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    Una rinnovata attenzione pastorale per la preadolescenza


     

    PREADOLESCENTI

    Antonio Martinelli

    (NPG 1982-04-55)


    In vista d'una programmazione d'interventi che ripropongono l'insieme delle problematiche pastorali circa i preadolescenti, la Redazione di N PG ha considerato e riformulato le questioni più urgenti del settore. Saranno oggetto di studio e di approfondimento nei prossimi numeri della Rivista.
    Intanto la visione globale mostra a sufficienza quanto lavoro c'è da compiere ancora; scopre le lacune che la saggezza pastorale domanda di colmare; indica le direzioni fondamentali su cui orientare il lavoro; impegna operatori pastorali ed animatori a rivedere la loro presenza tra i preadolescenti.
    È un'opera di aggiornamento, che trova nel contesto socio-culturale nuovo e nella situazione ecclesiale cambiata la sua giustificazione.
    I preadolescenti rappresentano un ambito in cui realizzare quel più ampio compito della Chiesa nel suo rapporto con il mondo: fecondare dall'interno, fortificare, completare e restaurare in Cristo le qualità spirituali e le doti già presenti ( cf GS n. 58; AG nn. 9.10).
    Anche per i preadolescenti l'obiettivo educativo e pastorale rimane l'integrazione tra fede e vita.


    IL PERCHÉ DI UNA RINNOVATA ATTENZIONE

    Oggi una serie di circostanze fa convergere l'attenzione in modo più concreto sui preadolescenti. Presentiamo un breve ma incompleto elenco.

    Il rito dell'iniziazione cristiana degli adulti

    C'è da lamentare il ritardo... all'italiana... sul tempo di traduzione: dal 1972 data di nascita in latino, al 1978 anno della traduzione italiana!
    Ma ancor più è da lamentare il modo di leggerlo (!) da parte degli operatori pastorali: un libro dei momenti eccezionali per credenti straordinari. Invece, proprio a livello di preadolescenti, offre stimoli opportuni. Innanzitutto sulla linea del rapporto fede-sacramento; poi circa la metodologia del cammino-itinerario spirituale, contrassegnato dalla conversione. «La conversione è una ristrutturazione della personalità. Appare come la disgregazione d'una sintesi mentale e la sostituzione con una nuova» (Vergote, Psicologia religiosa, Borla, Torino, p. 229).
    La maturità cristiana, richiedendo l'integrazione tra fede e vita quotidiana, non è compito d'una età solamente. Non si compie in un istante. Né riguarda unicamente l'età adulta. Richiede, perciò, le sue attenzioni anche nella preadolescenza.

    La pubblicazione del catechismo per i ragazzi

    L'attesa delle comunità ecclesiali italiane per la prossima pubblicazione del catechismo per ragazzi sembra ormai al termine.
    Concepito in due volumi, il primo di questi è consacrato alle problematiche e alle prospettive della catechesi per ragazzi dagli 11 ai 14 anni, mentre il secondo volume prenderà in considerazione gli adolescenti. È significativo lo sforzo - anche se non sempre sarà coronato da risultati - che si sta compiendo nella comprensione del ragazzo e nella chiarificazione del rapporto dei preadolescenti con la comunità.
    I Sinodi ultimi sulla catechesi hanno immesso esigenze nuove nelle Chiese, in questo senso.

    La preadolescenza: una delicata fase di transizione

    La situazione creata dai mass-media, con la scuola parallela che ammannisce, facendo dei preadolescenti consumatori avidi e privilegiati, pone la loro età al centro di molte considerazioni.
    Iniziano una scuola nuova (la scuola media), incominciano una socializzazione nuova (si aprono le mura di casa a nuove amicizie e ad interessi nuovi), si trovano con novità psicologiche proprie dell'età (crescono in tutti i settori della loro vita), rischiano, perciò, di essere molto vulnerabili.
    Sono terra di evangelizzazione, più che non altre età.
    Se l'uomo è viator per natura, qui la transizione la troviamo moltiplicata da svariate circostanze.
    Presentiamo ora alcuni nodi fondamentali del problema.

    IL LIVELLO DI ANALISI DELLA REALTÀ

    Per porre subito il problema: scarsa è la conoscenza del comportamento dei preadolescenti nel nostro mondo, della loro reazione di fronte alle situazioni esterne e interne alla loro vita, delle emergenze tipiche dei nostri anni.

    Mancano rilevazioni recenti

    È un serio problema perché l'analisi, il punto di partenza, il "così sono e così reagiscono", non hanno sufficienti basi di appoggio.
    La lacuna è grave e le conseguenze si notano al momento concreto del tirar le somme del lavoro compiuto con loro.
    Stiamo vivendo un contesto di transizione e di trapasso: non è necessario spendere molte parole per provarlo.
    Il cambio non lascia immuni i ragazzi.
    La transizione investe il sistema dei valori e degli atteggiamenti etico-culturali. Un minimo di informazione sulla preadolescenza come l'età dei valori e l'età del perfettismo fa capire quanto riflesso ha nella loro storia il contesto odierno. Non sono i preadolescenti i protagonisti attivi della formazione di una cultura: la ricevono «già compiuta» dagli adulti.
    Così nel momento del cambio la loro incidenza attiva è, si può dire, nulla. Questo non significa però che sono da considerare al di fuori del movimento della vita.
    Che anzi.
    Gli interrogativi più comuni che sorgono sono:
    - quali sono i valori di cui i preadolescenti si fanno portatori in una cultura che nasce?
    - quali valori propri dei preadolescenti non trovano sufficiente spazio nella cultura attuale?
    - nel cambio in atto, di fronte ai problemi più avvertiti, dalla giustizia alla pace, dalla libertà alla comunità dei popoli, dalla chiesa alla realizzazione della propria personalità, come si esprimono i preadolescenti, che cosa offrono di proprio, in che cosa sono particolarmente più mortificati?

    La nostra generazione conosce poco i propri figli

    Volendo essere più aderenti alla storia di ogni ragazzo, non bisogna dimenticare che la sua vita è fortemente ancorata a tre tipici ambienti: la famiglia, la scuola e, da un punto di vista religioso, la parrocchia.
    Nessun operatore pastorale ignora le novità, non piccole, vissute, o forse subite, da questi tre ambienti in anni da poco passati.
    Mentre si sono studiati i cambiamenti delle strutture su nominate, poco si è fatto circa la conoscenza della nuova situazione creata ai preadolescenti dal cambio verificatosi.
    Che cosa è capitato nella vita dei ragazzi?
    La famiglia nucleare come condiziona i ragazzi oggi?
    Il rinnovamento didattico e pedagogico quali nuove esigenze porta nella storia dei preadolescenti?
    La Chiesa con le sue nuove dimensioni di comunione e servizio, di testimonianza e liturgia, come ha influito sui ragazzi?

    IL LIVELLO ECCLESIALE

    Se il problema è ancora aperto dal punto di vista dell'analisi, a livello ecclesiale è da scoprire e da impostare con impegno.
    Dieci anni or sono l'Episcopato Francese aveva formulato lo «Statuto del preadolescente nella chiesa» (cfr. NPG 5 (1971) 6-7, pp. 88-96). A rileggerlo oggi sembra che non si sia fatto molto cammino nella direzione indicata. I nodi indicati dalla riflessione episcopale non sono stati sciolti né in Francia né nella Chiesa italiana.

    Il versante degli operatori di pastorale: certezza dell'opera dello Spirito in tutti

    Iniziamo con due annotazioni.
    La prima. L'età propria dei preadolescenti comporta tante disarmonie, sia psicologiche sia fisiche sia di comportamento morale. È facile per un adulto scorgere il divario tra l'ideale, le prospettive e la realtà di tutti i giorni.
    La seconda. L'impressione generale dei preadolescenti quando si pongono di fronte alla vita e ai problemi del mondo è quella di sentirsi per nulla importanti (non si chiede mai loro che cosa pensino delle diverse situazioni), inutili per la comunità in cui vivono (non sono chiamati a dare nessun contributo sul piano operativo). Da questo sentimento nasce la disaffezione, e passo passo l'allontanamento e la perdita del senso di appartenenza.
    L'impressione così descritta interessa il campo sociale e quello religioso insieme. Per essere maestra, la Chiesa ha bisogno di far ricorso e di manifestare due convinzioni:
    - lo Spirito Santo è al lavoro nel mondo dei giovani e dei ragazzi per farvi nascere da loro la Chiesa di domani;
    - l'atteggiamento di ogni educatore, e della Chiesa maestra, è fatto di rispetto della personalità di ciascuno, anche se povera e con evidenti disarmonie; di stima per l'azione «originale» di ciascuno che contribuisce, a modo suo, alla crescita della Chiesa.
    Qui si evidenzia tutto il valore della comunità accanto ai preadolescenti, dell'adulto capace di accompagnare il ragazzo nel suo cammino di maturazione. Ritorneremo sul problema. Richiamato a questo punto dice trattarsi di aspetto fondamentale e condizionante. È il primo.

    Il versante dei destinatari, i preadolescenti: soggetti di crescita della Chiesa

    La fede dei ragazzi si educa all'interno dei dinamismi della loro vita; essa poggia sulla storia personale e collettiva, sulla realtà umana attuale.
    Chi sono i preadolescenti?
    È un'età convenzionale, che ha la sua giustificazione più plausibile nel fatto che coincida con l'esperienza tanto particolare di socializzazione qual è la scuola media dell'obbligo? oppure manifesta caratteri specifici?
    Abitualmente ci si riferisce, parlando dei ragazzi, ad alcuni fattori determinanti nella loro storia.
    Così si parla del gruppo, dell'esperienza diretta di cui sono avidi, del protagonismo che sentono molto.
    Nessuna ignora le domande dei ragazzi, domande alcune volte insistenti. Ma quando i ragazzi fanno delle domande, chi riesce a capire subito quanto ci sia di curiosità, quanto di interesse vitale, e quanto di quella malizia che nasce dalla paura di esporsi troppo col pericolo di fare brutta figura?
    È vero che si tratta, parlando della preadolescenza, di un periodo molto breve, e come tale non offre a tutti i ragazzi l'occasione di viverlo bene fino in fondo; ma è altrettanto vero che in questo periodo si pongono alcune basi durature di orientamento e di comportamento.
    Anche qui, per affrontare correttamente il problema della preadolescenza è necessario partire da una convinzione chiara: il dinamismo dei ragazzi permette loro di partecipare al dinamismo della Chiesa; quello che conta è entrare nella loro psicologia. Sono anche loro costruttori di Chiesa. Non sono obbligati a rinunziare alla loro preadolescenza per fare spazio alla Chiesa.
    Il versante dell'azione pastorale: accoglienza e valorizzazione
    Ciò che è in gioco è la fede dei ragazzi di oggi: degli adulti di domani.
    I punti di riferimento dottrinale utilizzati per altre età, valgono anche per i ragazzi. Richiamandoli brevemente.
    È indiscutibile il punto di partenza: fedeltà a Dio e fedeltà all'uomo (cfr. RdC 160). Non si tratta di qualcosa di indefinito.
    Quando si applica ai ragazzi s'intende dire dell'impegno costante e serio nella scelta concreta di mezzi, di strumenti, di metodi; s'intende l'attenzione dell'adulto e dell'educatore ai valori di ogni persona, di ogni singolo ragazzo.
    «Ogni età dell'uomo ha il suo proprio significato in se stesso e la sua propria funzione per il raggiungimento della maturità. Questa è veramente tale quando è armonica, integrale e quindi fonte di coerenza personale nei pensieri e nelle azioni. Errori e inadempienze, verificatisi a una certa età, hanno talora conseguenze molto rilevanti per la personalità dell'uomo e del cristiano.
    Così pure, una sana educazione umana e cristiana consente a ciascuno di vivere sempre come figlio di Dio, secondo la sua misura, ed è garanzia del progresso spirituale.
    Pertanto in ogni arco di età i cristiani devono potersi accostare a tutto il messaggio rivelato, secondo forme e prospettive appropriate» (RdC 134). È chiaro un secondo punto di riferimento in queste parole.
    Il Concilio Vaticano II, nel decreto Ad Gentes, così si esprime: «La Chiesa, quindi, per essere in grado di offrire a tutti il mistero della salvezza e la vita che Dio ha portato all'uomo, deve cercare di inserirsi in tutti questi raggruppamenti con lo stesso movimento con cui Cristo stesso, attraverso la sua incarnazione, si collegò a quel certo ambiente socio culturale degli uomini in mezzo ai quali visse» (n. 10). Proprio perché «in definitiva l'adolescente cerca il senso della propria esistenza» (RdC 137), la responsabilità pastorale è grande: per i contenuti da presentare, per il metodo da adottare.
    Intanto è pressante l'interrogativo: come si presentano gli adulti? come si manifesta la Chiesa agli occhi dei preadolescenti? Se non si fanno luogo di accoglienza verso tutti, compresi i ragazzi, vengono meno alla loro missione.

    IL LIVELLO METODOLOGICO

    Il discorso non si riduce certamente alla preoccupazione dei mezzi e dei sussidi adeguati all'età.
    Va invece articolato attorno ad alcune idee portanti, che si sostengono vicendevolmente nella comprensione e nell'applicazione.

    Innazitutto l'inculturazione

    I Vescovi, nel messaggio del 4° Sinodo, 30.10.1977, esprimono nei seguenti termini questa esigenza:
    «La diversità della cultura crea alla catechesi un'ampia pluralità di situazioni. Come già è stato indicato dal Concilio Vaticano II ed è stato nuovamente ricordato da Paolo VI nell'Esortazione Apostolica " Evangelii Nuntiandi ", il messaggio cristiano deve radicarsi nelle culture umane, e deve assumerle e trasformarle. In questo senso è legittimo considerare la catechesi uno degli strumenti di " acculturazione ", cioè che sviluppa e nello stesso tempo illumina dall'interno le forme di vita di coloro ai quali si rivolge.
    La fede cristiana, attraverso la catechesi, deve incarnarsi nelle culture. La vera incarnazione della fede per mezzo della catechesi suppone non soltanto il processo del "dare" ma anche quello del "ricevere".
    Le nuove tecniche danno origine a diversi valori e li propongono indiscriminatamente, toccando e trasformando in profondità i rapporti tra gli uomini. Influiscono nella compenetrazione delle culture e divulgano nuovi modi di comportamento e nuove mentalità.
    Di conseguenza, mutano le forme espressive, come pure il linguaggio e il rapporto umano. I giovani stessi rappresentano un certo ambito di frattura culturale nei confronti delle generazioni precedenti. La catechesi mancherebbe di efficacia di fronte a queste trasformazioni se non trasmettesse il messaggio che le è affidato con i mezzi espressivi degli uomini del nostro tempo» (n. 5).
    Che cosa comporta a livello di preadolescenti?
    Che cosa è questo «dare» e questo «ricevere»?
    Quali atteggiamenti richiede nell'adulto il processo di inculturazione?

    Intimamente legato e derivato è il tema del quotidiano

    È facile, soprattutto parlando di preadolescenti, solo perché vivono un'età di transizione, essere totalmente preoccupati del domani e trascurati per l'oggi. Bisogna prepararli all'esser adulti; e si tralascia ad aiutarli a vivere pienamente la preadolescenza.
    È una vecchia maniera educativa.
    Ma è corretta?
    L'interrogativo si fa più incalzante se invece di considerarlo problema astratto di preadolescenza, lo si proietta su una persona che è destinataria del Vangelo. Da questo angolo visuale bisognerà collocarsi per trovare lo spazio reale d'intervenire sui ragazzi.
    Quale categoria si sceglie nell'educazione e nell'educazione alla fede?
    La categoria del «definitivo», cioè del prodotto completo già preconfezionato, che è modello per tutti? dell'«oggettivo», cioè dell'elenco degli atteggiamenti e dei comportamenti che definiscono l'uomo adulto?
    Oppure ci si misura con la persona in situazione? con una persona che ha un passato e un futuro; una persona che viene dall'esser stato fanciullo e si avvia ad esser adulto; una persona che fa il cammino con un ritmo suo particolare e con un bagaglio che è insieme capacità e pesi che porta?
    Nella prima scelta, la conclusione pedagogica e di educazione alla fede sarà la forzatura dell'adattamento della persona a tutto il resto che è esterno ad essa. Adattamento che sa di riduttività e di concessione.
    Nella seconda scelta, la conclusione è di tutt'altro genere: si assume l'intera esperienza del ragazzo, la si confronta con l'esigenza evangelica, si orienta un cammino nuovo di promozione dell'umano e di convergenza sul salvifico. Non è superfluo far notare che considerazioni teologiche e modi di leggere la parola di Dio sottostanno a scelte del genere. Non è indifferente l'atteggiamento che si assume di fronte ai grandi temi biblici, come passaggio, transizione, catecumenato, ecc. ecc.
    Tenendo presente il mondo dei ragazzi, bisognerà rifare una lettura contestualizzala» della storia della salvezza.
    Partendo da queste premesse sarà possibile parlare di legge della gradualità, in termini di "moduli curriculari", se si privilegiano le esigenze interiori di ciascun preadolescente; e in termini di "continuità pedagogica ed educativa", se si vedono i legami della preadolescenza con le altre età, che precedono e che seguono.

    IL LIVELLO OPERATIVO

    Toccando quest'ultimo aspetto, due punti risaltano all'attenzione dell'operatore pastorale: la necessità di mediazioni e mediatori, e l'urgenza di coordinamento degli interventi.

    La necessità di mediazioni e di mediatori

    È determinante la presenza di mediazioni.
    Una delle cause più profonde delle crisi, di appartenenza e di Chiesa, dei preadolescenti è la mancanza di un loro status, è il non riconoscere la loro identità, il loro ruolo.
    Perfino il nome non li identifica immediatamente: pre-adolescenza! La famiglia non dà spazio di fiducia e di corresponsabilità. La Chiesa non offre spazio di azione ai preadolescenti.
    Se si considerano il punto di vista istituzionale e le strutture di animazione esistenti per i ragazzi, si dovrebbe concludere che non sono presi sul serio, né dalla società né dalla pastorale. Sono terra di nessuno, mentre hanno bisogno di accoglienza e di promozione.
    Che cosa significa prenderli sul serio?
    La Chiesa non è solo maestra; è anche madre.
    Si aprono qui due capitoli interessanti: quello degli educatori, e quello dei rapporti tra i diversi gruppi all'interno della grande comunità.
    Il rischio più grosso che si corre è di aver una madre senza figli (pensare alla crisi religiosa al termine della preadolescenza), oppure molti figli senza madre (pensare alla Chiesa che di fatto e nella pratica non riconosce i diritti dei ragazzi). C'è bisogno di mediatori, di adulti.

    L'urgenza di coordinamento degli interventi

    C'è bisogno, in secondo luogo, di comunità che sappiano offrire esperienze, che sappiano elaborare progetti, che sappiano indicare itinerari ed accompagnare lungo il cammino di maturazione, che sappiano coordinare gli interventi in modo da camminare nella stessa direzione e con lo stesso metodo educativo.
    Una partecipazione alla vita della Chiesa diventa educativa ad una sola condizione: i gesti che esprimono la vita e la maturazione della coscienza di Chiesa devono essere compiuti dai ragazzi con gli adulti.
    Sono disposti i «grandi» a tenere il ritmo dei preadolescenti, ad accettare che ci siano delle soste improvvise? a partecipare ai momenti di grande entusiasmo che vivono i ragazzi? a non sentirli come rivolti alle loro persone gli eventuali rifiuti che i ragazzi dovessero opporre?
    È un difficile tirocinio per l'adulto essere sempre e sinceramente accogliente nei confronti del ragazzo.
    Ma è anche indispensabile.
    In conclusione tutti i problemi si riconducono al nodo primo che è la persona del ragazzo.
    Una prima forma di coordinamento va fatta attorno all'unità interiore della persona.
    Non si insisterà mai abbastanza che si abbia ben chiara come finalità degli interventi «l'unità di psicologia, di mentalità, di coscienza, di condotta» dell'uomo, come si esprimeva Paolo VI.
    Una seconda forma di coordinamento riguarda l'organicità e l'unità del progetto pastorale di una comunità, che raccoglie le esigenze diverse ed offre a tutti alcuni punti comuni di riferimento, comuni obiettivi da raggiungere con interventi tra loro complementari.
    È un interrogare la Chiesa sulla propria coscienza missionaria e sulla capacità di essere sacramento di salvezza nel mondo.


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