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    Partiti politici e pubblici poteri di fronte al volontariato



    Corrado Paracone

    (NPG 1982-02-25)


    Il volontariato nell'Italia degli anni '70-'80 si estrinseca in attività multiformi, continuative o intervallate, e sembra realizzare una specie di osmosi tra il «privato» e il «pubblico», con un'azione capitale che mira a essere di stimolo ai pubblici poteri, alle forze sociali e politiche supplendo tuttora, spesse volte, alle carenze delle istituzioni oppure più spesso integrandone le attività.

    UNA REALTÀ POPOLARE

    Accanto ad un volontariato da tempo organizzato, strutturato (su cui si è focalizzata l'attività di analisi e di ricerca della Fondazione Agnelli - culminata nel convegno di Viareggio 1980 - in quanto rappresentava l'interlocutore più valido dei pubblici poteri) esiste un volontariato per così dire «minore» molto duttile e flessibile.
    Partendo infatti da un postulato che può apparire a volte provocatorio- pionieristico ma che è tipico di questi movimenti (quello di non considerare mai «definitive» le realizzazioni effettuate, ma di sottoporle incessantemente a revisioni critiche) decine e centinaia di migliaia di italiani attorno ad aggregazioni spontanee di quartiere, di caseggiato, di parrocchia, svolgono interventi capillari, apparentemente modesti, in realtà preziosi nei campi più svariati: senza orari prefissati sono disponibili nei ritagli di tempo liberi, qualche ora, un pomeriggio, una domenica, e si prodigano per sopperire a carenze e necessità concrete senza porsi il problema di convenzioni o di rapporti stabili con le istituzioni.
    Il volontariato in Italia oggi non è una realtà di élite ma una realtà «popolare»: in cui però popolare non significa necessariamente «proletario»; perché il volontariato, specie degli adulti - come testimoniano diverse indagini - è formato ormai in maggioranza da ceti medi con un buon livello di scolarizzazione e di cultura. Ed è in questo ambiente che si è sviluppato in anni recenti un volontariato attivo, possibilista, piuttosto diffidente verso inquinamenti politici o velleità garantite. La crescita del volontariato negli anni '70 è stata non solo quantitativa ma più ancora qualitativa, con una maturazione progressiva che gli ha fornito le caratteristiche atte a renderlo un «interlocutore sociale e culturale».

    I PARTITI ITALIANI DI FRONTE AL VOLONTARIATO

    Di conseguenza, verso la fine degli anni '70 questo fenomeno «singolare» catalizzatore di energie nuove della società civile, non assimilabile ad altre forme associazionistiche, è emerso come soggetto di interesse politico-culturale. Si è progressivamente creata, soprattutto da parte dei partiti, una «strategia dell'attenzione» evidenziata da dichiarazioni di principio, di stima, di auspicio, di collaborazione, che non si è per ora concretizzata tuttavia nella definizione di un quadro organico, di atteggiamenti concreti, ben definiti e ben delimitati.
    La sinistra, specie comunista, che nei primi anni '70 considerava il volontariato sostanzialmente come un retaggio di un mondo cattolico-tradizionale, destinato darwinianamente ad esaurirsi con l'ampliamento dell'intervento pubblico e che al tempo stesso lo osteggiava in forme anche aperte - soprattutto nelle Regioni in cui deteneva la maggioranza - come cavallo di Troia di una difesa dell'intervento privato nel sociale, intorno al 1977-78 - nel periodo della cosiddetta solidarietà nazionale - ha modificato notevolmente la propria linea.
    Molto ha influito la presenza di forti componenti di volontariato nelle Regioni «bandiera» della stessa sinistra, quali la Toscana, l'Emilia Romagna insieme ad un accentuarsi della presenza di esponenti soprattutto comunisti in una delle più antiche e prestigiose istituzioni di volontariato - le Pubbliche Assistenze e Croci verdi -.
    Resta comunque, nella posizione comunista verso il volontariato, un'ambivalenza di fondo probabilmente non superabile in tempi brevi, derivante da un lato da un apprezzamento di quanto il volontariato fa e di quanto aiuto può offrire ai pubblici poteri, dall'altro da una filosofia che attribuisce l'assoluta preminenza se non l'egemonia nel sociale alle istituzioni politiche. Per la DC si può rilevare invece un atteggiamento di principio tradizionalmente e apertamente favorevole al volontariato: è dubbio però che - ad eccezione di singoli esponenti particolarmente sensibili ma non molto numerosi - sia stato percepito a livello di partito il cambiamento sostanziale avvenuto nel volontariato in questi anni.
    Semmai è l'interessamento verso la società civile della conferenza episcopale, di altre componenti attive del mondo cattolico, di istituzioni cattoliche e laiche come le ACLI, che si è riverberato nel partito e lo ha reso, in tempi recenti, più attento al volontariato.
    Resta da vedere fino a che punto questa attenzione sia vera e propria consapevolezza di una realtà emergente o invece si collochi più banalmente nell'ottica di una ricerca del consenso e del collateralismo. I socialisti non hanno, per ora, una particolare linea verso il volontariato: in tempi non remoti sono stati fortemente diffidenti verso un fenomeno che, a torto o a ragione, consideravano «confessionale». Oggi sono interessati soprattutto ai risvolti di cooperativismo e di autogestione che spesse volte nascono a fianco di gruppi volontari. Gli altri partiti di ispirazione laica, come conseguenza di una impostazione liberal-democratica, sono tutti favorevoli al volontariato sia per ragioni ideali di valorizzazione dell'iniziativa spontanea, sia per una particolare attenzione agli apporti di efficacia e di risparmio che esso può dare alla «res publica».
    Appaiono però piuttosto disattenti in complesso nella loro azione concreta, al volontariato e alle sue realizzazioni operative.
    Da questa strategia dell'attenzione più o meno concreta resta per ora piuttosto assente, e talvolta in atteggiamento sospettoso, il sindacato.
    Da un lato influisce negativamente la matrice ideologica di ampia parte delle organizzazioni sindacali mirante ad uno stato in grado di fornire la totalità dei servizi. Dall'altro, pur tributando al volontariato riconoscimenti verbali e servendosi al tempo stesso di apporti di volontari organizzati, il sindacato teme che esso provochi interferenze sul mercato del lavoro e ripercussioni negative per l'occupazione.

    VOLONTARIATO E PUBBLICI POTERI

    Il rapporto tra volontariato e pubblici poteri, messo in dubbio ancora nel '77, quando la Fondazione Agnelli iniziò le ricerche sul volontariato, ora è quasi all'unanimità dei volontari riconosciuto come necessario per evitare interventi disorganici o approssimativi: per esempio dall'indagine condotta sul volontariato a Roma - compiuta nel 1979-80 - le risposte favorevoli a forme di collaborazione superano il 90%.

    Manca una definizione precisa di volontariato

    Ma a fronte di questo dato positivo si delineano inquietanti prospettive dovute alle attuali difficoltà economiche nazionali e ad un dibattito culturale e politico poco vivace, oltreché ad un appannamento dell'immagine delle Regioni e dei poteri locali.
    Pur accettando come dato acquisito nei rapporti tra volontariato e istituzioni, una fondamentale volontà di collaborazione, resta una perplessità basilare che necessita di chiarificazione: le ormai numerose leggi e proposte di legge regionali che fanno riferimento al volontariato ne prendono in considerazione i compiti e danno una legittimazione giuridica a rapporti finora, molto spesso, precari e informali, lasciano incerti e nebulosi i contorni della categoria «volontariato»
    Tenendo conto dei flussi finanziari che scaturiranno dalla promulgazione di tali leggi, come rimborso spese alle associazioni volontarie, fino a quando si potrà evitare che a fianco dei veri gruppi di volontariato si inseriscano associazioni di tutt'altra matrice o finalità?
    Manipolazioni purtroppo non sono impossibili sia da parte dell'ente pubblico per motivi clientelari, sia da parte di gruppi pseudo-volontari, pronti ad approfittare, per motivi economici e politici, dell'incertezza normativa e delle deboli capacità selettive dei pubblici amministratori.
    È evidente a questo punto la necessità imprescindibile di una chiarificazione di tutto il campo operativo di tutto il volontariato, per evitare abusi e rischi spiacevoli derivati da interventi insufficienti di singole cellule che potrebbero viziare l'immagine del volontariato e sottrarre credibilità a tutta la sua azione.
    Si impone, in tempi brevi, una qualche forma di certificazione e di autocontrollo per le associazioni di volontariato che intendono stabilire rapporti con il «pubblico»: è opportuno che le stesse organizzazioni di volontariato realizzino - come avviene in Belgio ad opera delle due grandi associazioni di volontariato cristiano: la francofona e la fiamminga - forme di verifica sui propri associati ed elaborino un «codice di comportamento» del volontariato stabilendo anche la diversità delle prestazioni volontarie rispetto a quelle del personale professionale.
    In una società complessa come la nostra l'autoregolamentazione può assumere un significato culturale, quale espressione di una capacità intrinseca alle diverse componenti sociali e associative - in questo caso il volontariato - di tendere armonicamente agli scopi prefissati, a prescindere da imposizioni normative esterne della cui opportunità spesso è lecito dubitare. È indispensabile poi, per ovviare a pericolose ambiguità, tradurre in termini di chiarezza giuridica alcuni parametri comunemente accettati nella definizione di volontariato (disinteresse, impegno promozionale dell'intervento non ((istituzionalizzato», ma rinnovato via via sulla base di una sperimentazione aggiornata dei bisogni reali, inserimento del «singolo» in un progetto ben definito, ecc.).
    Anche la distinzione tra volontariato con precisa struttura organizzativa e «benevola» con strutture embrionali e impegno saltuario, sottolineata in altri Paesi, può offrire spunti per una proposta da presentare al legislatore.
    È opportuno di nuovo che le proposte siano formulate dalle maggiori organizzazioni di volontariato italiano, ben consapevoli delle esigenze quotidiane di un'azione spesso ardua e contrastata, piuttosto che da uffici studi di partito oppure dalle stesse istituzioni pubbliche regionali o nazionali.

    Il rischio della «partitizzazione»

    La «partitizzazione» costituisce un secondo grave rischio per il volontariato dal momento in cui le istituzioni pubbliche e i partiti hanno rivolto la loro attenzione all'opera dei volontari. Una partitizzazione palese o surrettizia delle diverse componenti del volontariato di matrice cristiana e laica, se poco gioverebbe ai partiti, appannerebbe gravemente l'immagine del volontariato fino a stravolgerla, minando alle radici quella cultura solidaristica dell'agire che poteva rappresentare nella nostra società, turbata da contrapposizioni ideologiche e da fenomeni di lottizzazione politica, un fattore insostituibile di riaggregazione.

    Il rischio di ridurre gli spazi del volontariato

    Non è certo da sottovalutare un terzo grave rischio: quello di ridurre al campo socio-sanitario il rapporto tra volontariato e pubbliche istituzioni. Le carenze in questo settore certo sono drammatiche e l'opera disinteressata di abnegazione dei volontari è spesso insostituibile e preziosa per lenire con urgenza le sofferenze dei malati, in un momento in cui la fase transitoria di attuazione della riforma sanitaria pone le strutture locali e regionali di fronte a difficoltà quasi insormontabili. Ma sarebbe esiziale coartare nei limiti del campo sanitario l'area di collaborazione, quando l'apporto di volontariato alle strutture pubbliche può e deve realizzarsi in campi più vasti: protezione civile, valorizzazione e salvaguardia dei beni culturali, reperimento di oggetti artigianali del passato che rappresentano il tessuto della tradizione locale, tutela dell'ambiente, e anche lotta alla disoccupazione attraverso forme cooperativistiche.
    È questo non un elenco, ma solo l'indicazione di alcuni casi in cui è altrettanto auspicabile che si realizzi un rapporto tra «pubblico» e «privato volontario».
    Attività multiformi che il volontariato esplica già ora in altri paesi in cui, peraltro, la pubblica amministrazione e le istituzioni non presentano certo, come da noi, aspetti di inefficienza macroscopica. La terapia occorrente per ovviare a questi pericoli va basata su un approccio articolato che valorizzi i vari tipi di intervento nel quadro di una reciproca collaborazione. Ad esempio, interventi in campo sanitario, di assistenza agli anziani, recupero di tossico-dipendenti, di handicappati, di protezione civile, esigono una dettagliata e anticipata conoscenza delle disponibilità di tempo, risorse, attrezzature.
    In caso di calamità naturale occorre pianificare preventivamente quali, in ciascun area regionale e territoriale, siano i volontari disponibili, la loro specializzazione, la loro disponibilità ad un impiego rapido. Così nel campo assistenziale e sanitario esistono interventi di tipo continuativo che non possono subire interruzioni. In questi casi l'ente pubblico deve avere come interlocutore un volontariato che offre garanzie assolute di disponibilità e di professionalità.
    Un ruolo decisivo nell'identificare questo tipo di volontariato devono avere le organizzazioni di coordinamento quali le Pubbliche Assistenze, il MOVI, la Caritas, le Misericordie e nel campo naturalistico Italia Nostra e il WWF.
    Un ruolo centrale spetta ai gruppi locali la cui capacità ed efficacia di intervento è ormai ampiamente sperimentata (per citare un solo esempio, il Gruppo Abele di Torino); gli enti locali potranno poi creare una mappa aggiornata di gruppi di volontariato meno organizzato e più spontaneistico disponibili a dare un apporto «ad adiuvandum» nei tempi e nei modi loro consentiti.
    Basilare deve restare il principio di evitare una sorta di progressiva delega da parte dell'ente pubblico: collaborazione sì, ma non abdicazione delle proprie responsabilità e caratteristiche. Il volontariato prima di firmare convenzioni e assumere impegni formali deve valutare con estremo rigore la propria realistica consistenza operativa.

    CENSIMENTO, COORDINAMENTO E INFORMAZIONE

    In Gran Bretagna, come in altri Paesi esiste un censimento dei gruppi di volontariato organizzato, suddivisi per settore di intervento; il progetto internazionale (CEE e Consiglio d'Europa) presuppongono una banca di dati computerizzata a livello europeo; finora in Italia nulla del genere si è potuto realizzare.
    Le risposte al questionario inviato dopo il convegno di Viareggio dalla Fondazione Agnelli ai gruppi di volontariato, sono state parziali o vaghe o incomplete (ad eccezione di quelle circostanziate della Regione Liguria in cui l'Assessorato ai Servizi Sociali si era mosso in prima persona per facilitare l'operazione).
    Per giungere a risultati concreti in questo settore così articolato e a volte gelosamente restio a pubblicizzare le proprie iniziative, occorre avviare al più presto il coinvolgimento di Regioni, Province, Prefetture, per la conoscenza del volontariato esistente in ciascun ambito territoriale. Per il volontariato «minore» di cui si è parlato all'inizio, così ricco di iniziative capillari, nate dall'entusiasmo e dallo spirito di sacrificio individuale, che assume un rilievo spesso prezioso e insostituibile pur nella frammentarietà e discontinuità degli interventi potrebbero essere utili le cosiddette «consulte del volontariato» o strutture similari, convocate con frequenza periodica.
    Spesso si verifica che il generoso spirito di solidarietà di molti individui pronti ad operare per sopperire a carenze esistenti venga vanificato per assenza di informazioni che consentano di tradurre in azione concreta la potenziale disponibilità.
    L'azione informativa condotta con ampio respiro e in collaborazione con l'ente locale e con le altre istituzioni - parrocchie, scuole - potrebbe convogliare queste energie disponibili o verso gruppi operativi già organizzati oppure verso nuove forme di aggregazione.
    È questo genuino spirito di solidarietà che va potenziato ed esaltato in un momento in cui le grandi istituzioni centrali si presntano con un profilo così basso: ed è questo al tempo stesso un nuovo terreno per un rapporto tra volontariato e pubblici poteri.
    L'ipotesi di una legge quadro avanzata in una ricerca della Fondazione Agnelli, e ripresa recentemente dal Ministro Rognoni, difficilmente, allo stato attuale, sembra potersi realizzare; forse rappresenterebbe una razionalizzazione troppo affrettata, di un fenomeno per molti aspetti ancora emergente.
    «Sarebbe un errore - afferma lo stesso drettore della Fondazione Agnelli, Marcello Pacini - se attraverso la legge le istituzioni centrali, pur intendendo favorire la crescita del volontariato, mettessero in opera nuove disposizioni legislative e di controllo che ponessero ostacolo ad attività volontarie che in parte sono già ampiamente consolidate, in parte invece ancora "statu nascenti"»
    Sotto questo profilo pur essendo convinto della utilità in futuro di una legge quadro ritengo che occorra lasciare un ulteriore tempo di maturazione.

    Note bibliografiche
    Alcuni volumi per proseguire la riflessione.

    Per il volontariato in campo nazionale segnaliamo:
    Fondazione Agnelli, Servizi sociali: autonomie locali e volontariato. Una ipotesi di lavoro, Quaderno 20/1978. Indirizzo: Via Ormea 37 - 10125 Torino.
    Aa.Vv., Volontariato di ispirazione cristiana. Gruppi operanti in Italia per la promozione umana nel campo dei servizi sociali, EDB 1980.
    Aa.Vv., Volontariato, società e pubblici poteri, EDB 1980.
    Aa.Vv., Volontariato per i minori, EDB 1980.
    Aa.Vv., Il volontariato nel quadro dei servizi sociali nel territorio, Fondazione Zancan Padova.
    Aa.Vv., Emarginazione e volontariato, Caritas Italiana 1977 (Via dei Colossi 50 - Roma).
    Aa.Vv., Obiezione alla violenza, servizio all'uomo, Caritas Italiana 1979.

    Aa.Vv., Volontariato, condivisione e liberazione, Caritas Italiana 1978.

    Per il volontariato internazionale segnaliamo:
    FOCSIV, Organismi cristiani di servizio internazionale volontario, EMI Bologna 198.
    Indirizzo del FOCSIV: Via Stradella 10 20129 Milano.
    FOCSIV, Volontariato internazionale cristiano, Milano 1981.
    FOCSIV, Educazione allo sviluppo, Milano 1981.
    Oberti A., Evangelizzazione, liberazione, volontariato, MLAL (Piazza Pasquale Paoli 3 - 00186 Roma) 1976.


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