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    Come educare alla gratuità, in un tempo di disincanto



    Franco Floris

    (NPG 1981-1-22)


    Da una cultura della speranza e dell'impegno siamo passati nel volgere di pochi anni ad una cultura della crisi e, a volte, della disperazione. Si vive in un clima di diffuso disagio e malessere. C'è il disagio di chi si rende conto che il consumismo non paga e il disagio di chi ha tentato di eliminare l'ansia con l'attivismo. C'è il panico di chi non sa affrontare i problemi che la vita gli pone e lo scetticismo di chi ha provato inutilmente a mettere al «potere» la «fantasia». C'è il sarcasmo nichilista di chi si sente giocato dalla vita e c'è chi predica l'abbandono ad un nuovo consumismo.
    Tutto questo è vero ma non è tutto. Ci sono alcuni valori emergenti nella crisi a cui i giovani sono molto sensibili. Tra questi valori c'è la gratuità.
    Il bisogno di gratuità in un'epoca di disincanto e di angoscia è un modo originale di aggrapparsi alla vita nella sua spontaneità, contro la logica della dominazione e della appropriazione, contro la mercificazione della vita e la distruzione delle risorse naturali. Gratuità dice ricerca e innamoramento della vita in tutte le sue forme.
    Non è una ricerca facile. Le ambiguità non mancano. Non sempre la ricerca della gratuità è consolidamento di una nuova qualità di vita.
    Per capire l'ambivalenza si deve accostare l'esigenza di gratuità con il diffondersi di una nuova tolleranza interpersonale e collettiva.
    Proprio nella crisi la conflittualità sembra stemperarsi per tutti. I tempi della conflittualità sono per molti versi finiti anche per i giovani. In famiglia e al lavoro, nel gruppo come a scuola, domina un atteggiamento grosso modo di tolleranza. In famiglia si cerca di vivere quello che unisce a livello affettivo passando oltre le divisioni pur presenti a livello di posizioni, interpretazioni e modelli di vita.
    Al lavoro e a scuola l'obiettivo è diventato la creazione di un ambiente umano soprattutto attraverso il miglioramento delle interazioni con i compagni.
    C'è da sospettare che questo diffondersi di tolleranza e di gratuità sia il volto superficiale di un atteggiamento passivo e rassegnato davanti alla vita? Questo può essere vero: il relativismo e lo scetticismo inducono tolleranza e passività. Ma probabilmente questo è solo il rischio di cammino nuovo e interessante.
    Se si coglie con attenzione il mondo dei giovani oggi, sembra che essi si ripropongano la scelta tra due logiche esistenziali, la logica dell'avere e la logica dell'essere. Le due logiche sono abbastanza distinte sul piano teorico, mentre è più confuso il modo di vivere giorno per giorno. Di qui i rischi e le incoerenze.

    VERSO UNA COSCIENZA ESISTENZIALE ISPIRATA ALLA GRATUITÀ

    Se da una parte le istanze di tolleranza e gratuità possono dare adito a fuga dalla responsabilità, dall'altra possono essere comprese come un salto qualitativo verso una nuova coscienza esistenziale da cui far emergere una nuova strategia culturale e politica.
    Da più parti ci si chiede in effetti se non si sia di fronte ad un grosso cambio di strategia determinato dall'esigenza di raggiungere una nuova qualità di vita qui ora, senza dover attendere una rivoluzione «globale». Si ipotizza, in altre parole, che caduta l'ideologia del cambio politico rivoluzionario, si stia inventando una strada nuova per soddisfare anche quei bisogni che non possono trovare risposta in termini puramente politici o economici.
    Educare i giovani oggi significa allora in primo luogo essere consapevoli e coscientizzare su questo travaglio culturale, il cui esito positivo sarà possibile solo attraverso un grosso impegno educativo.

    Superare la logica del possesso e della appropriazione

    Coscientizzare i giovani per consolidare atteggiamenti di gratuità vuol dire in primo luogo portarli a scoprire la radice di molta insoddisfazione dell'uomo nell'aver sposato una logica esistenziale centrata sull'avere, sul possesso, sul ripiegamento egocentrico verso se stessi.
    La logica di tipo possessivo è contrassegnata da una forte preoccupazione per se stessi, dettata dall'ansia e dalla paura di non avere e quindi non vivere a sufficienza: paura di non essere riconosciuti, di non figurare bene, di non possedere abbastanza qualità e meriti
    In questo modo la vita è in fondo pensata come un vuoto da riempire. E per riempirla tutto può servire: cose, persone, sensazioni, cultura, relazioni sociali...
    Si vive di calcolo amministrando il tutto come una specie di partita doppia fatta di dare e avere sempre in pareggio. In fondo non si ha stima sufficiente per se stessi, né per gli altri.

    Una nuova logica di vita

    Per coscientizzare i giovani occorre in secondo luogo renderli consapevoli dei nuovi germi culturali che prefigurano una società e prima ancora una vita ispirata alla gratuità e all'essere. Questi germi sono presenti nei giovani, ma non solo in loro. I giovani devono imparare a coglierli dove sono, seguendo quell'istinto di sopravvivenza che li porta a sconfinare e muoversi tra i vari modelli culturali alla ricerca di elementi per nuove sintesi più adeguate ai loro bisogni.
    In una logica di vita ispirata alla gratuità il soggetto concepisce se stesso e gli altri come ricchezza che nasce dal mistero insondabile che è la vita.
    Il rapporto con gli altri non è regolato sulla partita doppia ma sul bisogno di «offrire» la propria ricchezza interiore. La vita non è pensata come un vuoto da riempire, ma come una ricchezza, mistero da scoprire e comunicare.
    Chi si ispira a questa logica si sente realizzato quando riesce a dare in modo disinteressato. Non si rinuncia all'avere, né ci si sacrifica sull'altare del servizio. Al «ricevere» non si rinuncia, ma si crede che l'unico vero ricevere nasce dal «dono» che l'altro fa nella sua libertà. Non è un rapporto facile, perché non è facile attendere che nell'altro si svegli il desiderio di comunicazione gratuita. Di fronte all'altro, inteso come singolo ma anche come gruppo, popolo, nazione, cultura diversa dalla propria, si vive con un senso di attesa, meraviglia, stupore ed accoglienza. L'altro è accettato per il mistero di vita di cui è portatore.

    ALCUNE AREE Dl RIFLESSIONE EDUCATIVA

    Parliamo di gratuità come valore presente nella condizione giovanile e quindi da accogliere, ma lo consideriamo un valore allo stato nascente e quindi da consolidare. Indichiamo alcune aree in cui operare il consolidamento .

    La passione per la vita

    Due atteggiamenti davanti alla vita creano angoscia: l'atteggiamento di chi si sente schiacciato dalla assurdità e non si muove in nessuna direzione, e l'atteggiamento di chi si lascia possedere vorticosamente dalle esperienze e le vive come droga per non fare i conti con il limite e la finitezza dell'uomo.
    Contro l'angoscia ed il disincanto che generano atteggiamenti possessivi o schizofrenici, la gratuità richiede di ricuperare un senso alla vita. Solo chi riesce a dare un senso alla vita nella sua quotidianità è in grado di vivere la gratuità.
    D'altra parte l'esigenza di gratuità è esigenza di senso, di una causa per vivere, di un qualcosa o qualcuno per cui spendere la vita, di una opzione di fondo sulla propria esistenza e sul futuro dell'uomo. In questa direzione è importante rendere consapevoli di una filosofia della vita come «dono» più che come «conquista». Dire che la vita è dono, è dire che è attraversata dal mistero, e in fondo da una dimensione trascendente. Per questo la vita va rispettata ed accolta in tutte le sue manifestazioni.
    Parlare della vita come dono non significa dimenticare l'angoscia, dimenticare cioè la sua drammaticità in momenti come la sofferenza e la morte ma anche nella banalità della vita di ogni giorno. La vita come dono implica una forte consapevolezza della finitezza dell'uomo, che nonostante tutto è incapace di oltrepassare certe soglie nella comprensione della vita e nel raggiungimento della felicità.
    Il «sì alla vita» non può dunque essere un atteggiamento ingenuo, quasi fanciullesco, né una sfida all'assurdo senza che si veda una possibilità di vittoria.
    Per un cristiano il «sì alla vita» è accettazione del limite ma anche della vittoria radicale sul male, sulla sofferenza e sulla morte gratuitamente offerta nella risurrezione di Gesù.

    L'attenzione alla qualità della vita: quale strategia?

    La gratuità è un atteggiamento legato alla sfera del personale, ma ha tuttavia un grosso peso politico, in quanto individua alcune aree da privilegiare nella ricerca degli obiettivi politici, e in quanto sottolinea una particolare strategia di cambio. La gratuità ricorda in primo luogo l'istanza di vivere la vita in un modo diverso ristrutturando la scala dei bisogni. Gratuità dice attenzione alla dimensione personale dei rapporti, al di là dei ruoli, nella famiglia, nella scuola, nel mondo del lavoro. Gratuità dice attenzione primordiale alla relazione interpersonale («un ambiente umano») nel lavoro e attenzione ai bisogni qualitativi (riconoscimento reciproco, accoglienza, senso di benessere) più che quantitativi (carriera, oggetti, livello di benessere economico).
    Nella direzione della gratuità si fa stimolante anche il discorso sulla strategia di cambio. Chi vuol vivere la gratuità non si sottrae alla conflittualità con la fuga o alla lotta con il silenzio. C'è piuttosto l'esigenza di una lotta e di un impegno capace di trasformare in modo immediato la vita quotidiana, qui ora, senza dover attendere le grandi rivoluzioni sul piano economico e strutturale. In ogni caso non si dà troppo credito all'economicismo o politicismo.
    Una qualsiasi rivoluzione deve essere attenta al soggetto accogliendo tutti i suoi bisogni, in particolare quelli legati alla ricerca di un senso per la vita. Si comprende l'attenzione alla dimensione personale dell'esistenza e anche il discorso dei «nuovi valori» e della «rivoluzione etica». Si coglie anche il bisogno di ritrovare una nuova dimensione utopica che permetta di uscire dal pragmatismo politico ed economico. La gratuità è in fondo invocazione di un modo nuovo di fare politica e ne pone di fatto i presupposti irrinunciabili.

    Il silenzio e la parola davanti a se stessi e agli altri

    Nell'ambito della comunicazione interpersonale si vive spesso un rapporto di estraneità reciproca. Ci si accoglie sulla base dell'utilità e si frequenta chi è simile per esserne rassicurati. Chi è diverso viene evitato. Gli inutili, gli anziani e gli handicappati in particolare, sono banditi dai rapporti interpersonali. Il linguaggio è formale e le parole sono di convenienza perché non emergono dal profondo. Per uscire da questa situazione occorre ritrovare il gusto del silenzio e il senso della parola.
    Silenzio anzitutto davanti al mistero della propria vita per diventare capaci di conoscersi e accogliersi nella calma e nella solitudine. Questo non basta: occorre ritrovare una parola sulla propria vita, analizzando a fondo il proprio vissuto e facendo sì che ogni parola nasca dal profondo o sia almeno invocazione di profondità.
    Silenzio in secondo luogo davanti agli altri. Vuol dire apertura al mistero che è l'altro, disponibilità a lasciarsi sorprendere dalla ricchezza che è l'altro e far compagnia alla sua sofferenza senza troppe parole di convenienza. Un aspetto particolare della gratuità è dato dall'aiuto all'altro perché trovi la «parola» per chiamare per nome le proprie ed altrui esperienze, per collegarle in un insieme di significati, per far emergere una domanda di senso e di trascendenza.

    L'incontro con la natura

    La gratuità si esprime anche nel rapporto con la natura e le cose. Comprende il rispetto per le risorse naturali e una nuova disciplina nella loro utilizzazione. Non deve essere la paura di un futuro senza risorse a spingere all'ecologia, ma piuttosto la convinzione che la distruzione della natura muta in modo irreparabile l'equilibrio psicofisico dell'uomo.
    Atteggiamento gratuito non significa tuttavia esaltazione idilliaca del passato, soprattutto del contatto con la natura nella cultura contadina, né ritorno a posizioni antiprogressiste. Significa piuttosto una utilizzazione più cauta delle risorse e più a servizio di ogni uomo. Non significa essere contro la scienza, ma un modo nuovo di fare scienza e un modo nuovo di pensare l'uso della tecnologia.
    Atteggiamento gratuito vuol dire infine recupero del senso del mistero della natura, contro lo scientismo che ha ridotto le cose a cose, senza ascoltarne i messaggi. Occorre immergersi nella natura e lasciarla parlare. Per possedere se stesso l'uomo ha bisogno di un contatto spontaneo, immediato, calmo con la natura in tutte le sue manifestazioni.

    ALCUNI SPAZI Dl INTERVENTO EDUCATIVO

    Per un discorso completo sull'educazione alla gratuità bisognerebbe, come è comprensibile, rifare da capo l'intero discorso educativo...
    Richiamiamo invece solo alcuni punti: la verifica della logica di fondo dell'ambiente educativo; la relazione educativa come spazio privilegiato di accoglienza gratuita; il fare esperienze di gratuità per consolidare atteggiamenti e pratiche di vita ispirate alla gratuità; la revisione di vita, la contemplazione e la riflessione biblica come momenti di arricchimento della consapevolezza che la vita è anzitutto «dono».

    Un ambiente ed una relazione educativa ispirati alla gratuità

    Il cammino educativo alla gratuità inizia nel riconoscimento della domanda di gratuità che i giovani si portano dentro. Un ambiente educativo abilita alla gratuità solo se non ha una concezione riduttiva di educazione, come quando è intesa come trasmissione di valori preconfezionati, istruzione, integrazione passiva del soggetto nella società. Alla base di ogni processo educativo deve stare il riconoscimento dell'altro e la «novità» di cui è portatore.
    L'ambiente educativo deve interrogarsi sulla logica di fondo che lo anima. Tutto quello che si vive nello spazio e tempo, educa o diseduca alla gratuità. Dove prevale l'agonismo, il rapporto di potere tra educatori ed educandi e tra gli stessi educandi, il rendimento come unico criterio di riconoscimento del valore di una persona, non si educa alla gratuità. Lo stesso si deve dire degli ambienti in cui il rapporto educativo è formale, in quanto nessuno esce dal suo ruolo di allievo o di insegnante, di padre o di figlio, di sacerdote e di fedele, perché si ha paura dell'incontro personale e dell'approfondimento dei rapporti.
    Un aspetto particolare dell'educazione alla gratuità è dato dal rapporto tra educatori ed educandi.
    Nella relazione educativa la gratuità comincia quando l'educatore e l'educando sono aperti alla scoperta del mistero che è l'altro e alla ricchezza di vita di cui è soggetto.
    Ciò è possibile se esiste un certo «distacco» tra educatore ed educando. L'educatore non ha bisogno del suo allievo perché è già realizzato in altro modo. Comunica con l'allievo per la gioia (il che non esclude la fatica) di comunicare la propria esperienza e di valorizzare la vita dell'allievo. Il rapporto educativo è gratuito quando viene vissuto come un reciproco e spontaneo dare e ricevere.

    Revisione di vita, riflessione di fede, contemplazione nel quotidiano e preghiera

    Uno spazio importante nell'educazione alla gratuità è dato alla revisione del modello di vita a cui i giovani di fatto si ispirano al di là delle dichiarazioni di principio. La revisione va condotta non con l'atteggiamento moralistico di chi si sofferma soprattutto sui lati negativi, ma con l'atteggiamento educativo che invita i giovani a rendersi conto della ricerca che già stanno vivendo di gratuità.
    La revisione di vita implica anche lo sforzo di tradurre in obiettivi mediamente raggiungibili la meta finale del consolidamento della gratuità. Quali obiettivi proporre in concreto qui-ora in questo ambiente educativo? Come far sì che il bisogno di gratuità e spontaneità non si riduca a ridimensionamento delle attese di vita, a ghettizzazione dei rapporti, a ricerca pura e semplice di piacere senza capacità di investire le energie nel futuro?
    La maturazione di uno stile di vita ispirato alla gratuità viene arricchito anche da un serio confronto con l'esperienza cristiana che è accoglienza e allo stesso tempo superamento della domanda di gratuità. Indichiamo alcuni spazi per questo confronto.
    Un primo spazio è quello dei «contenuti». La tradizione biblica è ricca di temi legati alla gratuità. In un certo senso la gratuità è la dimensione ultima della storia della salvezza dalla creazione all'alleanza, dalla predilezione di Dio per il popolo ebraico alla incarnazione come gesto di puro amore di Dio per l'uomo, dal mistero della vita trinitaria che è accoglienza nella diversità alla vita profetica di «accoglienza» della prima comunità cristiana. Per la impostazione di una riflessione biblica oltre i Dizionari biblici si può vedere il libro stimolante di Mons. Agresti, Elogio della gratuità, Edizioni Paoline 1979.
    La domanda di gratuità trova infine un forte contributo nella contemplazione nel quotidiano in cui si vivono le cose di ogni giorno come luogo di incontro con Dio, alla ricerca di quel filo di salvezza che collega insieme la storia personale e quella dell'umanità nell'accoglienza che Dio riserva all'uomo.
    Nella contemplazione e nella preghiera si impara ad accettare se stessi senza manie schizofreniche, condividendo i limiti e le ricchezze del proprio esistere. Si impara a leggere la vita in «trasparenza» come provocazione ad una crescita davanti all'uomo e a Dio. Solo un contemplativo può maturare un atteggiamento di gratuità. Nella contemplazione la vita si fa canto innalzato all'amore gratuito che avvolge l'esistenza. Solo quando ci si sente amati da Dio e fatti «creature nuove» per dono, si diventa capaci di una reale gratuità, anche se rimane l'impegno di un lungo tirocinio di apprendimento.

    Fare esperienza di gratuità

    Il consolidamento della gratuità non può essere demandato solo a interventi educativi sul piano della riflessione e della contemplazione. Occorre investire le energie nell'azione, a due titoli: per fare esperienza di gratuità in concreto e per cominciare positivamente un nuovo stile di vita.
    Indichiamo alcune esperienze. Una prima esperienza è il contatto immediato con gli inutili», gli emarginati, i poveri, gli anziani. Non per tacitare di tanto in tanto la propria coscienza sul proprio stile di vita magari consumista ed egocentrico, ma per apprendere da loro una ragione di vita. Si tratta di andare a scuola. Nella stessa direzione è stimolante l'incontro con i «testimoni» di una vita spesa nella donazione agli altri, ad una causa.
    L'atteggiamento di gratuità va in particolare consolidato mediante esperienze di volontariato. Contro una società troppo centralizzata e assistenziale occorre rivalutare (e di fatto sta succedendo) il ruolo del volontariato. Non per sostituirsi ad una società della giustizia, ma per sollecitarla alla giustizia partendo dalla logica della gratuità.
    Il volontariato richiama da vicino la scelta della nonviolenza come pratica di vita. Anche qui occorre non solo invitare ad una riflessione teorica, ma partecipare a piccole iniziative a livello di territorio e impegnare a una pratica di nonviolenza nel lavoro, in famiglia, nella vita di gruppo.
    Si educa alla gratuità anche favorendo esperienze di incontro tra generazioni, oltre che tra giovani di gruppi e ambienti di vita diversi. L'emergere del personale sta valorizzando l'incontro per il gusto di incontrarsi e fare festa insieme. Non ci si deve vedere solo l'evasione dall'impegno. E piuttosto un momento in cui si afferma che il senso della vita è nello stare con altri più che nel lavoro, nell'attività, o anche nell'efficientismo di gruppo. Certo insieme all'educazione allo stare insieme occorre abilitare a gestire spazi di responsabilità.
    Sono finiti i tempi della conflittualità, ma forse non sono ancora iniziati del tutto i tempi dello scambio giovani-adulti sui valori e sullo stile di vita. Occorre individuare spazi in cui giovani e adulti possano davvero vivere insieme delle esperienze, senza falsi paternalismi o giovanilismi. Solo lavorando insieme, soprattutto nell'ambito del volontariato, il dialogo scende lentamente sui valori e l'accoglienza diventa scoperta che ogni generazione esprime valori originali che deve mettere a disposizione delle altre.
    Un'ultima serie di esperienze vanno condotte infine per entrare in contatto con la natura senza atteggiamenti di paura o di distruzione o di superficialità.
    Il contatto con la natura deve diventare esperienza delle sue leggi, dei suoi cicli e tempi. Occorre un contatto calmo, fatto di silenzio e di ascolto di tutte le voci e i messaggi del mondo animale e vegetale. Si entra in contatto gratuito con la natura quando superando ogni comportamento possessivo e consumista la si rispetta, la si protegge, si sa godere delle sue bellezze, del suo fascino. Il contatto con la natura deve essere vissuto in modo da rispondere al bisogno di integrazione cosmica che ogni uomo si porta dentro.

    VIVERE LA GRATUITÀ SENZA SFUGGIRE ALLA CONFLITTUALITÀ

    Si è parlato di ricerca di gratuità come strategia per uscire dall'attuale crisi. Scegliere questa strategia non può essere una soluzione o addirittura una fuga di comodo. Per passare da una esigenza di gratuità ad una vita ispirata alla gratuità occorre pagare un prezzo adeguato. Occorre ricordarlo a conclusione di questo dossier per non confondere spontaneismo e gratuità, qualunquismo e tolleranza, paura di pensare con rifiuto degli schemi prefabbricati, ghettizzazione dei rapporti con bisogno di «stare insieme».
    La maturazione di un atteggiamento di gratuità implica una grossa disciplina interiore, un discreto senso della fatica ed un forte impegno per fare esperienza della realtà nella sua drammaticità. Si vive di gratuità solo se non si esce dai conflitti o dai problemi, ma si ha il coraggio di sopportare la diversità e di elaborare sintesi che la rispettino.
    La logica della gratuità rifiuta una visione di vita come «valle di lacrime» in cui non c'è che da soffrire o da annegare la sofferenza vivendo in modo superficiale o spontaneistico. Ma rifiuta anche una visione della vita che non sposi il principio del «perdere la vita», del «dare la vita» per essere autenticamente uomini.

      Franco Floris   (NPG 1981-1-22)     Da una cultura della speranza e dell'impegno siamo passati nel volgere di pochi anni ad una cultura della crisi e, a volte, della disperazione. Si vive in un clima di diffuso disagio e malessere. C'è il disagio di chi si rende conto che il consumismo non paga e il disagio di chi ha tentato di eliminare l'ansia con l'attivismo. C'è il panico di chi non sa affrontare i problemi che la vita gli pone e lo scetticismo di chi ha provato inutilmente a mettere al «potere» la «fantasia». C'è il sarcasmo nichilista di chi si sente giocato dalla vita e c'è chi predica l'abbandono ad un nuovo consumismo. Tutto questo è vero ma non è tutto. Ci sono alcuni valori emergenti nella crisi a cui i giovani sono molto sensibili. Tra questi valori c'è la gratuità. Il bisogno di gratuità in un'epoca di disincanto e di angoscia è un modo originale di aggrapparsi alla vita nella sua spontaneità, contro la logica della dominazione e della appropriazione, contro la mercificazione della vita e la distruzione delle risorse naturali. Gratuità dice ricerca e innamoramento della vita in tutte le sue forme. Non è una ricerca facile. Le ambiguità non mancano. Non sempre la ricerca della gratuità è consolidamento di una nuova qualità di vita. Per capire l'ambivalenza si deve accostare l'esigenza di gratuità con il diffondersi di una nuova tolleranza interpersonale e collettiva. Proprio nella crisi la conflittualità sembra  stemperarsi per tutti. I tempi della conflittualità sono per molti versi finiti anche per i giovani. In famiglia e al lavoro, nel gruppo come a scuola, domina un atteggiamento grosso modo di tolleranza. In famiglia si cerca di vivere quello che unisce a livello affettivo passando oltre le divisioni pur presenti a livello di posizioni, interpretazioni e modelli di vita. Al lavoro e a scuola l'obiettivo è diventato la creazione di un ambiente umano soprattutto attraverso il miglioramento delle interazioni con i compagni. C'è da sospettare che questo diffondersi di tolleranza e di gratuità sia il volto superficiale di un atteggiamento passivo e rassegnato davanti alla vita? Questo può essere vero: il relativismo e lo scetticismo inducono tolleranza e passività. Ma probabilmente questo è solo il rischio di cammino nuovo e interessante. Se si coglie con attenzione il mondo dei giovani oggi, sembra che essi si ripropongano la scelta tra due logiche esistenziali, la logica dell'avere e la logica dell'essere. Le due logiche sono abbastanza distinte sul piano teorico, mentre è più confuso il modo di vivere giorno per giorno. Di qui i rischi e le incoerenze.   VERSO UNA COSCIENZA ESISTENZIALE ISPIRATA ALLA GRATUITA'   Se da una parte le istanze di tolleranza e gratuità possono dare adito a fuga dalla responsabilità, dall'altra possono essere comprese come un salto qualitativo verso una nuova coscienza esistenziale da cui far emergere una nuova strategia culturale e politica. Da più parti ci si chiede in effetti se non si sia di fronte ad un grosso cambio di strategia determinato dall'esigenza di raggiungere una nuova qualità di vita qui ora, senza dover attendere una rivoluzione «globale».  Si ipotizza, in altre parole, che caduta l'ideologia del cambio politico rivoluzionario, si stia inventando una strada nuova per soddisfare anche quei bisogni che non possono trovare risposta in termini puramente politici o economici. Educare i giovani oggi significa allora in primo luogo essere consapevoli e coscientizzare su questo travaglio culturale, il cui esito positivo sarà possibile solo attraverso un grosso impegno educativo.   Superare la logica del possesso e della appropriazione   Coscientizzare i giovani per consolidare atteggiamenti di gratuità vuol dire in primo luogo portarli a scoprire la radice di molta insoddisfazione dell'uomo nell'aver sposato una logica esistenziale centrata sull'avere, sul possesso, sul ripiegamento egocentrico verso se stessi. La logica di tipo possessivo è contrassegnata da una forte preoccupazione per se stessi, dettata dall'ansia e dalla paura di non avere e quindi non vivere a sufficienza: paura di non essere riconosciuti, di non figurare bene, di non possedere abbastanza qualità e meriti In questo modo la vita è in fondo pensata come un vuoto da riempire. E per riempirla tutto può servire: cose, persone, sensazioni, cultura, relazioni sociali... Si vive di calcolo amministrando il tutto come una specie di partita doppia fatta di dare e avere sempre in pareggio. In fondo non si ha stima sufficiente per se stessi, né per gli altri.   Una nuova logica di vita   Per coscientizzare i giovani occorre in secondo luogo renderli consapevoli dei nuovi germi culturali che prefigurano una società e prima ancora una vita ispirata alla gratuità e all'essere. Questi germi sono presenti nei giovani, ma non solo in loro. I giovani devono imparare a coglierli dove sono, seguendo quell'istinto di sopravvivenza che li porta a sconfinare e muoversi tra i vari modelli culturali alla ricerca di elementi per nuove sintesi più adeguate ai loro bisogni. In una logica di vita ispirata alla gratuità il soggetto concepisce se stesso e gli altri come ricchezza che nasce dal mistero insondabile che è la vita. Il rapporto con gli altri non è regolato sulla partita doppia ma sul bisogno di «offrire» la propria ricchezza interiore. La vita non è pensata come un vuoto da riempire, ma come una ricchezza, mistero da scoprire e comunicare. Chi si ispira a questa logica si sente realizzato quando riesce a dare in modo disinteressato. Non si rinuncia all'avere, né ci si sacrifica sull'altare del servizio. Al «ricevere» non si rinuncia, ma si crede che l'unico vero ricevere nasce dal «dono» che l'altro fa nella sua libertà. Non è un rapporto facile, perché non è facile attendere che nell'altro si svegli il desiderio di comunicazione gratuita. Di fronte all'altro, inteso come singolo ma anche come gruppo, popolo, nazione, cultura diversa dalla propria, si vive con un senso di attesa, meraviglia, stupore ed accoglienza. L'altro è accettato per il mistero di vita di cui è portatore.   ALCUNE AREE Dl RIFLESSIONE EDUCATIVA   Parliamo di gratuità come valore presente nella condizione giovanile e quindi da accogliere, ma lo consideriamo un valore allo stato nascente e quindi da consolidare. Indichiamo alcune aree in cui operare il consolidamento .   La passione per la vita   Due atteggiamenti davanti alla vita creano angoscia: l'atteggiamento di chi si sente schiacciato dalla assurdità e non si muove in nessuna direzione, e l'atteggiamento di chi si lascia possedere vorticosamente dalle esperienze e le vive come droga per non fare i conti con il limite e la finitezza dell'uomo. Contro l'angoscia ed il disincanto che generano atteggiamenti possessivi o schizofrenici, la gratuità richiede di ricuperare un senso alla vita. Solo chi riesce a dare un senso alla vita nella sua quotidianità è in grado di vivere la gratuità. D'altra parte l'esigenza di gratuità è esigenza di senso, di una causa per vivere, di un qualcosa o qualcuno per cui spendere la vita, di una opzione di fondo sulla propria esistenza e sul futuro dell'uomo. In questa direzione è importante rendere consapevoli di una filosofia della vita come «dono» più che come «conquista». Dire che la vita è dono, è dire che è attraversata dal mistero, e in fondo da una dimensione trascendente. Per questo la vita va rispettata ed accolta in tutte le sue manifestazioni. Parlare della vita come dono non significa dimenticare l'angoscia, dimenticare cioè la sua drammaticità in momenti come la sofferenza e la morte ma anche nella banalità della vita di ogni giorno. La vita come dono implica una forte consapevolezza della finitezza dell'uomo, che nonostante tutto è incapace di oltrepassare certe soglie nella comprensione della vita e nel raggiungimento della felicità. Il «sì alla vita» non può dunque essere un atteggiamento ingenuo, quasi fanciullesco, né una sfida all'assurdo senza che si veda una possibilità di vittoria. Per un cristiano il «sì alla vita» è accettazione del limite ma anche della vittoria radicale sul male, sulla sofferenza e sulla morte gratuitamente offerta nella risurrezione di Gesù.   L'attenzione alla qualità della vita: quale strategia?   La gratuità è un atteggiamento legato alla sfera del personale, ma ha tuttavia un grosso peso politico, in quanto individua alcune aree da privilegiare nella ricerca degli obiettivi politici, e in quanto sottolinea una particolare strategia di cambio. La gratuità ricorda in primo luogo l'istanza di vivere la vita in un modo diverso ristrutturando la scala dei bisogni. Gratuità dice attenzione alla dimensione personale dei rapporti, al di là dei ruoli, nella famiglia, nella scuola, nel mondo del lavoro. Gratuità dice attenzione primordiale alla relazione interpersonale («un ambiente umano») nel lavoro e attenzione ai bisogni qualitativi (riconoscimento reciproco, accoglienza, senso di benessere) più che quantitativi (carriera, oggetti, livello di benessere economico). Nella direzione della gratuità si fa stimolante anche il discorso sulla strategia di cambio. Chi vuol vivere la gratuità non si sottrae alla conflittualità con la fuga o alla lotta con il silenzio. C'è piuttosto l'esigenza di una lotta e di un impegno capace di trasformare in modo immediato la vita quotidiana, qui ora, senza dover attendere le grandi rivoluzioni sul piano economico e strutturale. In ogni caso non si dà troppo credito all'economicismo o politicismo. Una qualsiasi rivoluzione deve essere attenta al soggetto accogliendo tutti i suoi bisogni, in particolare quelli legati alla ricerca di un senso per la vita. Si comprende l'attenzione alla dimensione personale dell'esistenza e anche il discorso dei «nuovi valori» e della «rivoluzione etica». Si coglie anche il bisogno di ritrovare una nuova dimensione utopica che permetta di uscire dal pragmatismo politico ed economico. La gratuità è in fondo invocazione di un modo nuovo di fare politica e ne pone di fatto i presupposti irrinunciabili.   Il silenzio e la parola davanti a se stessi e agli altri   Nell'ambito della comunicazione interpersonale si vive spesso un rapporto di estraneità reciproca. Ci si accoglie sulla base dell'utilità e si frequenta chi è simile per esserne rassicurati. Chi è diverso viene evitato. Gli inutili, gli anziani e gli handicappati in particolare, sono banditi dai rapporti interpersonali. Il linguaggio è formale e le parole sono di convenienza perché non emergono dal profondo. Per uscire da questa situazione occorre ritrovare il gusto del silenzio e il senso della parola. Silenzio anzitutto davanti al mistero della propria vita per diventare capaci di conoscersi e accogliersi nella calma e nella solitudine. Questo non basta: occorre ritrovare una parola sulla propria vita, analizzando a fondo il proprio vissuto e facendo sì che ogni parola nasca dal profondo o sia almeno invocazione di profondità. Silenzio in secondo luogo davanti agli altri. Vuol dire apertura al mistero che è l'altro, disponibilità a lasciarsi sorprendere dalla ricchezza che è l'altro e far compagnia alla sua sofferenza senza troppe parole di convenienza. Un aspetto particolare della gratuità è dato dall'aiuto all'altro perché trovi la «parola» per chiamare per nome le proprie ed altrui esperienze, per collegarle in un insieme di significati, per far emergere una domanda di senso e di trascendenza.   L'incontro con la natura   La gratuità si esprime anche nel rapporto con la natura e le cose. Comprende il rispetto per le risorse naturali e una nuova disciplina nella loro utilizzazione. Non deve essere la paura di un futuro senza risorse a spingere all'ecologia, ma piuttosto la convinzione che la distruzione della natura muta in modo irreparabile l'equilibrio psicofisico dell'uomo. Atteggiamento gratuito non significa tuttavia esaltazione idilliaca del passato, soprattutto del contatto con la natura nella cultura contadina, né ritorno a posizioni antiprogressiste. Significa piuttosto una utilizzazione più cauta delle risorse e più a servizio di ogni uomo. Non significa essere contro la scienza, ma un modo nuovo di fare scienza e un modo nuovo di pensare l'uso della tecnologia. Atteggiamento gratuito vuol dire infine recupero del senso del mistero della natura, contro lo scientismo che ha ridotto le cose a cose, senza ascoltarne i messaggi. Occorre immergersi nella natura e lasciarla parlare. Per possedere se stesso l'uomo ha bisogno di un contatto spontaneo, immediato, calmo con la natura in tutte le sue manifestazioni.   ALCUNI SPAZI Dl INTERVENTO EDUCATIVO   Per un discorso completo sull'educazione alla gratuità bisognerebbe, come è comprensibile, rifare da capo l'intero discorso educativo... Richiamiamo invece solo alcuni punti: la verifica della logica di fondo dell'ambiente educativo; la relazione educativa come spazio privilegiato di accoglienza gratuita; il fare esperienze di gratuità per consolidare atteggiamenti e pratiche di vita ispirate alla gratuità; la revisione di vita, la contemplazione e la riflessione biblica come momenti di arricchimento della consapevolezza che la vita è anzitutto «dono».   Un ambiente ed una relazione educativa ispirati alla gratuità   Il cammino educativo alla gratuità inizia nel riconoscimento della domanda di gratuità che i giovani si portano dentro. Un ambiente educativo abilita alla gratuità solo se non ha una concezione riduttiva di educazione, come quando è intesa come trasmissione di valori preconfezionati, istruzione, integrazione passiva del soggetto nella società. Alla base di ogni processo educativo deve stare il riconoscimento dell'altro e la «novità» di cui è portatore. L'ambiente educativo deve interrogarsi sulla logica di fondo che lo anima. Tutto quello che si vive nello spazio e tempo, educa o diseduca alla gratuità. Dove prevale l'agonismo, il rapporto di potere tra educatori ed educandi e tra gli stessi educandi, il rendimento come unico criterio di riconoscimento del valore di una persona, non si educa alla gratuità. Lo stesso si deve dire degli ambienti in cui il rapporto educativo è formale, in quanto nessuno esce dal suo ruolo di allievo o di insegnante, di padre o di figlio, di sacerdote e di fedele, perché si ha paura dell'incontro personale e dell'approfondimento dei rapporti. Un aspetto particolare dell'educazione alla gratuità è dato dal rapporto tra educatori ed educandi. Nella relazione educativa la gratuità comincia quando l'educatore e l'educando sono aperti alla scoperta del mistero che è l'altro e alla ricchezza di vita di cui è soggetto. Ciò è possibile se esiste un certo «distacco» tra educatore ed educando. L'educatore non ha bisogno del suo allievo perché è già realizzato in altro modo. Comunica con l'allievo per la gioia (il che non esclude la fatica) di comunicare la propria esperienza e di valorizzare la vita dell'allievo. Il rapporto educativo è gratuito quando viene vissuto come un reciproco e spontaneo dare e ricevere.   Revisione di vita, riflessione di fede, contemplazione nel quotidiano e preghiera   Uno spazio importante nell'educazione alla gratuità è dato alla revisione del modello di vita a cui i giovani di fatto si ispirano al di là delle dichiarazioni di principio. La revisione va condotta non con l'atteggiamento moralistico di chi si sofferma soprattutto sui lati negativi, ma con l'atteggiamento educativo che invita i giovani a rendersi conto della ricerca che già stanno vivendo di gratuità. La revisione di vita implica anche lo sforzo di tradurre in obiettivi mediamente raggiungibili la meta finale del consolidamento della gratuità. Quali obiettivi proporre in concreto qui-ora in questo ambiente educativo? Come far sì che il bisogno di gratuità e spontaneità non si riduca a ridimensionamento delle attese di vita, a ghettizzazione dei rapporti, a ricerca pura e semplice di piacere senza capacità di investire le energie nel futuro? La maturazione di uno stile di vita ispirato alla gratuità viene arricchito anche da un serio confronto con l'esperienza cristiana che è accoglienza e allo stesso tempo superamento della domanda di gratuità. Indichiamo alcuni spazi per questo confronto. Un primo spazio è quello dei «contenuti». La tradizione biblica è ricca di temi legati alla gratuità. In un certo senso la gratuità è la dimensione ultima della storia della salvezza dalla creazione all'alleanza, dalla predilezione di Dio per il popolo ebraico alla incarnazione come gesto di puro amore di Dio per l'uomo, dal mistero della vita trinitaria che è accoglienza nella diversità alla vita profetica di «accoglienza» della prima comunità cristiana. Per la impostazione di una riflessione biblica oltre i Dizionari biblici si può vedere il libro stimolante di Mons. Agresti, Elogio della gratuità, Edizioni Paoline 1979. La domanda di gratuità trova infine un forte contributo nella contemplazione nel quotidiano in cui si vivono le cose di ogni giorno come luogo di incontro con Dio, alla ricerca di quel filo di salvezza che collega insieme la storia personale e quella dell'umanità nell'accoglienza che Dio riserva all'uomo. Nella contemplazione e nella preghiera si impara ad accettare se stessi senza manie schizofreniche, condividendo i limiti e le ricchezze del proprio esistere. Si impara a leggere la vita in «trasparenza» come provocazione ad una crescita davanti all'uomo e a Dio. Solo un contemplativo può maturare un atteggiamento di gratuità. Nella contemplazione la vita si fa canto innalzato all'amore gratuito che avvolge l'esistenza. Solo quando ci si sente amati da Dio e fatti «creature nuove» per dono, si diventa capaci di una reale gratuità, anche se rimane l'impegno di un lungo tirocinio di apprendimento.   Fare esperienza di gratuità   Il consolidamento della gratuità non può essere demandato solo a interventi educativi sul piano della riflessione e della contemplazione. Occorre investire le energie nell'azione, a due titoli: per fare esperienza di gratuità in concreto e per cominciare positivamente un nuovo stile di vita. Indichiamo alcune esperienze. Una prima esperienza è il contatto immediato con gli inutili», gli emarginati, i poveri, gli anziani. Non per tacitare di tanto in tanto la propria coscienza sul proprio stile di vita magari consumista ed egocentrico, ma per apprendere da loro una ragione di vita. Si tratta di andare a scuola. Nella stessa direzione è stimolante l'incontro con i «testimoni» di una vita spesa nella donazione agli altri, ad una causa. L'atteggiamento di gratuità va in particolare consolidato mediante esperienze di volontariato. Contro una società troppo centralizzata e assistenziale occorre rivalutare (e di fatto sta succedendo) il ruolo del volontariato. Non per sostituirsi ad una società della giustizia, ma per sollecitarla alla giustizia partendo dalla logica della gratuità. Il volontariato richiama da vicino la scelta della nonviolenza come pratica di vita. Anche qui occorre non solo invitare ad una riflessione teorica, ma partecipare a piccole iniziative a livello di territorio e impegnare a una pratica di nonviolenza nel lavoro, in famiglia, nella vita di gruppo. Si educa alla gratuità anche favorendo esperienze di incontro tra generazioni, oltre che tra giovani di gruppi e ambienti di vita diversi. L'emergere del personale sta valorizzando l'incontro per il gusto di incontrarsi e fare festa insieme. Non ci si deve vedere solo l'evasione dall'impegno. E piuttosto un momento in cui si afferma che il senso della vita è nello stare con altri più che nel lavoro, nell'attività, o anche nell'efficientismo di gruppo. Certo insieme all'educazione allo stare insieme occorre abilitare a gestire spazi di responsabilità. Sono finiti i tempi della conflittualità, ma forse non sono ancora iniziati del tutto i tempi dello scambio giovani-adulti sui valori e sullo stile di vita. Occorre individuare spazi in cui giovani e adulti possano davvero vivere insieme delle esperienze, senza falsi paternalismi o giovanilismi. Solo lavorando insieme, soprattutto nell'ambito del volontariato, il dialogo scende lentamente sui valori e l'accoglienza diventa scoperta che ogni generazione esprime valori originali che deve mettere a disposizione delle altre. Un'ultima serie di esperienze vanno condotte infine per entrare in contatto con la natura senza atteggiamenti di paura o di distruzione o di superficialità. Il contatto con la natura deve diventare esperienza delle sue leggi, dei suoi cicli e tempi. Occorre un contatto calmo, fatto di silenzio e di ascolto di tutte le voci e i messaggi del mondo animale e vegetale. Si entra in contatto gratuito con la natura quando superando ogni comportamento possessivo e consumista la si rispetta, la si protegge, si sa godere delle sue bellezze, del suo fascino. Il contatto con la natura deve essere vissuto in modo da rispondere al bisogno di integrazione cosmica che ogni uomo si porta dentro.   VIVERE LA GRATUITÀ SENZA SFUGGIRE ALLA CONFLITTUALITÀ   Si è parlato di ricerca di gratuità come strategia per uscire dall'attuale crisi. Scegliere questa strategia non può essere una soluzione o addirittura una fuga di comodo. Per passare da una esigenza di gratuità ad una vita ispirata alla gratuità occorre pagare un prezzo adeguato. Occorre ricordarlo a conclusione di questo dossier per non confondere spontaneismo e gratuità, qualunquismo e tolleranza, paura di pensare con rifiuto degli schemi prefabbricati, ghettizzazione dei rapporti con bisogno di «stare insieme». La maturazione di un atteggiamento di gratuità implica una grossa disciplina interiore, un discreto senso della fatica ed un forte impegno per fare esperienza della realtà nella sua drammaticità. Si vive di gratuità solo se non si esce dai conflitti o dai problemi, ma si ha il coraggio di sopportare la diversità e di elaborare sintesi che la rispettino. La logica della gratuità rifiuta una visione di vita come «valle di lacrime» in cui non c'è che da soffrire o da annegare la sofferenza vivendo in modo superficiale o spontaneistico. Ma rifiuta anche una visione della vita che non sposi il principio del «perdere la vita», del «dare la vita» per essere autenticamente uomini.    


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