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    Dopo un'estate di campeggi e campiscuola


     

    Chiesa e giovani

    Carlo Molari

    (NPG 1983-09-25)

    Le condizioni perché la molteplicità delle offerte educative d'estate diventi «pluralismo interiore».

    I mesi estivi rappresentano per le comunità cristiane d'Italia, soprattutto del Nord, un'occasione preziosa di offerte educative: campi scuola, campeggi, colonie. Se ne incontrano ovunque e fanno parte ormai del paesaggio ecclesiale d'estate.
    Non tutte le offerte hanno le medesime caratteristiche né utilizzano gli stessi metodi. Alcune accentuano maggiormente l'aspetto culturale della formazione, altri la vita interiore e la preghiera, altri ancora le dinamiche dell'amicizia e dell'incontro, o l'esplorazione della natura e la sensibilità ecologica. Ma in ogni caso si tratta di offerte educative nell'orizzonte della fede cristiana; sono quindi momenti di aggregazione ecclesiale, esperienze di fede organizzate dalla comunità adulta per la crescita dei giovani.
    La varietà e il pluralismo delle offerte non è di per sé segno di dispersione o di mancanza di coordinamento, ma risponde ad esigenze concrete: è necessario, infatti, che le offerte corrispondano alle diverse sensibilità e alle molteplici esigenze. Non tutti, accostandosi alla chiesa o entrando in una associazione, pongono le stesse domande.
    C'è chi desidera approfondimenti conoscitivi per chiarire e risolvere dubbi di fede. C'è chi richiede impegni caritativi ed esperienze di solidarietà con i più poveri o i sofferenti. C'è chi ambisce trovare sicurezza dalle angosce quotidiane o dalle ansie del futuro. C'è chi è attratto da attività sportive o da ricerche sulla natura. In ogni caso queste richieste sono diverse modalità concrete per esprimere tensioni profonde analoghe, esigenze vitali comuni.
    Il pluralismo tuttavia non può essere solo molteplicità di offerte, ma anche dimensione interiore. È necessario cioè che ciascuno viva la propria esperienza in una sorta di comunione vitale con gli altri, in una forma di osmosi spirituale. Alla molteplicità delle offerte perciò deve corrispondere la universalità o la cattolicità dell'atteggiamento spirituale. Altrimenti il pluralismo diventa frammentarietà, concorrenza, divisione.
    L'atteggiamento «cattolico» o «universale» ha almeno tre componenti: la relatività della propria esperienza, la necessità di accogliere i valori delle altrui esperienze, la disponibilità ad alimentare le esperienze altrui.
    Convinzione di relatività. La tentazione continua di ogni esperienza religiosa è l'assolutizzazione idolatrica: considerare cioè la propria esperienza unica e normativa.
    Vi è una ragione plausibile a questa tentazione. Il fatto cioè che la fede matura attraverso esperienze concrete, e per chi le compie esse sono le uniche a verificare e garantire la fede che si professa ed i risultati vitali che ne conseguono. Così il monaco buddista, induista o cristiano sarà portato spontaneamente a pensare che la pace interiore, la scoperta della felicità, le intuizioni profonde sul senso della vita che egli sperimenta siano legate necessariamente alle pratiche che egli compie e alla fede che nutre. Di fatto i processi vitali implicati in queste dinamiche di crescita sono comuni pur nella diversità dei riferimenti storici e delle convinzioni personali.
    Così all'interno del cristianesimo vi sono modalità diverse di vivere la fede, e ciascuno è portato a pensare che i risultati acquisiti siano legati alla particolare modalità con cui egli vive il cristianesimo.
    Certo vi sono differenze reali e a volte importanti tra una fede e un'altra, come tra i diversi atteggiamenti nel vivere la stessa fede. Non tutti sono autentici allo stesso modo, né tutti rispondono ugualmente alle sfide ed alle sollecitazioni del tempo. Ma è certo che anche da pratiche molto diverse possono scaturire beni vitali analoghi; esse sono modalità con cui le energie spirituali fondamentali si organizzano in una persona.
    È necessario perciò che non si considerino i propri metodi come assoluti, adatti cioè a tutti ed obbligatori; e si riconosca conseguente: mente la legittimità e l'utilità di altre strade per raggiungere quella pienezza di vita che costituisce la ragione di ogni processo educativo.
    Accoglienza dei valori altrui. Ma non è sufficiente ammettere la propria relatività. È necessario che si sia disposti ad accogliere i valori emergenti dalle altrui esperienze.
    Nessuna esperienza di fede, come nessuna esperienza vitale, è autosufficiente. Nessuno basta a se stesso. Tutti hanno bisogno degli altri. Ciò vale non solo per gli individui ma anche per i gruppi e le comunità, soprattutto se omogenee ed uniformi.
    L'esperienza individuale o di gruppo omogeneo non garantisce la testimonianza sufficiente, la verifica necessaria all'esistenza e alle scelte vitali.
    Il confronto con gli altri, perciò, è indispensabile per avere riferimenti vitali adeguati, per non rendere sterile la propria fede e non trovarsi di fronte a situazioni ininterpretabili. Molte crisi di fede nei giovani nascono appunto da inadeguatezza di esperienze vitali, da eccessiva uniformità di formule, da ambienti troppo unidimensionali. Il confronto con gli altri, perciò, e l'accoglienza dei valori emergenti dalle loro diverse esperienze è assolutamente necessario per la completezza della fede e l'adeguatezza dei riferimenti storici.
    Stimoli per la crescita altrui. L'atteggiamento pluralista esige, infine, che si abbia a cuore lo sviluppo ed il riconoscimento delle altrui iniziative. La crescita delle altrui esperienze è garanzia della propria. Le forme di gelosia vitale sono incluse e contradditorie. La debolezza e le insufficienze altrui prima o poi diventano anche nostri mali; creano un clima asfittico per tutti. La sanità di una comunità di fede sta anche nella armonia dell'ambiente vitale, nella ricchezza delle offerte altrui, nella santità degli altri.
    Occorre saper gioire perciò della attività altrui e del loro benessere. Anzi è necessario favorirne la crescita e stimolarne lo sviluppo. La realizzazione del regno di Dio non è esclusività di nessuno, ma esige il contributo di tutti. Il bene si opera solo con il concorso degli altri.
    La molteplicità delle offerte compiute per le nuove generazioni dalla comunità ecclesiale è un bene solo se accompagnata da un'educazione all'autentico pluralismo. Altrimenti si traduce in frammentarietà e crea profonde divisioni. Le sfide che la storia propone alla nostra generazione si concentrano tutte sulla urgente necessità di raggiungere l'unificazione del nostro piccolo mondo. La chiesa svolgerà il suo ruolo di «sacramento di unità di tutti i popoli» (LG 1) solo se saprà educare i giovani ad un autentico pluralismo, condizione imprescindibile per il nuovo assetto mondiale.


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