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    Il sacro cerchio del popolo delle praterie


    Campo estivo per preadolescenti

    a cura di Gaetano Pozzato

    (NPG 1986-02-72)


    Un vivace gruppo di oltre una cinquantina di ragazzi e ragazze di prima e seconda media della parrocchia di S. Pancrazio al Porto di Verona ha vissuto un originale campo estivo.
    Per una settimana hanno condotto la vita di tribù degli «uomini rossi» delle grandi praterie.
    Gli animatori che hanno progettato il campo presentano l'esperienza elaborata e vissuta attraverso questo sussidio.

    * È da notare anzitutto che il campo non è stato un momento isolato, pensato a sé stante per impegnare i ragazzi durante l'estate ma si inseriva nell'itinerario triennale di maturazione per i ragazzi delle medie.
    Questo itinerario aveva come punto culminante la cresima e poi l'inserimento nel gruppo adolescenti.
    Il campo quindi riecheggiava e faceva sperimentare ai ragazzi valori più volte presentati nel giro dei tre anni. Voleva quasi essere un «ambiente di esercizio» di questi valori.

    * Volevamo far vivere ai ragazzi un campo che non fosse «a parentesi»: la parentesi della riflessione, quella della ricreazione, quella della preghiera.
    Non volevamo che ci fosse il momento del la «proposta» e poi quello della «libertà», ma un unico valore (o vari valori) sperimentati e interiorizzati nel gioco, nella riflessione, nella celebrazione.

    * Il metodo che abbiamo provato ad usare era articolato in tre fasi:
    - far vivere ai ragazzi una esperienza, un'avventura che li coinvolgesse completamente: nel movimento, nella fantasia...;
    - riflettere su quanto vissuto «allargandolo» e capendolo alla luce della parola di Dio;
    - dare espressività simbolica a tutto questo in una celebrazione.
    Volevamo anche che il campo rimanesse nella «memoria» del gruppo, che diventasse una di quelle esperienze riguardo alle quali i ragazzi dicono anche a distanza di anni: «... ti ricordi? ... come è stato bello!».
    Per questo l'abbiamo «colorata» di avventura e di quel po' di straordinario che entusiasma i preadolescenti.
    Abbiamo scoperto che tutta questa ambientazione fantastica e avventurosa è una efficace modalità capace di scatenare questa «registrazione in memoria» nell'area delle esperienze ricche e indimenticabili e da raccontare nel tempo.

    * La meta educativa che ci proponevamo di raggiungere era quella di aiutare i ragazzi ad occupare il loro posto nella comunità e nella vita. Dio ha pensato tutto il mondo in una meravigliosa armonia. Ogni cosa e ogni uomo ha il proprio posto per il bene di tutti.
    È un valore che abbiamo trovato molto presente nella concezione di vita del popolo delle praterie (gli Indiani d'America). Abbiamo quindi ambientato fantasticamente il campo prendendone il titolo dagli scritti degli indiani: «il sacro cerchio del popolo delle praterie».
    Le attività, i giochi, i vestiti... li abbiamo pensati dopo aver fatto un po' di ricerche sulla vita degli indiani.
    Alla fine o all'inizio di ogni esperienza, veniva data una scheda ad ogni ragazzo che serviva per capire, approfondire, celebrare.
    Indirettamente e anche direttamente invitavamo i ragazzi a prendere le distanze da alcuni fenomeni e ad esprimere un giudizio riguardo ad alcuni aspetti negativi della nostra società, quali:
    - la tendenza all'individualismo e alla chiusura;
    - il consumismo e la sete di comodità;
    - la resistenza a disturbarsi per gli altri;
    - l'atteggiamento di chi si ritiene padrone assoluto della natura e della vita.

    1. I PREPARATlVI PER SFUGGIRE DALLA RISERVA
    (Prima serata)

    Una settimana prima del campo abbiamo riunito i ragazzi ed abbiamo creato dei momenti preliminari che facilitassero la loro identificazione con il popolo degli indiani (mimi, ombre cinesi, ecc.) e con una situazione particolarmente drammatica.
    Questo il contenuto della notizia: «I bianchi ci hanno chiuso in recinti, ci hanno messo in riserve. Vogliono costringerci a vivere come loro. Questo non è bene per noi. Organizziamo una fuga. Attenzione però a non farsi scoprire dagli uomini bianchi! Entro pochi giorni ognuno di voi riceverà ordini dai capi tribù (animatori) e dall'uomo del Grande Spirito (il sacerdote)».
    Il giorno seguente fu inviata una lettera segreta (del cui messaggio dovevano mantenere il segreto) che comunicava a ciascuno la tribù di cui avrebbe fatto parte ed il luogo segreto del quartiere dove avrebbe dovuto incontrarsi con la tribù. Naturalmente tutto in segreto, senza farsi notare dagli altri.
    Per una settimana ogni gruppo si trovò a preparare l'occorrente per la grande partenza (tenda indiana, totem, vestito da indiano, tamburi...).
    La sera della fuga ogni tribù è partita con il proprio capo tribù, sempre in gran segreto. Sono stati depositati ad alcuni chilometri di distanza dalla residenza di montagna prestabilita. Occorreva raggiungerla a piedi, attraversando il grande parco, senza farsi scorgere dagli uomini bianchi che, in agguato, avrebbero tentato di riportarli alle riserve.
    Questa grande avventura, conclusasi a notte inoltrata, ha segnato l'inizio del campo
    con la nota di una grandissima partecipazione emotiva (Scheda/1).

    Scheda/1 - MESSAGGIO SEGRETO

    Sono accadute cose che non piacciono al popolo degli Indiani. I bianchi ci hanno chiuso in recinti, ci hanno messo in riserve. Vogliono che impariamo a vivere come loro. Ma questo non è bene per noi.
    Noi siamo nati nella prateria dove il vento soffia libero e non vi è nulla che spezzi i raggi del sole. Siamo nati dove non ci sono recinti e ogni cosa respira liberamente.
    Attorno a noi vediamo egoismi. I bianchi non si amano, si combattono e si imbrogliano tra di loro.
    Noi non vogliamo vivere così.
    Fuggiamo nella prateria per vivere secondo le nostre antiche leggi.

    Tu fai parte della gloriosa tribù degli
    ...............................................................

    Per organizzare la fuga del nostro popolo, trovati il giorno
    ...............................................................

    Luogo
    ...............................................................

    Non parlare con nessuno, non tradire la tribù.

    Ti aspetto.
    Il Capo Tribù e l'uomo del Grande Spirito

    2. TRAPPOLE SUL SENTIERO
    (Seconda giornata)

    L'obiettivo della giornata era far sperimentare che esistono atteggiamenti che sono come «trappole». Se ci caschiamo dentro non riusciamo più a realizzare un modo di vivere felice. Ricaschiamo nel modo di vivere degli... «uomini bianchi».
    Queste le attività:
    - abbiamo diviso il parco in territori disuguali e affidato ad ogni tribù il proprio territorio;
    - abbiamo poi diffuso la notizia che avrebbe comandato al campo chi avesse avuto il territorio più grande e il maggior numero di prigionieri;
    - provocato l'inizio delle ostilità è scoppiata la guerra (un grande gioco) per il sopravvento di una tribù sull'altra.
    Gli animatori aizzano appositamente la competitività, litigano tra di loro, creano tensione e discordia;
    - verso sera, l'uomo del Grande Spirito provoca una tregua e raduna tutte le tribù per calmare la tensione. Qualcuno brontola: è stanco di litigi. L'uomo del Grande Spirito fa notare che così facendo non siamo migliori dei «bianchi». La divisione e la sete di comandare non ci fa contenti. Ricorda le antiche tradizioni e si decide di ricostruire il «sacro cerchio della nazione»;
    - tutti vestiti da indiani, con un cerimoniale che crea una certa suggestione, danziamo la danza del cerchio con cui si mette fine alle ostilità. Riuniti poi nella tenda gran Consiglio (una stanza addobbata all'indiana), con l'aiuto di una scheda cerchiamo di capire il significato del «cerchio della nazione» (fraternità, rispetto, aiuto reciproco, sintonia e rispetto della natura, ecc.);
    - alla fine viene indetta per il giorno dopo la «danza del sole» (la grande festa per essere popolo);
    - ma prima bisogna purificarsi, deporre ogni ostilità... quindi a sera facciamo una celebrazione penitenziale deponendo tutti gli atteggiamenti di egoismo e di divisione, e predisponendoci a vivere bene il giorno dopo e tutto il campo (Scheda/2a e Scheda/2b).

    Scheda/2a - IL SACRO CERCHIO DELLA NAZIONE

    Parole sapienti
    Le tribù ascoltano le parole sapienti che giungono da lontano.
    Avete osservato che tutto ciò che un indiano fa è in un circolo, e questo perché il Potere del Mondo sempre lavora in circoli, e tutto cerca di essere rotondo. Nei tempi andati, quando eravamo un popolo forte e felice, tutto il nostro potere ci veniva dal cerchio sacro della nazione, e finché quel cerchio non fu spezzato, il popolo fiorì. L'albero fiorente era il centro vivente del cerchio, e il circolo dei quattro quadranti lo nutriva. L'est dava pace e luce, il sud dava calore, l'ovest dava la pioggia, e il nord, col suo vento freddo e potente, dava forza e resistenza. Questo sapere ci veniva dal mondo dell'aldilà, con la nostra religione. Tutto ciò che il Potere del Mondo fa, lo fa in un circolo. Il cielo è rotondo, e ho sentito dire che la terra è rotonda come una palla, e che così sono le stelle. Il vento quando è più potente, gira in turbini. Gli uccelli fanno i loro nidi circolari, perché la loro religione è la stessa nostra. Il sole sorge e tramonta sempre in un circolo. La luna fa lo stesso, tutt'e due sono rotondi. Perfino le stagioni formano un grande circolo, nel loro mutamento, e sempre ritornano al punto di prima. La vita dell'uomo è un circolo dall'infanzia all'infanzia, e lo stesso accade con ogni cosa dove un potere si muove. Le nostre tende erano rotonde, come i nidi degli uccelli, e inoltre erano sempre disposte in circolo, il cerchio della nazione, un nido di molti nidi, dove il Grande Spirito voleva che noi covassimo i nostri piccoli (Alce Nero della tribù dei Sioux).

    Slogan
    Grande Spirito, quanto sei sapiente!
    per ogni cosa ha pensato il suo posto!
    tutto si compone
    nell'armonia del Grande Circolo.

    Preghiera di tutta la nazione
    Salmo 103: tutta la creazione canta.
    Noi siamo una parte della terra
    Sappiamo che l'uomo bianco non comprende i nostri costumi.
    Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come se fossero semplicemente delle cose da acquistare, prendere e vendere come si fa con i montoni o con le pietre preziose. Il suo appetito divorerà tutta la terra e a lui non resterà che il deserto.
    Non esiste un posto accessibile nelle città dell'uomo bianco. Non esiste un posto per vedere le foglie ed i fiori sbocciare in primavera, o ascoltare il fruscio delle ali di un insetto. Ma forse è perché io sono un selvaggio e non posso capire.
    Il baccano sembra insultare le orecchie. E quale interesse può avere l'uomo a vivere senza poter ascoltare il rumore delle capre che succhiano l'erba o il «chiacchierio» delle rane, la notte, attorno ad uno stagno? Io sono un uomo rosso e non capisco. L'indiano preferisce il suono dolce del vento che slanciandosi come una freccia accarezza la faccia dello stagno, e preferisce l'odore del vento bagnato dalla pioggia mattutina, o profumato dal primo pieno di pigne.
    L'aria è preziosa per l'uomo rosso, giacché tutte le cose respirano la stessa aria: le bestie, gli alberi, gli uomini tutti respirano la stessa aria. L'uomo bianco non sembra far caso all'aria che respira. Come un uomo che impiega parecchi giorni a morire resta insensibile alle punture.
    Io sono un selvaggio e non conosco altro modo di vivere. Ho visto un migliaio di bisonti imputridire sulla prateria, abbandonati dall'uomo bianco dopo che erano stati abbattuti da un treno che passava. Io sono un selvaggio e non comprendo come il «cavallo di ferro» tutto fumante, possa essere più importante dei bisonti, quando noi li uccidiamo solo per assicurarci un mezzo per sopravvivere.
    Che cosa è l'uomo senza le bestie?
    Se tutte le bestie sparissero, l'uomo morirebbe di una grande solitudine nello spirito. Poiché ciò che accade alle bestie, prima o poi accade all'uomo. Tutte le cose sono legate tra di loro.
    Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all'uomo, bensì è l'uomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo. Tutte le cose sono legate tra loro come il sangue che unisce i membri della stessa famiglia. Tutte le cose sono legate tra loro.
    Tutto ciò che si fa per la terra, lo si fa per i suoi figli. Non è l'uomo che ha tessuto le trame della vita: egli ne è soltanto un filo. Tutto ciò che egli fa alla trama lo fa a se stesso.
    Nuocere alla terra è come ricoprire d'ingiurie il suo Creatore (Capo Seattle).

    Scheda /2b - CELEBRAZIONE

    Le tribù pongono i segni che indicano la volontà di diventare «cerchio armonioso» con gli uomini e la natura.

    1. Chiamati per nome

    Canto (es.: Era un giorno come tanti altri).

    L'uomo del Grande Spirito
    Tu hai un nome, sei «qualcuno»;
    fin da quando sei nato
    il Grande Spirito
    ti ha amato.
    Nel giorno in cui sei stato immerso nell'acqua
    col bagno sacro del battesimo
    sei stato chiamato per nome
    e inserito nel cerchio armonioso
    del suo corpo che è il popolo del Signore.
    Quando lo Spirito Grande è sceso su di te,
    di nuovo sei stato chiamato per nome
    e ti è stato assegnato il «tuo» posto.

    Ascolto delle Sacre Scritture
    - Rom 12, 1-8;
    - Rom 8,19-23. 28-30.

    Dialogo

    1 - Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.
    2 - Se anche tuo padre e tua madre ti abbandonassero, io non ti abbandonerò, dice il tuo Signore.
    1 - Non temere, io ti ho liberato, ti ho chiamato per nome.
    2 - Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo.
    1 - Noi, pur essendo molti, siamo un solo cerchio, e un filo invisibile ci lega gli uni agli altri.
    2. Segni di tradimento

    Canto (es.: Stasera sono a mani vuote, o Dio).
    Tanti gesti della vita di tutti i giorni spezzano l'unità armoniosa del cerchio della nazione.

    Rifletti e scrivi:
    - i segni di tradimento della tua vita personale;
    - i segni di tradimento della tua vita con gli altri, con il gruppo (tribù), con la comunità (popolo);
    - i segni di tradimento nella «tribù» della famiglia e della scuola;
    - i segni di tradimento nei tuoi rapporti con «il Grande Spirito».
    Ogni volta che hai compiuto uno di questi gesti che hai elencato qui sopra, hai spezzato il cerchio armonioso della nazione.
    Esprimilo con i gesti: sporcati le mani con la cenere o il fango.

    3. Purificazione

    Canto (es.: Se m'accogli mio Signore).
    - Recita del «Padre nostro».
    - Ci purifichiamo le mani per esprimere la nostra intenzione.
    - Per ricordartelo bene, scrivi: cosa dovrebbe portarti questo campo? quale atteggiamento nuovo dovresti imparare in questi giorni?

    4. Un cerchio nuovo trasfigurato dalla luce

    Accendi la tua luce e rifacciamo il cerchio, esprimendo la nostra intenzione di vivere secondo le regole del sacro cerchio della nazione.

    Preghiera per il nostro campo
    C - Domani sarà un altro giorno: un giorno nuovo. Tutti si addormentano pensando al domani e sognando. Anche noi, segnati dal tuo amore vogliamo sognare con te, Signore.
    1 - Noi sogniamo un mondo più giusto, un mondo dove i ricchi non sfruttino i poveri e i poveri non si lascino sfruttare dai ricchi.
    2 - Noi sogniamo un mondo di pace in cui non ci sia più la guerra, in cui bianchi e neri si tengano per mano e camminino verso di te.
    T - Tra le tue braccia ritroviamo la forza per assumerci le nostre responsabilità, domani, e domani ancora, per sempre.
    1 - Noi sogniamo una città dove ci sia spazio e verde per i bambini e gli anziani, dove non ci siano delitti e delinquenza, dove si respiri aria buona e non veleni.
    2 - Noi sogniamo di salire sulle montagne più alte della terra e di vedere la pace del mondo: niente guerra, niente fame, niente malattie.
    T - Tra le tue braccia ritroviamo la forza...
    1 - Noi sogniamo l'amore, perché senza amore non possiamo neppure prendere sonno.
    2 - Noi sogniamo di cominciare da capo, senza che il passato e il peccato pesino troppo su di noi: nuovi dentro, nuovi nel coraggio di fare, nel nostro piccolo, un mondo nuovo.
    T - Tra le tue braccia ritroviamo la forza...
    1 - Noi sogniamo che domani la gente si tolga la maschera: che ognuno abbia fiducia negli altri.
    2 - Noi vogliamo toglierci la nostra maschera: vogliamo essere leali, sinceri con tutti.
    T - Tra le tue braccia ritroviamo la forza...
    1 - Noi sogniamo un mondo dove i giovani abbandonino la paura e la vigliaccheria.
    2 - Vogliamo costruire a poco a poco con coraggio un mondo più nostro, più tuo, Signore, che ora ci accogli tra le tue braccia.
    T - Tra le tue braccia ritroviamo la forza...

    5. Preghiera conclusiva

    Signore, stiamo partendo
    con la nostra avventura,
    ti preghiamo:
    veglia sul nostro campo,
    come hai vegliato su Israele tuo popolo,
    accampato nel deserto.
    Come allora prendi dimora tra le nostre tende,
    e sii per noi riposo nella fatica
    e riparo da ogni pericolo,
    guidaci a vivere questi giorni in amicizia
    profonda, tra di noi e con te,
    attenti alle necessità degli altri,
    rispettosi della tua creazione,
    sempre lieti per la tua amicizia.
    Il campo è un'occasione
    che mi doni di vivere una sola volta all'anno.
    Aiutami a viverla intensamente
    a non sprecare nessuna occasione
    che possa rendermi un po' migliore.
    Per non essere di inciampo alla vita del campo
    mi impegno, Signore,
    ad osservare volentieri
    «le regole del gioco»
    perché si stabilisca una armoniosa unità
    e così impari ad osservare
    le regole della vita. Amen.

    3. LA DANZA DEL SOLE
    (Terza giornata)

    L'obiettivo era quello di far sperimentare la festa come luogo di unione, di fraternità e luogo dove si mettono in risalto i valori più importanti di un gruppo, ricollegandosi alla memoria del gruppo.
    Tutta la giornata era imperniata sul preparare e vivere una grande festa in stile indiano con:
    - preparazione di danze (aiutati da un esperto);
    - proclamazione della «legge del popolo delle praterie» che avrebbe guidato durante il campo;
    - pranzo di festa;
    - una celebrazione eucaristica, verso sera, vissuta come la grande festa che fa diventare popolo e che ha permesso di illuminare con la parola di Dio quanto stavamo vivendo quel giorno: solo chi è popolo riesce a far festa, facendo la festa dell'Eucarestia ci alleniamo ad essere il popolo di Dio;
    - alla sera, tutti vestiti da indiani, con tamburi ecc., andiamo a far festa nella piazza del paese con i nostri canti e le nostre danze.
    Le danze sono riuscite a far percepire ai ragazzi che altro è far baldoria, altro è fare festa. Baldoria si può farla da soli (ci si può ubriacare da soli), ma: «io oggi per fare le danze ho dovuto combinare i miei passi con quelli degli altri», così si è espresso un ragazzo alla fine della giornata.
    Avevamo fatto percepire che la festa ci fa popolo, e per fare bene festa bisogna essere popolo (Scheda/3).

    Scheda /3 - LA DANZA DEL SOLE

    Slogan
    Quando si condividono ideali comuni, viene la voglia di far festa insieme.
    Le tribù della prateria avevano grande rispetto dell'armonia del creato e delle leggi che governavano il popolo degli Indiani.
    Per questo ogni anno si incontravano per molti giorni per fare la danza del sole.
    Si sentivano così più «popolo», più uniti, e ognuno poteva mostrare la sua bravura per il bene di tutti e il suo impegno nel rispettare le leggi che il Grande Spirito aveva fatto conoscere.

    La legge del popolo delle praterie
    1. Grande Spirito, la cui voce sento nel vento, ascolta: io vengo davanti al tuo volto come un tuo figlio.
    Il Grande Spirito creò la terra, e fu come avesse spiegato un immenso telo. Sopra vi mise gli Indiani. Furono creati qui, parola d'onore, e ciò accadeva al tempo in cui questo fiume iniziò a scorrere.
    Poi Dio creò i pesci di questo fiume e mise i daini nelle montagne e fece leggi che permisero ai pesci e alla selvaggina di proliferare. Poi il Grande Spirito diede a noi Indiani la vita.. . (Weninok, capo degli Yakima).
    2. Le mie mani devono essere piene di rispetto per le cose che tu hai creato.
    Non è forse il cielo un padre, e la terra una madre, e tutte le creature viventi dotate di piedi, di ali, di radici i loro f gli? (Alce Nero, Sioux) .
    Ogni lucente ago di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma nei boschi, ogni radura e ogni ronzio, è sacro (Capo dei Seattle).
    3. Fa' che io sia sempre pronto ad aiutare il mio prossimo chiunque esso sia, e a donargli cibo, beni e vestiti.
    Gli Indiani non conoscono né il tuo né il mio, poiché si può dire che quanto appartiene all'uno è anche dell'altro. Se un indiano non riesce a catturare i castori, i compagni lo aiutano senza essere pregati. Se il suo fucile scoppia o si rompe, ognuno si premura di offrirgliene un altro. . . (un viaggiatore del 1700).
    Falco Nero è un vero Indiano, è troppo sdegnoso per piangere...
    Il suo dolore è tutto per sua moglie, per suo figlio e per i suoi amici. Ma non si cura di quello che accadrà alla sua persona. Si preoccupa della sua nazione e dei suoi Indiani (l'ultimo discorso di Falco Nero dei Fox).
    4. Fa' che sia felice per il poco di cui mi accontento e che possiedo.
    Ricordo i tempi in cui i bisonti erano tanti che non li si poteva contare, ma poi i bianchi cominciarono a venire sempre più numerosi e si misero ad ucciderli finché non rimasero che mucchi sparsi di ossa nei luoghi dove erano soliti vivere i bisonti.
    I bianchi non li uccidevano per mangiare, li uccidevano per il metallo che li rende pazzi, e si prendevano le pelli soltanto per venderle.
    Capivo che i bianchi non si curavano degli altri bianchi come faceva la mia gente prima che il cerchio della nazione fosse spezzato.
    Ognuno prendeva all'altro tutto quello che poteva e così c'erano alcuni che avevano più di quanto poteva servire loro, e moltitudini di altri non avevano proprio nulla e forse morivano di fame (Alce Nero dei Sioux).

    Preghiera dei Sioux
    Grande Spirito, la cui voce sento nel vento,
    il cui soffio dà la vita a tutto il mondo,
    ascolta!
    Io vengo davanti al tuo volto, come un tuo figlio.
    Ecco io sono debole e piccolo davanti a te;
    ho bisogno della tua forza e della tua sapienza.
    Fammi gustare la bellezza del creato
    e fa' che i miei occhi contemplino il tramonto
    rosso di porpora.
    Le mie mani devono essere piene di rispetto
    per le cose che tu hai creato,
    e per gli insegnamenti che tu hai nascosto
    in ogni foglia e in ogni roccia.
    Io desidero la forza,
    non per essere superiore ai miei fratelli,
    ma per combattere il mio più pericoloso nemico:
    me stesso.
    Fammi sempre capace di venire a te
    con mani pure e con sguardo sincero,
    affinché il mio spirito,
    quando la vita svanirà come il sole al tramonto,
    possa giungere a te senza doversi vergognare.

    La festa «allo spezzar del pane»

    Letture
    - Col 3, 12-17;
    - Sal 8;
    - 1 Cor 9, 24-27;
    - Mt 5, 3-12.

    4. LA GRANDE CACCIA
    (Quarta giornata)

    L'obiettivo della giornata era far capire e toccare con mano che ognuno deve occupare con lealtà il proprio posto per il bene di tutti. Se uno bada più ai propri comodi che a tutta la comunità, tutti ci rimetteranno.
    La giornata era impostata su un grande gioco di movimento, con spostamenti nei paesi vicini a «caccia di bisonti». Una specie di caccia al tesoro con varie prove, ecc... che procedeva a punteggio.
    Una regola segreta faceva aumentare o perdere stranamente i punti.
    Questo creò per tutta la giornata una buona «suspence» riguardo a questa regola segreta.
    Alla sera riflettendo nella tenda del Gran Consiglio, con l'aiuto della scheda i ragazzi scoprirono quale era la regola segreta che intralciava il cammino: ogni volta che qualcuno non osservava le «regole del sacro cerchio», faceva perdere tutta la tribù. Così scoprirono che durante il giorno erano caduti nella trappola del consumismo, della non-collaborazione, dell'emarginazione dei meno bravi (Scheda/4).

    Scheda/4 - LA GRANDE CACCIA

    Nella grande prateria, ogni caccia non è fatta a caso: ha le sue regole precise, tracce, appostamenti...
    Ma gli uomini della prateria hanno sempre l'attenzione a non rompere il «cerchio sacro».
    C'è sempre il rispetto per la natura e l'aiuto per il più debole.
    Non osservare le regole, non tenere il proprio posto, significa essere «sbalzato di sella» e magari far fallire la caccia.

    Dai racconti di Alce Nero dei Sioux
    Quando il sole era già alto nel cielo, i consiglieri trovarono un posto per accamparsi, dove c'era legna e anche acqua; mentre le donne cucinavano in tutta la cerchia del villaggio, sentii dire che le vedette stavano ritornando, e sulla cresta di un colle vidi tre uomini a cavallo che arrivavano. Cavalcarono fino alla tenda del consiglio, nel centro del villaggio, e tutti si avvicinarono per ascoltare.
    Allora il consigliere disse: «Vi sarò grato. Ditemi tutto ciò che avete visto da quelle parti».
    La vedetta rispose: «Dall'altra parte di quella montagna non c'erano che bisonti, per tutta la regione».
    Allora il banditore gridò come cantando: «I vostri coltelli verranno arrotati, le vostre frecce verranno affilate. Preparatevi, fate presto; approntate i vostri cavalli! Usciremo con frecce. Faremo moltissima carne».
    Tutti cominciarono ad affilare i coltelli e le frecce e ad approntare i cavalli migliori per la grande raccolta di carne.
    Poi uscimmo verso il luogo dove erano i bisonti. Davanti a tutti cavalcava la banda dei guerrieri, su un fronte di venti uomini, e chiunque osasse sorpassarli veniva buttato giù dal cavallo. Essi mantenevano l'ordine, e tutti dovevano ubbidire. Poi venivano i cacciatori, per file di cinque. La gente seguiva dietro. Allora il capo dei consiglieri fece un giro, per scegliere i migliori cacciatori sui cavalli più veloci; poi disse loro: «Eccellenti giovani guerrieri, parenti miei, so che il vostro lavoro è buono. Quello che voi fate è sempre buono; cosi oggi farete mangiare i deboli. Forse alcuni sono vecchi o deboli, senza figli, oppure sono donne con bambini e senza marito. Voi li aiuterete, e tutto ciò che uccidete sarà per loro».

    Lettura
    1 Cor 12, 12-26.

    5. BENVENUTO NELLA MIA TENDA
    (Quinta giornata)

    L'obiettivo della giornata era quello di far sperimentare un atteggiamento poco presente nella nostra società, ma molto vivo presso il «popolo delle praterie»: l'ospitalità.
    Per una giornata intera abbiamo ospitato un gruppo di handicappati con i loro accompagnatori. Ogni tribù si è data da fare per accoglierli, preparare un regalino per ciascuno, servirli a tavola, far festa e giocare con loro.
    A sera attorno al fuoco abbiamo ripensato l'esperienza: i ragazzi hanno raccontato quello che avevano vissuto, abbiamo ascoltato la parola di Dio sull'ospitalità e pregato per i ragazzi che avevamo ospitato.
    A notte: Attacco a sorpresa.
    Gioco notturno durante il quale alcuni ragazzi erano segretamente incaricati di fare i disfattisti per vedere quanti li avrebbero seguiti, e far toccare come è facile nella solita mentalità egoista venir meno alle regole del popolo delle praterie (Scheda/5).

    Scheda/5 - BENVENUTO NELLA MIA TENDA

    Gli Indiani hanno leggi tanto giuste che quasi mai celebrano processi.
    Sono spesso in visita gli uni degli altri, e questo mentre noi in Europa, con leggi scritte, passiamo gran parte della nostra vita in dispute e spese che non fanno che allungare i processi (Un viaggiatore del 1600).
    Chi è mai venuto da me affamato ed è ripartito con lo stomaco vuoto? (Toro Seduto, capo Sioux) .

    Un peccatore ospitale
    Lc 19, 1-9.

    Preghiera di intercessione
    Preghiamo il Signore senza stancarci. Egli ci conceda il suo Spirito Consolatore!
    Aiutaci, Signore Iddio, a non offendere nessuna delle Tue creature, a vivere nel nostro intimo la unità e la solidarietà del creato.
    Aiutaci a restare nell'amore durante le dispute con il nostro prossimo e i conflitti in cui siamo implicati.
    Aiutaci a rinunciare alla vendetta, fa' che impariamo a chiedere piuttosto che a comandare, a riconciliare piuttosto che a opporci.
    Aiutaci a non ingiuriare nessuno, quale che sia la sua razza, la sua classe sociale, la professione di fede, insegnaci ad accogliere tutti con fiducia.
    Aiutaci a non fare nulla che contribuisca al mantenimento o alla creazione di situazioni ingiuste, donaci l'umiltà che ci permetta di porre continuamente in discussione le nostre idee.
    Aiutaci a mantenere il fervore del nostro impegno cristiano che nessuno ci ha imposto, e se questo venisse a mancare supplisca ad esso la nostra promessa.
    Aiutaci a sempre meglio amarti, a sempre meglio conoscerti, a sempre meglio servire la verità, la giustizia e l'amore.

    Si può compiere questo gesto simbolico.

    6. ALLA SCOPERTA:NEL CUORE DI OGNI COSA
    (Sesta giornata)

    In questa giornata si trattava di realizzare una ricerca d'ambiente nei paesi vicini.
    L'obiettivo era quello di sollecitare i ragazzi ad avvicinare la realtà di quei posti non con l'occhio distratto del «turista» che guarda, consuma e va, ma con l'occhio del fratello che «dentro» ci vive.
    La consegna era:
    «Il terreno, le pietre, i monumenti, le case, le leggende, i lavori... di questi posti portano nel loro cuore la storia delle gioie e dei dolori di questi popoli.
    Avvicinati ad essi con fraterna simpatia.
    Ritorna dopo aver: osservato, ascoltato, imparato».
    Gli indiani delle praterie vivevano con immenso rispetto l'armonia della natura. Un loro capo ha lasciato scritto: «La linfa che cola dagli alberi porta con sé il ricordo dell'uomo rosso. Noi siamo una parte della terra e la terra fa parte di noi».
    Volevamo aiutare i ragazzi a guardare con occhio pieno di rispetto e di stupore la realtà umana e naturale nella quale eravamo inseriti, rompendo, almeno un po', quella scorza di superficialità e consumismo alla quale spesso ci abitua la nostra società.
    Al ritorno, verso sera, ogni tribù ha fissato su cartelloni la propria ricerca e poi, nella tenda del gran Consiglio abbiamo riflettuto scambiandoci quello che maggiormente ci aveva colpito e scoprendo anche che è molto facile guardare la realtà che ci circonda con grande superficialità vedendo solo i ...bar e le gelaterie! (Scheda/6).

    Scheda /6 - NEL CUORE DI OGNI COSA

    Dalla lettera del Capo indiano Seattle al presidente degli Stati Uniti.
    Ogni lucente ago di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma dei boschi ombrosi, ogni radura e ogni ronzio di insetto è sacro nel ricordo e nell'esperienza del mio popolo.
    La linfa che cola dagli alberi porta con sé il ricordo dell'uomo rosso.
    Noi siamo una parte della terra e la terra fa parte di noi.
    Quest'acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è solamente acqua, per noi è qualcosa di immensamente più significativo; è il sangue dei nostri padri...
    Ogni riflesso dell'acqua chiara dei laghi, parla di avvenimenti e di ricordi della vita del mio popolo.
    Il mormorio dell'acqua è la voce del padre di mio padre.

    La consegna

    Il terreno, le pietre, i monumenti, le case, le leggende, i lavori di questi posti, portano nel loro cuore la storia delle gioie e dei dolori di questi popoli.
    Avvicinati ad essi con fraterna simpatia. Ritorna dopo aver:
    - osservato;
    - ascoltato;
    - imparato.

    7. LA VEGLIA E I PREPARATIVI PER LA PARTENZA
    (Settima giornata)

    Il campo finiva. Dovevamo vivere le regole del Sacro Cerchio del popolo delle praterie nella vita di ogni giorno nel nostro quartiere.
    Gran parte della giornata è stata occupata nel preparare, per il giorno dopo, la festa conclusiva con i genitori, e soprattutto nel preparare la «veglia al Grande Spirito».
    A sera, dopo un cerchio allegro attorno al fuoco, è iniziata la veglia.
    A turno, un ragazzo ogni ora, e uno per tribù, per tutta la notte hanno vegliato attorno al fuoco.
    Idealmente tutto il campo vegliava una notte intera in preghiera davanti al Signore. Ogni ragazzo, seguendo una traccia preparata, dialogava con il Signore scrivendo le sue riflessioni e concretizzando i suoi impegni per il dopo campo.
    In questo modo il campo si è concluso con una esperienza che ha profondamente coinvolto i ragazzi e li ha aiutati a proiettare nel loro quotidiano quello che avevamo sperimentato come «avventura straordinaria» in quella settimana.


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