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    Obiettivi e metodo per un educazione alla corporeità


    Vincenzo Lucarini - Laura Galvani - Mario Delpiano

    (NPG 1986-10-72)

    Progettare un intervento educativo per i preadolescenti nello stile dell'animazione comporta, inizialmente, un'accurata analisi della loro situazione.
    Un'analisi che non è finalizzata alla ricerca di un «freddo» quadro oggettivo, ma si articola intorno ad una lettura educativa. Intendendo con ciò il tentativo, da parte dell'animatore, di individuare quelle domande, per lo più inespresse, nei soggetti, che rappresentano delle inconsapevoli richieste di umanizzazione e di educazione.
    In altre parole, deve essere cura dell'animatore l'individuazione dei «temi generatori»; di quelle aree, cioè, attorno alle quali si muovono gli interessi, le esigenze e le problematiche maggiormente significative per i preadolescenti.
    I temi generatori rappresentano dei veri e propri ponti che vengono gettati e si offrono al rapporto educativo. I temi generatori interpellano l'animatore e gli indicano il sentiero da percorrere per un adeguato rapporto educativo. Partire da essi significa accettare e accogliere incondizionatamente il nuovo che è in germe, di cui i preadolescenti sono portatori, per fare in modo che questo si realizzi nella sua positività.
    Tutto ciò, si badi bene, non con il segreto intento di strumentalizzarne le esigenze e gli interessi. La logica della strumentalizzazione porta a considerare gli interessi come mezzi strategici per proporre un progetto ben definito, già confezionato, e magari indigesto. Inoltre, sempre in questa ottica, il preadolescente viene considerato come un recettore passivo della comunicazione educativa.
    Assumere con coerenza la logica dell'animazione significa invece ripensare e ridefinire gli obiettivi e l'itinerario educativo a partire dalle esigenze e dalla problematiche espresse o focalizzate da una attenta lettura educativa. Significa, in ultima analisi, riconoscere al preadolescente il ruolo principale dell'intervento educativo.

    PUNTO Dl PARTENZA: LA SITUAZIONE

    È un imperativo irrinunciabile quello di partire dai preadolescenti per individuare le aree attorno alle quali si articolano le domande di educazione.
    Ma in che modo riuscire ad individuare queste domande?
    Le fonti sono diverse. Da una parte l'osservazione e l'esperienza diretta, dall'altra la lettura e l'approfondimento di ricerche e analisi svolte al riguardo. Proprio la lettura educativa dell'indagine Cospes offre dati e informazioni utili per i nostri scopi.[1]
    Ciò che risulta da questa lettura è che la dimensione della corporeità rappresenta uno dei temi generatori nella preadolescenza.
    Motiviamo questa affermazione con due brevi considerazioni.

    Il corpo sede dei cambiamenti

    Si può considerare il preadolescente anzitutto come uno spettatore impotente e preoccupato di fronte ai cambiamenti del proprio corpo. Quel corpo che si allunga, che aumenta di dimensione, che acquista in modo più chiaro e definito i caratteri sessuali. In breve, il soggetto di questa età sente che si è rotto un equilibrio sul quale si era basato a lungo e sul quale si fondava la sua sicurezza personale e relazionale. Ora è costretto a ricostruirne un altro, in un processo che si profila pieno di difficoltà, dovendo reintegrare gli innumerevoli cambiamenti che nel frattempo sono avvenuti.
    Ecco allora che i vissuti relativi al corpo aumentano di intensità oltre ad esprimersi in un maggior numero di sfumature. Angosce, paure, desideri riguardo il corpo diventano i vissuti più rilevanti nel mondo del preadolescente. Sono continue le attenzioni alle singole parti del proprio corpo, altrettanto lo sono i confronti con i coetanei e con i modelli sociali prevalenti presentati dai mass-media.
    Il corpo sede di profondi cambiamenti quindi, tanto da provocare evidenti difficoltà nei movimenti e nell'equilibrio, ma anche mezzo per l'espressione dei vissuti provocati da questi cambiamenti. Le angosce e le paure si esplicano principalmente a livello non verbale, provocando così ulteriori disarmonie e tensioni muscolari, oltre che, in casi particolari, sfociare in veri e propri disturbi psicosomatici.[2]

    Il corpo sede dell'espressione dei nuovi bisogni

    La centralità del corpo viene ad evidenziarsi, inoltre, in quanto sede dell'espressione dei nuovi bisogni del preadolescente. Innanzitutto quello di una maggiore autonomia, in particolare nei confronti dei genitori, poi il bisogno di una ridefinizione di sé attraverso il corpo, associato al bisogno di dirigersi verso forme relazionali ed affettive caratterizzate da una comunicazione più di tipo simmetrico.
    È interessante soprattutto il fatto che questi bisogni si manifestino a livello di riorganizzazione globale dello spazio fisico e sociale da parte del soggetto. Non sono rilevabili tanto dall'analisi delle singole componenti della dimensione non verbale (gestualità, mimica, postura, ecc.), quanto dal dirigersi del preadolescente verso nuovi spazi fisici e sociali.

    Considerazioni antropologiche

    La semplice constatazione della centralità del corpo nel mondo del preadolescente non è sufficiente per definire gli obiettivi e l'itinerario educativo. Questi vanno infatti estrapolati dal tipo di concezione di uomo che viene giocata.
    Al riguardo, deve essere superata quella concezione che divide l'uomo in mente e corpo.

    Una cultura dicotomica da superare

    La distinzione tra mente e corpo è una dicotomia artificiale, che si basa molto più sulla peculiarità dell'intelletto umano che sulla natura delle cose. Infatti la continuità della natura non conosce quelle distinzioni antitetiche che l'intelletto umano è costretto a darsi per poter conoscere. Questa concezione, fortemente radicata nella nostra cultura, ha di fatto creato delle fratture all'interno stesso dell'uomo, rendendo particolarmente arduo qualsiasi tentativo di ricomporle dal punto di vista antropologico.
    Nella prassi questo modello fonda progetti educativi differenziati, nel senso che, essendo le due parti divise, per ognuna di esse si pongono obiettivi ed interventi appropriati. Inoltre il «corpo», rispetto alla «mente», ha subito un'incessante e profonda opera di svalutazione e quasi di demonizzazione. In quanto sede delle pulsioni e degli istinti, il corpo viene considerato come potenziale causa di squilibri e di caos. La mente crea quindi degli equilibri in modo faticoso, dovendosi guardare continuamente dal potenziale distruttivo del corpo .
    In questa ottica le finalità educative relative al corpo non possono non essere che quelle di renderlo il più possibile docile e sottomesso alle direttive della mente. Quanto meno va messo nelle condizioni di non infastidirla e di non disturbarla.

    Verso una concezione più rispettosa dell'unità dell'uomo

    Oggi, dal punto di vista culturale, si sono create le condizioni per un superamento di queste contrapposizioni indebite e deleterie, ciò a partire da una serie di contributi che da più parti hanno sancito una profonda rivalutazione della dimensione corporea.[3] Buona parte di questi contributi ci vengono dagli studi effettuati intorno ai processi di strutturazione della personalità. Questi studi hanno rivelato quanto, in effetti, siano profonde le compenetrazioni tra gli aspetti psichici e quelli fisici, tanto da rendere impossibile qualsiasi tentativo di scindersi in modo preciso. Si è visto come l'io abbia profonde radici nei processi biologici e somatici. Si può dire che tutta l'esperienza umana procede per conquiste fisiche che si traducono in conquiste cognitive ed emotive. Basti pensare a quali e quante conseguenze derivino al bambino dal fatto di cominciare a camminare in modo eretto.
    Il corpo, in ultima analisi, rappresenta la condizione per fare esperienze che vengono poi elaborate e organizzate in modo via via più sofisticato a livello psichico. Con il corpo facciamo l'esperienza unica del sentire ma anche dell'essere sentiti.
    Si profila quindi una concezione del corpo come soggetto esperienziale, non più come oggetto esterno distante e distaccato dal resto della persona.
    Ciò che è importante notare, è il fatto che questi ed altri contributi vanno operando uno spostamento verso una concezione integrata ed unitaria dell'uomo. La persona come sistema integrato di parti in profonda relazione tra di loro. L'elemento fondamentale di questa unità è rappresentato proprio dal corpo, che si identifica come la condizione stessa dell'uomo e del suo essere al mondo. L'uomo è il suo corpo.
    Ne consegue che ogni intervento educativo deve tener conto della totalità della persona, della sua unitarietà psicosomatica.
    Per l'azione educativa vengono ad aprirsi nuove strade, quelle cioè dell'educazione attraverso il corpo di tutta la persona. Il corpo viene così rivestito di profonde valenze educative.
    Si tratta indubbiamente di una grossa conquista a livello antropologico, anche se vanno considerate da una parte le radici profonde che la concezione dualistica ha ancora nella nostra cultura, dall'altra le ramificazioni ulteriori ed estremistiche degli stessi filoni culturali che hanno portato alla rivalutazione del corpo. Questi ultimi sviluppi estremistici hanno di fatto riconsegnato il corpo alla strumentalizzazione dei mass-media e del consumismo, ribadendo così, per altri versi, una sua reificazione.
    È necessario quindi, da parte dell'educatore, un'attenta opera di verifica e di valutazione sui propri progetti e interventi, per non cadere nei due estremi.

    UN INTERVENTO EDUCATIVO

    Innanzi tutto, è da ritenere impensabile un qualsiasi intervento educativo verso i preadolescenti che escluda il «corpo». Infatti sia che l'intervento sia focalizzato nella dimensione corporea, sia che riguardi altre dimensioni, non si può non fare i conti con la centralità di questa.
    Non si deve quindi considerare il corpo, con le attività e le esperienze connesse, come accessorio o opzionale rispetto ad altre dimensioni.
    Il mettere al centro dell'attività educativa il «corpo», va però effettuato nel senso di una rivalutazione delle valenze educative di questo. In genere si tende a non cogliere appieno il potenziale educativo del corpo. Si sottolineano soprattutto gli aspetti atletico-muscolari e quelli relativi alla scarica delle tensioni, mentre si tralascia la vasta incidenza a livello della crescita e della maturazione dell'intera persona. Questa considerazione è giustificata dal concepire l'uomo come sistema. Coerentemente a questo presupposto, ogni intervento su un aspetto della persona comporta dei cambiamenti a livello globale. Il sistema si riorganizza intorno a queste nuove informazioni.
    Il corpo quindi va riscoperto e «utilizzato» facendo riferimento alla sue vaste risonanze riguardanti l'intera personalità.

    Individuazione di alcuni obiettivi generali

    Gli obiettivi generali che a questo punto ci si prefigge di raggiungere sono due.
    - Permettere al preadolescente di riuscire a rapportarsi in modo adeguato e positivo nei riguardi del proprio corpo, per arrivare così a percepirlo come soggetto esperienziale e non come oggetto. In altri termini è verso l'unitarietà della persona che ci muoviamo, non verso il dualismo esistenziale.
    - Permettere al preadolescente di arrivare a gestire il proprio corpo come luogo della comunicazione e dell'espressione profonda di sé, e quindi come luogo di incontro e di relazione.
    Questi obiettivi generali si pongono peraltro come dei veri e propri compiti evolutivi per la preadolescenza.
    È proprio in questa fase che risulta fondamentale l'assunzione degli atteggiamenti relativi agli obiettivi sopra definiti. Infatti i cambiamenti che avvengono nel corpo rendono necessaria una ristrutturazione della propria immagine corporea. Se si interviene in questa fase ci sono grosse possibilità di influenzare positivamente la ristrutturazione nel senso di una unitarietà di fondo della persona. Altrimenti il processo può articolarsi in modo meno positivo, lasciando irrisolti o elaborando in modo poco adeguato questi cambiamenti.
    Dopo aver delineato gli obiettivi e le motivazioni che ci hanno portato ad assumerli, ci proponiamo ora di esplicitare il discorso educativo intorno alla prima area, quella del rapporto del preadolescente con il proprio corpo.

    Un grande obiettivo: il corpo soggetto esperienziale

    In questo contesto, e in riferimento a quanto già enunciato in precedenza, ci soffermiamo sull'obiettivo di abilitare il preadolescente a prendere coscienza dei cambiamenti avvenuti nel proprio corpo e di assimilarli in una nuova immagine di sé; e ciò in vista della costruzione di una propria identità personale strutturata in modo integrato con il corpo-soggetto esperienziale. Evidentemente il problema dell'identità si pone più esplicitamente nel periodo successivo dell'adolescenza. Per il momento è importante per noi che il preadolescente in questa prospettiva non tagli i ponti e non rifiuti la propria corporeità, ma possa sperimentarla ed elaborarla secondo modalità proprie.
    Infatti i cambiamenti del corpo provocano vissuti di conflittualità, di insicurezza e di sofferenza, che il preadolescente nella sua fragilità spesso non è ancora in grado di gestire; perciò manifesta la tendenza a rimuovere questi vissuti negativi dal campo della coscienza e con essi i nodi irrisolti della propria corporeità.
    Ecco allora che diviene fondamentale la sperimentazione e l'elaborazione di tali vissuti e problematiche, specie quelle più rilevanti relative all'area della sessualità.
    Alla presa di coscienza deve però accompagnarsi anche, in questo momento evolutivo, la capacità di accettazione della propria immagine biologica, fisica, intellettuale.
    Soltanto un io che abbia accettato la propria immagine e i cambiamenti corporei derivati dal tempo, è capace di orientarsi verso l'altro nella relazionalità e nello scambio comunicativo.

    Individuazione di alcuni obiettivi intermedi

    Questa area di obiettivo è ulteriormente individuabile attraverso la esplicitazione di alcuni obiettivi intermedi che indicano le direzioni preferenziali lungo le quali sviluppare sentieri educativi.
    Ne riscriviamo alcuni:
    - educare il preadolescente a conoscere le potenzialità del proprio corpo e a divenire consapevole della direzione del cambiamento corporeo, per accettare ed attualizzare tutto il buono ed il positivo che scopre in esso, e ciò come primo passo verso la scoperta ed accettazione di se stesso;
    - educare il preadolescente a riconoscere e ad accettare i limiti del proprio corpo come scoperta ed accettazione del proprio limite personale;
    - educare il preadolescente a «prendersi cura» del corpo e perciò al rispetto di quello che è il limite che lo attraversa, e ciò come modalità praticabile nella preadolescenza di esprimere una prima assunzione di responsabilità nei confronti di se stesso e della gestione della propria vita.

    Conoscere e sviluppare le potenzialità del proprio corpo

    Il ragazzo che vive l'insicurezza dell'esperienza di un corpo in mutamento deve essere sollecitato a scoprire e conoscere le proprie risorse corporee. Non è il corpo che gli sta sfuggendo; sono nuove energie e potenzialità della persona che in esso vogliono esprimersi, quando vengono riconosciute, accolte e liberate dentro un progetto di azione. Fin dalla prima infanzia, ma soprattutto nei momenti in cui il cambiamento corporeo è più accelerato e l'energia vitale pulsa più tumultuosamente, è importante creare le condizioni ambientali ed educative perché i ragazzi sperimentino la loro sensibilità corporea, la forza fisica, il movimento libero nello spazio fisico e sociale con il conseguente effetto di ritorno (feedback) dal mondo circostante sul proprio corpo in quanto esperienza di definizione e di rispecchiamento.
    Sembra un dato quanto mai scontato, eppure molte patologie e molti disagi sono dovuti invece alla mancanza di vita all'aria aperta, di spazio vitale indispensabile per verificare ed esercitare le nuove potenzialità fisico-corporee, a scorrette modalità di fare movimento o a posizioni forzate e/o viziate.
    In questo particolare momento del cambio, può essere particolarmente difficile per il soggetto riconoscere la positività delle potenzialità corporee in quanto risorse della propria persona, perché nel corpo che cambia stenta a riconoscere se stesso; lo può sentire come qualcosa di estraneo, di lontano da sé, come «oggetto» appunto. L'alterazione e la espansione della dimensione emotiva riducono perciò anche la capacità di saper affrontare il mondo e di percepire la realtà: se stesso, e l'alterità in quanto separata-distinta da sé.
    La difficoltà da superare è quella di non identificarsi e non riconoscere il proprio corpo, dovuta al sorgere di nuove caratteristiche, come il timbro vocale, allungamento corporeo, caratteri sessuali secondari... La familiarità e la capacità di controllo del proprio corpo saranno solo conseguenti, anche se sempre nella progressività, alla nuova consapevolezza intorno al cambiamento ed all'accettazione positiva delle potenzialità scoperte e valorizzate, in quanto capacità proprie.
    È importante inoltre aiutare il preadolescente a comprendere come la modificazione progressiva della propria immagine corporea e l'accettazione serena e realistica di essa sia per lui un passo verso la modificazione e la ridefinizione dell'immagine di sé, di tutto se stesso.
    È veramente una riscoperta di tutto se stesso, di nuove capacità e di prerogative personali.

    L'accettazione del proprio corpo «nel limite»

    L'assunzione e l'accettazione delle proprie potenzialità fisico-corporee deve estendersi fino alla scoperta e all'accettazione dei limiti del proprio corpo, dei suoi confini col mondo e gli altri, nella loro valenza positiva e negativa.
    Sarà dunque importante da parte dell'educatore aiutare i preadolescenti a vivere il loro corpo anzitutto come una realtà finita, storica, cioè in divenire nel tempo, che perciò non esprime ancora, proprio perché in cambiamento, i suoi caratteri e le sue proprietà compiute, «definitive» della maturità, anch'esse sempre in continuo mutamento .
    Il ragazzo può essere aiutato a non idealizzare il proprio corpo, a non lasciarsi imprigionare dai modelli atemporali immaginari ed iperidealizzati della corporeità indotti dalla cultura sociale; sarà sollecitato invece a rapportare sempre la propria immagine ideale (il corpo che sogna come meta del suo sviluppo e della propria cura) con quella realistica del proprio corpo. Ciò sarà possibile dando parola ai vissuti spesso carichi di ansia e di senso di inadeguatezza, ma anche creando occasioni reali di verifica e di rispecchiamento.
    Egli deve apprendere a riconoscere ed accettare anche questi aspetti del proprio corpo che a fatica riesce ad integrare perché segnati dalla distanza dai modelli della pseudocultura del consumo, o perché realmente segnati dal limite soggettivamente o oggettivamente vissuto.
    Nel momento in cui si riconoscono i propri limiti si acquista la capacità di superare la frustrazione, avendo rinunciato al confronto con modelli esterni, ma ritrovando in se stessi il metro e il criterio di valutazione e di una valorizzazione.
    L'incontro con il limite offerto dal proprio corpo può diventare anzitutto una sfida a convivere con il proprio limite, ma anche una spinta al superamento rompendo l'abulia, la pigrizia, l'inattività di chi vive solo passivamente il proprio corpo. Il preadolescente odierno è infatti facilmente esposto all'iperprotezione e alla deresponsabilizzazione intorno al proprio corpo. È più spinto ad adagiarsi sulla capacità di prestazione del momento, che non a saper ottenere di più da esso.
    L'educazione in questo ambito è attenta però anche a che il soggetto non chieda l'impossibile al proprio corpo, non abusi delle proprie forze e risorse, bensì maturi la capacità di una corretta valutazione delle proprie potenzialità e prestazioni.
    In questo senso l'educazione a viversi come soggetto corporeo e ad esprimere l'accettazione di sé anzitutto come accettazione di essere-un-corpo è un passo fondamentale di educazione alla realtà e di ancoraggio della preadolescenza alla vita, perché essa non resti imprigionata nell'immaginario.
    Un incontro con la realtà che non chiude nemmeno gli occhi di fronte a quegli aspetti di sofferenza, di malattia, di fragilità, che riflettono la condizione dolorosa di limite a cui è soggetta anche la fragile struttura corporea, e che esprimono, anche sul terreno biologico e psico-fisico, quell'inoccultabile aspetto di «morte» che ogni forma di vita cela e contro cui ogni forma di vita lotta.
    Allora l'esperienza di incompiutezza e di finitudine si rivelano luoghi educativi impensati per sollecitare il preadolescente ad aprirsi alla dimensione della trascendenza, come esperienza nel corpo che lo rilancia oltre se stesso: nella rinuncia alla onnipotenza narcisistica e nella apertura alla alterità. Allora il preadolescente trova nella solidarietà con gli altri la possibilità di accoglierli col loro corpo e coi loro bisogni; nella apertura al futuro pone le premesse perché il corpo abbia il suo riconoscimento dentro un progetto; nella speranza si accosta alla soglia dell'invocazione perché sia salvato col suo corpo meraviglioso dalla minaccia della morte.

    Aver cura del corpo per prendersi cura di sé

    Scoperta, conoscenza, valorizzazione ed accettazione del proprio corpo esprimono un ampliamento della coscienza sulla propria vita che si traduce in una più amplificata capacità di gestione responsabile di essa. Racchiudiamo nell'espressione «aver cura, prendersi cura», la capacità, da sviluppare nel preadolescente, di assumere su di sé il compito e la responsabilità della gestione del proprio corpo come modo concreto di divenire soggetto protagonista proprio attraverso di esso.
    Il cammino di appropriazione della corporeità conduce allora il ragazzo alla scoperta della realtà di «dono» che esso rappresenta, della originale e unica possibilità di esistenza offerta: possibilità e dono che sollecitano il soggetto alla scelta e a farsi carico di quanto gli è affidato.
    Allora la «mortificazione» del corpo intesa come sua inibizione, il suo maltrattamento e la trascuratezza, la non valorizzazione ed il disprezzo, sono le forme più grandi della violenza che una persona può subire o rivolgere a se stessa. Esse esprimono il rifiuto di sé e della vita. Un corpo maltrattato, costretto, inibito totalmente o al contrario totalmente svincolato dalla coscienza e dalla intenzionalità del soggetto, non può ingenerare nella persona altro che uno stato depressivo e di profonda tristezza. L'abulia corporea si traduce spesso in abulia psichica, in rinuncia a vivere responsabilmente e in pienezza.

    CONSEGUENZE A LIVELLO DEL METODO

    La crescita in consapevolezza da parte dell'educatore dell'importanza e del peso della dimensione corporea nella preadolescenza, e la nuova attenzione ad essa assegnata nella progettazione educativa, non possono non ripercuotersi anche sul piano del metodo.
    Fare, fare attraverso il corpo, coinvolgendo in esso tutte le dimensioni della persona, diventano i capisaldi di ogni intervento. L'educazione della dimensione corporea, ma anche qualsiasi intervento educativo, non possono prescindere dal coinvolgere la corporeità stessa del preadolescente, anzi, prendere le mosse da essa, in particolare dando ampio spazio alla operatività e alla operatività di gruppo.
    Vanno quindi favorite le attività concrete, le esperienze pratiche. Il corpo va scoperto, accettato e valorizzato come soggetto esperienziale.
    Tutto quanto permette di entrare in contatto con le esperienze corporee, favorendo un allargamento e una riorganizzazione dell'immagine corporea, è da considerare positivo .
    Fondamentale è anche che queste esperienze e attività avvengano in gruppo, con i coetanei e con l'animatore quindi. Il gruppo fornisce il clima emotivo adatto, fatto di accettazione e rispetto, in modo tale da permettere l'integrazione e la conoscenza degli aspetti della propria corporeità più difficili da accettare. L'animatore, essenziale per la creazione del clima educativo, fornisce soprattutto il modello con il quale confrontarsi per riuscire poi ad assimilarlo. Risulta di conseguenza poco adatto né rispettoso della situazione dei preadolescenti rifarsi unicamente alla trasmissione di informazioni a livello verbale, dirigendosi e stimolando unicamente o prevalentemente l'area cognitiva.
    Gli obiettivi delineati in precedenza possono essere raggiunti facendo leva sulle esperienze, sulla riflessione su di esse e sull'integrazione di queste nella propria personalità grazie al clima facilitante del gruppo e del modello fornito dall'animatore.

    Quali esperienze?

    Aiutare il preadolescente a prendere coscienza del proprio corpo, della ricchezza delle sue sensazioni, della nuova forza e delle possibilità che in esso si rivelano, è cosa molto importante.
    Il metodo dell'animazione afferma la priorità del fare esperienza e del lavorare sulle esperienze, per giungere alla coscientizzazione e al cambio. Non si prende coscienza del proprio corpo soltanto attraverso la parola, o l'apprendimento di nozioni e l'immagazzinamento di informazioni. Si apprende prima di tutto facendo esperienza del proprio corpo. Ci chiediamo allora: attraverso quali esperienze?
    Ne indichiamo alcune, anche se una attenta riflessione può evidenziarne una gamma molto più ricca.

    Viaggio dentro il corpo per amplificare la capacità di «ascoltarsi»

    Attraverso una specie di viaggio dentro il corpo si rivela utile far concentrare di volta in volta il ragazzo sulle sue diverse parti corporee, sulle loro qualità e funzioni. Ci sembra una esperienze di ascolto attento e di amplificazione della coscienza di sé facilmente proponibile dall'animatore. Si possono ad esempio proporre esperienze riguardanti i sensi e la loro utilizzazione, come la concentrazione sulla propria capacità di percepire i rumori, i suoni, le voci, la musica, o quella di cogliere la luce, le figure, i colori, nelle loro infinite sfumature. Si può far sperimentare ai ragazzi la sensibilità tattile al liscio e al ruvido, al freddo e al caldo, alle sensazioni dolorose e piacevoli, o la capacità olfattiva di sentire i sapori e gli odori.

    Esperienze di sperimentazione-verifica delle abilità fisico-motorie

    In questo periodo della vita il soggetto sente dentro di sé una forte tensione vitale accompagnata spesso da ansietà, con una forte esigenza dunque di liberarle e di scaricarsi. La pulsionalità si traduce in un grande bisogno di movimento, di attività fisica, che lo spingono ad essere attivo ed irrequieto, non certo immobile e silenzioso.
    Questo impulso sano è fondamentale nella preadolescenza, poiché aiuta il soggetto a prendere contatto con il mondo esterno, a misurarsi con esso, a verificare le abilità motorie e performative.
    Attraverso attività di libero movimento, il gioco di gruppo, lo sport, le attività manipolative, il preadolescente acquista fiducia in se stesso e sicurezza nelle proprie capacità, si esercita a misurare le proprie energie e potenzialità, a sperimentare i propri limiti. Queste esperienze favoriscono lo sviluppo di un concetto realistico di sé, senza deprezzamenti, né ipervalutazioni di tipo irreale.
    Quando il preadolescente sente di valere qualcosa di per sé e si sente valorizzato nelle sue abilità concrete, è nella migliore condizione di scoprire e valorizzare, con il sostegno dell'educatore, le proprie prerogative, di valutare realisticamente i progressi, di registrare il progressivo superamento dei limiti personali, di vivere consapevolmente la propria maturazione psico-fisica. Ciò contribuirà anche a ridurre l'ansia che gli deriva dal misurarsi con altri modelli corporei ritenuti superiori o spesso idealizzati.

    Esperienze che sviluppano il senso dell'autonomia

    C'è tutto un ambito di attività importanti, collocate idealmente all'interno di un contesto gruppale, che permettono al preadolescente di sviluppare la propria autonomia e la capacità di sentirsi tale. L'occasione, offerta dal gruppo, di sostegno e di confronto reciproco delle abilità e capacità fisiche, sviluppa quel senso di indipendenza e di autosufficienza nella gestione del proprio corpo che costituiscono la struttura di base su cui si sviluppa il senso dell'autonomia; ciò soprattutto se l'educatore si creerà nel gruppo occasioni in cui ogni soggetto sia direttamente responsabile di qualcosa di concreto che dipenda da lui solo e in cui possa cimentarsi, come la direzione o l'organizzazione di un gioco, l'esecuzione di un lavoro-servizio, il superamento di un record, lo sviluppo di una particolare competenza operativa da offrire come contributo al gruppo (un esempio interessante sono i cosiddetti «brevetti» del mondo scoutistico).

    Esperienze di autocontrollo e di affinamento delle prestazioni corporee

    Il preadolescente necessita inoltre di un contesto esperienziale entro il quale sviluppare la capacità di controllo dei propri movimenti, di orientamento e canalizzazione dei propri impulsi, di affinamento nelle prestazioni corporee. Perdendo la familiarità col proprio corpo, sentirà acuirsi la difficoltà di coordinamento, inibizione necessaria, armonizzazione.

    I prerequisiti dell'animatore

    Cerchiamo ora di delineare l'insieme degli strumenti che l'animatore dovrebbe possedere per favorire il conseguimento di questi obiettivi da parte dei preadolescenti. In primo luogo sono richieste all'animatore conoscenze di base, chiaramente non specialistiche, relative alle modificazioni biologiche e fisiologiche della pubertà.
    Proprio perché questi cambiamenti rappresentano l'elemento perturbatore dell'equilibrio psico-fisico e sociale del soggetto, e verso di essi il preadolescente stesso pone grossa attenzione, sensibile ad eventuali anomalie o imperfezioni, è fondamentale che l'animatore sia capace di verificare la fondatezza di queste sue paure ed angosce, per rassicurarlo nel caso in cui non sussistano o, nell'altra eventualità, per prendere i provvedimento dovuti. Queste conoscenze sono necessarie per un altro verso. Non si può infatti capire il mondo interno del preadolescente se non si è al corrente di quelli che sono gli elementi che più degli altri gli provocano preoccupazione.
    Accanto a queste, non si possono tralasciare le ripercussioni interne provocate dai cambiamenti stessi. Prima di tutto occorre capire i sentimenti maggiormente pregnanti: paure, angosce, confronti, preoccupazioni con il loro contenuto specifico.
    I cambiamenti biologici, oltre a provocare delle ripercussioni a livello emotivo, comportano delle conseguenze nei bisogni affettivi e relazionali. L'animatore deve allora essere a conoscenza del modo in cui questi si evolvono, del modo in cui si vanno a concretizzare in interessi e attività particolari.
    L'insieme di queste conoscenze, che l'animatore può trovare sia nei manuali specializzati, sia negli studi di recente pubblicazione, forniscono così dei punti cardinali del mondo interno dei preadolescenti, grazie ai quali ci si può formare un'idea abbastanza precisa della loro situazione esistenziale.
    Un'altra area da approfondire da parte dell'animatore è quella del comportamento non verbale. I messaggi che a questo livello vengono trasmessi inconsapevolmente sono innumerevoli e di grossa importanza. Anzi, si può affermare che alla comprensione migliore del preadolescente si può arrivare con l'attenzione alla dimensione non verbale. Egli infatti ha a che fare con tensioni interne alle quali non sa dare un nome, né del resto ha a disposizione capacità di introspezione e verbalizzazione tali da far partecipare l'animatore di quanto di agita in lui. Tutto ciò si incanala pressoché direttamente a livello mimico, posturale, gestuale. Per comprenderlo è necessario però avere la capacità di leggere quanto comunicato inconsapevolmente dal corpo che parla in maniera estremamente appariscente.

    Gli atteggiamenti dell'animatore 

    L'ambito degli atteggiamenti è da ritenersi decisivo per il raggiungimento degli obiettivi tracciati in precedenza. Gli atteggiamenti a cui ci riferiamo sono essenzialmente di due tipi.
    Il primo riguarda il rapporto che l'animatore ha con la propria dimensione corporea. Infatti, se l'animatore non ha avuto modo di elaborare positivamente il rapporto con il proprio corpo, nel senso di viverlo come soggetto esperienziale, difficilmente potrà rendersi utile nella relazione educativa, ma fungerà da specchio deformante.
    Partiamo qui dal presupposto che questi atteggiamenti vengano comunicati e recepiti ad un livello diverso, più profondo di quello cognitivo-verbale.
    La condizione necessaria perché questi messaggi vengano presi in considerazione è che ci sia un rapporto significativo e autentico, tanto che l'animatore riesce a fungere da modello per il preadolescente. È all'interno di questo rapporto che il ragazzo è pronto a recepire i messaggi dell'animatore. Al riguardo quelli inviati a livello non verbale risultano essere i più incisivi, in quanto, svolgendosi per lo più al di fuori del livello di coscienza, riescono a dare un'immagine maggiormente veritiera del modo di essere dell'animatore. Il preadolescente del resto non è capace di codificare questi messaggi a livello cognitivo e in modo cosciente; invece gli esempi concreti, operativi, gli permettono di coglierli e interiorizzarli con più facilità e di utilizzarli per la strutturazione dei propri atteggiamenti. Perciò se l'animatore non ha un buon rapporto con il proprio corpo, egli lo capirà dal fatto che cerca di evitare in tutti i modi attività che richiedano movimento, contatto fisico, espressione di sé e, quando le permette, evita di dovervi partecipare, mostra impacci nella gestione dello spazio fisico nei rapporti interpersonali. In questi casi il danno è duplice. Da una parte infatti il preadolescente apprende dei modi concreti di porsi e di comportarsi, modellati inconsapevolmente su quelli dell'adulto, dall'altra in generale gli viene inviato un messaggio che è quello di svalutazione della corporeità, ritenuta come una parte meno importante rispetto alla mente. In questa maniera il soggetto, in una fase decisiva, apprende a considerare il corpo come «oggetto» e apprende i comportamenti corrispondenti.
    Il secondo atteggiamento è relativo al rapporto interpersonale tra l'animatore e il preadolescente. Affinché il modello positivo risulti più incisivo, è fondamentale che venga accompagnato da un atteggiamento di ascolto e di comprensione unito ad un rispetto e ad un'accettazione incondizionata nei suoi riguardi.
    In fondo sono queste le richieste e le esigenze che il preadolescente vive come significative. Vuole che l'animatore gli stia vicino e lo aiuti a mettere un po' d'ordine nella confusione che sente dentro.
    Sente l'esigenza di sentirsi compreso. È necessario quindi che l'animatore gli dia questa attenzione e cerchi di comprenderlo soprattutto facendo riferimento al suo comportamento non verbale.
    Come abbiamo già visto, il preadolescente ha una capacità di introspezione molto ridotta mentre le sue problematiche si esplicano e si traducono nel comportamento, sia nei suoi aspetti singoli che in quello globale. Un animatore attento riesce a cogliere questi messaggi e comunica la sua vicinanza al preadolescente.
    Un rischio che si potrebbe correre è quello dell'invasione del suo mondo. L'animatore, cioè, deve riuscire a calibrare la sua attenzione. Fornirla quando il preadolescente ne ha bisogno, ma essere pronto a ritirarla quando percepisce il desiderio di non rendere pubblici i suoi vissuti.
    Unito alla comprensione e all'attenzione deve esserci un rispetto ed un'accoglienza incondizionata. Il preadolescente chiede di essere accolto così come egli effettivamente è. Ha bisogno di un appoggio emotivo ed effettivo che gli permetta di vivere la conflittualità, le tensioni e le contraddittorietà che ha dentro. In ultima analisi chiede all'animatore di non togliergli il suo affetto se non si dimostra costante nel suo modo di essere, se ha i suoi scatti d'ira e di aggressività e se mostra improvvise assenze.
    All'animatore, quindi, vengono richieste principalmente una grossa flessibilità e una grossa pazienza, per permettere al preadolescente di avere un appoggio fintantoché riesca a ritrovare un nuovo equilibrio.

    NOTE

    [1]Cf COSPES (a cura), L'età negata. Ricerca sui preadolescenti in Italia, LDC, Torino, 1986.
    [2]Per questo tema del cambiamento si rimanda all'articolo di A. NENCI, Preadolescente ed esperienza del corpo, in NPG 4/86 PP. 74-78.
    [3]Segnaliamo due opere significative: U. GALIMBERTI, Il corpo, Feltrinelli, Milano 1983; S. SPINSANTI, Il corpo nella cultura contemporanea, Brescia, 1983.


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