Claudio Bucciarelli
(NPG 1985-03-35)
Una scuola parallela è diffusa oggi in Italia, accanto alla scuola statale, regionale e privata.
I vantaggi e i limiti di un tale sistema di formazione.
Qualche anno fa si scoprì come accanto al sistema produttivo per così dire «ufficiale» e censito dalle statistiche, si sviluppava e si espandeva un sistema produttivo fino allora praticamente ignorato, ma importantissimo per la tenuta economica del nostro paese; si coniò il termine di «economia sommersa» per definire questa realtà difficile da identificare, perché fatta per lo più da imprese familiari.
Qualcosa di simile è avvenuto anche per l'edilizia: così si è parlato di «casa sommersa», risultato di un patrimonio edilizio che negli anni '70 è cresciuto in misura rilevantissima, come ha messo in evidenza il censimento 1981.
Lo stesso fenomeno sta avvenendo anche nel campo della formazione: infatti accade che accanto al sistema scolastico ufficiale, gestito dallo Stato, o da privati, che rilascia i titoli di studio tradizionali, ed accanto al sistema di formazione professionale gestito dalle Regioni, si va sempre più sviluppando un sistema formativo informale, diffuso, difficile da quantificare, in una parola «sommerso», la cui importanza diventa sempre più evidente.
Anche se le sue modalità danno l'impressione di essere un po' «selvagge», non è fuori luogo parlare di scuola parallela. In parte i soggetti che operano in questo sistema parallelo si potrebbero definire formatori involontari, perché la formazione (in senso stretto) è un effetto quasi sempre indiretto della loro attività: si pensi, per esempio, al ruolo che svolgono tutti i mezzi di comunicazione di massa!
L'altra parte dei soggetti operanti nel sistema formativo «sommerso» hanno invece la formazione come loro obiettivo primario. In questo gruppo è interessante notare la crescita di iniziative formative gestite da privati aventi come finalità la creazione di capacità e di abilità specifiche.
Sono scuole di più svariata natura: si va dal taglio e cucito alla programmazione elettronica, dall'apprendimento di uno strumento musicale alla danza classica, dallo studio delle lingue straniere all'espressività fotografica, dall'educazione motoria all'apprendimento di un mestiere specifico.
Alcune scuole hanno finalità esclusivamente professionali, altre sono nate per soddisfare «hobbies» o passioni dilettantistiche, altre ancora soddisfano entrambe le esigenze.
Il loro numero è molto più elevato di quello che si può pensare: secondo una stima effettuata dal Censis sulla base di una indagine compiuta in 10 città capoluogo, gli utenti di questi corsi nelle città «campione» si aggirerebbero tra le 170.000/180.000 unità, cifra che, estrapolata a livello nazionale (ovviamente con i dovuti accorgimenti), porta ad un totale complessivo di un milione circa di utenti, per lo più persone adulte. La cifra è piuttosto considerevole; per un raffronto, infatti, basti pensare che in Italia il sistema di formazione professionale regionale recluta all'incirca 250.000 allievi, ovvero poco più di un quarto di quanti prendono parte alle attività corsuali di cui si faceva cenno sopra.
Anche i termini economici sono rilevanti: calcolando una quota di iscrizione media annua a persona di 200.000 lire, si può stimare che il giro economico prodotto da queste attività si aggiri intorno ai 180 miliardi.
Ovviamente questi corsi comprendono realtà molto diverse: vi sono scuole serie, basate su metodi molto avanzati sotto l'aspetto didattico, dalle quali il sistema scolastico «formale» avrebbe molto da imparare: pensiamo in particolare a certe scuole di lingua straniera o di insegnamento a distanza. Altre scuole invece hanno caratteristiche scientifiche e culturali certamente meno consolidate e più discutibili.
In ogni caso, si tratta di un fenomeno in espansione: la richiesta di formazione professionale o para-professionale è in aumento, come dimostra anche la nascita di tante riviste specializzate.
Si viene così a realizzare un sistema di educazione permanente un po' «selvaggio» nella sua articolazione, ma che sarebbe un grave errore trascurare, appunto perché questo sistema di istruzione parallelo ha in sé potenzialità e limiti.
I limiti possono essere rappresentati dalla mancanza di un reale controllo valutativo sulla validità di tali iniziative; controllo beninteso che non dovrebbe essere esercitato solo sugli aspetti procedurali, come spesso avviene, ma sulla qualità reale d'insegnamento si potrebbe ad esempio trovare il modo di qualificare con modalità doc tali corsi, richiedere da essi cioè una «marchio di qualità» garantito pubblicamente.
Le potenzialità possono essere ricercate soprattutto a livello metodologico: la flessibilità di questi corsi, la capacità di adeguarsi spesso alla domanda e alle esigenze dell'utenza, l'utilizzazione di nuovi metodi di insegnamento che viene fatta dovrebbero stimolare una minore rigidità nel sistema scolastico «formale», spesso tentato di strumentalizzare ogni specifica innovazione ai propri fini burocratici e corporativi, dando purtroppo di sé l'immagine di un felliniano corpaccione senza anima.