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    Introduzione a: La bibbia nella preghiera dei gruppi giovanili


     

    (NPG 1981-09-5)


    Una esigenza pastorale oggi vivamente sentita è di proporre ai giovani, in un contesto che abbia un minimo di significato, l'incontro diretto, immediato, con esperienze religiose in genere e cristiane in particolare. Lo richiede il basso tasso di esperienza religiosa dei giovani d'oggi. E lo richiede una pedagogia della fede che faccia suoi i criteri della concretezza, esperienzialità, storicità del cristianesimo.
    Una delle espressioni più interessanti di questa esigenza tradotta in prassi pastorale è il contatto con la bibbia e la preghiera con la bibbia in mano.
    La centralità della bibbia nell'educazione alla fede non è evidentemente un fatto nuovo, per lo meno dopo il concilio. Quel che è nuovo è il modo di accostare il testo biblico. Nei primi anni del dopoconcilio più che un vero incontro con la bibbia ci fu l'incontro con le varie teologie bibliche, e con la teologia della storia della salvezza. L'incontro con la bibbia era mediato dalle varie ideologie e dalle varie teologie. Se questa scelta era decisiva per la riformulazione dei contenuti biblici in termini culturali significativi, era invece difficoltosa per l'esperienza dei singoli e dei piccoli gruppi.
    Una seconda fase fu l'approccio diretto della bibbia, attraverso !'esegesi e lo studio appassionato, fino ad arrivare, nelle situazioni migliori, ad una «lettura spirituale» del testo, cioè ad un tentativo di applicare alla propria situazione il messaggio biblico.
    Dalla «lettura spirituale» alla preghiera con la Bibbia in mano il passo è stato facile. Lettura spirituale e preghiera con la Bibbia in mano rispondono entrambe alla esigenza di dare maggior rilevanza al testo biblico nella vita personale.
    Nel momento in cui è in crisi l'identità personale e la stessa cultura è in fase di trapasso l'uso della bibbia si fa più attento alla interiorità, alla esperienzialità, alla stessa emotività personale, verso la creazione di una nuova consapevolezza esistenziale.
    dossier dà spazio a tre esperienze di studio, meditazione e preghiera della bibbia. Quel che più ci interessa è l'uso della bibbia nella preghiera, intendendo con questo termine sia il modo concreto con cui si avvicina la bibbia, sia lo spazio che viene dato alla parola di Dio nella costruzione della propria identità personale.
    Un'ultima precisazione. Prendiamo in esame solo l'uso della bibbia in incontri di preghiera di gruppo e non direttamente il suo uso nella liturgia eucaristica e penitenziale.

    FATTI

    La proposta pastorale di una maggior attenzione a esperienze immediatamente religiose e, nel nostro caso, a una preghiera direttamente nutrita dalla parola di Dio, è nata nel vivo dei gruppi, come aggiustamento di tiro sia nella direzione della riscoperta della radicalità della fede cristiana, sia nella direzione della impasse venutasi a creare dopo la crisi dell'impegno e delle analisi ideologiche della realtà. Proprio per questo è necessario, prima di fare della teoria, mettersi in attento ascolto di chi la bibbia la utilizza nella preghiera. Abbiamo scelto tre esperienze, fra le tante a disposizione.
    Sono esperienze di tre case di incontri spirituali per giovani. Una descrive una settimana di campo estivo al termine di una serie di ritiri mensili; una seconda racconta di una serie di proposte lungo l'anno, alla sera dei giorni feriali; la terza invece presenta iniziative diverse sempre nell'ambito dell'utilizzo della bibbia per la meditazione e preghiera personale e di gruppo.
    Nello scegliere le esperienze abbiamo avuto a cuore due preoccupazioni: che fossero attente al collegamento tra preghiera e vita quotidiana, e, in secondo luogo, che proponessero una preghiera accompagnata da un serio studio del testo biblico. Un dato interessante è che tutte e tre le esperienze si rifanno, in modo sufficientemente libero e creativo, al metodo della «lectio divina». Non è stata una scelta previa da parte nostra, ma solo l'attenzione a proposte di preghiera che si sforzano di indicare metodi di preghiera esigenti e allo stesso tempo praticabili.
    In questa rubrica pubblichiamo solo le prime due esperienze. La terza, più orientata al pratico, la si trova nella rubrica «per l'azione».

    PROSPETTIVE

    Quali indicazioni trarre dalle esperienze presentate?
    Prima di rispondere ci sembra importante «dilatare» gli aspetti nuovi e stimolanti evidenti, e a volte quasi nascosti, nelle tre esperienze. Per farlo abbiamo chiesto a tre esperti di rileggere il tutto secondo la loro competenza. Tre le prospettive scelte: una biblica, una ermeneutica, una educativo-pastorale.
    La caratteristica dominante nelle pagine precedenti è il ruolo dato alla bibbia nella preghiera. A quali condizioni, questo orientamento, per se stesso ricco di grosse promesse, può davvero arricchire la vita dei giovani oggi? E, d'altra parte, quale rispetto è dovuto al testo biblico nel momento in cui viene studiato, meditato e pregato?
    A questi interrogativi risponde il biblista Cesare Bissoli.
    La seconda prospettiva, quella ermeneutica, nasce dalla costatazione che i giovani (ma non solo loro) tendono a volte ad un approccio diretto alla parola di Dio rifiutando il contributo delle mediazioni culturali e teologiche. Di che cosa è segno questa lettura immediata del testo? Non è forse una moda che accoglie ed accontenta
    il crescente soggettivismo giovanile ed il loro disagio per le forme culturali e teologiche attuali dalle quali si sentono lontani? D'altra parte, è davvero possibile, anche nel nome della radicalità evangelica, fare a meno del supporto delle mediazioni? Non c'è forse un rischio di più sottili manipolazioni sia del testo che dei soggetti? Si impone, per avviare a questi rischi, una riflessione che indichi come attivare i processi ermeneutici nell'approccio al testo biblico. Ce la offre Carlo Molari.
    La terza prospettiva nasce da una preoccupazione educativa. A quali condizioni la preghiera, in particolare quella centrata sulla bibbia, è maturante per il soggetto e per il gruppo? A quali condizioni è davvero esperienza di un Dio che entra nella storia, e non nuova e più sofisticata ricerca di sé?
    Lo abbiamo chiesto a Carmine Di Sante che risponde prendendo in esame quattro criteri di valutazione: capacità di ascolto, disponibilità all'accoglienza, apertura agli altri, prassi messianica.

    PER L'AZIONE

    Presentiamo ora la terza esperienza ricca di spunti operativi e per questo collocata in questa rubrica del dossier.
    Vengono offerte indicazioni valide sia sul piano del metodo di lavoro che degli stessi contenuti.
    I contenuti si sviluppano in un itinerario che ripercorre le tappe dei discepoli alla scoperta della identità del Cristo e di conseguenza anche della loro identità personale. Utilizzando il vangelo di Marco si propone una scuola di fede.
    Il metodo di lavoro segue le tappe della «lectio divina»: momento quindi di studio, cui seguono tempi di meditazione personale del testo, comunicazione della esperienza personale vissuta a partire dal testo, apertura alla contemplazione.
    Originale è, più da vicino, il metodo per studiare il testo biblico che prevede tre gruppi di studio, uno sulla risonanza del testo in esame nell'Antico Testamento, uno sulla risonanza nel Nuovo Testamento, ed un terzo sui personaggi del testo per tracciarne una radiografia.
    Interessante è anche l'impegno di aprire il testo biblico ad un modo di pregare di volta in volta attento a comporre il testo biblico con le situazioni esistenziali dei partecipanti.
    Un sussidio, come si vedrà, immediatamente operativo per molti grup giovanili. Una possibile ipotesi di lavoro, riformulare evidentemente alla luce delle domande che il gruppo si porta dentro, p, un anno intero di ritiri spirituali, o per i corso di esercizi, o infine per un camposcuola alla ricerca della propria identità personale alla luce dell'esperienza dell'uomo Gesù.

     

     


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