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    Gli educatori e la morale dei giovani



    Norberto Galli

    (NPG 1982-01-09)


    Il problema morale è un aspetto centrale della vita giovanile. Nel nostro tempo esso suscita grande interesse, poiché i valori concernenti l'uomo subiscono una grave obnubilazione, dovuta alla scarsa intelligenza morale di essi. Non s'insisterà mai abbastanza sulla necessità di riflettere interno ai vari aspetti della vita morale, d'individuare le cause del rilassamento attuale delle coscienze, di presentare con cura agli educandi ciò che obiettivamente è conforme o non conforme alla dignità della persona, nella sua realtà singolare e nella sua apertura all'altro e al trascendente. La realtà in cui ci muoviamo accresce l'urgenza dei due quesiti proposti dalla rivista, ai quali, in attesa di ricerche sistematiche, si supplisce con le considerazioni seguenti.

    GLI EDUCATORI DAVANTI ALLA MORALE DEI GIOVANI

    Sulla prima domanda, attinente al modo in cui gli educatori vedono il problema dei giovani e il giudizio da formulare in ordine alle loro attese e pretese, sono possibili le seguenti osservazioni.

    L'incidenza traumatica dei cambiamenti sugli adulti e sui giovani

    Non è dato comprendere il vissuto degli educatori e la loro posizione riguardo ai giovani, né lo stato in cui si vengono a trovare costoro rispetto alla formazione ricevuta dai primi, senza prima meditare sulle crisi provocate negli uni e negli altri dell'epoca storica in cui viviamo. Questa, infatti, è denotata da profondi cambiamenti strutturali, che inducono in chi li vive gravi tensioni, a causa delle forme di cultura in continua evoluzione. Ciò origina conflitti, a volte acuti, tra regole interiorizzate e nuovi modelli di condotta, tra divieti appresi e proposte sempre più allettanti. Molti adulti diventano così perplessi su ciò che devono o non devono richiedere ai discenti e questi, in numero crescente, vivono in una situazione d'insicurezza, per avere di fronte individui senza regole chiare per il loro comportamento, e per trovarsi inseriti in un contesto di vita che privilegia il contingente e la spontaneità. Un facile disorientamento invade allora le menti di tutti, provocando negli educatori un'accentuata oscillazione tra condotte esigenti e lassiste. Questi avvertono non di rado la loro incoerenza, ma, interiormente combattuti come sono, risultano poi incapaci di dominarla e quindi d'impedirne gli effetti.

    La spinta dei modelli permissivi e la loro incidenza sugli adulti e i giovani

    L'irruzione nella cultura attuale delle idee libertarie intorno alla sessualità, al matrimonio, alla famiglia ha trovato pronta ricezione, giacché le norme precedenti erano già state compromesse, sul piano concettuale, dalle varie filosofie diveniristiche ed eraclitee, alimentate dalle rapide trasformazioni sociali e civili del nostro tempo.
    Questo evento ha avuto, e ha tuttora, nella coscienza dei giovani e degli adulti una ripercussione assai più vasta di quanto non si creda, avendo le idee dell'antropologia permissiva trovato modi efficaci per raggiungere un numero enorme di persone con gli attuali mezzi di comunicazione di massa. Esse sono state, in proporzioni diverse, soverchiate dalle nuove concezioni, richiamantisi al desiderio del piacere. I precedenti schemi educativi sono entrati subito in crisi e spesso, in mancanza di un'antropologia personalistica da opporre alla prima, gli educatori non hanno saputo reagire e in parte sono rimasti vittime delle nuove visioni di vita e succubi delle loro suggestioni. In questi ultimi si palesa un inconscio attaccamento alle vecchie istanze, al quale si oppone tuttavia un progressivo disimpegno dalle medesime.

    La rigidità mentale degli educatori scarsamente problematici

    Quanto sinora esposto aiuta a comprendere l'attuale situazione degli educatori circa la vita morale dei giovani. Nonostante l'irruzione della morale permissiva nel mondo contemporaneo, sono ancora pochi gli adulti che s'ispirano espressamente ad essa nella formazione degli educandi e richiedono loro consequenzialità operativa ai principi ispiratori. In genere essi postulano comportamenti improntati alla più ampia libertà, ma appaiono poi perplessi sui valori da presentare, a causa delle pressioni contrarie da cui sono fatti segno nella nostra società.
    Gli educatori, invece, sono in maggioranza tuttora legati a schemi morali di tipo sostanzialmente restrittivo. Si pensi, ad esempio, alla formazione nel campo della sessualità adolescenziale e giovanile, incentrata sui valori dell'amore coniugale e familiare, sull'esercizio della sessualità finalizzato alla riproduzione biologica, sulla riprovazione delle condotte non conformi ad un ordine oggettivo.
    Dal momento però che la gioventù odierna sta gradualmente allontanandosi da siffatte regole, i medesimi adulti proferiscono un giudizio negativo su di essa. Si apre così un pericoloso divario tra le generazioni, proprio quando adolescenti e giovani avrebbero bisogno dell'aiuto competente degli adulti. Sono convinto che gli educatori di quest'ultima categoria siano avvinti ad una morale di tipo sostanzialmente immobilistico, che non permette loro, sebbene intenti a salvare i principi, di cogliere la trasformazione delle norme dovute al contesto culturale in cui s'incarnano. Quelli costituiscono i fondamenti stessi della vita morale, queste rappresentano la traduzione storica dei primi. Qualora l'educatore identifichi principi e norme, si pone nelle condizioni di non comprendere più il cambiamento.
    Le norme si trasformano nel corso della storia attraverso il confronto con le esigenze della coscienza personale e le realtà in cui l'uomo vive ed opera. La sessualità dissociata dall'amore si spiegava benissimo in un dato àmbito storico. Oggi però, stante il lungo cammino compiuto dalla riflessione umana e dalle scienze positive, quella dicotomia non è più accettabile. L'evoluzione delle norme è non già contro la persona ma sempre a suo vantaggio. Ad esempio, nell'assumere la sessualità in un'ottica più comprensiva di prima, i nuovi atteggiamenti giovanili non sempre e non necessariamente sono negativi; talora adducono a riflessioni nuove e possono suscitare condotte più cònsone al valore dell'uomo.

    GLI ATTEGGIAMENTI DEGLI EDUCATORI

    Alla seconda domanda, relativa agli atteggiamenti principali, secondo cui gli adulti colgono e valutano i comportamenti giovanili, rispondo ancora con una triplice considerazione.

    La impreparazione ad interpretare le esigenze dei giovani e ad essere loro guida

    In virtù delle riflessioni precedenti, non meraviglia se il giudizio di molti educatori è severamente critico sui giovani del nostro tempo. Eppure ciò che più impressiona è la loro impreparazione psicologica e pedagogica, che nega la loro capacità di percepire il complesso mondo adolescenziale e giovanile e quindi la disponibilità degli strumenti concettuali e metodologici per appagare adeguatamente le loro esigenze.
    I giovani d'oggi manifestano bisogni inediti, hanno una sensibilità particolare ai problemi della società, desiderano trovare le vie giuste per diventare soggetti d'innovazione nei settori della scuola, del lavoro, della politica, della chiesa. I tentativi da essi compiuti in ognuno di questi campi sono poco produttivi, quando non siano sorretti o illuminati dalla competenza e dalla saggezza dell'adulto. Spesso, infatti, mirano ad obiettivi scarsamente centrati quanto alla loro opportunità e alla loro incidenza. Ciò arreca, nella percezione ipercritica degli adulti, ulteriori motivi per appesantire i loro giudizi negativi e per alienarsi le giovani generazioni.

    L'abbandono dei giovani a se stessi

    Gli adulti tendono a prescindere dai giovani nei loro progetti, privandosi in tal modo della loro inventiva e della loro creatività ed esacerbando in pari tempo il loro spirito di contestazione e di ribellione, concretantesi nelle numerose forme dei comportamenti alternativi all'attuale società. Quando gli adulti rifuggono dal far credito alle forze innovative delle generazioni che crescono, si autocondannano a processi involutivi e si precludono la via ad una progressiva rigenerazione d'idee e di opere.
    D'altra parte i giovani si sentono traditi dagli adulti e delusi nelle proprie attese. Mai come oggi i giovani avvertono la solitudine di fronte a un mondo che esalta modelli sempre più seducenti e conturbanti, mentre in loro si fa strada l'aspirazione a dare nuovo significato a certi valori tradizionali, a conferire ad essi una maggiore completezza ed universalità. Si rammentino le ben note posizioni dei giovani circa la libertà, la pace, la giustizia, la solidarietà umana.

    L'atteggiamento di rassegnato permissivismo

    Nelle circostanze descritte, la situazione di molti adulti è davvero singolare.
    Non hanno più autorità sui giovani, per avere perduto ogni collegamento con i problemi reali del loro mondo, sono inidonei ad inserirsi nella loro vita per avvalorare le loro intenzioni, non sanno apprezzare i loro progetti perché li reputano fuori della loro prospettiva. Eppure, non di rado, in famiglia, a scuola, nelle organizzazioni hanno a vedersela con la condotta giovanile e devono esprimere la loro valutazione.
    Se prescindiamo da quella esigua percentuale di educatori, che sostengono principi permissivi e premiano i comportamenti che ne discendono, la maggioranza di essi dichiara un rassegnato permissivismo. Ciò significa che, nonostante tutto, essi esigerebbero ancora dai minori un contegno ispirato a regole precise, ma che, non essendo più in grado di motivarli, si adattano alle esigenze dei giovani e li lasciano agire in conformità con le loro propensioni momentanee.
    Questa situazione è facilmente osservabile in famiglia, dalla preadolescenza in poi. Molti figli, divenuti puberi, si sganciano quasi del tutto dai genitori, e questi accettano di avere con loro relazioni pressoché formali, pur di assicurare un minimo d'integrazione alla comunità domestica. Ma ormai tra figli e genitori si è formata un'incomprensione psicologica, che permette solo contatti strumentali per sopperire alle esigenze vitali.
    Ho però l'impressione, confermata in parte dall'osservazione empirica, che gli educatori più giovani, in pratica quelli della generazione successiva alla contestazione del 1968, stiano assumendo atteggiamenti nuovi. Una parte almeno di loro ricercano il dialogo con gli educandi, si aggiornano per comprenderli e guidarli, sono alieni dal permissivismo imperante, credono in alcuni valori essenziali, senza i quali la vita perderebbe significato. Essi costituiscono un'indubbia speranza per il futuro: attraverso il loro impegno le nuove generazioni potranno riacquistare fiducia e sicurezza negli adulti e prepararsi con sempre maggiore serietà ai ruoli del loro avvenire.


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