viene abbindolato e derubato dal gatto e dalla volpe.

    Obiettivo educativo

    Nel proprio cammino di crescita, i ragazzi incontrano degli ostacoli. Questi, personificati da «il gatto e la volpe», si propongono sotto un'apparenza luccicante ma ingannatrice. Promettono di «far uno ricco dalla mattina alla sera» (e secondo l'ombra del Grillo «o sono matti o sono imbroglioni» ) e conoscono perfettamente le tecniche per far cadere nella trappola chi è giovane e sprovveduto .
    L'obiettivo è allora quello di aiutare i ragazzi a capire l'importanza di imparare a distinguere l'apparenza dalla realtà, l'oro da quel che luccica soltanto, sapendo che sono numerosi quelli che di mestiere fanno gli «ingannatori». Nello stesso tempo è importante saper distinguere il bene dal male, comprendere che le cose vere e belle costano fatica e sacrificio e non si ottengono dalla sera alla mattina.

    Il sentiero della scoperta dei persuasori occulti

    E' un obiettivo vastissimo. Noi abbiamo scelto di limitare il discorso ai «mass media», affibbiando loro l'ingrato ruolo di «gatti e volpi» della nostra società. Non per connotarli come elementi «cattivi», ma come potenziali manipolatori della coscienza umana attraverso la loro enorme potenza di comunicazione e di suggestione. Molto utili a proposito si rivelano i seguenti inserti di Mondo Erre: La storia dei mass media, il giornale compagno di scuola, La televisione, Gli stregoni della pubblicità, I fumetti. Sono tutti corredati da piste di attività e di discussione.

    1. Mimi e disegni non completi. L'animatore può mimare una scena o una situazione e interrompere l'esecuzione in vari momenti, e far esprimere dai ragazzi cosa hanno capito e come potrebbero continuare l'interpretazione. Può servirsi anche di grandi quadri e, dopo averli coperti con un cartellone bianco, scoprirli un po' alla volta (come il mimo). Tutto ciò può aiutare i ragazzi a cogliere come non tutto ciò che a prima vista sembra tale, lo sia poi effettivamente.
    2. Gioco delle smorfie. Cinque persone tutte in fila e tutte con la faccia rivolta verso destra. Il primo (quello che non vede nessuno dei suoi compagni) inventa una smorfia e, girandosi lentamente, deve mostrarla agli spettatori e al suo compagno più vicino. Questi (senza ridere) dovrà cercare di ripeterla al suo vicino e così via. Alla fine del giro, il primo della fila ricomincia con un'altra smorfia. Lo scopo è di evidenziare come è ridicola la imitazione pappagallesca degli altri.
    3. Giochi di parole. Tutto il gruppo è raccolto in una saletta, uno soltanto esce. Gli altri, d'accordo, devono ricordare una parola ciascuno che è stata loro assegnata e riguarda un certo ambito (es. la guerra); ad uno solo dei ragazzi presenti in sala è stata consegnata una parola riferita all'ambito «pace». Quando il tizio che era fuori rientra, al via tutti i ragazzi gridano contemporaneamente la loro parola. Egli deve riuscire a capire la parola diversa e sommersa dalle altre.
    Si stabiliscono cinque ambiti (per esempio: sport, musica, scuola, chiesa. lavoro) e si scrivono dieci parole che riguardano ciascuno di essi. Ad esse vengono mescolate cento o duecento parole a caso e che non rientrino negli ambiti prestabiliti. Si mischia il tutto e si invitano i ragazzi, in un tempo determinato, a ricostruire gli ambiti cercando tra le parole.
    Questi giochi abituano i ragazzi a riconoscere i messaggi, anche se «a basso volume».
    4. Analisi della pubblicità e costruzione di un laboratorio di pubblicità. Con varie tecniche si analizza un certo quantitativo di messaggi pubblicitari e poi si passa a costruire la pubblicità in gruppo, partendo da qualche «tema» assegnato a tutti.
    5. Gioco dell'inferno. Si costruisce col gruppo un cerchio di persone che si tengono per mano. Essi devono far arrivare uno dei componenti il cerchio a toccare un oggetto qualsiasi posto al centro del cerchio. Naturalmente questi deve opporre resistenza, non facendosi tirare dagli altri. Attraverso il gioco si può evidenziare l'esigenza e la fatica di «resistere» alle pressioni esterne.

    LE GIORNATE DEI «COMPAGNI DI STRADA»

    Il racconto. I capitoli a cui ci si riferisce narrano episodi e avventure del burattino seguite all'incontro con alcuni personaggi che lasciano una traccia nella sua storia, sono «compagni di strada» che lo sollecitano a crescere e, a loro modo, lo fanno diventare persona, per buoni o cattivi che siano; (sono: la fata, cap. 16, 24, 25, 29; i burattini di mangiafuoco, cap. 10,11; Lucignolo, cap. 30).

    Area ed obiettivo educativo

    Il grappolo diversificato di capitoli, da raccontare in giornate diverse, appare unificato da un tema centralissimo nella vita dei ragazzi e delle ragazze: l'amicizia.
    Questa esperienza orienta l'organizzazione della rete di relazioni che il preadolescente va intessendo mentre tenta di dilatare il proprio mondo sociale.
    Sono relazioni interpersonali contrassegnate da ricerca di uguaglianza, reciprocità, connotate da profonde valenze emotive e affettive, cariche di riconoscimento e valorizzazione ma anche di ambivalenza.
    Le giornate vissute fino a questo momento dell'avventura estiva hanno di certo favorito lo sbocciare di relazioni con persone nuove e il rinsaldarsi o l'allentarsi di amicizie precedenti. E il frutto della vita insieme. Questo è il momento opportuno per fare una diagnosi dei reali rapporti di amicizia coltivati nel gruppo e comprendere ciò che di nuovo sta accadendo.
    L'obiettivo consiste nel far prendere coscienza ai ragazzi che non esiste un cammino di crescita da soli. Isolarsi è come non voler crescere, è voler fuggire dalla vita. Ognuno ha bisogno degli altri, ed è vivo proprio grazie al fatto che fa parte di una rete di relazioni costruite con gli altri. In queste relazioni si realizza uno scambio arricchente tra le persone: si danno e si ricevono insieme beni materiali e beni che non pesano né si misurano, come l'aiuto, la stima, l'affetto. Questo è ciò che caratterizza l'amicizia, quale relazione tra le persone. Essa è indispensabile al ragazzo per crescere, ed è una «cosa» tanto grande e preziosa che va coltivata.
    L'amicizia non la si trova al supermercato; nessun mercante la svende a nessun prezzo. Ognuno può) solo riceverla in dono e ad essa rispondervi.
    Nel gruppo si fa esperienza dell'amicizia, ad essa ci si educa; si impara ad essere amici. Ci si allena all'incontro con l'altro, senza che esso precipiti in uno scontro; si apprende poco alla volta ad accogliere quello che l'altro è in grado di offrirci, apprezzando il suo dono; nello stesso tempo si è sollecitati a dare qualcosa di proprio, a «dividere il tesoro» che si possiede con l'altro.
    Il cammino non si ferma all'amicizia a due o tra pochi soltanto, si apre a «tanti amici», a tutto il gruppo, perché è arricchente crescere in tanti.
    I ragazzi saranno allora sollecitati a verificare la loro capacità di «farsi amici» degli altri e di rispondere all'amicizia; a fare il punto sulle relazioni tra i membri del gruppo, prendendo coscienza dai momenti critici del cammino di crescita nella collaborazione e nella solidarietà di gruppo.
    Un utile riferimento per l'animatore potrà essere il secondo capitolo sul Mondo dei coetanei del libro L'età negata.

    Il sentiero dell'amicizia: voglio farmi un amico

    L'amicizia è una cosa indispensabile, esprime un'esigenza del ragazzo. Ci vuole sempre un amico, un'amica, anzi, ce ne vogliono tanti.
    Nella vita di ogni ragazzo qualche amico c'è già. Nell'estate vissuta insieme ne possono essere nate di nuove. Forse è bene fare il punto della situazione sulla loro esperienza di amicizia.

    1. Racconto in gruppo delle proprie storico di amicizia. Attenzione al come è nata l'amicizia, agli incidenti di percorso, alla sua eventuale fine.
    2. Raccolta in gruppo di una pista di domande per realizzare successivamente una intervista registrata su storie di amicizia nell'ambiente. I ragazzi danno importanza ai dati concreti attraverso cui si esprime l'amicizia: dove ci si incontra, cosa si fa insieme, i dati anagrafici dell'amico e dell'amica, l'età, le qualità.
    Realizzazione dell'intervista nell'ambiente dei coetanei anzitutto, ma anche dei grandi .
    Raccolta dei risultati delle interviste.
    3. Gioco delle coppie di amici. Si tratta di una versione di «fratelli e sorelle» realizzato con coppie di amici. Cf L. Ferraris, Giochiamo, LDC 1983. pp 18-19.
    4. Il diskjokey dell'amicizia. Momento di ascolto: i messaggi sull'amicizia dal mondo della canzone. Ne suggeriamo alcuni: Sono amici (M. Bosé); Io e te (Rettore); Un'estate con te (T. Cotugno); L'amico è; Ci vorrebbe un amico (A. Venditti).
    Si può anche lanciare un mini-festival con il «pinocchietto» per la canzone dell'amicizia vincente.
    5. Momento di riflessione sul bisogno di incontrare e comunicare con l'altro. Si può proiettare in gruppo la serie di diapositive della LDC Hp 71-80 sul tema «Incontro e comunicazione». Farne una lettura insieme, giungendo a costruire un commento realizzato dal gruppo stesso.
    6. Sussidi. Utili strumenti per i diversi tempi di riflessione col gruppo potranno rivelarsi: il dossier di Mondo Erre: L'amicizia, e il dossier: Amicizia chi sei? di Margherita Del Lago, in Primavera (19/1985).
    7. Falò o spettacolo con mimi. Attorno all'elenco delle «qualità dell'amico» si possono costruire delle tipologie buffe, esagerandone un po' le qualità o le contro-qualità, e mettere insieme un bozzetto teatrale da rappresentare poi in un momento espressivo o durante il falò dell'amicizia.

    Sentiero dell'amicizia: quando appare «la fata»

    Questo percorso può essere intrapreso con i gruppi dei più grandicelli. E' finalizzato a far prendere coscienza di una qualità nuova che viene ad assumere l'amicizia particolare che comincia ad essere ricercata con un coetaneo o una coetanea dell'altro sesso considerati poi come l'amico o l'amica del cuore.

    1. La lettera. Proponiamo la distribuzione a tutto il gruppo e la lettura con il commento comune di parte della «lettera a Pinocchio» (debitamente ridotta per quello che si riferisce ai soggetti di questa età) dal titolo: «Quando ti prenderai la cotta». E rinvenibile in: Albino Luciani, Illustrissimi. Lettere del Patriarca, Messaggero, Padova 1978.
    2. Cantastorie. Con l'invenzione di un storiella cantata (su di una melodia magari tradizionale, molto orecchiabile) si rappresenta in maniera ironico-scherzosa la fine di uno di questi amori bolla di sapone, sottolineando e accentuando quei comportamenti stereotipi di ruolo socio-sessuale che tante volte rendono «ridicoli» gli stessi ragazzi e ragazze.
    3. Gioco delle «anime gemelle». Cf Giocate con noi, vol. 1, LDC, p.28.
    4. Gara di ballo a coppie con giornale. Si organizza una gara di ballo a coppie di «amici del cuore». Ogni coppia è munita di un paginone di giornale, piegato tante volte quanto basta perché ci stia nel portafogli. Quando la musica verrà interrotta, bisogna estrarre il giornale e dispiegarlo delicatamente, quindi la coppia deve sedersi sopra. Si elimina l'ultima coppia arrivata.
    E' importante cambiare tipo di musica, c magari anche velocità del disco.

    Il sentiero del gruppo: c'è amicizia nel nostro gruppo?

    Anche se fa esperienza che con alcuni scorrono relazioni più intense, quasi come se fossero canali di comunicazione privilegiati, il ragazzo è sollecitato a guardare dentro il gruppo per scoprire le situazioni di solitudine, di isolamento, la consistenza dell'amicizia tra i membri

    1. Tecnica dei cartelloni. Aiutandosi anche con le schede di «Fotolinguaggio» si rappresenta visivamente, mentre viene discussa insieme, la situazione di amicizia nel gruppo.
    2. Gioco dei mestieri. Per sapersi accorgere del ruolo giocato dagli altri. Ci si divide in due sottogruppi. Nel primo ognuno mima un mestiere. Quelli del secondo, avendo ciascuno ricevuto la consegna di un determinato mestiere, devono saperlo riconoscere in qualcuno del primo gruppo. Poi si invertono i ruoli, naturalmente cambiando nuovamente i mestieri.
    3. Pomeriggio di grandi giochi senza frontiere. A squadre, con particolare attenzione alla collaborazione e alle relazioni «dentro il gruppo». E bene prevedere una revisione, naturalmente in un momento successivo opportuno, sulla dinamica del gruppo manifestatasi durante il grande gioco .

    Sentiero dell'amicizia: gli altri miei compagni di viaggio

    Far percepire al singolo la vicinanza e il sostegno che gli offrono i compagni del gruppo.

    1. Cacce guidate agli oggetti. Un elemento del gruppo, bendato, deve trovare, con l'aiuto «vocale» degli altri membri che gli stanno attorno, un certo numero di oggetti, o il gioco può svolgersi anche con alcune coppie contemporaneamente; uno resta bendato e l'altro 1o guida «a voce». Il gioco di questa caccia bendata è a tempo.
    2. Guida del cieco. Il gioco ha diverse varianti.
    - Quello classico del tipo bendato che deve «appiccicare» la coda di carta all'elefante o al maialetto dipinto su un cartellone, con l'aiuto e il suggerimento dei compagni ( «codice» ristretto: alto-basso-destra-sinistra; oppure secondo i punti cardinali). Si può svolgere come gara a tempo tra i membri dentro il gruppo.
    - Lo slalom tra oggetti fragili sparsi sul pavimento; sempre naturalmente con il tipo bendato e la guida delle voci degli altri.
    - Il «trenino»: tutti in fila indiana, tutti bendati tranne l'ultimo. Questi con colpetti sulla spalla destra o sinistra di colui che lo precede, guida tutti gli altri sul percorso prestabilito.

    3. Il disegno del gruppo. Analisi delle dinamiche di gruppo attraverso cartelloni con le tipologie e i ruoli nel gruppo. Si possono invitare i ragazzi a rappresentare con disegni, figure-tipo, i ruoli che ognuno di loro mette in atto nel gruppo.

    Sentiero dell'amicizia: io compagno di viaggio per gli altri

    Condurre alla presa di coscienza della propria personale apertura e chiusura all'amicizia, attraverso il sostegno del gruppo stesso
    1. Questionario di auto-applicazione per misurare la propria capacità di essere e farsi amici. Sollecitiamo il gruppo di animatori a costruire un questionario di auto-valutazione sul tipo di quello che si trova a conclusione del dossier di Mondo Erre: L'amicizia.
    2. Il voto di gruppo sull'essere amico. Si raccolgono una serie di indicatori dell'amicizia; debbono essere riferiti a situazioni concrete, non i generici aggettivi che i ragazzi tendono a riferire riguardo alle qualità dell'amico. Ora a gruppetti di quattro-cinque si assegna a turno il voto a ciascuno in riferimento alle singole qualità.
    3. Si può leggere e commentare insieme le due pagine del dossier citato, dal titolo: rendersi amabili.
    4. Gimkana a coppie di amici. Per sollecitare alla collaborazione, superando la prospettiva individualistica.
    Come conclusione si organizza una giornata di «festa degli amici», nella quale si possono prevedere alcuni momenti comunitari ed alcuni di gruppo.
    In essa potrebbero trovare spazio diverse attività come le seguenti.
    - Il «mercatino» dello scambio: oggetti costruiti-prodotti dai ragazzi da barattare in segno di amicizia.
    - Il festival della «canzone dell'amicizia».
    - Un falò dell'amicizia con proposte da parte di tutti i gruppi.
    - Un grande gioco.
    - Il «grazie comune» a «chi» ha inventato l'amicizia e «ci chiama amici» (quale momento celebrativo di preghiera). Qui trova spazio la narrazione, da parte di coloro che rappresentano la «memoria», di una storia di amicizia che è più grande di noi e ci supera, la storia di Gesù di Nazareth, amico di ogni uomo. In questo momento può anche trovare spazio la proiezione dell'audiovisivo Il miglior amico, della serie Ed 4 (LDC), con relativo momento di riflessione comune.

    LE GIORNATE DEL «CONSUMA... CONSUMA»

    Il racconto. Il capitolo settimo del libro di Collodi racconta di come il burattino, con i piedi ridotti ad un carboncino, sotto i morsi della fame, impara a mangiare persino le bucce.

    Area e obiettivo educativo

    Questo episodio offre l'opportunità di un lavoro di coscientizzazione dei ragazzi attorno al tema della ricerca di un adeguato rapporto con le cose, i beni di diversa natura, di cui si servono e da cui sono circondanti .
    Si vuole aiutarli a smascherare l'inconsistenza di alcune false modalità di rapporto con i beni, indotte dal consumismo (la logica dell'«usa e getta»). Vogliamo favorire la scoperta che dietro ogni cosa c'è la storia di qualcuno, anzi, di tanti; c'è un'intenzionalità nascosta, un dono.
    Il rapporto della persona con le cose va regolato dal riconoscimento dei bisogni delle persone e dei significati che le cose vengono ad avere per le persone. Tutto ciò per fondare una destinazione universale dei beni, che deve rapportarsi appunto alle esigenze di ogni creatura, non di poche privilegiate soltanto.

    Il sentiero della scoperta dei doni personali

    Questa parte si ricollega alle giornate del «c'era una volta».
    Partendo dalle cose materiali che il ragazzo possiede e usa, lo si vuole condurre a prendere coscienza anche di quelle cose che materiali non sono, di cui è dotato, che sono le sue capacità e attitudini.
    Spesso i ragazzi non si rendono conto di quello che hanno, né di ciò che sono o potrebbero diventare. Devono prima di tutto prenderne coscienza. Il «bagaglio» di cui sono forniti è in parte frutto di conquista di una presa di possesso; in parte giunge loro indipendentemente dalla loro azione.
    Ci sono tante cose che imprevedibilmente sono giunte loro senza meritarsele.
    Sono tante le persone dalle quali il ragazzo ha ricevuto «gratis» le cose, persino la vita. Dietro le cose e le possibilità che concretamente gli sono offerte, egli può scoprire allora il carattere di «dono» che le cose posseggono, ma che può restare nascosto .
    Nel mucchio di cose che lo circondano, che lo soffocano a volte, alcune sono per lui particolarmente più importanti di altre, Per alcune sarebbe anche disposto a edificare un monumento o un piccolo altarino. Come fare però a sapere ciò che è essenziale e ciò che è superfluo?

    1. Giornale di cambusa. Ogni ragazzo compila un elenco di tutto quello che ha nella sua camera. Immaginando di imbarcarsi per un lungo viaggio, è invitato ad indicare quali cose si porterebbe dietro. In caso d'emergenza, e dovendo buttare a mare tutte le cose meno le due o tre ritenute «inseparabili» dalla sua sorte, quali salverebbe?
    2. Canzone da imparare insieme. Magari con gruppetto che la propone: «Vanità» di Branduardi.
    3. La storia degli oggetti. In gruppo ogni ragazzo abbozza su di un cartellone la «cosa» che è a lui cara. Insieme si fa la storia di quella cosa all'indietro, partendo dal punto in cui si trova, cioè dal suo possessore. La cosa giunge da lontano, è passata forse nelle mani di tante persone, in essa c'è l'impronta della storia di tanti soggetti.
    4. La casa dei pregi. Si disegna su un cartellone una casa di mattoni, se ne fanno tanti quanti sono i membri del gruppo. Ogni mattone ha il suo componente. Tutti gli altri scriveranno i pregi che trovano in lui.
    5. Kim sensoriali. Giochi di espressione corporea. Hanno lo scopo di far prendere coscienza che è proprio col corpo che si entra in contatto e si «conoscono» gli oggetti. Cf Giochi a schede, LDC, Torino, giochi numero S/101-102-109.

    Il sentiero della responsabilità verso le cose

    I doni di cui siamo depositari non sono un tesoro da nascondere e consumare gelosamente in privato.
    Ogni volta che tratteniamo qualcosa solo per noi, c'è il rischio che perda il suo valore. La prova? Le capacità che non si esercitano, che non si mettono alla prova, si atrofizzano .
    Vivere solo per noi, in funzione dei soli capricci, significa sprecare i doni della vita. Gli altri non sono solo da rispettare, ma persone con cui condividere la nostra avventura, anche con le cose.
    Lo spreco del cibo, delle cose che abbiamo, del tempo, delle qualità, sono i segni esterni di uno spreco più profondo: quello di noi stessi. Ucciso il grillo, Pinocchio non si accorge più del valore delle cose.
    Sarà solo l'emergere nuovo del bisogno (la fame) che lo fa tornare in sé, e lo costringerà a dare un esatto valore a tutte le cose.

    1. Gioco dell'oca. Si organizza un grande gioco dell'oca con tutti. I vari imprevisti che ostacolano il percorso sono costituiti dagli «sprechi» possibili presenti nella vita quotidiana, nella vita di gruppo, a casa, a scuola...
    2. Il codice per il corretto uso delle cose.
    Vengono formulate, attraverso una ricerca comune, le regole del gruppo per il rispetto e il corretto uso del materiale del gruppo e dell'ambiente.
    3. Oggetti porta-messaggio. Si costruiscono o lavorano oggetti (fermacarte, braccialetti, soprammobili di materiale vario) con sopra riprodotti degli slogans che esprimono punti del codice.
    4. Corveé. Definire una scaletta di possibili servizi da compiere nella vita del gruppo o del campo, distribuendosi gli incarichi. E un momento per condividere con gli altri quel che si è capaci di fare.
    5. Espressione. A partire dalla « parabola dei talenti » (Lc 19,11-24) si invita il gruppo a riesprimere, attualizzandola, una storia analoga. E' la preparazione di un momento celebrativo.

    Sul sentiero del terzo e del quarto mondo

    Il ragazzo ha dei bisogni ed impara a trovare ad essi una risposta. Ma ci sono anche i bisogni di altri. Bisogni che spesso restano senza risposta. Basta essere pronti con le antenne del « grillo » per saperli cogliere. Si vuole portare il preadolescente a dilatare il proprio mondo. Non esiste soltanto il mondo incantato dei suoi desideri che trovano spesso e facilmente risposta.
    Vi sono anche altre realtà, vicine o lontane, molto diverse.
    L'incontro con una persona (il missionario, un giovane volontario nel terzo mondo o nell'emarginazione) che racconta la sua esperienza, può aiutare a scoprire la presenza di realtà brucianti, anche vicinissime, sulle quali di preferenza si chiudono gli occhi. Si tratta di persone, di ragazzi e ragazze, i cui sogni non si realizzano, ma restano sempre e solo sogni; i cui bisogni non trovano risposta né immediata né posticipata.
    Avrà ancora senso costruire barricate per difendere quello che possediamo gelosamente, impedendo a chiunque di aiutarci ad essere meno egoisti e ad insegnarci a condividere ?

    1. Ricerca di documenti fotografici o reportages di giornali e riviste idonei al tema.
    I ragazzi potranno commentare o riferire su quanto hanno raccolto, visto e letto.
    2. Diapositive. Si proietta un audiovisivo (es.: «Se questo è un uomo», LDC) o un documentario sui problemi del terzo mondo.
    3. Intervista con il «personaggio» che ha fatto esperienza.
    4. Foto reporters. Macchina fotografica, taccuino e registratore alla mano, si organizza una ricerca in quartiere o in paese per conoscere le situazioni di maggior bisogno (gli anziani, gli handicappati, i malati, specie se ragazzi, il problema della casa, i giovani senza lavoro).
    5. Strumento utile può rivelarsi l'estratto da Mondo Erre: Fame, n. 24.

    Il sentiero del contagio

    Questo ultimo momento intende conseguire l'obiettivo di una sensibilizzazione degli altri: chi ha scoperto ed è venuto a conoscenza di certe cose, non può più fare «come se non sapesse». Sente il bisogno di gridarlo sui tetti, di svegliare un po' la gente .
    E il momento della riformulazione, della riespressione della comunicazione.

    1. Collage in pizza. Si preparano pezzi di carta di vario formato e di vari colori, che verranno incollati su uno sfondo, anch'esso di carta o di cartone. Il luogo della realizzazione potrà essere una piazzetta abbastanza frequentata del paese o del quartiere. Con gesti «meccanici» si forma una catena di lavoro, con cui si passano i diversi pezzi da un punto ad un altro, in modo che con una cadenza regolare vengano incollati sullo sfondo. Ai passanti che si fermano incuriositi, un ragazzo con megafono spiega il significato di quello che si sta facendo. Ogni pezzo di carta incollato rappresenta un bambino che muore di fame nel mondo, una media di uno ogni 2/3 minuti.
    2. Esposizione al pubblico. I cartelloni eseguiti precedentemente vengono messi in mostra al pubblico e spiegati.
    3. Drammatizzazione. Il gruppo realizza una drammatizzazione o un mimo sul tema da presentare poi in un momento comunitario .
    4. Attività manuale. Si realizzano, attraverso l'attività manuale, diversi lavoretti da distribuire alla gente, contenenti un «messaggio».
    5. Concerto in piazza. Si può offrire alla gente un momento comunicativo attraverso un piccolo repertorio di canti-musiche, o realizzare un piccolo stage musicale affiancato all'esposizione dei cartelloni.
    6. Celebrazione. E' questo il momento per una celebrazione in comunità attorno al tema, dove possono trovare posto alcuni gesti simbolici che esprimano la riscoperta della logica del dono e della condivisione delle cose.

    LE GIORNATE DEL VIAGGIO NEL PAESE DEI BALOCCHI

    Il racconto. I capitoli trenta e trentuno delle « Avventure » rappresentano quello che è un po' il grande sogno di tantissimi ragazzi: una vita felice, costruita su misura dei propri desideri: come Pinocchio: un anno di 365 giorni di vacanza, e una vita fatta di mille anni così; a misura dei sogni, ma anche delle fantasie coltivate così irrealisticamente anche dai media.

    Area e obiettivo educativo

    Il fantastico, il sogno, la ricerca di una vita felice da «giocare» ma nel concreto, sono tutti elementi altamente educativi. In questa prospettiva ci distanziamo da una concezione solamente negativistica ed illusoria del gioco come divertimento e basta, rispecchiata in Collodi; in esso è importante ricuperare quella dimensione interna di impegno, che è un ingrediente indispensabile di una vita felice, respirata a pieni polmoni. Attraverso il tema che il racconto propone, intendiamo allora condurre i ragazzi a ricuperare «il mondo della cuccagna» che ognuno di loro si porta dentro; rendere accessibile loro anche il mondo del desiderio e della fantasia; condurli alla scoperta che anche il gioco può divenire un elemento importante per la crescita.
    Per un approfondimento della funzione e della serietà del «gioco», rimandiamo gli educatori ad alcune riflessioni che si possono trovare in: Mario Pollo, Q5/6 L'animazione culturale, della serie I quaderni dell'animatore, LDC Torino, p. 52.

    Il sentiero del sogno di una vita felice

    Ogni ragazzo sogna la sua vita felice, e la costruisce nella sua fantasia sulla falsariga di quei momenti nei quali maggiormente si scatena la sua voglia di vivere e gusta l'avventura briosa della scoperta del gratuito e dell'imprevisto .
    Questi momenti magici sono: la festa, il momento del gioco e dell'incontro gratuito, i tempi di vita non soggetti alla ferrea legge della necessità e del dovere, momenti in cui si sente una profonda solidarietà con tutti gli altri, come quando l'euforia della fiera di paese investe tutti.
    Questo sogno ha per l'educatore una grande importanza e valore, e il diritto di affiorare, di venire liberato, di essere una volta anche «disegnato» insieme, con gli altri, al di là della solitudine della propria cameretta; come se diventasse realtà.
    Questo sogno liberato è capace anche di toccare la realtà, di darle colore e sapore, di spingere a trasformarla, perché non resti appiattita nell'ordine della necessità e della pianificazione funzionale.

    1. Disegnare col sogno il «paese dei balocchi». Si invitano i ragazzi a turno a verbalizzare come essi immaginano un ambiente di crescita a misura dei ragazzi. Se davvero dovessero realizzare una «ideale città dei ragazzi», cosa ci metterebbero dentro? Su di un cartellone, accessibile a tutti, si scrivono le caratteristiche di questa città. Alla fine il gruppo si accinge a disegnare, su di una parete o su un grande cartellone affisso alle pareti della propria sede, questo immenso sogno collettivo di una città in cui i ragazzi crescono secondo i loro desideri.
    Si può poi in un momento successivo confrontare quanti di questi elementi sono già presenti nel loro territorio, e accessibili ai ragazzi.
    Ci si può interrogare sui seguenti punti: ha avuto posto la scuola? C'è anche stato posto per il lavoro? Quanto interesse hanno espresso i ragazzi per il contatto con la natura? L'incontro con gli altri? Quali adulti sono stati ammessi alla vita della città? Quali le attività ritenute più importanti da parte dei ragazzi?
    2. Bottega magica. Gioco per verbalizzare desideri interiori, soprattutto col registro della fantasia e della irrealtà. Cf n. S 269 dei Giochi a schede, LDC.

    Il sentiero del viaggio nel paese dei balocchi

    Il gioco è uno dei momenti privilegiati e più scatenanti nella vita del ragazzo. Troppe volte esso viene inteso come «momento» non serio, solo di ristoro sfogo ricreazione per il momento serio della «produzione» successiva.
    Eppure anche il gioco è una cosa seria. Ma non ogni modo di giocare lo è, non ogni proposta.
    Vogliamo perciò condurre i ragazzi a scoprire la differenza tra due diversissimi modi di concepire il gioco: uno quello «confezionato», che in realtà «fa il gioco di altri» e non dei ragazzi; un altro invece che non è meno serio ed impegnativo degli altri momenti della vita, ma che può divertire davvero .

    1. Giornata al Luna-park. Se si vive in città si progetta col proprio gruppo un intero pomeriggio, o anche una giornata di «esperienza di evasione» in un mondo di sogni costruito dalla tecnologia dell'uomo. Un mondo di divertimento artificiale che in realtà è sorretto da un modo di concepire il gioco, il divertimento, la festa, poco misurata sui bisogni ludici dei ragazzi.
    Dove non è possibile si organizza invece una specie di piccola «fiera» nel proprio ambiente. Ivi saranno offerti una certa quantità di giochi «mercantilizzati» attraverso la tecnica dell'oggetto in premio o dei punti da accumulare per la lotteria finale.
    Per un giorno il campo estivo deve trasformarsi nel «paese dei balocchi» di Pinocchio.
    2. Un gioco diverso. Nella giornata successiva o nel pomeriggio restante invece si organizza un altro tipo di gioco: una grande partita di «tattica», secondo le più diverse varianti, naturalmente commisurate all 'età !
    3. Cartellone di analisi del gioco. Dopo le due differenti esperienze di gioco (magari due giornate) si cerca di analizzare le esperienze vissute, per coglierne le differenze e la capacità educativa.
    Dividendo il cartellone in due parti, si riportano le caratteristiche delle due distinte esperienze .
    Non si dimentichino le preferenze dei ragazzi, l'analisi dei «costi» economici, il grado ovvero le condizioni di accessibilità da parte dei ragazzi, l'elenco delle capacità richieste, soprattutto il grado di socialità delle due diverse proposte, infine il coefficiente di passività dei ragazzi. Il tutto può venir rappresentato attraverso l'assegnazione di un punteggio su scala per ogni elemento.
    4. Processo al gioco. Attraverso la tecnica del processo si organizza un vero e proprio processo attorno al tema: «i pregi e i rischi del gioco». Per la conduzione della tecnica vedere: B. Grom, Metodi per l'insegnamento della religione, la pastorale giovanile e la formazione degli adulti, LDC, Torino 1981, p. 200. Per 1a realizzazione con i ragazzi sarà necessario semplificare il procedimento, definire con precisione i ruoli, curare l'apparato esteriore e scenografico dagli abbigliamenti all'ambiente del processo

    Il sentiero del gioco

    A questo punto sarà ormai assodato che da una certa prospettiva il gioco è anche una cosa «seria»: sviluppa le capacità della persona e può rivelarsi una esperienza maturante. Ma si «impara» anche a giocare

    1. Gioco con le regole, gioco senza regole. Suggeriamo di trovare un gioco di squadra quindi di avviare i ragazzi dapprima a giocare secondo le regole. Solo in un secondo momento si annuncia loro: «da questo momento le regole del gioco non valgono più». Il gioco prosegue fino a che... risulterà impossibile giocare.
    Sarà opportuno analizzare in gruppo quello che è capitato.
    2. Gioco con le regole che vengono modificate. Si svolge analogamente al primo, ma di volta in volta, fermando il gioco, si opera una lieve modifica alle regole. Forse si presta molto quello della «palla a mano». Si tratta di far prendere coscienza della convenzionalità delle «regole del gioco» e della facilità con cui, proprio nel gioco, si possono modificare le regole, cioè il limite.

    Il sentiero per dilatare il cerchio del gioco

    Molte volte i ragazzi non si rendono conto del fatto che essi sono dei super-fortunati per le possibilità di gioco che sono loro offerte. C'è chi invece anche d'estate resta ai margini del gioco; è fuori del giro, è privo di offerte.
    Si potrebbe allora «allargare il cerchio».

    1. Un gioco con tutti. I vari gruppi si distribuiscono i compiti per offrire a tutti i ragazzi e le ragazze del quartiere, soprattutto a coloro che non vengono mai, l'opportunità di una giornata di grandi giochi tutta per loro. Una giornata in cui si gioca e si fa festa senza barriere.
    Un momento particolare da curare sarà allora la sensibilizzazione capillare del quartiere, l'invito personale a compagni e compagne; e magari, perché no, un grande « carro » passerà al mattino per le vie a raccogliere tutti gli invitati, mentre strilloni e tamburi chiameranno a raccolta.

    CONCLUSIONE

    Abbiamo già segnalato all'inizio, nell'intervista, e riprenderemo nella «nota tecnica». l'opportunità di concludere con una giornata di riespressione finale dell'avventura estiva, da realizzare con modalità appropriate allo stile del campo, come colonia o come estate-ragazzi nel quartiere.
    In questa «giornata aperta» che assume i caratteri della festa, potrebbe trovare collocazione un momento in cui i ragazzi e le ragazze, che hanno vissuto l'esperienza, propongono la loro versione della storia di Pinocchio a tutti, con una rappresentazione o anche con una «sfilata di carri», addobbati a modo, e riproducenti le scene di «Le avventure» rivissute nell'estate.

    Un'estate con una fiaba: riflessioni educative

    Si approssima l'estate, e in un qualunque oratorio o centro estivo di animazione è tutto un ribollire di iniziative, un intensificarsi di progetti di campi, di uscite di gruppo, di attività un po' pazze da vivere con i ragazzi; si inventano o si ricercano esperienze davvero a misura di quel periodo felice e desiderato da ogni ragazzo: le vacanze .
    Anche la fantasia degli animatori si scatena, alla ricerca delle avventure, dei giochi più affascinanti, spesso solo sognati dai preadolescenti davanti al video.

    A PARTIRE DA UN PROGETTO

    La valanga delle iniziative stenta però a trovare unificazione dentro un progetto; stenta a divenire l'espressione di qualcosa pensato con la mentalità di che si sente educatore anche in tempo di vacanza. Così le attività, quasi affastellate caoticamente, come per riempire il tempo vuoto, non hanno spesso sotteso un grappolo di obiettivi educativi che qualificano l'azione degli animatori .
    Il recupero della fiaba, della favola, del racconto dell'avventura, può significare allora la possibilità di comporre tante esperienze in una figura con senso compiuto; di individuare il filo rosso che le cuce tutte e offre loro una direzione di sviluppo.
    Il tempo estivo è per tanti ragazzi e ragazze (almeno per quelli che possono usufruire del «diritto di vivere» le vacanze da ragazzi) tempo di gioco, di libertà, di avventura, di noia e di svendita del tempo non occupato, di confronto con alcuni aspetti, a volte piacevoli altre volte meno, del vivere quotidiano e sociale. Tempo di sogno dunque, ma anche scontro con la realtà.
    Le esperienze vissute, comprese quelle tipiche delle vacanze, sono cariche di significato o, almeno, possono diventarlo.
    E un peccato che siano consumate soltanto, senza che riescano a liberare nei soggetti una parola nuova, una buona ragione per scatenare il bisogno di raccontarle.
    La fiaba, il racconto di avventure o di «storie», in quanto modo di ricapitolare, di trascrivere sul registro della fantasia, la scoperta della vita, possono rivelarsi uno strumento utile perché i ragazzi stessi siano sollecitati a riesprimere l'avventura vissuta, dandole figura e voce.
    La favola diventa allora come la miccia che innesca la reazione a catena. Quando infatti ci si lascia affascinare dal gusto e dalla logica del raccontare la vita, magari trasfigurata della fantasia, il racconto non si esaurisce più, e la favola continua, intrecciandosi insieme alla storia di nuovi narratori.
    Anche i ragazzi cominciano a prender gusto a costruire la loro favola, a trasfigurare, rivivendole, le loro avventure estive.

    Una favola per andare oltre la scansione convenzionale del tempo

    La scansione del tempo tra «produzione» e «riproduzione» (anche questa finalizzata al recupero delle risorse per un successivo momento di nuova produzione), tipico delle società fondate sul circolo della produzione-consumo, segna anche il tempo di crescita dei ragazzi di oggi; è il tarlo che rode dall'interno, svuotandolo, questo tempo prezioso di crescita che è l'estate.
    Con la prevalenza delle logiche produttivistiche ed efficientistiche, della programmazione razionalizzata anche nel tempo scolastico, ridotto a tempo istruttivo parcellizzato più che a tempo educativo, viene a prevalere, anche per i ragazzi, una concezione del tempo di vacanza come «riserva» che sfugge alla programmazione istituzionale; come «tempo vuoto», caratterizzato dalla passività e della massima disponibilità alla fruizione di proposte e stili «confezionati», svuotati della fantasia personale, espressi attraverso il registro dell'immaginario, fino a perdere i contatti con la realtà della natura, degli altri, degli scambi sociali.
    La frattura profonda tra realtà e fantasia, tra vita di impegno e vita disimpegnata, tra vita modellata più sul principio del piacere e vita costretta dal ferreo principio di realtà, sono un serio rischio educativo, quando non già un dato di fatto.
    Riorganizzare le iniziative di un'estate coi ragazzi attorno ad una fiaba, ad un'avventura raccontata e insieme rivissuta, potrebbe allora apparire come la strada per superare tale frattura. Un'opportunità per fondere in un unico processo esperienza della realtà ed esperienza di trasfigurazione della realtà nell'immaginazione, avventura reale e scatenamento della fantasia, e liberare così la capacità di sognare ad occhi aperti. Si tratta cioè di far sognare un po' i ragazzi, non sul divano del salotto o sdraiati davanti all'impenetrabile video, ma mettendoli in condizione di sperimentare insieme l'avventura.

    Una favola per prendere le distanze dalla realtà

    La dimensione fiabesca ed avventurosa (contenuta nel racconto ma ricuperata nel modo di gestire e svolgere le attività) educa il ragazzo a prendere le distanze dalla realtà. La vita a volte pesa davvero troppo ai ragazzi; si rivela spesso « resistente ». Su di essa, rassegnati, sovente si adagiano. E rinunciano così a sognarvi sopra.
    Il racconto dell'avventura, la trasposizione della loro vita in un «altro mondo», evocato, dove le cose sono meno resistenti e più morbide nel loro incontro, dove tutto è più governabile e malleabile, permettono ai ragazzi di ricuperare la ricchezza della vita, coi suoi significati, di rileggerla in forma trasfigurata, di trovare dentro di essa nuove possibilità, quasi una sorpresa. E questo mondo, delineato dal linguaggio fantastico, si aggancia anche meglio a quell'aspetto ludico e giocoso della vita del ragazzo in tempo di vacanza, quando in diversi momenti il principio della realtà sembra allentarsi e liberare maggiormente la vitalità.
    La vita estiva ricompresa dentro una favola permette infine il recupero di quei registri e linguaggi troppo dimenticati dall'educazione, e che vanno anche loro in vacanza.
    D'estate i ragazzi fanno tante esperienze, avventurose e magari quasi temerarie, ma non sempre riescono a dirle; sono esperienze che restano mute, prive di parola, consumate soltanto.
    E nei ragazzi cresce la mentalità che non siano « cose serie », non meritino parola, magari anche solo perché sono venute a mancare le parole giuste, l'espressione appropriata capace di indicarne il ricco tesoro in esse contenuto.
    Il ricupero della proprietà e della capacità linguistica più ampia, saldata però all'esperienza vissuta, è un obiettivo importante per l'animazione.

    «LE AVVENTURE Dl PINOCCHIO», OVVERO L'AVVENTURA DELLA CRESCITA

    Favola e avventura da ricuperare come caratteristiche dominanti e immancabili in una esperienza estiva coi ragazzi. D'accordo. Perché proprio «le avventure di Pinocchio?»
    La fiaba di Pinocchio la conoscono tutti, grandi e piccoli. Eppure una comunità di animatori ha scoperto che riesce a dire qualcosa ai ragazzi anche oggi, anche ai più grandicelli, a quelli che non vogliono più sentirsi bambini, agli stessi animatori.
    Le avventure del burattino di legno per due motivi:
    - per scoprire l'avventura;
    - per comprendere la vita come avventura della crescita.
    Educazione non è solo avventura e rischio per l'educatore e per i ragazzi; può essere educazione all'avventura.
    Dentro la logica del « tutto programmabile », del massimo grado di prevedibilità, sotto il dominio del principio di realtà e della ragione strumentale, il momento educativo rischia di esorcizzare la dimensione avventurosa dalla vita dei ragazzi.
    Si parla comunemente di avventura per esplicitare quel carattere imprevedibile della vita che sfugge ad ogni programmazione. Ciò che non è anticipabile nemmeno attraverso l'immaginazione e il progettare del ragazzo o dell'animatore. Ciò che, essendo non accaduto né ancora raggiunto dall'immaginazione anticipatrice, ci lascia disarmati ed insicuri. Qualcosa su cui occorre rischiare, scommettere. In questo senso si può, anzi si deve, educare all'avventura .
    Vivere l'avventura, inoltre, diventa qualcosa di ulteriormente formativo: scandaglia le risorse più impensate, arricchisce l'esperienza con la novità dell'imprevisto.
    La favola con la vita modellata su di essa, l'avventura e il gioco in situazione fantastica, educano e sostengono il ragazzo nello spingersi oltre, senza paura; in «situazione protetta» è possibile sperimentare e rischiare su di un reale più morbido, dove l'insuccesso appare meno rischioso.
    Le avventure di Pinocchio, inoltre, sollecitano i ragazzi a provare l'avventura della crescita, del «farsi persona», con tutta la fatica e l'euforia che l'accompagnano.
    Pinocchio è una fiaba pedagogica. Il racconto delle avventure di un ragazzo-burattino che, attraverso la grande lezione della vita, dello scontro tra desiderio di felicità e mondo reale, riesce a diventar uomo, a non restare pezzo di legno.
    Pinocchio può rappresentare simbolicamente l'alternativa che brucia dentro il preadolescente: restare «burattino», manovrato da altri, o diventare «qualcuno», cioè di volta in volta soggetto, figlio, amico, costruttore della propria vita.
    Un'avventura, quella raccontata, in cui è facile individuare i percorsi di crescita di ogni ragazzo, anche di quelli di oggi: forse la fata sarà trasfigurata, il gatto e la volpe avranno preso la fisionomia dei persuasori occulti, e Mangiafuoco apparirà meno mostruoso e con la barba ben colta.
    La via del fare esperienza attraverso le mille avventure suggerite dal racconto, rivissute nell'oggi, che intessono una «storia» da esprimere con parole e linguaggi nuovi, è la via educativa dell'incontro del desiderio di vita con la realtà; un incontro affascinante perché anticipato nel sogno, ma insieme costruttivo, perché la realtà plasma, è resistente, non si piega totalmente al desiderio.
    E l'unica condizione climatica entro cui può nascere «l'albero»: non quello delle monete d'oro, che nasce dalla falsa sicurezza e dal possesso, ma quello che nasce dal rischio e dalla fatica, da un pezzo di legno che ha messo un germoglio: l'albero della felicità per i ragazzi e le ragazze di oggi.

    NOTA TECNICA

    Occorre sforzarsi a ricomprendere le «avventure».
    Siamo convinti che le avventure del burattino che diventa persona abbiano qualcosa da dire anche oggi, all'educatore ma soprattutto ai ragazzi. Tuttavia la favola non è da riproporre tale quale, senza altro contesto.
    E' necessario uno sforzo per ricomprendere la storia di Pinocchio come storia della crescita del preadolescente di oggi, in questa società e dentro questa cultura. Non è riproponibile tout court, senza questo sforzo. Scadrebbe immediatamente in discorso moralistico. E necessario allora un momento di lettura ragionata e interpretante del libro di Collodi da parte del gruppo degli animatori e nello stesso tempo di analisi dell'esperienza di crescita del preadolescente di oggi. E possibile, per raggiungere questo obiettivo, accompagnare le varie tematiche educative con le testimonianze dei preadolescenti di oggi e la loro esperienza interpretata, che può essere facilmente ritrovata nel libro L'età negata. a cui facciamo continuo riferimento nella rivista.

    L'importanza del raccontare

    Le avventure sono da raccontare, più che da leggere.
    Occorrerà curare soprattutto da parte degli animatori il momento narrativo d'inizio, arricchendolo di tutti gli elementi linguistici e fantastici necessari per scatenare la reazione nei ragazzi. Ci sono tanti modi di raccontare. non solo a parole.
    E' importante che il momento da cui prendono avvio le giornate e le attività, sia particolarmente curato. Scenografia, drammatizzazione, mimo, sfondo musicale, sono tutti ingredienti utili per rendere efficace la comunicazione e introdurre i ragazzi dentro l'avventura, scatenando in loro la voglia di viverla sulla loro pelle.
    I canti e le musiche hanno anche la loro funzione e la loro importanza. Si possono rintracciare tutte le canzoni su Pinocchio esistenti nei diversi repertori. Segnaliamo soltanto l'album di E. Bennato dal titolo: Burattino senza fili. Naturalmente, anche attraverso il canto, animatori e ragazzi possono esprimere la loro creatività.

    L'ambiente e l'obiettivo

    La creazione di un ambiente che introduca all'avventura e alla favola è importante. Esso può essere progressivamente costruito nel corso di tutto il campo dai ragazzi stessi, nel gruppo. Murali, pannelli, ambienti che assumono la fisionomia del mondo della favola, vestiti e abbigliamenti degli animatori e dei ragazzi, soprannomi di singoli che riprendono i personaggi della favola, segni di appartenenza, sedi e nomi dei gruppi e delle squadre: tutto può essere fantasticamente trasferito nel mondo di Pinocchio.
    Tutto inoltre converge in un crescendo. Il grande obiettivo finale è quello di rendere accessibile ai ragazzi l'avventura raccontata; la logica del raccontare vuole che essi diventino dei «cantastorie». Devono poter arrivare a riesprimere la loro avventura vissuta nel campo.
    La festa degli amici e dei genitori (se una colonia o campeggio) o la giornata di festa oratoriana aperta al territorio, potrebbero essere il momento conclusivo ideale, quasi la verifica del conseguimento dell'obiettivo.

    C'è un posto nell'avventura per i momenti religioso-celebrativi?

    E possibile ripensare nella conclusione delle «giornate» un momento esplicito di celebrazione, anche in termini religiosi, dell'esperienza vissuta e rielaborata dai ragazzi .
    In alcune giornate del presente sussidio ciò è stato fatto, a modo esemplificativo; in altre è lasciato agli animatori del campo.
    Importante è che quello celebrativo non risulti un momento appiccicato al resto, ma sgorghi come ricomprensione nuova dell'esperienza, e risposta insieme ad alcuni interrogativi lasciati aperti.
    Il ricupero del racconto dell'avventura ci sembra un'utile introduzione all'accoglienza della narrazione di un'avventura più grande ancora di quella di Pinocchio e rivissuta nel campo: l'avventura di Gesù di Nazareth e di coloro che ne sono stati coinvolti.
    Un interrogativo interessante, anche se non sviluppato direttamente nel presente sussidio, potrebbe essere il seguente: in quali personaggi delle «avventure» i ragazzi riescono a cogliere traccia dell'immagine di Dio? Con quali caratteristiche?

    BIBLIOGRAFIA

    C. COLLODI, Le avventure di Pinocchio, Mondadori, Milano 1981. Ma anche recente edizione SEI, Torino 1985.

    E. GARRONI, Pinocchio uno e bino, Laterza, Bari 1975.

    M.T. GENTILE, L'albero di Pinocchio, Studium, Roma 1983.

    G. BIFFI, Contro Mastro Ciliegia, Jaca Book, Milano 1978.

    P.P. SEVERI (a cura di), Educare con una favola, Centro di studi e esperienze Scout, Modena. Gennaio 1984.


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