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    Materiali per un'indagine su giovani e partecipazione socio-politica



    Ricerca nel territorio

    Vito Orlando - Marianna Pacucci

    (NPG 1986-09-50)


    L'attenzione alla partecipazione socio-politica dei giovani sembra passata di moda. Ritornare sulla tematica potrebbe apparire piuttosto anacronistico. Per valutare l'incidenza del sistema socio-culturale sulla formazione personale e le modalità di esternalizzazione del rapporto al territorio, diventa comunque indispesabile l'attenzione alla partecipazione.
    Offriamo queste piste di riflessione e di ricerca per due motivi specifici, oltre che per l'importanza della tematica.
    Finora ci siamo occupati di dimensioni esperienziali piuttoso relative nell'ambito individuale e relazionale (1). Queste prospettive di lettura della realtà giovanile rischiano di risultare piuttosto restrittive e, tutto sommato, insufficienti.
    Vi è quindi la necessità di superare l'orizzonte individuale e relazionale per portare l'attenzione ad un insieme di tratti che, da qualche tempo, non sono molto evidenziati. L'analisi della partecipazione socio-politica consente di valutare la concreta attuazione e l'esito del processo di socializzazione, di verificare luoghi comuni circa l'atteggiamento politico dei giovani, di ridimensionare alcune letture piuttosto idealizzate
    circa la partecipazione e il volontariato. Le dimensioni amicale, religiosa e affettiva, esplorate precedentemente, hanno evidenziato una fisionomia culturale dei giovani alquanto diversa da quella delle generazioni adulte. Sul piano del coinvolgimento e del protagonismo sociale è abbastanza difficile dire se e quanto i giovani stiano realizzando un cambiamento di rotta, una innovazione sostanziale dei comportamenti tipici con cui si presenta il proceso di integrazione e/o di conflitto sociale.
    L'analisi del coinvolgimento sociale dei giovani si presta facilmente a conclusioni contrapposte. Si può facilmente costatare la distanza e anche il disinteresse dei giovani nei confronti delle strutture e delle modalità tradizionali di partecipazione politica (partiti, sindacati, ecc.). Ma vi è anche chi esalta i nuovi ambiti del protagonismo dei giovani sulla scena sociale: volontariato, coinvolgimento in gruppi e movimenti, impegno nel recupero di tradizioni ambientali, ecc.
    Con molta probablità, la situazione cambia notevolmente a seconda delle condizioni e delle offerte ambientali. Potrebbe quindi risultare molto utile una verifica concreta su questo aspetto.
    Nel presente contributo offriremo anzitutto qualche linea interpretativa e valutativa del processo di integrazione ambientale e della partecipazione socio-politica dei giovani degli anni '80 e, a partire da ciò, abbozzeremo una prospettiva operativa per verificare la situazione a livello locale.

    IL PROCESSO. DI INTEGRAZIONE AMBIENTALE

    È facile comprendere la crucialità del rapporto giovane/territorio all'interno del processo di maturazione e di costruzione dell'identità personale.
    L'apertura agli altri, la disponibilità alla convivenza, la responsabilizzazione personale a livello decisionale ed operativo, l'aggregazione sociale, il protagonismo politico, sono le tappe più importanti di un cammino che dura tutta la vita. Inizia da bambini con l'esplorazione dell'ambiente circostante; continua, da adolescente, valorizzando gradualmente i segni e le forme della convivenza sociale e approfondendo il senso di appartenenza ad una certa comunità; diviene esplicito, infine, da adulto, nel momento in cui si riesce a mediare la propria identità personale con quella collettiva, innescando delle trasformazioni nel contesto sociale, tali da renderlo più conforme ad un progetto di vita promozionale per sè e gli altri.
    L'itinerario della socializzazione ambientale esprime, in generale, l'esigenza di realizzare una continuità storica nel trapasso generazionale, in modo che il patrimonio di valori ed esperienze proprio di una collettività non vada disperso, ma possa servire come piattoforma per sviluppare nuovi bisogni e disponibilità verso una qualità di vita più umana.
    Concettualmente, l'esperienza di integrazione ambientale delle nuove generazioni non indica un arresto del fluire della storia, ma un dinamismo complesso, non scontato nei suoi esiti, attraverso cui i giovani acquisiscono criticamente ciò che la società ha costruito, per continuare la realizzazione degli obiettivi legati ad una migliore convivenza.
    Questa impostazione trova ampia condivisione a livello intellettuale e di percezione dei vari ruoli sociali. Non si può dire però che essa sia concretizzata nelle articolazioni del processo educativo proposto ed attuato con i giovani.
    Il processo di socializzazione ambientale sembra infatti proporre, nella realtà attuale, per lo meno tre modalità di realizzazione.

    L'adattamento

    Una certa fascia di giovani, pur confrontandosi in modo critico con il sistema sociale e riconoscendo le tensioni che esso registra nel consentire alle nuove generazioni spazi di protagonismo, non riesce ad esprimere un progetto di rinnovamento nè a condividere e socializzare i propri bisogni ed aspettative.
    Pertanto, questa categoria adotta un atteggiamento di dipendenza dai valori culturali dominanti; cerca soluzioni individuali - e spesso di favore - ai propri problemi di inserimento nella realtà operativa e socio-politica; denuncia un continuo ricorso ai meccanismi della delega in bianco, rinuncia ad esercitare il diritto/dovere della partecipazione.
    È evidente che questo tipo di comportamento non è tanto il frutto di un'ottica opportunistica, quanto di un disorientamento culturale e di mancanza di opportunità personali. Non a caso i giovani più propensi alla logica dell'adattamento sono quelli che dispongono di minor scolarizzazione e/o di un precario bagaglio culturale personale e familiare; che appartengono ai gruppi sociali meno abbienti o minacciati dal rischio della proletarizzazione; che vivono in contesti ambientali piuttosto marginali; che incontrano maggiore difficoltà nell'inserimento lavorativo e nella possibilità di esprimere l'appartenenza a gruppi ed aggregazioni di ogni tipo.
    La tendenza all'adattamento è cioè il segno di una povertà culturale, che non è sempre personale, ma che sicuramente afferisce l'intero sistema e le sue tensioni strutturali.

    L'estraneazione

    Un altro gruppo di giovani, molto meno consistente del precedente, sembra invece orientato ad una integrazione ambientale minimale.
    Nel territorio si studia, si lavora, si intrecciano relazioni personali e si soddisfano le varie esigenze di consumo. Tutto questo però avviene senza una reale condivisione dei valori che tali esperienze propongono, ma limitandosi ad utilizzare strumentalmente quei benefici che esse possono consentire, in termini di gratificazione e di sicurezze di vita.
    L'identità giovanile non si costituisce attraverso questi momenti, ma all'interno di interscambi e fruizioni che sono proiettivi in modo esclusivo delle nuove generazioni.
    Non vi è, in questo caso, un rifiuto critico radicale o una tensione conflittuale verso il sistema sociale, come avveniva per la generazione dei sessantottini. Piuttosto, l'atteggiamento culturale manifestato è quello di un disinteresse, una estraneazione, un parallelismo fra la vita privata (vissuta nel segno della espressività) e quella pubblica (caratterizzata da un opportunismo strumentale).
    È evidente che questo comportamento induce ad una staticità della cultura ambientale, che forse è tanto più negativa, rispetto a quella prodotta dal processo di adattamento, perchè meno motivata da bisogni strutturali.
    I giovani che si riconoscono in questa logica appartengono, infatti, per lo più, alle classi sociali medio-alte, dispongono di un buon background culturale, esprimono una socializzazione generazionale alternativa e totalizzante rispetto a quella che potrebbe derivare dall'appartenenza ad aggregazioni pluraliste presenti nel contesto ambientale.

    La conflittualità controllata

    Un altro gruppo di giovani, infine, la cui consistenza non è facilmente quantificabile, sembra porsi il problema della propria integrazione sociale come una sfida fra la propria identità generazionale ed i modelli dominanti nel contesto ambientale.
    La cultura espressa nei comportamenti ed atteggiamenti della vita quotidiana viene accolta criticamente, come un patrimonio non pienamente accettabile; il rinnovamento è proposto come una modalità specifica di utilizzo delle norme e delle occasioni che il sistema ambientale offre a tutti i cittadini.
    Il canale della partecipazione socio-politica diviene in questo caso un'esperienza privilegiata per mediare le regole complessive della convivenza con l'esigenza di rivendicare nuovi bisogni e di esprimere una diversa qualità di vita.
    Questo atteggiamento, critico e costruttivo nello stesso tempo, viene espresso principalmente da quei giovani che in qualche modo padroneggiano, con una identità e progettualità specifica, la complessità e le contraddizioni del sistema sociale.
    Si tratta cioè di persone che hanno già realizzato una opzione personale fra i tanti possibili modelli di comportamento e valori che l'ambiente consente e che, spesso, rinforzano la propria prospettiva, traducen-
    dola operativamente in una esperienza di aggregazione all'interno delle comunità intermedie (gruppi, associazioni, ecc.). Questo tratto culturale, al di là dei contenuti particolari che comporta, unifica questa categoria di giovani, facendo passare in secondo piano i differenziali della loro condizione strutturale. Esso esprime cioè un itinerario di crescita personale e di apertura alla socialità, che nella sua realizzazione è stato capace di portare ad un superamento degli handycaps che ostacolano l'integrazione ambientale delle nuove generazioni.

    LA PARTECIPAZIONE GIOVANILE NEGLI ANNI OTTANTA

    Dalla breve analisi tracciata risulta, dunque, che solo una modesta percentuale di giovani riesce a vivere una esperienza di autentica integrazione ambientale - anche se problematica e conflittuale -, segnata comunque dalla capacità di protagonismo e dalla tensione al rinnovamento.
    Questa fascia di ragazzi può porsi in questa prospettiva, non perchè disponga di una condizione privilegiata all'interno del sistema sociale, ma perchè sa «trattare» il problema della propria identità in modo coerente alle possibilità consentite dal processo di socializzazione, e non come un percorso parallelo rispetto al confronto/inserimento nelle maglie dell'organizzazione territoriale.
    È ovvio però che questa scelta e capacità soggettiva sono rese possibili dalla presenza di offerte di aggregazione e partecipazione e/o da una certa tradizione di associazionismo a fine politico/sociale. Laddove queste due condizioni vengono meno (è il caso ad esempio di aree rurali deprivate o di città, come quelle meridionali, segnate dalla disgregazione sociale e da una cultura individualistica), la quota di giovani orientata positivamente al coinvolgimento nella vita sociale, è di molto ridotta o, se tenta di reagire ai guasti della cultura ambientale, esprime una qualità partecipativa contraddittoria, che può toccare valenze eversive. Proprio la diversificazione fra le situazioni locali e la diversa articolazione delle tradizioni di offerta aggregativa, spingono a specificare i contenuti e la qualità della partecipazione giovanile in segmenti paralleli. Questo vario orientamento caratterizza la situazione degli anni Ottanta: più che nel riflusso e chiusura nel privato, l'esperienza partecipava delle nuove generazioni sembra interpretabile attraverso la categoria della discriminazione.
    I ragazzi del '68 e del post-'68 erano tutto sommato convergenti verso atteggiamenti, se non unitari, quanto meno coerenti e complementari; le spartizioni ideologiche apparivano poco frastagliate e comunque non creavano dicotomie nette a livello di utilizzo dei codici linguistici e comportamentali. Se erano diversi, i giovani sessantottini erano però sintonizzati su un comune stile di comunicazione e di progettualità. Le separazioni riguardavano piuttosto le modalità con cui realizzare il rinnovamento del sistema sociale.

    I contenuti e le modalità della partecipazione

    Nell'attuale situazione, invece, la tensione partecipativa dei ragazzi è più plurivascolare, selettiva; per questo sembra rafforzare la segmentazione dell'universo giovanile, contribuendo al moltiplicarsi (e allo stesso tempo alla disgregazione) delle identità culturali.
    I contenuti della partecipazione sono perciò molto differenziati, anche se i dati evidenziano la progressiva caduta dell'orizzonte politico a favore di un coinvolgimento giocato nell'area civile-sociale; la motivazione religiosa presenta una preferenza qualitativa, più che quantitvativa, che a sua volta provoca un frastagliamento di opzioni ed esperienze.
    Il tema della solidareità, apparentemente, aggrega le diverse espressioni partecipati-ve; in realtà, ad un esame più approfondito, si nota come esso possa essere diversificato in una gamma di posizioni, che vanno dalla partecipazione alle strutture istituzionali, alla realizzazione di forme autonome e spesso spontaneistiche di volontariato.
    Le logiche di antagonismo, supplenza, parallelismo, complementarietà sono tutte compresenti, producendo esiti non sempre omologabili e compatibili, pur all'interno di un comune riferimento ideologico.
    Ancora, va evidenziato che il contenuto solidaristico non evita alle forme di partecipazione giovanile l'emergenza di atteggiamenti corporativi. La disponibilità al servizio verso l'esterno può comportare una difesa ad oltranza della propria identità e la rivendicazione di esclusività, che inevitabilmente impoveriscono lo spessore progettuale e la compenetrazione ambientale delle varie esperienze.
    Infine, nella enucleazione dei contenuti e delle modalità della partecipazione giovanile, non va dimenticato che le analisi correnti sottolineano una certa pluraltià delle appartenenze e la discontinuità delle presenze operative.
    I giovani che esprimono una capacità di protagonismo sociale sono cioè relativamente pochi, ma riassumono in sè più prospettive di presenza ed intervento (rendendo compresenti, ad esempio, l'opzione religiosa in una data esperienza, quella politica in un'altra, quella di difesa ecologica in un'altra ancora), che essi stessi vivono però in modo parallelo, senza effettuare una sintesi progettuale.
    Questa disposizione soggettiva provoca un rapido esaurimento delle realizzazioni, una partecipazione spesso più nominale che reale, la confusione fra una azione di auto-sensibilizzazione ad un dato problema e l'effettiva assunzione di ruoli operativi.

    Quale qualità nella partecipazione sociale dei giovani?

    Partendo dai vari elementi evidenziati, è possibile ora tracciare una sintesi problematica dell'esperienza partecipativa dei giovani, che evidenzi la qualità complessiva del loro contributo alla realizzazione di una integrazione sociale che sia costruttiva per le nuove generazioni.
    È ovvio che l'analisi sociologica non può fornire giudizi di valore; essa ha però il compito di arricchire la comprensione di una data realtà, scavando nelle sue articolazioni e nelle motivazioni più profonde che orientano una particolare esperienza. È in questa prospettiva che va valutato l'insieme degli atteggiamenti e delle espressioni partecipative che i giovani vivono attualmente.
    I rilievi problematici riguardano soprattutto due dimensioni:
    - la partecipazione dei giovani si pone spesso come una esperienza di consumo, anche quando vuole affermare una capacità progettuale e protagonistica nei confronti del sociale. L'aggregazione a fini partecipativi viene spesso «utilizzata» per la propria crescita personale (per ragioni di auto-gratificazione, per realizzare un confronto più aperto con il sistema ambientale, per migliorare le proprie abilità e competenze), più che per porre dei segni di disponibilità effettiva nei riguardi di altre persone. Per questo, la partecipazione si esaurisce facilmente, non è sempre produttiva, spesso rincorre le «mode» piuttosto che i bisogni reali presenti sul territorio;
    - essa è omologabile alle condizioni e valori della cultura sociale, piuttosto che innovativa. Se differenti e contestativi possono essere i contenuti espressi nelle varie esperienze, tuttavia la tensione partecipativa dei giovani ripropone alcune caratteristiche di fondo della realtà ambientale, che non riesce neppure a tematizzare
    La frammentarietà delle appartenenze, la stratificazione delle discriminazioni alla base delle scelte partecipative, la difficoltà di costruire sintesi progettuali a livello soggettivo e comunitario, sono tutti indicatori problematici che rivelano la riproposizione acritica del pluralismo statico di ruoli e funzioni con il quale il sistema socio-culturale ambientale dissolve l'unitarietà della persona umana.
    Considerando questi due aspetti, è possibile formulare una interpretazione complessiva della partecipazione giovanile: questa esperienza può avere un valore positivo nel processo di crescita e maturazione personale delle nuove generazioni, ma non riesce a realizzare una funzione egualmente efficace sul piano della aggregazione orizzontale e su quello della integrazione ambientale.
    Ciò costituisce un limite insormontabile: di fatto, la partecipazione sociale dei giovani resta confinata ad essi, non si allarga ad altre fasce di popolazione, non viene proseguita neanche dagli stessi suoi protagonisti, una volta divenuti adulti.
    In questa nuova situazione, infatti, c'è la rinuncia a questa dimensione ed il rifugio nell'orizzonte individuale di vita, oppure mutano sostanzialmente i contenuti e le modalità di coinvolgimento nella realtà ambientale.

    L'ITINERARIO DI VERIFICA EMPIRICA

    Proposta una prospettiva ed alcuni contenuti problematici per la lettura del fenomeno partecipativo, come sempre, offriamo ora una pista per verificare empiricamente quanto i giovani realizzano nella loro esperienza.
    Lo schema che proponiamo mette in luce tre momenti specifici della riflessione fatta: specifica le ipotesi, individua le variabili, elenca gli indicatori relativi a singole ipotesi e variabili.
    Lo schema operativo che offriamo (vedi alla pagina 56) diverso da quello presentato nei numeri precedenti della rivista. Vogliamo allontanarci un po' dall'impostazione molto pratica dei precedenti contributi, per offrirne un'altra che è in continuazione con la precedente (2) e che può sostituirla in una fase più avanzata di acquisizioni tecniche.
    Invece della tripartizione: «dati strutturali», «dimensioni dell'oggetto e problematiche connesse», «indicatori», parliamo adesso direttamente di «ipotesi», «variabili», «indicatori». La tripartizione precedente guidava direttamente alla formulazione del questionario; quella di adesso stimola piuttosto a tener presente, nella fase progettuale, la stretta connessione tra ipotesi, variabili e indicatori.

    ESEMPLIFICAZIONI OPERATIVE: L'ANALISI TEMATICA

    Nelle esemplificazioni operative offerte finora abbiamo fatto un lento cammino dalla raccolta alla elaborazione dei dati e alla lettura della loro rappresentazione in tabelle e/o grafici.
    La lettura dei dati, l'analisi delle tabelle risulterebbe troppo frammentaria se non si cercasse di ottenere delle sintesi conoscitive. Una delle vie per giungere a queste sintesi è l'analisi tematica. Vogliamo pertanto offrire delle indicazioni circa la lettura tematica dei dati, che costituisce un approfondimento e una qualificazione dell'analisi.
    Con essa, si intende collegare fra loro varie dimensioni, che concorrono tutte ad esprimere una data situazione. In tal modo, quella separazione artificiale che si opera per meglio cogliere i diversi momenti di una realtà, viene superata da una ricomposizione sintetica, che meglio aderisce alla complessità ed articolazione con cui si realizzano le diverse esperienze.

    Gli elementi dell'analisi tematica

    Per meglio comprendere il passaggio da una mera analisi descrittiva ad una elaborazione tematica, è opportuno tenere presenti alcuni elementi fondamentali, che costituiscono l'itinerario attraverso cui si realizza questa fase di ricerca.
    Se può apparire abbastanza ovvio che un'analisi tematica comporti la capacità di selezionare i diversi tipi di approccio per scegliere quello più adatto, più corretto, più efficace nel caso specifico, non è detto però che sia sempre facile trovare la prospettiva migliore da cui partire.
    Molte volte, ciò che il buon senso personale o le indicazioni correnti nella ricerca empirica indicano come il criterio più opportuno, può rivelarsi in realtà poco produttivo.
    Una buona analisi tematica comporta anzi, molto spesso, la capacità di rischiare una prospettiva insolita per leggere insieme determinati fatti.
    Lo sviluppo di questa traccia può non approdare a nulla, rendendo necessario ricominciare da capo. Può essere però che riveli elementi interessanti, che inquadrano in una luce diversa i risultati di cui si dispone. Ciò non vuol dire però avventurarsi ogni volta su itinerari diversi. In genere il ricorso a nuove prospettive dovrebbe essere effettuato quando quelle già codificate nella riflessione della ricerca sociale non appaiano sufficienti o diano esiti differenti rispetto a ciò che è già acquisito e consolidato nelle altre analisi empiriche.
    Una volta che si sia acquisito il taglio tematico con cui isolare un certo aspetto dell'intero orizzonte della ricerca, è necessario individuare tutti i dati che possono rientrare in quell'ottica.
    Bisogna inoltre tornare alla formulazione iniziale delle ipotesi di ricerca, non solo per trovare conferma della loro efficacia, quanto soprattutto per recuperare la scansione con cui erano stati inizialmente apprestati i vari strumenti per la ricerca empirica. Per attuare concretamente la tematica selezionando i dati che interessano, si deve tornare al questionario e reperire le domande o parti di esse che si riferiscono al tema e alla prospettiva scelta. Individuate le fonti di informazione sul tema, si può organizzare lo sviluppo dello stesso seconda un ordine di successione relativo al taglio che si vuol dare.
    Nell'analisi tematica, il ricorso a singoli items di domande risulta a volte molto interessante. Si riesce a cogliere infatti indirettamente atteggiamenti e orientamenti che concorrono a strutturare comportamenti e opinioni. In questo modo si possono verificare alcuni fattori che giocano un ruolo significativo su aspetti della tematica, anche se in forma implicita e forse indiretta.
    La selezione dei dati da assumere a livello di ricerca tematica può riguardare anche il recupero ed utilizzo di materiali non desunti dalla propria indagine, ma ricavati da altre fonti e richiamati per chiarire alcuni aspetti problematici dei risultati ottenuti.
    La fase operativa più importante è indubbiamente quella di confronto fra i vari dati disponibili ed aggregazione degli stessi in funzione dei vari criteri analitici.
    La comparazione deve aiutare a cogliere se ed in che misura i diversi riscontri effettuati su un certo tema siano omogenei o eterogenei e quali siano gli elementi che intervengano a strutturare o destrutturare l'orizzonte in cui si realizza una certa esperienza. In questa prospettiva, possono essere ricavate dalle aggregazioni basate su selettori strutturali (che possono evidenziare la coerenza di determinati atteggiamenti a partire da alcune caratteristiche proprie dell'intervistato); oppure, fatto molto più importante, è possibile rintracciare delle differenziazioni, anche all'interno di una tipologia costante di manifestazioni.
    Classica nell'analisi sociale è la determinazione ed incoerenza fra opinioni e comportamenti, o ancora, fra generalizzazione e personalizzazione di una data opinione.

    L'apporto offerto dall'analisi tematica

    L'esito dei tre elementi evidenziati è importante perché porta ad una riformulazione descrittiva del materiale di ricerca, in quanto inquadra ogni dato in un contesto ricco di nessi ed interazioni, che valorizzano la portata di quella particolare emergenza.
    L'analisi tematica però ha anche un altro valore: contribuisce ad evidenziare i problemi che sono oltre i dati stessi, sottolineando le smagliature che spesso caratterizzano le varie esperienze e le logiche complessive in cui si realizzano le azioni sociali.
    In questo senso l'analisi tematica introduce, approssimandola, l'interpretazione dei fenomeni studiati.
    La partenza di alcune omogeneità/disomogeneità non può ovviamente essere confusa con il criterio di casualità; però, problematicamente, offre le ipotesi per la ricerca dei fattori che contribuiscono a determinare i vari atteggiamenti e comportamenti.
    Occorre ancora aggiungere una considerazione. Oltre al suo valore intrinseco, l'analisi tematica è significativa, in modo specifico, nell'attuale contesto socio-culturale, dominato dalla frammentarietà e dalla «torsione» fra i vari livelli esperienziali e di rappresentazione simbolica.
    È quindi uno strumento che può evidenziare, a livello complessivo, la stratificazione dei sistemi di significato e il pluralismo delle manifestazioni con cui la realtà si propone; a livello soggettivo, invece, le tensioni e disarticolazioni del tessuto che compone la vita quotidiana di un individuo.
    I risultati a cui giunge un'analisi tematica mostrano, in queste situazioni, come le aggregazioni comportamentali e ideologiche siano di corto respiro, flessibili, labili, negando la possibilità di compattare i vissuti personali su una identità specifica che sia globalmente condivisibile.
    La coincidenza fra l'illustrazione metodologica dell'analisi tematica e la proposta contenutistica della partecipazione sociopolitica giovanile, non è pertanto casuale.

    1986-9-56

    NOTE

    (1) Fare ricerca nel territorio di animazione: come e perché 1/2 (NPG 1986/2-3).
    Materiali per un'indagine su giovani e aggregazione (NPG 1986/5).
    Materiali per un'indagine su giovani e affettività (NPG 1986/6).
    Materiali per un'indagine su giovani e religione (NPG 1986/8).
    (2) Materiali per un'indagine su giovani e religione (NPG 1986/8).


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