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    Un corso per «animatori di centri giovanili»



    a cura del Centro Salesiano Pastorale Giovanile

    (NPG 1980-1/2-71)

    «Ci sono tanti modi per risolvere i problemi dei giovani. Alcuni credono nei cambi di tipo strutturale. Altri credono nel lasciar fare ai giovani. Noi crediamo nella educazione liberatrice. Cioè nella presenza di educatori portatori di valori, capaci di dialogo. Questo è per noi animazione. Ha senso parlarne solo in un determinato quadro di riferimento. Per noi sono decisivi i valori che si rifanno all'esperienza cristiana e alla definizione di uomo che da questa emerge».


    Con un volantino che in prima pagina riportava queste espressioni ci siamo presentati ai vari centri giovanili della città di Torino per proporre un corso per animatori a cui invitare preti e suore, ma soprattutto giovani, al di sopra dei 18 anni. Senza fare troppa pubblicità abbiamo abbastanza velocemente ottenuto oltre sessanta adesioni. Eravamo nel settembre del '78. Da allora non solo abbiamo portato a termine quel corso arrivando alla conclusione con 40 allievi, ma siamo ormai alla fine del corso numero due e stiamo già programmando il corso numero tre.
    L'idea di un corso per animatori di centri giovanili è nata dal desiderio del Centro Salesiano Pastorale Giovanile di offrire alla città un servizio nel campo dell'animazione dei gruppi mettendo a disposizione locali, tempo, insegnanti (molti sono della redazione di Note di Pastorale Giovanile o amici con cui si condivide una certa linea educativa).
    Perché un corso di animazione e non di pastorale?
    All'inizio siamo in effetti partiti dall'idea di un corso per operatori di pastorale giovanile. Poi abbiamo pensato che nel rapporto delicato che continuamente deve stabilirsi tra fondazione del discorso pastorale e metodologia educativa, nel nostro ambiente cittadino fosse più utile un corso che dopo aver dato alcuni criteri teologici per impostare il lavoro nei gruppi, desse maggior spazio ai problemi di metodo, all'interno di una pedagogia centrata sul concetto e sulla pratica di «animazione».

    Un servizio alla Chiesa e alla città

    Ci premeva anche un altro discorso. Di fronte alla disgregazione del mondo giovanile a Torino e alla difficoltà della stessa amministrazione pubblica di affrontare in qualche modo il problema, ci è sembrato importante, anche come risposta ad un certo chiudersi di diversi gruppi ecclesiali di Torino in forme religiose intimiste o quanto meno per niente attente ai problemi dei giovani della città, qualificare degli animatori in grado di inserirsi non solo in gruppi a specifica identità cristiana, ma anche in centri giovanili orientati sulla «scelta educativa» come servizio dei cristiani al territorio, ed in altri spazi cittadini di animazione dei giovani, ad incominciare dai «centri di incontro per giovani» che il comune sta aprendo nei vari quartieri, ma in cui raramente riesce ad esprimere un autentico servizio ai giovani. Anche perché, e a questo il corso voleva essere attento, i cittadini, cristiani compresi, se ne disinteressano.
    Così facendo ci siamo mossi sul terreno del «volontariato», del servizio libero alla città. Non abbiamo promesso (e chi se lo sentirebbe?) a nessuno posti di lavoro... Abbiamo chiesto invece di qualificarsi per inserirsi attivamente nell'animazione dei giovani, in quanto cittadini e in quanto cristiani, sia nei centri giovanili ecclesiali sia nei vari spazi che il territorio offre all'iniziativa di base. Con una precisazione importante, tuttavia. Non abbiamo pensato a qualificare degli operatori culturali che si inserissero nei centri del comune, ma dei volontari capaci di collaborare con loro, e, soprattutto, attenti ad aprire i centri giovanili ecclesiali ai problemi del territorio.
    A questo punto ci siamo interrogati se con un corso del genere non avesse senso chiedere un finanziamento pubblico. Lo abbiamo chiesto - in quanto associati all'ente CNOS-FAP (Centro nazionale opere salesiane) - ed abbiamo ottenuto un finanziamento che ci permette di pagare gli insegnanti, le spese di gestione e di segreteria, i libri di testo per gli allievi... In particolare abbiamo chiesto di poter organizzare dei periodi «residenziali», perché come abbiamo spiegato nella richiesta, solo ritrovandosi insieme per alcuni giorni si riesce ad interiorizzare i contenuti di certi cicli di lezioni come la fondazione teorico-pratica dell'animazione e la dinamica di gruppo. Anche questo ci è stato concesso dalla Regione Piemonte ed abbiamo potuto organizzare il primo anno 10 giornate residenziali, e quest'anno 14 divise in vari periodi.
    Vediamo ora «l'ideologia» del corso e il programma delle lezioni.

    IL QUADRO DI VALORI CHE DEFINISCE L'EDUCATORE COME ANIMATORE

    Il corso ha questa finalità: abilitare ad una presenza in alcune strutture educative ed istituzionali (quartiere, tempo libero giovanile, sport, gruppi giovanili...) per un servizio di «animazione». In questo senso è impostato sulla formazione di animatori.
    - Il termine, oggi molto usato e per questo relativamente non univoco, richiama e richiede una previa collocazione antropologica (quale «uomo» l'animatore tende a far emergere mediante il suo servizio) e la scelta di un processo metodologico che definisce come «educare» per poter animare. A monte di questi problemi sta necessariamente una decisione, di ordine fondante, sui «valori» e sul tipo di confronto con essi, che ogni persona è chiamata ad attivare (ispirazione).
    - Per qualificare il corso, sentiamo il bisogno di evidenziare in un primo tempo queste dimensioni di ordine pregiudiziale, per poi poter operare entro un ambito consolidato e compartecipato.
    - La scelta non comporta né prevenzione discriminante né costrizione ideologica, ma significa, per noi, soltanto chiarificazione dell'ambito in cui vogliamo operare e decisione su alcuni parametri, attorno ai quali impostare tutte le ricerche: evitare, cioè, il genericismo e collocare il servizio in un riconosciuto contesto di pluralismo culturale.

    L'animazione come superamento dell'autoritarismo e del permissivismo

    L'animazione dice una nuova relazione educativa, intessuta di carica liberatrice (per questo è «animazione»), nel confronto con valori (per questo è «educazione»).
    L'educazione non è autoritaria, ma neppure permissiva; essa è autoritaria.
    Non mistifica l'abuso di autorità con la permissività formale, ma punta alla superiorità morale che proviene dalla raggiunta maturazione della personalità dell'educatore, capace di fondare la sua autorità non sul rapporto istituzionale che gli garantisce prestigio perché è alle sue dipendenze, ma sulla competenza e sulla coerenza che gli assicura una proposta di valori culturalmente significativa e testimoniata dalla sua esistenza.
    L'educazione non rinuncia a fare proposte culturali, ad offrire valori. Il libertinaggio culturale per noi è una nuova forma di oppressione. L'animazione cerca una ricca stimolazione verso la ricerca e la cultura, che faccia perno sulla sperimentazione e sulla motivata (e critica) proposta di valori.
    Consapevoli che questo processo avviene all'interno di una situazione culturale e strutturale in cui sono disseminate altre proposte, altri stili di educazione ed altre visioni antropologiche, che sono talvolta rigide e finalizzate all'integrazione sociale, altre volte più apparentemente duttili e meno strutturate, per una reattività più ampia. Crediamo perciò che una corretta prassi di animazione comporti il confronto critico con questi modelli, sia per verificarne la portata, sia per ricuperarne l'eventuale funzione positiva; ma soprattutto per affidare alla responsabile decisione del singolo l'ultima preferenza operativa, in modo documentato.
    In coerenza con questo, ecco il programma.

    PRIMO TEMPO: LA CONDIZIONE GIOVANILE

    Il primo tempo del corso, nei mesi di aprile e maggio, è dedicato allo studio della condizione giovanile con approccio interdisciplinare. Fin dagli inizi diamo molta importanza a una lettura in cui convergono discipline come la psicologia, la sociologia e l'antropologia culturale, perché crediamo che sia tempo di cogliere il mondo giovanile nella sua «globalità», più che nella descrizione minuziosa di tanti particolari. Alla lettura della condizione giovanile, nel primo tempo si aggiungono altri due cicli di lezioni: il primo, di taglio teologico-pastorale, vuole aiutare gli allievi a prendere atto della stretta relazione tra educazione ed evangelizzazione in modo da sentire il proprio lavoro di animazione tra i giovani come «risposta» al proprio divenire uomini e cristiani; il secondo vuole aiutare gli allievi a situare il loro servizio nel contesto dei problemi sociali ed ecclesiali, facendo particolare attenzione alla loro dimensione storica e alle attuali «scelte» che identificano amministrazione pubblica e chiesa ed i loro rapporti in una città come Torino.

    1. Approccio sociologico: i mutamenti della società italiana negli ultimi vent'anni (8 ore)

    1. Il pluralismo culturale: cultura cattolica, cultura marxista, cultura liberale.
    2. I processi relativi alla mobilità sociale: dal ceto medio emergente alla ricerca del sistema delle garanzie.
    3. Secolarizzazione della società italiana.
    4. Le conseguenze sociali del processo di industrializzazione: urbanizzazione/immigrazione/la marginalità sociale.

    2. Approccio antropologico: la crisi dei giovani nella crisi culturale italiana (10 ore)

    1. Per una comprensione antropologica del territorio: i rapporti città-campagna e i problemi emergenti.
    2. Situazione giovanile e disadattamento: i problemi della marginalità e della devianza.
    3. Istituzioni socioculturali e strutture associative: la crisi dei modelli partecipativi.

    3. Approccio sociologico: la «condizione giovanile» (10 ore)

    1. Il contesto socioculturale in cui vivono e socializzano i giovani d'oggi.
    - La crisi delle istituzioni tradizionali (famiglia, scuola, chiesa, stato...).
    - La disoccupazione giovanile.
    - Crisi del modello educativo.
    - Il modello di mobilità sociale: verso il «sistema delle garanzie».
    - Crisi di legittimazione e di consenso sociale.
    - Ambivalenza e contraddittorietà di istanze culturali: istanza radicale; istanza consumistica; istanza partecipativa; istanza garantista.
    2. Caratteri/bisogni dei giovani d'oggi: personale/politico, autonomia, identità...
    3. Problemi «educativi» posti dall'analisi sulla condizione giovanile: il «che fare» dell'animatore di fronte ai giovani d'oggi.
    4. Condizione giovanile e fenomeno religioso.
    - I giovani di fronte al fenomeno religioso: tipologia.
    - Il processo di ridefinizione della identità e della funzione sociale dei gruppi/movimenti giovanili dagli anni della contestazione sino ai nostri giorni.
    - Significato della nuova domanda religiosa dei giovani.
    Articoli di riferimento pubblicati in NPG: F. Garelli, L'adolescente 1977 vive in un mondo così (1977/7); Id., L'adolescente nelle contraddizioni dell'oggi (1978/1); Id., La ripresa associativa interpella gli educatori (1978/9).

    4. Approccio psicologico: temi di attualità nella psicologia dell'età evolutiva (8 ore)

    1. Problemi evolutivi
    - Aspetti psicologici dell'adolescenza.
    - Lo sviluppo intellettivo dell'adolescenza.
    - La struttura corporea e la sua rappresentazione negli adolescenti.
    - L'adolescenza come disturbo evolutivo.
    - Le reazioni degli adulti verso gli adolescenti e il loro comportamento.
    - Modelli di reazione adolescenziali: la depressione; l'abbandono indice di fallimento di comunicazione.
    2. L'adolescente e la famiglia
    - L'autonomia dell'Io dell'adolescente e la famiglia.
    - Aspetti del rapporto genitore-adolescente.
    - Insufficienza e inadeguatezza del modello familiare: proiezione all'esterno e ricerca del gruppo; funzione dell'animatore, quale «contenitore» di identificazioni ad un nuovo modello.
    3. Dalla posizione marginale all'intervento
    - Dalla scuola al lavoro: alcuni aspetti della interazione psicosociale.
    - L'adolescenza permanente.
    - La socializzazione dei ragazzi e delle ragazze nell'ambito della scuola, del lavoro e del gruppo di riferimento.
    - Successo e insuccesso come schemi di riferimento nella formazione di opinioni e atteggiamenti in adolescenti.
    - Il mito dell'adulto.

    5. L'ispirazione cristiana nell'animazione (20 ore)

    1. Il problema: due «fatti» che fanno «problema»
    - il rapporto chiesa-mondo: dai modelli riduttivi (dualisti o funzionalisti) al modello del «servizio» (Gaudium et Spes) alla attuale situazione di crisi (in cui la «storia») non fa molte «domande»)
    - il rapporto (conseguente) fede-cultura: dalla «consecratio» alla «riserva critica» agli attuali problemi relativi alla «acculturazione»
    2. I modelli per risolvere oggi il problema, a livello soprattutto giovanile
    - il modello ufficiale sacrale (deduttivismo)
    - il modello induttivo-esperienziale (con il rischio di «riformulazioni selvagge»)
    - il modello religioso-politico (nella comunità).
    3. I criteri per orientare verso una corretta soluzione
    - dall'evento dell'Incarnazione alla scoperta delle «mediazioni»
    - un rapporto tra educazione e evangelizzazione
    - creatività-autonomia e confronto con valori normativi: un modo nuovo di essere uomo
    - la scelta di campo: il criterio della «significatività» contro quello della «razionalità».
    4. Un processo
    - l'obiettivo dell'animazione ad ispirazione cristiana: l'integrazione fede-vita
    - un itinerario: l'animazione come «educazione liberatrice» (interventi per umanizzare le esperienze fare proposte facendo fare criticamente esperienze).

    Testo-base: R. Tonelli, Pastorale giovanile oggi. Ricerca teologica e orientamenti metodologici (Roma 19792).
    NB Data la centralità dell'argomento nel «progetto») del corso, a questi temi si è dedicato, oltre le lezioni, la prima «giornata residenziale», dal sabato pomeriggio compreso a tutta la domenica.

    6. Giovani, Chiesa e territorio (16 ore)

    1. Approccio storico: problematiche culturali e sociali a Torino dal 1945 ad oggi.
    2. La chiesa a Torino: quale presenza nella città in rapida evoluzione dal 1945 ad oggi.
    3. Aspetti partecipativi nel territorio.
    - I Comitati di Quartiere spontanei a Torino; breve storia e relative problematiche.
    - Una nuova fase: i Consigli di Quartiere istituzionalizzati: quale partecipazione?
    - Verso nuove forme di partecipazione nel territorio.
    4. La politica dei giovani a Torino
    - Informazione sul «Progetto Giovani» del Comune.
    - Tavola rotonda con la partecipazione delle varie forze politiche.

    Sul rapporto evangelizzazione e promozione umana che fonda il modello di presenza dei cristiani nel territorio si veda: G. Piana, Evangelizzazione e promozione umana nella comunità ecclesiale, NPG 1980/1).

    SECONDO TEMPO: QUALE ANIMAZIONE?

    Il secondo tempo è stato svolto come periodo residenziale dedicato per intero alla teoria, tecnica e prima applicazione della animazione. Si è scelto di fare un corso residenziale per permettere una più matura interiorizzazione dei contenuti e per favorire l'amicizia tra i partecipanti al corso, in vista anche di un lavoro tra i giovani attento ai collegamenti cittadini e soprattutto zonali.

    1. Per una definizione operativa di «animazione» (8 ore)

    1. Il punto di partenza: la condizione giovanile come «problema» educativo: fatti
    - scarto generazionale
    - mobilita culturale e ideologica
    - ritorno al «privato»: lo «stare insieme» come nuova cultura
    - crisi della «memoria sociale»
    - crisi dell'educatore-politico
    - crisi dell'industria culturale.
    2. Ricerca di parametri antropologici per interpretare e valutare i fatti: quale uomo e quale modello educativo
    - il sistema-uomo: per un approccio globale all'uomo
    - simbolo e realtà; cultura come insieme di sistemi simbolici di una società
    - potere
    - spazio e tempo.
    3. Dunque: l'animazione. E cioè la scelta di una metodologia formativa globale che mira ad una crescita ed evoluzione armonica dell'individuo considerato una unità indivisibile e non una somma di parti o funzioni. Questa crescita o maturazione passa attraverso la presa di coscienza che l'individuo e i gruppo sociali vivono in un mondo simbolico e quindi, primariamente, devono sviluppare la loro capacità di apprendere, utilizzare concretamente e creare sistemi simbolici. L'animazione deve poi svelare i nessi esistenti tra supporti materiali e simboli ed esplorare i significati nuovi che emergono dall'incontro tra supporti materiali, strumenti di comunicazione e simboli. Il rapporto tra l'uomo e i sistemi simbolici avviene in uno spazio/tempo la cui struttura fisica e quella relativista e i cui confini possono essere estesi dai simboli. L'animazione deve ampliare la coscienza dello spazio-tempo e attraverso la tradizione e la creatività stimolare l'uomo alla sua trascendenza. Essa poi si pone il compito di attivare negli individui e nei gruppi la ricerca di una sintesi tra morale individuale e morale sociale al fine di consentire la ricomposizione della coscienza dell'uomo. Nella sua azione di metodologia di formazione globale, l'animazione si avvale della ricerca di una cultura non più divisa ma unitaria in cui trovino sintesi le culture umanistiche, artistiche, scientifiche, popolari e religiose dell'uomo. L'animazione deve poi come compito massimo stimolare l'uomo alla ricerca della via della trascendenza.
    3.1. Analisi dei compiti dell'animazione (cf definizione).
    3.2. Analisi degli strumenti per l'animazione:
    - la comunicazione
    - il metodo della ricerca
    - la dinamica di gruppo: quale utilizzazione nella vita dei gruppi?
    - la programmazione: obiettivi, mete, strumenti.
    3.3. Un percorso ottimale di animazione di gruppo.

    Riferimenti bibliografici
    - per il primo momento: NPG 1979/2: M. Pollo, La difficile funzione dell'animatore; NPG 1978/2: M. Pollo, Mobilità culturale e ideologica; NPG 1978/9: M. Pollo, Lo «stare insieme» come nuova cultura;
    - per il secondo e terzo momento: M. Pollo, L'animazione culturale: teoria e metodo, LDC 1980.

    2. Strumenti e tecniche di animazione di gruppo
    (esercizi e interpretazione delle tecniche) (16 ore)

    1. Gioco dell'affermazione-negazione per liberare l'inconscio collettivo.
    2. Metodi di osservazione nel gruppo di discussione per analizzare i fenomeni di dinamica di gruppo e l'emergere di tensioni.
    3. Gioco delle parti per abilitarsi all'empatia.
    4. Test sociometrico di Moreno per identificare le strutture formali e informali.
    5. Tavole di Bales per studiare le interazioni nel gruppo.
    6. Philips 6x6 (e altre tecniche di comunicazione nel grande gruppo) per animare le riunioni
    7. Il differenziale semantico di Osgood per scoprire gli stereotipi di gruppo.
    8. La tecnica per fare domande per aiutare l'animatore a realizzare meglio questo suo compito.
    9. Questionario sul comportamento del moderatore di gruppo per verificare il divario tra l'immagine che l'animatore ha di sé e quella che il gruppo ha di lui.

    3. Il «gruppo giovanile» come mediazione privilegiata dl esperienza ecclesiale (8 ore)

    Obiettivo: la elaborazione di criteri pastorale e di orientamenti metodologici per definire la posizione del gruppo nella pastorale giovanile, e più in concreto, in rapporto all'educazione al senso di appartenenza ecclesiale (= fare esperienza di chiesa).
    1. Di «quale chiesa» fare esperienza?
    - Quale chiesa: «universale sacramento di salvezza».
    - Se la chiesa è «comunione» pone due imperativi: (1) un metodo di lavoro che assuma la interdisciplinarità in uno sguardo di fede (cf R. Tonelli, Pastorale giovanile oggi, Las 1979, 237-249); (2) il gruppo come «mediazione». Su questo tema della ragione teologica della scelta di gruppo nella pastorale giovanile si veda R. Tonelli, o.c., 291-298; 286-290).
    2. Quale gruppo per realizzare realmente una esperienza di chiesa?
    - Ricerca sulla «ecclesialità» del gruppo (cf R. Tonelli, La vita dei gruppi ecclesiali, LDC 1978, 17-25).
    - Ricerca sulla «maturità» del gruppo (si veda R. Tonelli, I processi formativi nei gruppi giovanili, NPG 10/79).
    - Ricerca sulla coesione di gruppo (cf R. Tonelli, La vita dei gruppi ecclesiali, 67-80 ed anche NPG 1979/2, 48-54).
    3. Il gruppo in azione: la prassi di gruppo come prassi del regno di Dio.
    - Il gruppo come Chiesa-per-il-mondo.
    - Il gruppo come modo nuovo di essere chiesa (cf NPG 1978/9, 3741).
    - Un itinerario ottimale di «vita» di gruppo (cf R. Toneiii, La vita dei gruppi ecclesiali, 145-162 e 163-171; ed anche NPG 1979/2, 55-62).

    4. Gruppi di lavoro (32 ore)

    Mentre al mattino si tenevano le «lezioni», al pomeriggio ci si divideva in gruppi, guidati da un coordinatore, per «applicare» nei diversi campi di interesse i concetti di base dell'animazione.
    Ad ogni allievo è stato richiesto di frequentare due dei 4 gruppi previsti:
    1. La partecipazione al territorio: problemi educativi.
    2. Il centro giovanile: una struttura a servizio del territorio.
    3. Il «rapporto educativo» nel processo di animazione.
    4. Gli audiovisivi come strumenti di animazione.

    TERZO TEMPO: PROGETTI E TECNICHE DI ANIMAZIONE E TIROCINIO GUIDATO

    All'inizio di questo terzo tempo gli allievi sono invitati a scegliere un proprio campo di specializzazione, entro due grossi orientamenti:
    - a servizio dell'animazione «interna» del gruppo o centro giovanile;
    - a servizio del gruppo/centro giovanile nella sua attività di animazione dei giovani del quartiere.
    Questo terzo tempo è strutturato secondo tre piste di lavoro:
    - prima pista: verso progetti di animazione: abilitare a costruire un «progetto di animazione» per il proprio ambiente giovanile;
    - seconda pista: abilitazione all'uso delle varie tecniche di animazione;
    - terza pista: tirocinio pratico e «verifica» del tirocinio.

    1. Analisi dei processi formativi in gruppi e movimenti giovanili ecclesiali (24 ore)

    Come/cosa fa formazione in un gruppo giovanile? Come far circolare i valori? Per rispondere a queste domande abbiamo esaminato l'esperienza viva, desunta da «documenti» scritti, di alcuni gruppi e movimenti giovanili ecclesiali.
    Tre gli approcci al tema:
    - Presentazione di alcune linee di interpretazione della evoluzione dei movimenti giovanili ecclesiali in questo decennio (la crisi e la «ripresa» associativa) più in generale delle forme aggregative giovanili.
    - Lavoro a gruppo, seguendo una traccia presentata e discussa insieme, in cui sono stati analizzate riviste, pubblicazioni, riflessioni varie su SCOUT, ACI, CL, Focolarini, GiOC, Gioventù aclista e alcuni gruppi parrocchiali per approfondire criteri, obiettivi, itinerari e strumenti formativi.
    - Assemblee di presentazione dei contenuti emersi dall'analisi del materiale e di riflessione in vista dell'impegno educativo nel proprio ambiente, in particolare in vista di un processo formativo in/attraverso il gruppo.
    A questo lavoro, oltre al tempo delle lezioni, è stato dedicata una giornata residenziale, dal sabato pomeriggio alla domenica sera.
    Diamo una breve sintesi della «griglia» utilizzata per rilevare i processi formativi nei gruppi/movimenti giovanili ecclesiali:
    1. Identikit (descrizione della situazione attuale del gruppo/movimento): l'ambiente; la storia del gruppo, condizione socioeconomica-anagrafica dei componenti; la posizione del gruppo/movimento in rapporto agli altri gruppi (ecclesiali e non); le attività e i campi di impegno; grado e tipo di organizzazione e struttura del gruppo.
    2. Quale progetto educativo (ricerca sul progetto educativo sia in rapporto alle persone che compongono il gruppo/movimento, sia in rapporto ai suoi destinatari esterni): cicli educativi nel gruppo/movimento; obiettivo educativo; processo educativo; quale relazione educativa.
    3. Teoria del politico e del collettivo (ricerca sulla sensibilità e sulle concrete scelte politiche): consapevolezza di non-neutralita; ideologia; modello di sviluppo di riferimento; rapporto tra ideologia di gruppo ed azione pastorale; posizione del gruppo/movimento in rapporto alle istituzioni.
    4. La dimensione «vita ecclesiale» (ricerca sulla specificità cristiana ed ecclesiale): quale cristiano; la vita ecclesiale interna; la vita verso l'esterno del gruppo/movimento; la dimensione missionaria; ecclesialità del gruppo.
    5 . Il «metodo» del gruppo (ricerca sullo stile con cui il gruppo/movimento realizza la funzione educativa e quella ecclesiale).
    6. Il problema dello «sbocco».

    2. Scambio di esperienze su alcuni momenti della vita dei gruppi/centri giovanili (16 ore)

    Alcuni incontri sono stati destinati ad un confronto assembleare sulle esperienze di animazione condotte dagli allievi.
    Si sono presi in esame alcuni punti precisi del processo educativo: - I «nuovi» nel gruppo: come vengono accolti?
    - Quale itinerario educativo si propone nel gruppo? Quale ciclo educativo? Tempi forti e vita ordinaria.
    - I campiscuola: come e perché?
    - Il «progetto educativo» del gruppo/centro giovanile.
    - Il collegamento dei gruppi nelle «zone» e nel territorio.
    Il lavoro è stato prevalentemente di confronto tra i partecipanti e con altre esperienze concrete. Si è anche fatto ricorso, come documentazione, ad alcuni numeri di NPG: Camposcuola tempo di crescita (1977/5); Centri giovanili e territorio (1978/6); sul problema dei «nuovi» e sugli itinerari formativi: Gruppi ecclesiali a fine corsa (1978/9); Per continuare concretamente il discorso sui gruppi (1979/2); I nuovi nel gruppo (1979/10).

    3. Incidenza formativa di alcune tecniche di espressione e comunicazione (12 ore)

    Cineforum, attività teatrali, sport, stampa di gruppo, tavole rotonde e discoforum... Non si pretende di specializzare nelle singole tecniche (compito di corsi più adeguati), ma mostrare la portata di animazione che possiedono determinate tecniche, in rapporto al mondo giovanile e al cambio degli atteggiamenti.

    4. Apprendimento della dinamica di gruppo (44 ore)

    La dinamica di gruppo viene presentata come strumento da privilegiare nell'animazione del mondo giovanile. Alcune «tecniche» sono già state studiate durante la settimana residenziale dedicata all'animazione. In questo contesto vengono approfondite le nozioni di base della dinamica di gruppo. E questo sia attraverso le lezioni di esperti sia attraverso lo studio in piccoli gruppi di un testo di dinamica di gruppo. Per favorire una maggior interiorizzazione alla dinamica di gruppo vengono dedicate 4 giornate residenziali, divise in due periodi, uno all'inizio del ciclo e l'altro verso il termine.

    Testo-base: R. Tonelli, La vita dei gruppi ecclesiali, LDC 1978 (VGE).
    Strumenti di approfondimento:
    R. Mucchielli, La dinamica di gruppo, LDC 1976 (DdG)
    J. Maisonneuve, La dinamica di gruppo, Celuc 1973 (LDG).
    1. Elementi per una definizione critica di gruppo - senso del noi - senso di appartenenza - gratificazione - fenomeni «collettivi» tipici del gruppo (VGE 29-45; DdG 60-65).
    2. Approfondimento del fenomeno «tensioni» in rapporto al «morale» di gruppo - tensioni e reazioni - gli «assunti di base» (VGE 81-87; DdG 115-128; LDG 65-78).
    3. Le strutture di comunicazione-potere nel gruppo
    - strutture formali
    - strutture informali (VGE 95-108; DdG 91-109; LDG 57-64).
    4. Le interazioni nel gruppo (DdG 138-142; LDG 49-56).
    5. Il gruppo tra persona e società
    - le teorie pedagogiche sul rapporto persona e società
    - la pressione di conformità nel gruppo
    - il gruppo come luogo di liberazione (VGE 47-65; LDG 40-48).
    6. Proposta di un itinerario ottimale di maturazione di gruppo
    e ricerca degli strumenti utili per attivare i diversi passaggi (VGE 145-162).
    7. Ruolo del gruppo nei processi educativi e di cambio sociale
    - formazione e cambio di atteggiamenti
    - attivizzazione del confronto e dello scambio nel gruppo di discussione
    - animazione.

    5. Giovani e valori (20 ore)

    Con questo ciclo di lezioni abbiamo voluto portare l'attenzione degli allievi su un tema di grossa attualità, qual e appunto l'emergere di nuovi valori nella cultura e soprattutto tra i giovani. Quale atteggiamento assumere per accoglierli e allo stesso tempo per liberarli? Quali processi educativi mettere in atto? E, prima ancora, quali sono questi «nuovi valori»?
    A questo tema, oltre le lezioni, abbiamo dedicato una giornata di riflessione imperniata sul dialogo tra esperti delle varie discipline sociologiche, psicologiche, pedagogiche, teologiche.

    6. Cicli di lezioni proposti dagli allievi (20 ore)

    Il corso si presenta agli allievi abbastanza strutturato. Un certo numero di lezioni è tuttavia messo a disposizione per approfondire temi di loro interesse che il corso non ha eventualmente preso in esame. Quest'anno i temi richiesti dagli allievi sono stati due. Per primo si è chiesta una riflessione più specifica sulla relazione educatore-educando. Alla relazione educativa si era già dedicato un gruppo di lavoro durante la settimana residenziale, ma aveva potuto parteciparvi solo un piccolo numero di allievi, suddivisi come si era anche tra gli altri tre gruppi di lavoro. Si è deciso di dedicare al tema una giornata residenziale preparata da alcune ore di lezione.
    La seconda richiesta è stata quella di dedicare alcuni incontri all'apprendimento di tecniche di espressione giovanile, per i momenti «allegri» dei gruppi.

    7. Gruppi di riflessione sul tirocinio (28 ore)

    All'inizio del terzo tempo gli allievi sono invitati a svolgere nell'arco di alcuni mesi un tirocinio pratico per un totale di ore 150, secondo il proprio campo di specializzazione.
    Per una riflessione su questo tirocinio pratico vengono organizzati 4 gruppi tra cui gli allievi sono invitati a suddividersi.
    Il compito di questi gruppi non è quello di dare informazioni (questo è compito delle «lezioni») ma di prendere in esame le esperienze concrete secondo il metodo «prassi-riflessione sulla prassi-per una nuova prassi»: soprattutto l'esperienza degli stessi allievi e altre esperienze di gruppi che vengono contattati. In questo caso il gruppo di tirocinio raccoglie materiale, intervista i responsabili, visita di persona il gruppo/centro giovanile (ecclesiale o di quartiere) prescelto.

    1. Il centro giovanile: una struttura a servizio del territorio

    Quando parliamo di Centro Giovanile pensiamo a qualsiasi istituzione ecclesiale che tenti un dialogo con i giovani attraverso strutture relative anche all'animazione del tempo libero.
    Centro Giovanile è quindi la presenza della Chiesa nel mondo giovanile per promuovere la maturazione integrale: una educazione liberatrice e umanizzante in un corretto rapporto tra evangelizzazione e promozione umana.
    Progetto di lavoro:
    1. Analisi delle esperienze e testimonianze
    Non ci preoccupiamo di fondare l'importanza e la validità del Centro Giovanile ma di constatarne l'esistenza e l'organizzazione attraverso l'esperienza dei partecipanti al gruppo.
    Vogliamo conoscere le strutture di animazione per lo sport, la cultura, la ricerca, l'impegno sociale, il divertimento accanto ai momenti di esplicita evangelizzazione.
    2. Dalle esperienze agli interrogativi
    L'analisi delle esperienze e delle testimonianze ci dovrà offrire una rassegna di problemi per dare ad ogni operatore i termini riflessi dell'esperienza che sta vivendo.
    Per organizzare i fatti, per leggere in modo non emotivo, per riuscire a cogliere al loro interno imperativi all'azione dobbiamo decidere alcuni criteri, punti di riferimento che offrano una chiave di lettura della realtà e un orientamento operativo globale.
    3. Cosa è veramente «Centro Giovanile»? definizione ideale
    Si tratta di trovare una definizione di Centro Giovanile, rispettosa del rapporto chiesa-mondo in cui la comunità ecclesiale oggi si riconosce e, nello stesso tempo, storica, legata cioè ai problemi nuovi che emergono dall'attuale contesto culturale.
    Dentro questa immagine sono possibili e doverose realizzazioni molto diverse.

    2. La partecipazione: dal centro giovanile al territorio

    1. Confronto sulle varie esperienze dei partecipanti al gruppo relativo ai seguenti temi:
    - Apertura dei gruppi e dei centri giovanili ai problemi del mondo esterno.
    - Collegamento con altri gruppi o movimenti ecclesiali e non.
    - Partecipazione alle strutture del territorio (parrocchia, scuola, quartiere, strutture pubbliche, ecc.) e relativi problemi.
    - Quale educazione all'impegno nel territorio.
    2. Ricerca delle motivazioni di fondo per una corretta impostazione del rapporto Chiesa-territorio.

    3. Fare gruppo con gli adolescenti

    Non si segue uno schema di contenuti ma uno schema per così dire di «metodo di lavoro»: si riflette insieme su dei «casi» di animazione.
    Questo lo schema previsto per ogni incontro:
    - Presentazione di un «fatto» significativo da parte di uno dei partecipanti.
    - Analisi della fenomenologia, degli aspetti psicologici, della dinamica di gruppo, dei legami del fatto in esame con la storia del gruppo.
    - Individuazione di uno o più problemi educativi emergenti dall'avvenimento.
    - Ricerca dei valori/disvalori vissuti dai protagonisti.
    - Esame dei vari «linguaggi» riscontrabili nel fatto.
    - Eventuali analogie con fatti accaduti in altri centri giovanili.
    - Indicazioni educative in rapporto ai dati teorici già acquisiti durante le lezioni del corso.

    4. Dalle esperienze ad un «progetto di animazione»

    l. Analisi della situazione:
    - per conoscere la realtà
    - per interpretare i bisogni, le domande giovanili che ci interpellano: essere giovani a Torino, oggi identikit del gruppo o della realtà di base in cui si opera.
    2.Progettazione
    - Premessa: la comunità educante come responsabile dell'elaborazione-attuazione-verifica del progetto.
    - tre istanze: ambiente educativo; servizio di animazione; quale relazione educativa.
    - Individuazione di un corretto itinerario metodologico:
    * scelte teologiche e antropologiche di fondo (finalità generali)
    * scelta di un'area d'intervento prioritaria
    * individuazione degli obiettivi (mete) intermedi, prossimi, immediati
    * definizione dei mezzi e dei ruoli
    * verifica (del metodo e dei mezzi).

    ALCUNE NOTE ORGANIZZATIVE

    Il corso, di livello universitario, è riservato agli animatori che si occupano (o intendono occuparsi) di adolescenti e giovani al di sopra dei 14 anni. Non è una forma di disinteresse per i preadolescenti ma il voler portare l'attenzione sul fatto che mentre in genere nei centri giovanili si trovano giovani disposti a lavorare con i ragazzi, più di rado si trovano giovani che si occupano di animazione dei coetanei e degli adolescenti. Per un lavoro migliore nel proprio ambiente chiediamo (fin che è possibile) di partecipare in 3/6 giovani dello stesso centro o zona.
    Il corso richiede di aver compiuto i 18 anni (con eccezioni naturalmente) e di frequentare o aver frequentato almeno il triennio di una scuola superiore.
    Proprio perché ci rivolgiamo a dei «volontari» fin da principio insistiamo sulla serietà che il corso deve avere, a costo di perdere alcuni (e succede) nelle prime settimane di corso.
    Agli allievi si richiede la frequenza (obbligatoria al 70%) a 300 ore di corso, suddivise in «lezioni» (due volte alla settimana dalle 18 alle 21,30) e «giornate residenziali» (per un totale di una quindicina di giorni).
    Obbligatorie sono le giornate dedicate all'animazione e alla dinamica di gruppo. Per quelli che proprio non possono prendervi parte nelle date fissate, si organizzano delle giornate di recupero.
    Il grosso vantaggio che un corso come il nostro offre e quello di essere del tutto gratuito. Ciò non lo rende meno faticoso, sia per il livello dei discorsi sia per il tempo che richiede. In fondo uno rimane occupato per circa un anno. Da parte nostra agli allievi chiediamo di diminuire gli impegni attivi nei gruppi di appartenenza, ma questo non sembra si verifichi.
    Perché tutto ciò proceda con ordine si richiede un discreto lavoro di segreteria non solo per registrare le presenze e tenere l'amministrazione, ma anche e soprattutto per tenere i contatti con gli insegnanti e con gli allievi, per sentire difficoltà ed esigenze, per preparare le dispense per le varie lezioni, per organizzare le giornate residenziali...
    Al termine del corso ci sono anche... gli esami. La condizione di partecipazione all'esame è l'aver frequentato 2/3 delle lezioni. L'esame è scritto e vuole mettere a frutto le informazioni accumulate in un anno. Si chiede perciò agli allievi di elaborare un «progetto di animazione» per il loro ambiente giovanile, alla luce dei vari contributi e di una «traccia » fornita dallo stesso corso. Poiché l'obiettivo è che si elaborino questi progetti, gli allievi di uno stesso gruppo di appartenenza devono presentare il lavoro insieme. I vari «progetti » vengono poi discussi in gruppi alla presenza di un esperto.

    Due anni di esperienza insegnano

    Al termine ormai del corso numero due si possono fare alcune riflessioni.
    La prima è la serietà con cui, soprattutto i giovani, prendono un corso impegnativo come questo. Già la frequenza vuol dire molto. Ma è soprattutto l'impegno che mettono nell'accogliere criticamente quanto viene detto e nell'approfondire i vari argomenti che testimonia che essi fanno loro l'esigenza di qualificazione professionale per fare animazione con i giovani.
    Agli organizzatori, proprio per venire incontro a questo bisogno di qualificazione, si richiede una costante attenzione per creare non solo un clima di serio lavoro ma anche di spontaneità e serenità dei rapporti interpersonali, prima tra allievi e poi con i vari esperti che tengono le lezioni. Soprattutto nel primo periodo ci siamo accorti che ciò che conta non è tanto la qualità delle informazioni che vengono passate agli allievi quanto lo stabilirsi di «relazioni positive». Per favorirle con i docenti si chiede loro di dare ampio spazio al dialogo, magari con l'aiuto di brevi gruppi di riflessione durante le lezioni, per chiarire tra gli allievi ciò che è stato appena detto è per formulare delle «domande» all'insegnante che non rappresentino più il problema di un singolo ma già di un piccolo gruppo.
    Per favorire le relazioni tra gli allievi troviamo importante lasciare un buon intervallo al centro delle serate. Questo momento di dialogo si rivela decisivo perché anche quelli che trovano difficoltà non abbandonino. L'amicizia, che nasce negli intervalli, favorita anche dallo scambio dei «panini» e «birra» con cui la maggior parte fa (si fa per dire) cena, viene poi allargata nelle giornate residenziali, nelle quali tuttavia non ci si propone l'instaurarsi di un clima interpersonale a sé stante, ma si vuole anzitutto creare amicizia mettendo l'accento sui «valori» che si condividono.
    Del resto c'è da aggiungere che il corso non si propone di organizzare i gruppi sul territorio o nella zona ecclesiale. Non è il nostro compito e tanto meno l'obiettivo del corso. È vero che al corso cerchiamo di invitare gruppi di una stessa zona, perché si conoscano e imparino a confrontarsi e organizzare, se lo credono opportuno, attività insieme, ma è anche vero che tutta l'opera di collegamento viene demandata loro. Crediamo nei collegamenti, ma crediamo che devono nascere anzitutto da esigenze comuni condivise da vari gruppi.


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