(NPG 1980-02-21)
Riportiamo il questionario con cui abbiamo sollecitato le «testimonianze giovanili». Esso serve a leggere tra le righe i documenti. Ma può essere anche molto utile per far riflettere i giovani del proprio gruppo o comunità, in modo da «personalizzare» le reazioni sulla preghiera.
1. Ma pregare è possibile nella nostra cultura?
Pregare è difficile. Molti, tanti, non pregano. Perché? Come spiegare questa crisi della preghiera, soprattutto fra i giovani?
Una domanda si impone: è crisi della preghiera o crisi dell'uomo? Alcuni sostengono che la crisi prima che di fede, è culturale. Condividi? L'uomo contemporaneo è davvero incapace di contemplazione? Quali le cause? In un mondo come il nostro, è possibile pregare? O, per pregare dobbiamo uscirne? È possibile pregare nella «città», o dobbiamo abbandonarla?
Un certo ritorno dei giovani alla preghiera può essere interpretato come tentativo di uscire dalle secche di una cultura esasperatamente razionale, illuminista, efficientista, capitalista?
Con quale bagaglio di esperienze oggi i giovani si presentano alle porte dei conventi e delle varie case di preghiera? In che modo si intrecciano in loro il bisogno di una alternativa culturale ed il bisogno di una contemplazione gratuita di Dio in quanto Dio, e non in quanto compensazione della crisi dell'uomo moderno?
2. La contemplazione sulle ceneri dell'impegno politico?
L'immagine di Kattrin, la giovane muta, messa in scena da Bertolt Brecht nel suo «Madre Coraggio e i suoi figli», è stata per anni il simbolo della contestazione della preghiera. Mentre i suoi compagni di sventura assistono pietrificati ai preparativi dei soldati per assalire il villaggio e non sanno fare altro che pregare, Kattrin prende il tamburo, s'arrampica sul tetto di una stalla e percuote lo strumento come un'ossessa, sino a svegliare e mettere in allarme gli abitanti del villaggio.
Kattrin che viene uccisa ma salva il villaggio, è ancora oggi un'immagine della contestazione della preghiera, oppure qualcosa si è sfaldato nella fiducia accordata alla azione politica? Se qualche anno fa era il bisogno di «fare» che allontanava dalla preghiera, si può dire che oggi è «l'impossibilità di fare» che stimola a ricercare la preghiera?
È sulle ceneri dell'impegno politico e della utopia che sta forse rinascendo la contemplazione, dentro e fuori del cristianesimo?
3. La «preghiera» prima delle «preghiere»
«C'è un uomo - osserva Adriana Zarri - che, con il suo essere, crede o non crede, prega o non prega, dovunque o in nessun luogo».
In questo senso la preghiera è, prima di tutto, uno stato, un atteggiamento esistenziale, un modo di essere. Non si può allora confondere la preghiera con le sue emergenze espressive. C'è un essere (la «preghiera») ed un esprimersi (le «preghiere»): come tutto questo si articola nella tua vita? C'è nella tua vita un pregare, al di là delle preghiere? Vivi di preghiera o di «parole» soltanto?
Un teologo sudamericano, Segundo Galilea, ha scritto che l'essere cristiano comporta due incontri «contemplativi». Il primo è l'incontro con la persona di Cristo come il Vivente che sconvolge la tua vita. Il secondo è l'esperienza, pure contemplativa, della presenza del Signore nel «fratello», soprattutto nel «povero». La tua preghiera vive questa duplice contemplazione cristiana? Riesci a vivere come preghiera il vivere con gli amici, il servizio ai poveri e ai piccoli, la lotta politica, l'andare in tram, lo studiare? I tuoi momenti di preghiera (da solo o in gruppo) risentono di questa «contemplazione nel quotidiano», o sono vissuti come momenti a sé stanti, quasi degli intervalli nella vita di ogni giorno?
4. Racconta della preghiera
Come e quando preghi? Ci sono dei momenti privilegiati? Ti affidi al caso, oppure sei fedele ad un ritmo? Dove preferisci pregare, in che ambienti: casa, campagna... Preferisci pregare da solo o con altri?
Senti la preghiera come un «peso», o come una «festa», anche se faticosa?
Ma cosa cerchi effettivamente nella preghiera: Dio, te stesso, un poco di pace, un momento di rigenerazione e di assunzione di nuove responsabilità? E chi è il Dio che tu preghi? Il Dio di Gesù Cristo? Chi sei tu davanti a Lui: conti qualcosa, oppure, per così dire, sei un «nulla», sparisci?
Che dire della preghiera comunitaria? Qualcuno ammette che non riesce a pregare durante le liturgie? E tu? La preghiera che vivi nel tuo gruppo di che tipo è? Una preghiera da «monaci» o da «laici»?
Una preghiera che sa di arcaico, di ritorno al passato, di evasivo; o che sa fare attenzione al presente, al quotidiano anche nello stile con cui si svolge? Ti soddisfa il modo con cui pregate in gruppo? Quali i pregi? Cosa manca?
5. A quali condizioni si può pregare?
«Quando manca la preghiera, quando la si pone in questione, quando la si abbandona, non dobbiamo interrogarci subito sulla sua validità, ma sulla validità della nostra vita. Perché è la vita stessa che dà la possibilità della preghiera». Cosi un teologo. A quali condizioni la vita fa spazio alla preghiera? Quali valori, quali atteggiamenti esistenziali, quale stile di vita creano nell'individuo uno spazio in cui può nascere la contemplazione? Ripensando la storia del tuo gruppo e la tua, cosa ha fatto maturare la disponibilità alla preghiera? Oppure, cosa ha creato una certa frattura con tutto ciò che è preghiera? Che ruolo, positivo o negativo, hanno avuto certe esperienze, certi fatti e persone?