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    Finalità a cui orientare un'attività educativa [di «educazione alla coppia»]



    Mario Comoglio

    (NPG 1983-8-31)


    Se si parla di educazione è evidente che si crede nella possibilità di dirigere e orientare una situazione o un'esperienza verso delle mete o degli obiettivi. Così parlando della possibilità educativa-maturante di un tema generatore come l'amore non ci si può fermare agli aspetti descrittivi e fenomenologici di questa situazione. Né si deve pensare che un educatore debba assistere a ciò che avviene. Se crediamo alla possibilità educativa è giusto che si possa e si debba parlare del modo di intervenire e verso quale scopo egli debba orientare la propria attività e l'esperienza di innamoramento e di amore di un giovane.
    Data questa possibilità che noi riconosciamo all'educatore di collaborare positivamente alla crescita del giovane, indichiamo e proponiamo anche delle finalità che egli deve perseguire e che possono dare coerenza e criterio di giudizio a tutto ciò che egli può pensare. Individuerei le finalità che un educatore può prefiggersi per educare alla vita di coppia in sei atteggiamenti:
    1. Aiutare a prendere coscienza delle norme di agire, delle sensibilità e delle gerarchie di valori che sottostanno ai propri comportamenti.
    2. Raggiungere una competenza comunicativa.
    3. Educarsi alla capacità empatica.
    4. Esercitarsi ad un rapporto di coppia paritario.
    5. Educarsi alla capacità di riformulare continuamente il proprio rapporto con il partner.
    6. Accrescere il senso di comunione aumentando le aree di conoscenza reciproca.

    PRENDERE COSCIENZA DELLE NORME, SENSIBILITÀ E VALORI DEI PROPRI COMPORTAMENTI

    È un fatto riconosciuto da tutti che la crescita della persona avviene attraverso un lento e progressivo strutturarsi e consolidarsi di un complesso di aspetti.

    Livello conscio e livello inconscio della strutturazione della personalità

    Tale processo, per certi versi, si compie in modo conscio.
    Si pensi allo strutturarsi «professionale» di un giovane che vuole diventare pilota o tecnico o ricercatore scientifico: coltiva precisi interessi, seleziona letture, compie rinunce, sceglie un certo tipo di scuola, orienta il suo modo di percepire e vedere la realtà che lo circonda, ecc... Tutto ciò lentamente struttura un largo settore della sua personalità e in qualche caso può arrivare anche a darle un orientamento totalizzante.
    Vi è un'altra parte della personalità che si struttura in modo inconscio o solo parzialmente conscio.
    Vi appartiene tutto ciò che la persona, dal momento in cui nasce, assume dalla cultura in cui si trova a vivere. Ontologicamente distinto e diverso dall'ambiente in cui vive, l'uomo da esso mutua tutto. Il suo rapporto con la cultura che lo circonda è paragonabile a quello dell'immersione di una spugna nel mare.
    La società è la sua vita e senza di essa non saprebbe come orientarsi, dove dirigersi, cosa pensare, come esprimersi. n mondo esterno lo permea e gli dà forma senza che egli se ne accorga, fino al punto di perdere la propria individualità ed assumere del tutto quanto il mondo a lui esterno gli propone.
    Di questo indefinibile ambiente materno che accoglie ogni uomo che nasce, il contesto immediato e le persone che più direttamente interagiscono con lui assumono molta importanza. Le persone che nei primi anni lo circondano possono essere così autoritarie da imporgli, in certi, casi un eccessivo controllo. Col tempo, questo, potrebbe anche diventare «autocontrollo». Il «dover essere» però non si integra mai con i bisogni profondi della persona. Il crescere non trova mai unità: risulta mortificato, impedito ad esprimersi e a crescere anche dall'interno. Si hanno così delle personalità in cui non si realizza mai una integrazione tra il «dover essere» e il «voler essere». Nel loro intimo non c'è mai pace, ma sempre tensione.
    In altre situazioni l'eccessivo controllo diventa integrazione della personalità dalla rigida e fredda razionalità, senza collegamento con i bisogni affettivi. Anche l'amore diventa calcolo, precisione, osservanza di regole senza la necessaria duttilità e libertà che invece l'amore esige.
    Si possono incontrare situazioni in cui l'integrazione è all'insegna del «tutto-permesso». Ad un debole «dover essere» si impone un «voler essere» eccessivo e superiore alle possibilità reali. Si possono così dare personalità con strutture non finalizzate sospinte da un continuo desiderio di essere soddisfatte, egocentrate talmente sui propri bisogni da essere incapaci di dialogo e comunicazione. Sono spesso persone esigenti, irnprevedibili, impulsive, disorientate, in cui la mancanza di un «Io» che assuma il controllo del proprio «voler essere» produce strutture di personalità disintegrate.

    Anzitutto conoscere se stessi

    I problemi di questi squilibri personali, di mancata integrazione profonda della persona sono evidenti. Possono però diventare ancora maggiori nella vita di coppia, se non si prende in qualche modo coscienza della propria realtà e dell'origine che possono avere i nostri comportamenti. Cosa può succedere in una coppia in cui un partner non è mai riuscito a prendere distanza dai modelli, i valori, gli stereotipi che la cultura in cui è vissuto gli ha proposto, e l'altro ha già preso coscienza degli impedimenti che frappongono allo sviluppo della personalità? Cosa può succedere in una coppia dove un partner per eccessivo «dover essere» vuole imporre all'altro il proprio modo di essere?
    Per la preparazione alla vita di coppia, è necessario che i giovani conoscano se stessi, prendano coscienza di quanto assumono dall'ambiente senza criticità e ponderazione. Penso e non senza ragione, che molte sorprese nella vita di coppia derivino dal fatto che partner personalmente e reciprocamente no.. si conoscono abbastanza e in profondità. È quindi importante che, nell'aiutare i giovani a raggiungere questo scopo, lo spazio di una conoscenza reciproca si allarghi il più possibile nonostante le difficoltà ad essere sinceri ed autentici.
    Aiutarli a conoscersi vuol dire prendere coscienza dei propri limiti ed individuare l'origine di disagi profondi, scoprire i propri criteri di valutazione e di giudizio, individuare i propri modelli di comportamento, riconoscere ed accettare le proprie debolezze, ma anche le proprie doti e capacità, accettare totalmente se stessi e gli altri. È dal loro reale modo di essere che i giovani devono costruire la loro vita di coppia.

    RAGGIUNGERE UNA COMPETENZA COMUNICATIVA

    Se un neonato non trova qualcuno che comunichi con lui può anche morire. Se un bambino non ha chi gli parli, può avere un ritardo intellettuale. Se un adulto non riceve informazioni od è allontanato da un processo di comunicazione, cresce nel livello d'ansia. La fine di un amore è segnato dalla crisi di un dialogo. Una parola può farci felici o abbatterci. Qualcuno che parli con noi può consolarci nel dolore. La prima esigenza di un innamorato è poter parlare con l'amato e la sofferenza è grande quando la possibilità di comunicare diventa difficile.
    Che cosa sarebbe una società se tra i suoi componenti non ci fosse uno scambio di informazioni? Non si avrebbe una memoria storica, non avremmo progresso, non avremmo comunità, non ci sarebbe alcun interesse a stare insieme.

    Orientamento alla comunicazione

    È ovvio, l'uomo è un essere che comunica. Gli studiosi di pragmatica della comunicazione asseriscono persino che l'uomo non può non comunicare. Lo stesso silenzio è già eloquente e qualche volta è un messaggio più chiaro di una informazione espressa. D'altra parte però, quante parole senza senso vengono dette. Parole di pura convenienza, parole per riempire un silenzio diventato insopportabile, parole vuote, false, poco credibili. Il bisogno di comunicare non è risolto dal semplice parlare. Non si comunica se non ci si dice qualcosa. Se la parola non svela un mistero, se non colma un vuoto, non dice nulla. Se chi ci parla non dice qualcosa di ciò che è, della sua originalità e della sua ricchezza, la sua parola diventa banale e vuota.
    Per comunicare non basta conoscere una lingua. Una comunicazione non si compie con sole parole. Ci sono parole-gesti, parole-scritte, parole-parlate, parole-azioni, parole-immagini, parole-fatti. Tutte esigono che siamo capaci di saperle produrre e di saperle interpretare. Si può comunicare gioia con un sorriso, con uno sguardo, con un gesto, con un saluto, con una lettera. Diverso è il sorriso di un bambino da quello di una mamma, il sorriso che può farci un estraneo da quello che può farci una persona che ci ama. Diverso è un sorriso di compassione da quello di benevolenza e approvazione.
    Per comunicare bisogna avere il coraggio di rischiare. Parlare è compromettersi. Un nostro segreto confidato può diventare di tutti. La nostra sincerità può essere fraintesa, l'autenticità rifiutata, le intenzioni possono non essere capite e male interpretate. Quando parliamo è qualcosa di noi che affidiamo ad un altro, è la nostra ricchezza che offriamo gratuitamente a chi ci ascolta.
    È riconosciuto da tutti che l'uomo ha un bisogno profondo di comunicare, ma non a tutti sembra vero che imparando a parlare si diventi capaci di comunicare. Pensiamo di aver detto una cosa, ma chi ci ascolta ne ha intesa un'altra. Facciamo una confidenza e qualche volta questa è usata contro di noi. Manifestiamo una nostra opinione, ma chi l'ascolta non l'approva. Vorremmo qualche volta dire quello che sentiamo o proviamo, ma non troviamo le parole adatte. Cerchiamo qualcuno con cui fare conversazione o dialogare, ma non troviamo chi ha il tempo di ascoltarci. Conosciamo le parole del vocabolario e la grammatica, ma spesso per capire chi ci parla sono insufficienti. Possiamo conoscere le regole di una buona e corretta comunicazione, ma non è semplice metterle in pratica. Tutti sappiamo parlare, ma non tutti siamo capaci di comunicare.

    Come imparare a comunicare?

    Comunicare non è facile. Non sembra essere una qualità innata.
    Ed allora come possiamo imparare a comunicare?
    Porsi l'obbiettivo di apprendere a comunicare è ambizioso, ma è certamente fondamentale per educarsi alla vita di coppia dove l'esigenza di una comunicazione corretta ed efficace è continua. Non ha senso in fondo porsi l'obbiettivo di educare/educarsi alla comunicazione, quanto invece educare/educarsi a tutte quelle qualità ed esigenze che hanno come risultato finale una capacità comunicativa. Come, ad esempio:
    - prendere coscienza di ciò che si pensa e intuire quello che può essere un quadro di riferimento dell'altro;
    - saper sempre motivare le proprie opinioni e scelte per non essere dogmatici;
    - sapersi confrontare ed essere disposti a cambiare opinione quando altre si rivelino più motivate e fondate;
    - saper rispettare opinioni diverse dalle proprie scoprendo nella diversità anche eventuali punti di convergenza;
    - saper dosare a seconda dell'interlocutore la propria autenticità e sincerità;
    - non sfuggire l'argomento di conversazione;
    - non essere ambigui e vaghi nella propria comunicazione, ma essere precisi, chiari e concreti.
    La competenza comunicativa è una meta finale, e non un obbiettivo immediato: a comunicare si impara comunicando con un paziente esercizio, controllo e correzione.

    EDUCARSI ALLA CAPACITÀ EMPATICA

    Con «empatia» alcuni psicologi definiscono la capacità che una persona ha di collocarsi nell'insieme delle conoscenze, punti di vista, sentimenti, convinzioni e percezioni in cui un altro vive, prende decisioni o vive proprie difficoltà. Sembra a molti che questa sia una condizione essenziale per una comunicazione che possa raggiungere l'interlocutore.
    Per comunicare non è solo necessario che si abbia qualcosa da dire, ma saper intuire come può «risuonare» nell'altro ciò che diciamo; per capire quello che l'altro ci sta comunicando non basta sentirlo, ma bisogna anche riuscire a rivivere dentro di sé quello che vive l'altro senza immediatamente formulare su di esso un giudizio.
    La «situazione» di innamoramento facilita l'empatia. Ma spesso proprio l'amore può «velare» un autentico riconoscimento dell'altro. Gli autori individuano diversi tipi di amore e diversi dinamismi di relazione amorosa. Ad esempio, Y. St. Arnaud distingue tre tipi di esperienze di amore: l'amore passionale, l'amore di simpatia e l'amore di empatia. Nel primo egli scopre un dinamismo prevalentemente «erotico» e si traduce in una esperienza di «piacere». Nel secondo, l'amore di simpatia, l'aspetto dominante è quello «affettivo» caratterizzato appunto dalla «simpatia». Solo nell'amore di empatia si raggiunge l'esperienza dell'amore come donazione libera di se stessi all'altro.
    L'avvio della relazione tra due persone che vivono una relazione empatica, non è un'attrattiva spontanea, ma la conoscenza ed esperienza del mondo dei valori che uno percepisce presente nell'altro. È il rapporto avviato da questa intuizione che in seguito risveglia dinamismi affettivi ed anche quelli erotici. In qualche caso si potrà anche avere un dinamismo di antipatia o di repulsione fisica, ma la relazione empatica è capace lentamente di integrarli e farli maturare. Ciò che in un primo tempo può provocare una reazione negativa, proprio per l'accettazione incondizionata e profonda dell'altro, in seguito diventa oggetto di affetto e di simpatia.

    ESERCITARSI AD UN RAPPORTO DI COPPIA PARITARIO

    Per formare una coppia non basta il «sì» di un partner. Ha senso domandarsi se è più importante il «sì» di lui o quello di lei? Da soli non ci si libera dalla solitudine. Che senso ha chiedersi se è la presenza di «lui» a togliere «lei» dal silenzio o è «lei» a liberare «lui» dalla prigione nella quale era chiuso?
    Un figlio non nasce per la volontà di uno solo. Si deve essere in due. È banale chiedersi chi dei due è più importante. Non si parla se qualcuno non ascolta e non si ascolta qualcuno che non parla. Quando si comunica, è possibile chiedersi se è più necessario colui che parla o colui che ascolta?
    Se l'amore non vuole rimanere e morire nell'egoismo, chi ama ha bisogno di qualcun o che si lasci amare, ma ciò che è vero per uno, lo è anche per l'altro. Non è possibile riuscire a discernere chi dei due è più necessario all'altro.
    La coppia è costituita da un «io» e da un «tu» ugualmente necessari ed ambedue corrono gli stessi rischi.
    Nel momento in cui si dà il proprio consenso, questo è totale e definitivo. Ma la libertà di negarlo un giorno, rimane per tutti e due. Nessuno potrà mai garantirsi dalla possibilità che l'altro un giorno possa riprendere se stesso.
    Quando una coppia si mette insieme, tutti e due sono in salute. Ma la possibilità di ammalarsi un giorno è per tutti e due la stessa. Su quale ragione si può sostenere che «lui» ha maggiori diritti e doveri di «lei» o viceversa? Si può dire che è «lui» che deve amare di più che non «lei» o il contrario? Si può decidere chi dei due nella vita di coppia ha maggiori responsabilità? Chi deve avere maggiori preoccupazioni?

    Alcuni atteggiamenti a cui abilitarsi

    Ad ambedue va riconosciuta la stessa natura, la stessa dignità, la stessa grandezza, la stessa responsabilità. Questo è il progetto; la storia è anche diversa, nel senso che la parità tra uomo e donna è per la coppia un futuro e non un presente, un equilibrio dinamico e non un possesso stabile. Per questo la realizzazione di un rapporto paritario è oggetto di educazione e deve essere un obbiettivo da raggiungere facendo propri un insieme di atteggiamenti da cui scaturisce un rapporto paritario:
    - capacità di dialogo sia nel momento di espressione chiara di ciò che si vuole sia nel momento dell'ascolto dell'altro;
    - capacità di riconoscere l'oggettività della situazione senza pensare di trarne solo dei vantaggi e dei diritti;
    - capacità di partire dai problemi che si incontrano, più che contrattare delle soluzioni;
    - capacità di non fissarsi su posizioni acquisite e considerate immutevoli;
    - capacità di riconoscere che certi comportamenti più che essere «naturali» possono essere stereotipi acquisiti senza criticità e autocoscienza.

    LA CAPACITÀ DI RIFORMULARE CONTINUAMENTE IL RAPPORTO CON IL PARTNER

    Uno dei pericoli più gravi della coppia, è quello di avere un rapporto molto rigido, incapace di modificarsi a seconda del mutare delle situazioni.
    Ci sono coppie i cui ruoli, dal momento in cui lui e lei si mettono insieme, non cambiano più. All'inizio essi stabiliscono chi deve lavare i piatti e chi la biancheria, chi deve fare il letto e chi deve togliere la polvere, chi fa il caffè e chi controlla la macchina, ed in seguito le eccezioni diventano oggetto di contabilità e di ricupero in altri compiti.
    Un ben che minimo cambio crea un mucchio di problemi e discussioni.
    Ci sono coppie in cui la nascita di un figlio crea seri problemi di adattamento ed altre che rifiutano un figlio perché non si sentono in grado di cambiare il loro modo di vivere. Ci sono coppie che rifiutano un nuovo lavoro se questo esige un cambiamento di domicilio ed altre che frequentano solo persone dello stesso tipo o estrazione sociale. Ci sono coppie che funzionano come un orologio, al punto che un minimo ritardo crea grosse difficoltà. Altre vivono senza alcun orario ed una sua determinazione è sentita come una schiavitù. Ci sono personalità e caratteri particolarmente rigidi, incapaci di riesprimere cose vecchie in modo nuovo. Se dopo qualche anno di matrimonio l'amore non si esprime più come quando si era «innamorati», si mette in dubbio che ci si ami ancora. Vi sono altre che non sanno inventare un nuovo modo di esprimere l'amore a seconda del trascorrere del tempo
    Ci sono degli uomini o delle donne per i quali la nuova famiglia è perfetta solo se è ad immagine e somiglianza di quella che hanno lasciato.
    Ci sono genitori che sanno esprimere e trovare un ottimo rapporto con i figli finché sono piccoli, ma sono incapaci di cambiarlo a mano a mano che i figli crescono. C'è la moglie che dubita dell'amore del marito, perché non la bacia più con lo stesso trasporto di una volta e c'è il marito che crede messo da parte perché la moglie è presa dalle cure del bambino appena nato.
    La casisitica potrebbe continuare, ma il disagio che origina tutto è la mancanza di duttilità, l'incapacità di riformulare opinioni, sentimenti a seconda del mutare del tempo e delle circostanze, la difficoltà di adattarsi, l'incapacità a creare e inventare nuovi rapporti e nuove espressioni.
    L'amore che provano due giovani a 18-20 anni è diverso da quello a 29-30; diversamente si esprime l'amore prima e dopo la maternità; diverso è il ritmo di vita dopo trent'anni di convivenza nel confronto della luna di miele; la cattiva e la buona salute cambia le espressioni d'amore.
    L'amore esige «creatività», «flessibilità», «disponibilità al cambio», ma anche fedeltà, continuità, stabilità.
    Un amore tutto nuovo è come una persona che ha perso la memoria e la sua identità, un amore sempre uguale è come un morto per il quale il tempo si è fermato. L'amore è una realtà tra fedeltà e novità, tra continuità e trasformazione, tra sempre lo stesso e sempre diverso.

    ACCRESCERE LE AREE DI CONOSCENZA RECIPROCA

    Se dopo trenta o quarant'anni di matrimonio, si chiedesse ad una coppia: «Siete disposti a separarvi?», quasi tutti direbbero che non lo farebbero mai. Genericamente molti dicono: «Ormai ci conosciamo troppo»!
    L'amore è conoscenza reciproca. Quando due s'innamorano, non solo comunicano, ma si scambiano anche una grande quantità di informazioni. Si racconta di quando si era piccoli, di fatti avvenuti che si ricordano ancora, si parla di amicizie avute, si parla di ciò che ci hanno raccomandato i genitori. Gli innamorati non solo hanno bisogno di vedersi ma anche di parlarsi, di raccontarsi, di conoscersi.
    Farsi conoscere è un mettersi nelle mani dell'altro, affidarsi a lui. Nella coppia, la vastità della conoscenza reciproca, può essere assunta come segno della fiducia che i partners si danno. Se uno non gode della fiducia dell'altro, difficilmente questi diventa destinatario di una confidenza. Se un partner ha timore dell'altro, se vede in lui una minaccia, non si affida a lui, da lui si difende, a lui si nasconde. Al contrario se aumenta la fiducia cresce la confidenza e la confidenza può aumentare la fiducia. Fiducia, confidenza, conoscenza, comunione, comunicazione sembrano essere correlati come timore, estraneità, silenzio, disinteresse.
    Un partner ha molti modi per conoscere l'altro. Può intuire i gusti del partner dal suo modo di vestire, da ciò che legge, da come si diverte, dagli amici che frequenta, dalla scuola a cui si è iscritto. Può conoscere la profondità di un amore dalla continuità e dalla fedeltà con cui l'altro lo ama. Può riconoscere i suoi valori e gli ideali per cui si impegna, dalle rinunce e dalle scelte che compie.

    Aree e livelli di conoscenza reciproca

    Molte sono le aree e livelli di conoscenza che di un altro si possono avere. Le prime cose che si conoscono non sono sempre le più importanti anche se sono le più facili. Ci sono livelli più profondi (ad esempio, la risonanza emotiva di un fatto, un amore profondo per ciò che è bello, per la cultura o per la scienza, o il peso che possono avere avuto esperienze passate, ecc...) che sono assai difficili da conoscere e richiedono capacità introspettiva, sensibilità, amore alle sfumature. Ma vi sono livelli di conoscenza ancora più profondi, più intimi e più radicali che rappresentano i valori, il senso e il progetto di vita, il mondo dei significati che si attribuiscono a fatti e a scelte, che sono estremamente difficili da scoprire, da definire e da individuare. Sono i livelli che costituiscono il criterio che orienta il proprio comportamento, la propria dignità di uomo, le proprie scelte, la propria coerenza morale e non è facile conoscerli, né è facile svelarli.
    Mentre per le conoscenze superficiali non si esige molto tempo, una conoscenza profonda dell'altro esige pazienza, costanza, attenzione, delicatezza e soprattutto tempo. Molto facile è sapere se il proprio partner preferisce il mare o la montagna, se gradisce di più il romanzo giallo o il saggio. Molto più difficile è sapere se lui ci ama di un amore gratuito o interessato, se un momento di incomunicabilità è segno di qualcosa di passeggero o qualcosa di incolmabile; se è sincero o nasconde qualcosa; se il suo amore è quello di una volta o è cambiato; se davvero pensa di amarmi per sempre o no. La verità di certe intenzioni del proprio partner si possono solo conoscere dalla verità dei fatti e dopo molto tempo. Si pensi alla difficoltà di cogliere la verità di espressioni come: «Ti amerò per sempre» o «Non ti dimenticherò mai» o «Tu sei l'unico della mia vita», ecc...
    Ma nonostante che la conoscenza possa crescere con il tempo, qualcosa dell'altro sempre ci sfuggirà. A causa della sua libertà, l'altro nasconde sempre qualcosa di imprevedibile, di non preventivabile, di misterioso. Non si deve dimenticare questo. Conoscere l'altro vuol dire scoprirlo anche come essere inconoscibile e diverso da come lo si è definito. L'altro non è solo qualcuno da conoscere, ma anche qualcuno che ci sarà sempre sconosciuto.


    T e r z a
    p a g i n A


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