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    L'orientamento etico dei giovani


     

    Carlo Penati

    (NPG 1982-01-4)


    FRAMMENTAZIONE SOCIALE E SCOMPOSIZIONE DEI CODICI ETICI

    Una corrente «calda» pare oggi attraversare i comportamenti giovanili in campo etico (1). Una corrente che riavvicina i vissuti concreti al lato della soggettività, dei bisogni e desideri personali, dopo il tempo dei «comandi» etici tutti orientati dall'esterno e all'esterno, rivolti in nome di una necessità e di un «dover essere» oggettivi e in molti casi impositivi.
    Proprio l'affermarsi di aspetti più propriamente qualitativi, attinenti cioè alla realizzazione di sé, genera differenze anche radicali, quasi un pullulare di atteggiamenti e prassi diverse, dove i codici etici si scompongono e si sovrappongono e dove lo sfilacciamento delle norme di comportamento consuete modifica le regole sociali e la transazione (il rapporto di scambio) tra individuo e società. Anzi, in alcuni casi pare che neppure più si ricerchi o ci sia una scambio effettivo tra fasce di giovani e apparati sociali. Non è solo il caso eclatante del «rifiuto del lavoro», che è poi meno diffuso di quanto non paia. È anche la perdita di rilevanza delle grandi «centrali etiche», che avvicina in metro di giudizio della realtà, di ciò che è bene o male, di ciò che è giusto o sbagliato, di ciò che vale o non vale, all'esperienza soggettiva.
    Tutto ciò è contenuto nell'essere giovani oggi. Certo, permangono - interiorizzati - impulsi normativi trasmessi dall'ambiente sociale e dai suoi agenti (la scuola, la famiglia, i mass media...), ma sembrano sempre più attenuati in quanto non si riconducono più necessariamente a uno o più centri unificatori dei comportamenti etici in grado di integrare l'intera personalità.
    Di qui la multiformità delle condizioni giovanili, il senso di dispersione, la frammentazione delle esperienze e dei progetti che attraversano la vita quotidiana. In questo contesto si diffonde in una parte dei giovani la propensione ad essere norma a se stessi, in altri la chiusura in piccoli mondi circolari e totalizzanti, in altri ancora la tendenza a personalizzare le regole oggettive di comportamento. È quindi impossibile ricostruire criteri univoci o trarre conclusioni generalizzabili. Si può soltanto cogliere qualche tendenza significativa che lo strumento sociologico può aiutare ad evidenziare.
    È quanto emerge da una recentissima ricerca sulla domanda religiosa dei giovani condotta da Gioventù Aclista, dall'Università Pontificia Salesiana e dalla editrice LDC (2). Ad essa facciamo riferimento per mettere in luce atteggiamenti etici oggi riscontrabili nel composto universo giovanile italiano.

    I RISULTATI DI UNA RICERCA SUI GIOVANI

    Con tutta la prudenza richiesta dall'utilizzo dei risultati delle indagini sociologiche,
    possiamo trarre dalla ricerca Milanesi alcuni elementi che ci permettono di addentrarci più in profondità, con l'essenziale apporto dei dati di realtà, nella tematica che qui ci interessa. Prendiamo in considerazione, in particolare, alcuni indicatori che paiono più utili per evidenziare comportamenti e atteggiamenti etici delle nuove generazioni.

    La soggettivizzazione dei valori

    Un primo elemento è dato dall'indicazione dei valori, cioè degli obiettivi e dei progetti che costituiscono ragione e scopo dell'esistenza e che si vorrebbero veder realizzati nella propria vita. In questa disposizione a decidersi liberamente di fronte ai valori e ad assumerli per perseguire quello che viene riconosciuto come «bene» per sé e per gli altri si ha infatti una presa d'atto di carattere etico.
    Dalla ricerca emerge una diversa accentuazione tra i due campioni di giovani intervistati (3). Nel campione degli «aggregati» prevalgono i valori socialiassociativi-familiari (44,18% delle preferenze), seguiti dai valori di autorealizzazione personalistica (31,36%), dai valori relativi all'inserimento sociale (studio/ lavoro, col 20,55%), dai valori religiosi (18,49%), individualistico-privati (13,68%), familiari (12,47%), politici (8,26%).
    Nel campione dei «non aggregati» prevalgono invece i valori riferiti all'area dell'inserimento sociale (40,71%), seguiti dai valori connessi alla dimensione personalistica/esistenziale (25,90%), da quelli familistici (25,43%), da quelli sociali, associativi, amicali (23,56%) e da quelli di tipo individualistico-privati (9%), mentre di scarsissima rilevanza sono i valori propriamente religiosi e politici.
    Ne risulta la tendenza alla soggettivizzazione dei valori, per il campione dei giovani appartenenti a gruppi, con una prevalenza della dimensione personalistico-relazionale rispetto a quella individualistica. Diverso l'atteggiamento dei «non aggregati» - che dovrebbe essere più rispondente alle caratteristiche della maggioranza dei giovani italiani - fra i quali raggiungono quote più elevate i valori individualistici («area dell'inserimento sociale» più «dimensione individualistica del privato») anche se prevalgono i valori di autorealizzazione di sé attraverso la relazione interpersonale o con ambiti esterni («dimensione personalistica esistenziale» più «valori familiari» più valori «sociali amicali»).

    La de-ideologizzazione delle scelte e la ricerca di sicurezza

    Emerge dunque la tendenza, in entrambi i campioni di giovani intervistati, a riportare alla propria esperienza soggettiva l'assunzione dei valori che danno significato all'esistenza. Ed è una tendenza confermata da due altri elementi: il riferimento alle ideologie e i «fattori di sicurezza». Il 58% dei giovani «aggregati» e il 32% dei giovani «non aggregati» ritengono che i propri ideali siano ispirati a qualche ideologia, ma di questi soltanto la metà all'incirca sa dire di quale ideologia si tratti. Il che conferma una diffusa deideologizzazione dei vissuti giovanili, anche se permane una significativa contiguità con la rilevanza di fattori ideologici (reali o soltanto presunti) nella definizione dei propri sistemi di significato per la vita.
    Interessante è infine la considerazione di un fattore che molti ritengono oggi centrale per i vissuti giovanili in un contesto di precarietà esistenziale e di disgregazione sociale: la ricerca di sicurezza. Nel campione degli «aggregati» il principale fattore di sicurezza è costituito dalla «sensazione di essere nel giusto nelle proprie scelte» (circa il 60%); seguono: l'amore di
    una persona amata e l'affetto di una famiglia (57%), la stima degli altri (37%), l'altruismo e il «fare qualcosa di gratuito» (25-26%), avere un lavoro (25%), essere in pace con tutti (22-23%), l'appartenere ad un gruppo (20%), la religione e l'«amore di Dio» (5%). I motivi della sicurezza sono per lo più ricondotti ad esperienze di autovalorizzazione a rapporti interpersonali che pongono al centro la realizzazione soggettiva, piuttosto che a rapporti di tipo sociale o a ragioni economiche e strutturali.
    Diverso è l'atteggiamento dei giovani non appartenenti a gruppi, che danno un ordine diverso dei fattori securizzanti: il più segnalato è l'amore di una persona amata, con riferimento in particolare all'ambito familiare (44%); seguono: la garanzia occupazionale (39%), la stima degli altri (38%), il conseguimento della maturità personale (20%), l'essere nel giusto nelle proprie scelte (15%), l'essere in pace con tutti (10%), possedere del denaro (8%), la religione (5-6%), fare qualcosa di gratuito (5-6%).
    Né nell'uno né nell'altro campione di giovani intervistati emergono riferimenti a realtà ideologico-istituzionali: la sicurezza è cercata per lo più dentro di sé e in altre persone che siano significativamente correlate a sé.

    Una concezione volontaristica di vita

    Tale atteggiamento, proiettato sul piano delle possibilità di trasformazione della realtà, si traduce poi in un fattore apparentemente paradossale. L'analisi del rapporto tra disponibilità all'impegno e fiducia nel futuro evidenzia che, mentre soltanto 1'8% dei giovani «aggregati» ritiene che il futuro ci riservi senza dubbio un mondo migliore di quello attuale, il 71% pensa che attraverso l'impegno sia possibile costruire un domani migliore per sé e per gli altri. Si ha dunque una sostanziale fiducia nelle proprie possibilità di influire sugli eventi e nel contempo una notevole disillusione nei confronti della speranza che le cose possano davvero cambiare in meglio. Il che è interpretabile come appiattimento sul presente delle modalità di cambiamento della propria vita e, in rapporto a questa, della vita degli altri, in base ad una concezione che potremmo definire volontaristica da società complessa. È caratteristica delle moderne società complesse, infatti, l'accentuazione della distanza tra possibilità previste (di realizzazione, di benessere, di miglioramento...) e possibilità realizzate. Ed è questo un elemento che ha una grande incidenza sui comportamenti etici delle nuove generazioni.

    LA CONCEZIONE DELLA SESSUALITÀ

    Fin qui si è fatto riferimento in particolare a fattori che hanno un'attinenza soltanto indiretta con la sfera dell'etica. Si tratta ora di passare rapidamente in rassegna i risultati della ricerca relativi agli indicatori di cui i ricercatori si sono serviti per una presa diretta su tale problema, con particolare riferimento alla problematica sessuale.

    Il rapporto con gli orientamenti ecclesiali

    Particolarmente significativa è la rivelazione del grado di conformità nei confronti delle normative di etica sessuale proposte dalla chiesa cattolica, che costituisce indubbiamente uno dei principali centri di orientamento dei comportamenti individuali e collettivi.
    Alla domanda che chiedeva di definire le posizioni della chiesa cattolica sulla sessualità e sul rapporto di coppia 1'81-82% delle risposte dei giovani «aggregati» ha evidenziato un atteggiamento marcatamente negativo: il 32% giudica la posizione della chiesa «piuttosto repressiva», il 35% «piuttosto tradizionale» e il 15% «piuttosto contraddittoria». Soltanto il 33% delle risposte esprime un giudizio positivo: il 19% la considera «piuttosto giusta», il 6% «piuttosto aperta» e 1'8% «piuttosto realistica». E c'è da tener conto che oltre il 60% degli «aggregati» intervistati appartiene a gruppi di tipo o d'ispirazione religiosa.
    Il grado di non conformità nei confronti delle posizioni della chiesa cattolica raggiunge livelli ancor più elevati tra i giovani «non aggregati». Qui l'area del consenso alle norme di etica sessuale proposte dalla chiesa cattolica raccoglie soltanto il 16% delle risposte, mentre l'area del dissenso si attesta su un valore pari all'83% (cui va aggiunto 1'8% delle risposte che ritengono che le indicazioni sulle problematiche sessuali non attengano all'istituzione religiosa): il 36% delle risposte considera tradizionale la posizione della chiesa, il 22% la giudica repressiva, il 15% insufficiente-sbagliata-falsa-distorta e il 10% contraddittoria.

    Gli scopi della sesualità: verso un'etica della tenerezza

    Ne risulta una divergenza generalizzata tra gli orientamenti dei giovani intervistati e le posizioni da essi attribuite alla chiesa cattolica, anche se è pensabile che gli orientamenti etici di quest'ultima in campo sessuale non siano conosciuti in tutti i loro risvolti. È quanto emerge dall'esame degli scopi attribuiti al rapporto sessuale. Il 53% dei giovani «aggregati» gli attribuisce lo scopo prioritario di esprimere affetto e tenerezza: il 34% privilegia il fine di permettere e facilitare la comunicazione tra due persone; il 9% indica come scopo principale la procreazione, il 3% lo sfogo di un impulso naturale della persona. L'8% dei soggetti dà infine come scopo -al di fuori della casistica prevista dalla domanda del questionario - la «soddisfazione edonistica», il «godere», il «piacere», mentre il 2% si riferisce ad una finalità di «donazione», «completamento», «conoscenza». Complessivamente, quindi, il 76% dei giovani intervistati appartenenti a gruppi assegna al rapporto sessuale uno scopo relazionale e comunicativo: la sessualità ha cioè valore in sé, non trova legittimazione nella finalità procreativi se non per una piccola minoranza dei soggetti.
    Qui si evidenzia la scarsa conoscenza dell'insegnamento del magistero ecclesiale cattolico in materia di sessualità, che attribuisce al rapporto sessuale anche uno scopo di comunione tra le persone e non solo di procreazione. È segno comunque che l'immagine che viene data o che viene percepita dell'istituzione religiosa è differente dai contenuti che la sostanziano; e che d'altro canto questa stessa istituzione ha perduto verticalmente interesse e credibilità tra le giovani generazioni, quanto meno sotto il profilo etico.
    Per quanto riguarda il campione dei «non aggregati» risulta al primo posto la ricerca di affetto e tenerezza, quale scopo di un rapporto sessuale, con il 37% delle risposte; segue la finalità del completamento, della donazione, della conoscenza reciproca con il 28-29% delle preferenze; al terzo posto, con 111% delle risposte, si colloca la ricerca di uno sfogo ad un impulso naturale della persona; seguono quindi lo scopo procreativo con il 5% e la «soddisfazione edonistica» con il 4% delle preferenze.
    Si evidenzia una concezione della sessualità che potremmo definire femminilizzata, per il prevalere degli aspetti di comunicazione e di espressione affettiva sugli aspetti di edonismo, di possessività e di prestazione tipici di una visione marcatamente «maschilista». Come pure si afferma, a fronte della scarsa rilevanza della concezione della sessualità come attuazione della genitalità procreativa, un'etica della tenerezza, del gioco, della conoscenza reciproca, che si fonda su valori affettivi-relazionali piuttosto che su significati edonistico-individualistici.

    L'atteggiamento verso alcuni problemi di coppia

    È interessante infine porre l'attenzione su alcuni indicatori che evidenziano l'atteggiamento dei giovani appartenenti a gruppi di fronte ad alcune problematiche che ineriscono in qualche modo alla sfera della sessualità e della coppia.
    Il 61% ritiene che i rapporti sessuali prematrimoniali costituiscano un'utile esperienza sia per l'uomo che per la donna, in base a una visione che assegna ad essi un ruolo rilevante nella socializzazione, o meglio nell'autosocializzazione giovanile, sottraendoli a una problematizzazione di ordine strettamente morale.
    Il 53% degli intervistati si dichiara quindi totalmente o parzialmente contrario all'affermazione secondo cui la possibilità di divorziare favorirebbe la leggerezza nel contrarre matrimonio.
    Più equilibrati sono gli orientamenti emersi nei confronti dell'affermazione che attribuisce all'uso degli anticoncezionali la funzione di favorire un'eccessiva libertà sessuale tra i giovani: il 49% si esprime a favore dell'affermazione e il 47% contro di essa.
    Da ultimo, per quanto riguarda la legalizzazione dell'aborto, prevale un rifiuto dell'intervento legislativo: il 58% si dichiara parzialmente o totalmente in disaccordo con esso.
    È da tener conto, comunque, che questi ultimi atteggiamenti si riferiscono unicamente al campione degli «aggregati» che, per tale caratteristica, rappresentano soltanto una parte (grosso modo quantificabile nel 30%) dei giovani italiani).

    DA UN'ETICA DIRETTIVA A UN'ETICA INTERIORIZZATA

    A questo punto pare possibile trarre alcune considerazioni conclusive.
    Da un'etica «naturale» ad un'etica «autonoma»
    Dalla ricerca qui esaminata pare evidenziarsi un tendenziale spostamento, nei vissuti giovanili, da un'etica ambientale, «naturale», direttiva a un'etica interiorizzata, autonoma, che si fonda sulla coscienza di sé. Ciò corrisponde ad una più generale perdita di rilevanza dei luoghi di identificazione esterni alla persona (istituzionali, sistemici, ideologici), che accentua la coscienza di sé e della propria realtà soggettiva, attribuendo significato e valore (ed anche, in molti casi, realtà) a ciò che viene filtrato dalla esperienza o dalla percezione personale.
    Si registra, cioè, una sorta di «autonomizzazione» etica rispetto ai modelli strutturati, sostenuta dalla tendenza a «personalizzare» i valori e le norme. I valori appaiono cioè come attributi di significato assegnati autonomamente dalla coscienza alle cose, mentre le norme di comportamento vengono riconosciute come tali in quanto approvate soggettivamente piuttosto che per la corrispondenza a un sistema organico esterno. Centrali divengono, cioè, sotto un profilo etico, gli itinerari di autoscienza umana e i processi di formazione dell'identità personale, piuttosto che le rigide formulazioni normative e le intermediazioni istituzionali e ideologiche.
    Il vissuto etico delle nuove generazioni tende a divenire autonomo rispetto al vissuto religioso e rispetto alle regole di comportamento stabilite dall'istituzione ecclesiastica: i giovani paiono orientati a selezionare i comandi etici che provengono dalle istituzioni e a prenderne le distanze. Ciò non significa, d'altro canto, che la crisi dei tradizionali modelli etici determini un'assenza di norme e valori. I comportamenti, se non si riferiscono ad un unico centro normante dotato di un sistema organico di valori e di regole, non sono per ciò stesso destituiti di coerenza. Anzi, l'avvicinamento delle scelte etiche al vissuto personale può consentire un'adesione più autentica alla ricerca di ciò che è bene-per-l'uomo, dal momento che un'etica è assimilabile - e quindi comunicabile - soltanto attraverso la convinzione personale vissuta. In questo senso il quotidiano giovanile può essere un laboratorio per l'elaborazione di nuovi valori.

    Problemi aperti

    Molti problemi rimangono tuttavia aperti, anche perché l'avvicinamento dell'etica all'esperienza soggettiva fa emergere differenze nei comportamenti, che spesso appaiono - soprattutto a livello giovanile - ambivalenti. Il passaggio da una concezione e un vissuto dell'etica come mediazione rispetto a principi e valori considerati universali, a un'etica dell'immediatezza, che giudica i desideri/bisogni come buoni in sé, può essere letto infatti come ricerca di autenticità e rifiuto di essere tutti determinati dall'esterno. Ma è assimilabile anche alla modalità, tipica del modello consumistico, della fruizione immediata e incessante di risorse personali e oggettive.
    Per questo è possibile la compresenza della tendenza - una volta attenuatasi l'autorità religiosa - a collocare il luogo della determinazione etica nella singola coscienza e della tendenza a riporlo in centrali etiche nuove o in via di formazione. È un dato tuttavia che i modelli etici paiono sempre meno in grado di orientare i comportamenti della generalità della popolazione. Da un lato c'è il rischio che i fermenti giovanili senza il confronto con la sfera oggettiva non pervengano a una maturità etica. D'altro lato il vissuto giovanile sembra destinato a incamminarsi lungo percorsi etici «deboli», dal momento che non è pensabile - almeno in un tempo breve-medio - l'affermarsi di normative valoriali solide e indiscutibili sostenute da una generale legittimazione.


    NOTE

    (1) Nel corso dell'articolo si farà sempre ricorso al termine etica, che viene preferito al termine morale. Quest'ultimo appare infatti più ambiguo per l'ampio e non sempre univoco uso che se ne fa. Etica, inoltre, sembra meglio indicare un tessuto di comportamenti orientati a valori nella duplice relazione alla coscienza di sé e alla percezione del bene-per-l'uomo, da un lato, e all'«oggettività» delle pratiche sociali, delle norme prefigurate, dei rapporti interpersonali dall'altro. Morale sembra invece riferirsi al terreno più scivoloso e impervio dei principi astratti e delle regole aprioristiche.
    Si tratta, ovviamente, di una distinzione convenzionale, e non propriamente etimologica e concettuale, che è indispensabile tuttavia per evitare equivoci o errori interpretativi.
    (2) Cfr. Oggi credono cosi, a cura di G. Milanesi (con la collaborazione di F. Garelli, C. Penati, R. Frisanco, S. Bisogni), Elle Di Ci, Leumann, 1981.
    (3) La ricerca è stata effettuata su due campioni di giovani. Sono stati intervistati oltre 4.000 soggetti tra i 18 e i 25 anni di età, appartenenti a gruppi, associazioni, partiti, che definiamo giovani aggregati, in sedici province italiane, e oltre 900 giovani che definiamo non aggregati - cioè non appartenenti a gruppi - scelti a caso dalle liste elettorali in tre aree collocate al nord, al centro e al sud del Paese.


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