Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Vocazioni e vocazione



    Severino De Pieri

    (NPG 1980-5-5)


    I GIOVANI D'OGGI E LA VOCAZIONE RELIGIOSA

    Anche sul tema della vocazione il nostro tempo si distingue per l'accelerazione dei processi evolutivi, l'andamento ciclico dei fenomeni e l'ambiguità interpretativa circa i dati disponibili.
    Ad esempio c'è già chi, sull'onda del «riflusso moderato» che sembra caratterizzare la sensibilità e l'orientamento dei giovani d'oggi, parla di «ritorno delle vocazioni» dopo la grave crisi del calo numerico che ha segnato inequivocabilmente - almeno nell'area occidentale - la fisionomia dell'ultimo decennio.
    Per quanto ci concerne abbiamo più volte analizzato in passato il problema vocazionale sotto il profilo psico-sociologico, giungendo alla conclusione che la crisi delle vocazioni sacerdotali e religiose fosse da collegare, più che a fattori di indole individuale, soprattutto al cambio socioculturale intervenuto nella nostra società.[1]
    Si tratta in altri termini di riconoscere, come afferma S. Burgalassi, che «esiste una crisi di identità e di ruoli del consacrato».[2]
    Può darsi pertanto che l'inversione di tendenza recentemente registrata nei riguardi della sensibilità religiosa tra le giovani generazioni spiani la strada al recupero di valori umano-religiosi e si riapra quindi un'epoca di ripresa vocazionale.
    Alcuni segni in realtà farebbero pensare ad un risveglio delle vocazioni nel complesso e inquieto orizzonte giovanile attuale.
    Già l'indagine di B. Rueda metteva in luce, accanto a motivi di critica e disaffezione, anche elementi di disponibilità da parte dei giovani per l'ideale vocazionale.[3] Ma è nella recente e suaccennata indagine di S. Burgalassi che ritroviamo, accanto alla conferma del permanere della crisi, anche stimoli alla riflessione e motivi di speranza: l'impulso alla vita «consacrata» verrebbe ancor oggi percepito distintivamente da 10 giovani su 100 (di entrambi i sessi), anche se purtroppo - a causa di molteplici fattori - solo 1 su 1000 tra essi perviene a realizzare concretamente l'ideale vocazionale.[4]
    In particolare, sempre dalla medesima indagine emerge un interessante pronunciamento circa i voti religiosi: la povertà è percepita positivamente dai giovani d'oggi quando essa consenta un lavoro disinteressato, a favore dei più poveri, nelle loro stesse condizioni quotidiane; l'obbedienza invece risulta piuttosto ambigua nella valutazione soprattutto a motivo delle contrapposte concezioni teologiche soggiacenti; la castità - pur essendo in genere vista come un altissimo segno della testimonianza del consacrato - viene sentita come un impegno piuttosto pesante ai nostri giorni, tanto che a detta di molti giovani interrogati occorrerebbe una reinterpretazione di certe modalità di attuazione.
    In generale, nei riguardi dell'attuale cultura e condizione giovanile, si può osservare che si sta entrando in una fase di ripensamento, con apertura al problema religioso e un certo interesse per esperienze associative e di impegno che si ispirano con simpatia al radicalismo del Vangelo.
    Caduti molti miti e pseudovalori del recente passato, sembra che ora i giovani si dimostrino più attenti e sensibili nei confronti di proposte che, come quella religiosa e vocazionale, hanno il crisma dell'eroico e dell'anticonvenzionale. Ciò deve essere tuttavia visto secondo l'ottica non di un ritorno puro e semplice delle vocazioni, ma semmai di un risveglio il cui esito avrà probabilmente modalità e destinazioni ben diverse dal passato.

    VOCAZIONE E PROGETTO DI VITA

    Vocazione e progetto di vita rappresentano due aspetti, divino e umano, della medesima realtà, che consiste in una immagine-guida del proprio futuro, proposto da Dio e nello stesso tempo sognato e realizzato dall'uomo.
    La vocazione religiosa è costituita da un richiamo misterioso (un «impulso interiore»), soprannaturale nella sua essenza, ma intimamente radicato nella personalità umana. È una intuizione emozionale, dinamica e creatrice, suscettibile perciò di sviluppo e di maturazione. In tal senso la vocazione è anche «progetto», un dinamismo psichico cioè che ha il potere di anticipare e guidare tutto lo sviluppo futuro.
    La vocazione in quanto progetto si pone infatti come nucleo propulsore e centro integratore per la crescita di tutta la personalità, naturale e soprannaturale. Esso rappresenta il senso dell'esistenza per il «chiamato», indica la misura delle aspirazioni, costituisce un principio di autonomia e libertà interiore e insieme imprime la forza sufficiente per realizzare un impegno percepito come vincolante per tutta l'esistenza.
    Il «progetto di vita» si radica nelle motivazioni profonde del comportamento, a livello psico-esistenziale, e pur presente in maniera primordiale nella prima età, si rivela pienamente durante il periodo adolescenziale, quando le strutture dell'autonomia dell'io e della relazione interpersonale hanno raggiunto una discreta maturazione.
    In quanto motivazione è per molti aspetti permeato di inconscio, ma non raggiunge la sua maturità senza interessare le zone superiori della coscienza, investendo il potere critico e decisionale.
    È pertanto un dinamismo completo e pluriarticolato e, in quanto essenzialmente rivolto al futuro, coesteso a tutto l'arco dell'esistenza.

    Quale «motivazione» alla vocazione?

    Come si vede, ciò che è veramente determinante nell'analisi della vocazione è la motivazione, da cui prendono avvio gli atteggiamenti e poi il comportamento. In altri termini la vocazione richiede, per essere oggettivamente consistente, uno stretto rapporto di interconnessione tra i valori (che rappresentano l'io ideale) e i bisogni (che spingono l'io attuale nella realizzazione di sé). A tale proposito è nota la teoria di L. Rulla che definisce la vocazione come «consistenza autotrascendente», dove consistenza dice il rapporto di sintonia e congruenza che corre tra bisogni e valori e autotrascendenza» sottolinea la risposta personale e libera ad una chiamata gratuita di Dio (e non semplicemente il tentativo umano di realizzare se stessi in maniera immanente).[5] Secondo L. Rulla, che si muove nel quadro della cosiddetta «psicologia umanista» di G.W. Allport, A.H. Mas Arnold, C.R. Rogers, G. Nuttin, V.E. Frankl, A. Vergote, ecc i valori che orientano e motivano la vita del sacerdote o del religioso superano e trascendono qualunque esigenza e motivazione provenienti dalla personalità dell'individuo. Ciò che egli vuole essere (il suo ideale) è accettato all'interno della visione di fede per cui crede al di la della semplice tendenza all'autorealizzazione. I valori sacerdotali e religiosi non sono un mezzo per realizzare l'io, ma al contrario costituiscono il fine per la cui realizzazione il soggetto deve tendere con tutto se stesso. Il progetto vocazionale è pertanto fondato su valori strumentali e terminali, dedotti dalla chiamata di Dio che avviene in Cristo e mediante lo Spirito.[6]

    La vocazione è attuazione di un ideale trascendente

    Per comprendere meglio la realtà complessa e misteriosa della vocazione è opportuno sottolineare un po' di più l'aspetto della autotrascendenza che si contrappone a quello della autorealizzazione. La vocazione non è pura e semplice attuazione delle doti e attitudini di un soggetto, ma essenzialmente l'attuazione di un ideale che supera le aspirazioni umane. Giustamente L. Rulla ritiene che la vocazione tenda a realizzare più l'io ideale che il concetto di sé. In questo senso cadono sia le teorie deterministiche come la psicoanalisi che vedono come fine dell'uomo la semplice autorealizzione. In tali prospettive si ha un tentativo di ridurre l'ambito della portata esistenziale dell'uomo, che non è solo spinto da impulsi o auto-regolato da poteri di controllo razionale. L'uomo non è solo psiche è anche spirito: non deve solo mettere a frutto le doti personali, ma intuire i valori e i significati che lo superano.
    Del resto anche la categoria del «progetto» applicata alla vocazione ci porta a cogliere il carattere di autotrascendenza che contraddistingue l'esistenza umana. Il progetto di sé, per essere autentico deve fondarsi sui valori che, come nel caso dell'io ideale e della vocazione trascendono l'uomo. Questo concetto viene ribadito anche da V.E. Frankl, lo psicologo contemporaneo che ha ricondotto tra i costitutivi della personalità umana la categoria della «responsabilità», il dovere cioè di dare una risposta ad una «chiamata». Egli afferma a questo proposito: «Essere uomo vuol dire fondamentalmente essere orientato verso qualcosa che ci trascende, verso qualcosa che sta al di la o al di sopra di noi stessi, qualcosa o qualcuno, un significato da realizzare, o un altro essere umano da incontrare e da amare. Di conseguenza, l'uomo è se stesso nella misura in cui si supera e si dimentica».[7]
    Giunti a questo punto c'è da chiedersi qual è lo specifico della vocazione religiosa nei riguardi non solo della vocazione cristiana ma anche di quella semplicemente umana, dato che tutte si rifanno in un certo qual modo al concetto di «consistenza autotrascendente». La specificazione va ricercata essenzialmente nel modo con cui viene attuata l'autotrascendenza. Nella vocazione cristiana tra i valori che fondano la personalità del credente c'è il dono della fede che sollecita l'uomo a ricercare la perfezione della santità e l'impegno per il Regno di Dio (è la ricerca della perfezione nell'amore di Dio e del prossimo). Nella vocazione religiosa l'imitazione di Cristo e l'unione con Dio raggiungono una intensità che non è richiesta al cristiano comune introducendo, proprio attraverso i valori strumentali dei voti religiosi, un carattere di radicalismo che lega in maniera speciale, cioè «totalizzante», una persona al servizio di Dio e del prossimo.
    La vocazione religiosa è dunque un progetto di vita fondato sui valori della fede cristiana e sui consigli evangelici (povertà, castità e obbedienza) che attualizzano in sommo grado lo spirito delle Beatitudini.

    LO SVILUPPO DEL «GERME» VOCAZIONALE

    Anche la vocazione religiosa, in quanto progetto di vita, va soggetta alle leggi che regolano la crescita e lo sviluppo della persona nel concreto dell'esistenza. La vocazione inizialmente è un «germe» che attende di svilupparsi ed ha bisogno delle condizioni idonee per maturare.
    Essa è presente dunque, germinalmente, fin dagli inizi della vita, radicata come è nella struttura psicofisica del «chiamato». Oggi, a seguito delle scoperte delle psicologie del profondo, si ammette più facilmente il coesistere di un progetto generale dell'esistenza con i dinamismo primordiali dello sviluppo. In altri termini esisterebbe un progetto di vita prima ancora dello sviluppo dei livello superiori della coscienza, iscritto cioè nella struttura della personalità. Tra l'altro si sottolinea che nell'uomo non esiste solo un inconscio «inferiore», che contiene istinti ciechi o paure irrazionali, ma anche un inconscio «superiore», dove hanno le loro radici le intuizioni, le aspirazioni migliori, i gusti più fini e spirituali della persona».[8]
    La vocazione dunque, il progetto generale dell'esistenza ed in certo qual senso anche l'opzione fondamentale sarebbero preesistenti alla presa di coscienza, da parte dell'individuo, per cui oggi si è particolarmente attenti all'aspetto evolutivo della personalità in quanto la direzione dell'esistenza si coglie e si forma prima negli stadi emotivo-affettivi e poi in quelli cognitivi e decisionali. La prima conseguenza che da ciò deriva riguarda le modalità in tempi e strutture dell'orientamento vocazionale, da non riservare ad una età della vita ma da estendere a tutte, come diremo. Lo sviluppo vocazionale è in realtà un processo continuo e progressivo, contrassegnato da periodi forti che, come la fanciullezza, l'adolescenza, la giovinezza, la maturità, costituiscono delle accentuazioni evolutive più che delle tappe ben distinte e definite.
    Anche le ricerche psico-sociologiche documentano questa continuità del progetto vocazionale, tanto che la percezione dell'impulso viene documentata in tutte le fasi dell'età evolutiva come l'emergere al livello della coscienza di un costitutivo preesistente nella struttura della personalità.[9]

    L'influsso dei fattori interni e esterni

    In particolare lo sviluppo di un progetto di vita religiosa appare condizionato durante l'età evolutiva da molteplici fattori interni ed esterni al «chiamato». Un progetto di vita impegnato nel dono totale di sé germoglia più facilmente se il soggetto dispone fin dai primi anni di vita di consistenti basi emotive, affettive ed esperienziali. Generalmente, però, è solo dopo l'adolescenza che l'individuo è in grado di pervenire ad una più completa coscienza di sé che gli consente una autodeterminazione vocazionale più libera e responsabile.
    Anche i modelli di comportamento e i condizionamenti ambientali giocano un importante ruolo nello sviluppo vocazionale, in senso sia positivo che negativo. Oggi sono soprattutto i fattori socioculturali a spegnere molte vocazioni religiose o a dirottarle verso altre scelte largamente compensative o sostitutive.
    È per questo motivo tra l'altro che si presume che un mutamento del quadro culturale potrà favorire un risveglio vocazionale.
    Allo scopo di orientare una prassi di stimolo e accompagnamento vocazionale più efficace può essere utile sottolineare la configurazione psicologica che deve assumere un progetto generale di vita religiosa.
    Secondo A. Ronco tale progetto matura attraverso le seguenti cinque fasi o componenti:
    «a) È un progetto di vita impegnato: tende cioè alla realizzazione di valori generali e non si propone la ricerca della soddisfazione immediata.
    b) Questo impegno si attua in una dedizione a persone, non cioè nell'esplicazione, come fine a se stessa, di proprie abilita intellettive, artistiche, operative.
    c) Tra le persone a cui si dedica, ha il primato un Tu trascendente, Dio, superando l'orizzonte puramente umano del filantropismo. Dio come significato ultimo della vita è il centro di un progetto di vita «religioso» in senso ampio.
    d) Il Tu trascendente è riconosciuto nel Dio che ha voluto incontrarsi con l'uomo nelle forme storiche: dell'Incarnazione, della Redenzione, della Chiesa. Il progetto di vita religioso si specifica in un progetto di vita ecclesiale.
    e) Infine tale progetto di vita assume le forme e gli impegni propri - dello stato di vita consacrata, in un determinato Istituto, con carismi e strutture specifiche».[10]
    Come si vede, la vocazione religiosa non è un dato statico, acquisito una volta per sempre, ma un progetto dinamico, aperto a tutti i rischi e ai condizionamenti della crescita, che esige vigilanza interiore, discernimento, fedeltà, promozione e cura.

    LA PROPOSTA VOCAZIONALE NELLE VARIE ETÀ

    Dato che la vocazione religiosa è una chiamata a realizzare l'io ideale nelle situazioni concrete della vita e della storia, essa si sviluppa fin dalla più tenera età attraverso la mediazione dei fattori educativi e ambientali, il più importante dei quali è una comunità di fede e di testimonianza. Il divenire del progetto vocazionale dipende dunque in gran parte dal contesto sociale e dall'azione educativa che le varie istituzioni pongono in atto in rapporto alle diverse età di sviluppo. È il Signore che chiama, ma Egli normalmente si serve di altre creature per il discernimento, la proposta e la maturazione.
    È necessario pertanto poter disporre di una corretta metodologia per la «proposta» vocazionale.
    Anzitutto è necessario impostare la promozione vocazionale su una concezione più appropriata della vocazione, intendendola cioè come un progetto in vista di un compito da assolvere più che un oggetto che si possiede o un privilegio da usare per sé.
    Occorre anche riprendere il coraggio di fare la proposta vocazionale in senso esplicito, quando se ne ravvisino i segni nei chiamati (superando la «vergogna» o il falso pudore che possono provenire dalle difficoltà dei tempi che viviamo o dalla percezione della carente testimonianza che esperimentiamo). Sarebbe un errore attendere tempi nuovi per la proposta vocazionale, perché nel frattempo troppi germi vocazionali andrebbero perduti.
    Neppure è accettabile l'atteggiamento di coloro che, magari attraverso la preghiera, si attendono tutta la soluzione del «Padrone della vigna», cui in definitiva spetterebbe inviare gli operai.
    La lettura della crisi vocazionale fatta in termini di fede ci conduce a pensare che essa stessa sia un segno dei tempi, in certo qual modo permessa dallo Spirito per stimolare, proprio attraverso la contrazione numerica, un salto di qualità e un principio di innovazione.[11]

    Una proposta «oggettiva»

    La proposta vocazionale più «corretta» è quella dunque che mira ad una riqualificazione della vita religiosa attuale, con la riscoperta dell'identità, il ridimensionamento delle opere, una migliore valorizzazione dei «consacrati», la promozione umana integrale, la risposta ai bisogni nuovi e la ricerca e sperimentazione di nuove forme e modalità di vita.[12]
    Solo se si attua tale proposta vocazionale «oggettiva», insita cioè nei fatti e nella vita dei singoli religiosi e di ogni Istituto, sarà consentito e non risulterà controproducente effettuare anche la proposta «soggettiva» nei riguardi del chiamato.
    La proposta vocazionale può essere «implicita», fatta cioè a tutti nella catechesi ordinaria o anche in corsi speciali di sensibilizzazione, risvegliando la coscienza degli impegni battesimali, la dimensione missionaria, lo spirito di servizio insito nei vari «ministeri». Ma può essere anche «esplicita», rivolta cioè direttamente e personalmente al singolo, per porlo in stato di ricerca vocazionale qualora non ci avesse mai pensato o per incoraggiarlo e sostenerlo se già avesse in certo qual modo avvertito qualche impulso interiore.
    Sulla base di quanto più sopra affermato, in riferimento cioè al concetto di vocazione come progetto di vita, presente nei costitutivi essenziali della personalità in modo germinale fin dai primi anni di vita, non solo appare lecito ma talora anche doveroso effettuare la proposta vocazionale esplicita quando se ne ravvisino i segni, e pertanto a qualunque età. Benché tutti riconoscano che il chiamato non è idoneo a «decidere» se non molto dopo l'adolescenza, sarebbe un errore attendere quell'età per invitare o consigliare.
    Una cosa infatti è la decisione definitiva che richiede il raggiungimento di un determinato livello di maturità psicologica e morale, e un'altra è l'opportunità di considerare una prospettiva nel tempo utile di maturazione in cui sorge.
    Si ha l'impressione che nella Chiesa in genere e in molti religiosi in particolare giochi un fattore di «cattiva coscienza», relativo per lo più alla contestazione delle strutture formative del passato, fattore che agisce da «freno inibitore» nei riguardi di una proposta che apertamente e coraggiosamente potrebbe essere fatta in presenza di giovani sensibili e generosi.

    Il modo di fare la proposta in rapporto all'età

    In particolare, durante la fanciullezza la proposta può essere perlopiù effettuata in modo generale e implicito, attraverso l'offerta di modelli vocazionali, l'informazione e la sensibilizzazione.
    Invece la preadolescenza è un'età privilegiata, anche se oggi sovente dimenticata, per lo sviluppo del progetto vocazionale. Questa (dai 10 ai 13 anni) è una delle età più importanti per scoprire e coltivare il «sogno» di una vita totalmente consacrata al Signore per il bene. Il recupero di questa età appare oggi importante, dopo che una certa prassi di promozione vocazionale l'aveva di recente trascurata per puntare quasi esclusivamente sulle età successive, quelle nelle quali - si dice - è lecito contare sulla decisione più cosciente e libera dei soggetti.
    L'equivoco invece della «decisione» va chiarito anche nei confronti delle età seguenti, dove il più delle volte è importante sottolineare maggiormente il compito della ricerca e della fondazione dei valori che quello delle scelte definitive.
    La conoscenza dell'attuale psicologia giovanile ci porta infatti ad evidenziare, anche a questa età, l'obiettivo della formazione integrale attraverso esperienze forti di vita più che a stimolare decisioni di tipo sentimentale o volontaristico.
    Il compito della promozione vocazionale si rivela dunque articolato nelle varie età, differenziato negli obiettivi e nelle metodologie di coinvolgimento.

    STRUTTURE FORMATIVE PER L'ORIENTAMENTO DELLE VOCAZIONI

    In queste riflessioni per un risveglio delle vocazioni alla vita religiosa più che soluzioni concrete ci proponiamo di fornire orientamenti generali e criteri per la valutazione e l'individuazione da parte dei diretti responsabili indicazioni operative da applicare cioè al contesto vivo delle singole situazioni.
    Il discorso sulle strutture formative per l'orientamento vocazionale oggi è arduo anche sul piano teorico, a livello cioè di progettazione educativa. Il periodo recentemente trascorso, con i tentativi e le esperienze compiute, ci ha chiaramente insegnato che stante l'attuale fluidità e ambiguità delle situazioni è rischioso e spesso anche inutile ipotizzare modelli formativi stabili, ben articolati e precisi.
    Infatti formule che potevano apparire desuete sono ritornate in auge a soli 10 anni di distanza (come è il caso, del «Seminario minore» in alcune diocesi).[13]
    Il nodo del problema formativo per le vocazioni a nostro modo di vedere sta nella soluzione del dilemma «delega o coinvolgimento», dove la delega a strutture specializzate sembra richiesta dai particolari compiti formativi, mentre il coinvolgimento di tutta la comunità (Chiesa, Istituto, ecc.) non può essere disatteso, pena la chiusura e l'inaridimento.[14]
    Dalle strutture chiuse e rigide (come erano talora in passato i Seminari e le Scuole Apostoliche) si è passati quando non c'è stato addirittura il vuoto! - ad esperienze formative più aperte e flessibili come i Seminari della diaspora, i Gruppi di accompagnamento, le Comunità vocazionali, ecc.
    Mentre gli obiettivi della pastorale vocazionale appaiono chiari, sono invece incerte e talora ambigue le metodologie formative adottate. Ne consegue che ai nostri giorni diviene prioritario il compito della ricerca e della sperimentazione di nuovi modelli formativi. È necessario però che ciò avvenga attendendosi a criteri obiettivi e validi di impostazione. Già L. Rulla ad esempio ha verificato sul piano sperimentale le ambiguità e talora i danni nel concepire e attuare le «esperienze pastorali» inserite nel periodo formativo.[15]
    In ogni caso, prima di abbandonare una formula sarebbe opportuno interrogarsi se ne abbiamo a disposizione qualcuna di valida in alternativa. Perlomeno sarebbe saggio mantenere la coesistenza di formule vecchie e nuove, dato che viviamo in tempi di transizione culturale e pedagogica.

    Criteri fondamentali

    Allo scopo pertanto di preordinare per le singole situazioni una adeguata «pedagogia vocazionale» può essere utile indicare alcuni criteri cui attenersi nella progettazione, nell'attuazione e nella valutazione di nuovi o rinnovati modelli formativi.
    In questo ci riferiamo, evidentemente, alle strutture preordinate per la promozione e la cura delle vocazioni religiose nel caso sia intervenuta una proposta vocazionale esplicita, a partire cioè dalla preadolescenza fino all'adolescenza, alla giovinezza e anche all'età matura.
    Nell'attività formativa delle vocazioni religiose occorre pertanto garantire:
    - un accertamento previo dell'idoneità vocazionale di base, escludendo in partenza i soggetti «controindicati» a norma dei Documenti Pontifici (disposizioni che non sono state cancellate, che si rivelano anzi sempre più valide a seguito anche dei recenti progressi delle scienze umane): in nessun caso lo stato di necessità in cui versano certi Istituti può far disattendere le norme stabilite dalla Chiesa al riguardo;
    - la promozione integrale della personalità in tutte le dimensioni dello sviluppo, con particolare attenzione alla crescita delle virtù umane, all'integrazione affettiva e sociale (importante al riguardo il coinvolgimento della famiglia, la vita di gruppo, l'amicizia, ecc.);
    - una seria formazione intellettuale e culturale di base, mettendo le premesse per acquisire un metodo di studio sistematico e l'attitudine alla formazione permanente;
    - l'inserimento in un contesto comunitario che sviluppi l'attitudine a rapporti interpersonali fluidi, non difensivi, e soprattutto la capacità di partecipazione e collaborazione;
    l'aiuto personalizzato da parte di una guida spirituale che abiliti al discernimento e sorregga un impegno ascetico costante (non è possibile infatti maturare la vocazione religiosa come progetto di vita senza l'apporto di un consigliere spirituale prudente, nello stesso tempo esigente e distaccato, che «personalizzi» il cammino interiore del chiamato, salvaguardandolo dai rischi di una formazione sovente troppo socializzata);
    - l'apertura al servizio apostolico, avendo di mira più che l'operatività - un tirocinio guidato, con la valutazione critica delle esperienze (preservando dalle mode, dal sentimentalismo, dalla dispersione, ecc.);
    - un clima austero di vita, con l'uso essenziale dei beni offerti dalla civiltà dei consumi, coinvolgendo per quanto è possibile i soggetti in formazione in esperienze di lavoro, di piccoli servizi, ecc.
    Questi criteri e condizioni di validità ed efficacia formativa dovrebbero essere chiaramente esposti agli interessati al momento della proposta vocazionale, in modo tale che siano apertamente condivisi, percepiti cioè come inscindibili dal progetto di vita, necessari pertanto alla maturazione della personalità e allo sviluppo vocazionale.
    Ai nostri giorni sembra infatti che le nuove generazioni debbano essere riportate all'austerità e alla serietà della vita. Più che renderla facile, è opportuno invece presentarla in tutta la sua dura e gioiosa realtà, per un totale coinvolgimento di sé alla luce della carità e del radicalismo evangelico.


    NOTE

    [1] De Pieri S., Situazione socioreligiosa e crisi vocazionale, in «Note di Pastorale Giovanile», I (1975), pp. 71-80; Id., Situazione giovanile e valori vocazionali, in «Vocazioni», 3 (1976), pp. 191196; Id., Vocazioni alla vita religiosa e giovani d'oggi, in «Vocazioni», 34 (1977), pp. 97-106.
    [2] Cf Burgalassi S., Atteggiamenti nei riguardi del «problema dei consacrati», in La Rivista del Clero Italiano», I (1979), pp. 2035. Egli afferma, a questo riguardo, che «la crisi vocazionale riflette una crisi generale dei valori e - specificatamente - una crisi dei valori simbolico-collettivi di natura religiosa» (pag. 35).
    [3] Cf Rueda B., Giovani e vocazione religiosa, in «Vocazioni», 7 (1974), pp. 903-916
    [4] Cf Burgalassi S., o.c., p. 24.
    [5] Rulla M.L., Psicologia del profondo e vocazione, vol. I «le persone», vol. II «le istituzioni», (1976), Marietti, Torino.
    [6] Nella teoria di L. Rulla si considerano come valori terminali del sacerdozio r della vocazione religiosa l'imitazione di Cristo e l'unione con Dio, mentre per valori strumentali si intendono quegli ideali che riguardano il modo di agire considerato come strumento per raggiungere i valori terminali, come ad esempio i voti di castità, ubbidienza e povertà (cf Rulla L., o.c., 1975, p, 77). Nel sacerdozio tali valori sono «tra le virtù più indispensabili al ministero apostolico» (P.O. 15-17).
    [7] Cf Frankl V.E., Alla ricerca di un significato della vita, Mursia, Milano 1974, pp. 120-121.
    [8] Cf Ronco A., I dinamismi psicologici nella crescita spirituale, in «Vita Consacrata», 3 (1977), p. 149.
    [9] Cf la citata indagine di S. Burgalassi, il quale afferma che «la maggioranza di coloro che hanno risposto "sì" alla nostra domanda hanno trovato ispirazione alla vita consacrata già fin dai primi anni della fanciullezza, ispirati per lo più da qualche figura ecclesiastica o da letture o da esperienze religiose avute in parrocchia» (o.c., p. 24).
    [10] Ronco A., o.c., p. 153.
    [11] Cf De Pieri S., o.c., in «Vocazioni» 34 (1977), p. 101.
    [12] «Il migliore orientamento vocazionale resta dunque la proposta al mondo di una vita religiosa rinnovata alla luce dei due criteri indicati dal Concilio: fedeltà al carisma delle origini e fedeltà ai segni dei tempi». (Cf De Pieri S., o.c., p. 104).
    [13] Il più delle volte si tratta, però, di nuovi modi di sperimentare il «Seminario minore», sia centralizzato che nella «diaspora» (cf ad esempio, Renzo L., Adolescenti e Seminario minore, in «Note di Pastorale Giovanile», 10 (1978), pp. 54-58).
    [14] Si veda in tal senso anche il Direttorio «Orientamenti e Norme» della CEI.
    [15] Cf Rulla L.M. - Imoda F. - Ridick J., Struttura psicologica e vocazione, Marietti, Torino. 1977, pp. 159-171.


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu