PREADOLESCENTI
(NPG 1980-06-68)
Saper interessare i ragazzi quando si parla loro è una delle prime preoccupazioni che deve avere ogni educatore. L'interesse è infatti una disposizione didatticamente positiva perché aumenta l'impegno nell'apprendimento teorico-pratico e ne diminuisce considerevolmente la fatica. È vero che alcuni argomenti suscitano di per se stessi l'interesse del ragazzo anche se l'educatore non ha grande capacità di aggancio con loro. Ma quando l'argomento non è attraente, occorre che l'educatore sia capace di ridestare o fomentare tale interesse. Renzo Titone ritiene che la persona dell'educatore/maestro, sia il fattore fondamentale dell'interesse. Il suo influsso è dovuto a questi diversi fattori:
- L'attrazione di simpatia, che irradia dalla personalità profondamente e vivacemente umana del maestro per comunicarsi ad ogni singolo allievo, e che fa sì che la corrente di attrazione affettiva passi dalla persona all'oggetto insegnato.
- L'amenità dell'esposizione e della conversazione, che conferisce alla parola una particolare forza attrattiva e penetrativa.
- La laboriosità: lo zelo di lavoro intenso nel maestro si comunica per contagio imitativo agli allievi.
- L'entusiasmo, che, come la laboriosità, è potentemente comunicativo. Esso è l'effervescenza dell'amore per la scuola e per il lavoro intellettuale. È una emanazione del «gaudium de ventate» di cui parla S. Agostino.
- La personalità del maestro ricca di valori morali, che trascina l'allievo all'imitazione.
- L'arte didattica, che è effetto del connubio di felici disposizioni innate di comunicatività con uno studio serio dei principi e degli espedienti offerti dalla scienza didattica. L'arte pedagogica sa, infatti, usare prudentemente dei vari mezzi per stimolare veri e fruttuosi interessi. (R. Titone, Interesse, «Dizionario Enciclopedico di Pedagogia», Il, Torino, 19694, p. 751-.
Queste qualità in alcuni educatori sono quasi connaturali, in altri meno, ma sono sempre suscettibili di perfezionamento. Per questo ogni educatore dovrebbe costantemente riflettere sulla sua capacità di interessare i ragazzi nel parlare, dovrebbe confrontarsi con modelli teorici e pratici perché la sua opera possa esse•e più efficace.
Lo scorso novembre a Barzio (CO), presso il Centro Orientamento Educativo, Federazione Oratori Milanesi ha tenuto un corso residenziale diretto agli educatori dei ragazzi sul tema: «Per imparare a parlare ai ragazzi interessandoli.'. Vi hanno partecipato in qualità di relatori: il direttore della FOM, L. Bandera, S. Casiraghi, P. Cenati, S. Varnavà ed E. Bottino.
Vi presentiamo la relazione sullo svolgimento di questo corso per offrire alcuni contenuti schematici, ma soprattutto per fornire idee e informazioni per coloro che intendessero sensibilizzare gli educatori dei preadolescenti su questo argomento.
SCOPO DEL CORSO
Ciascun educatore o animatore di gruppi si accorge ben presto che nel suo lavoro con i ragazzi non basta sapere cosa dire, avere dei contenuti validi e aggiornati da proporre.
Ciò costituisce solo la prima parte del processo educativo. La seconda altrettanto importante consiste nella conoscenza ed utilizzo di quel complesso di regole e principi pratici, attenzioni, attività, giochi, disposizione del tempo e dei luoghi, che insieme «danno forma» alla proposta educativa che si vuole i ragazzi facciano propria.
È indispensabile «fare attenzione» a come si porgono i contenuti se si vuole «suscitare l'attenzione» e l'interesse dei destinatari, soprattutto se sono ragazzi. Non c'è niente infatti che non possa essere insegnato ai ragazzi a patto che venga loro proposto nella giusta maniera, una maniera capace appunto di «parlare loro interessandoli».
Esiste certo un ampio margine di elasticità e varietà in questo senso, dovuto alla diversità di persone, luoghi, situazioni, mezzi e capacità disponibili. Ciò nonostante è possibile indicare qualche regola generale, alcuni atteggiamenti ed attività valide praticamente in tutte le occasioni.
Questo «pro-memoria» dell'educatore va conosciuto e costantemente aggiornato ed affinato.
Puntare l'attenzione degli educatori sull'importanza di suscitare l'interesse degli interlocutori e sui criteri operativi, almeno quelli più comuni, perché ciò possa effettivamente realizzarsi, questi gli scopi del breve Corso per educatori tenutosi a Barzio. Si è voluto, in particolare, proporre alcuni approfondimenti teorico-pratici sul «fenomeno comunicazione», coglierne i risvolti e le applicazioni in campo educativo. Solo una comunicazione autentica ed efficace può coinvolgere il ragazzo e quindi suscitarne l'interesse. Ma che significa comunicare? Significa solo parlare? E quando una comunicazione è autentica ed efficace? Ma è poi possibile? Quali ne sono le condizioni? Si può imparare a migliorare la comunicazione interpersonale?
Le domande potrebbero continuare e rispondere a tutte potrebbe diventare complicato. Certo, noi non parliamo solo con le parole. Prima di aver detto una sola frase la persona con cui parliamo può capire già molte cose sul nostro conto: col nostro modo di fare, di muoverci, di vestirci ed in molti altri particolari ancora, noi comunichiamo, che a noi piaccia o meno.
La comunicazione è quindi un fenomeno complesso, a molte dimensioni e livelli, e totale, nel senso che niente di noi può restarne fuori, ma al contrario tutto di noi parla, o meglio «comunica».
DESTINATARI
Come si è detto il Corso è stato organizzato a cura della Federazione Oratori Milanesi (FOM) che ha come obiettivi: il coordinamento dei vari Oratori e Circoli Giovanili della Diocesi di Milano; la valorizzazione e divulgazione delle esperienze più significative che vengono realizzate in essi; la preparazione e formazione di educatori e catechisti.
Il Corso pertanto si rivolgeva ai responsabili di Oratorio o comunque di Comunità educative.
Ciò significa in genere due tipi di categorie:
a) giovani dai 16 ai 21 anni: è la fascia d'età in cui si trovano la maggior parte dei responsabili oratoriani, anche se non mancano ovviamente le eccezioni;
b) religiosi/e che già lavorano con ragazzi/giovani (in genere suore o appartenenti a Istituti Secolari).
Dato il particolare argomento del Corso, esso si rivolgeva anche ai genitori. Questi corsi sono pensati e programmati solitamente come momenti di aggiornamento/approfondimento più che come introduzione all'animazione educativa. I temi prescelti pertanto sono in genere di carattere monografico, ed il livello di presentazione dei contenuti è, a seconda della complessità degli argomenti, introduttivo, medio, alto.
Per il Corso in esame ci si è mantenuti ad un livello medio, che si pensava come più adeguato alla preparazione dei partecipanti ed alle caratteristiche degli argomenti. specie riguardo al tema «comunicazione».
Altri obiettivi di tali Corsi sono:
a) fare in modo che i vari partecipanti divengano a loro volta interpreti e divulgatori dei contenuti e delle tecniche apprese, nel proprio ambito locale;
b) favorire il collegamento e la conoscenza reciproca tra i vari animatori e lo scambio di esperienze.
In tal senso si privilegia la partecipazione di due-tre rappresentanti per Oratorio o Comunità.
Il Corso prevedeva, come risulta dal Programma, sia momenti di approfondimento teorico che di applicazione, anche se bisogna dire che, dato l'argomento, tutti i momenti e i temi - specie quelli riguardanti le modalità comunicative - diventavano concreta messa in opera dei contenuti di cui si discuteva.
È successo così che una tecnica come l'arte di raccontare, molto più che sentirla spiegare, la si è potuta osservare all'opera nelle persone dei vari relatori e degli stessi partecipanti.
Un terzo momento, quello della formazione spirituale, pur non rientrando in nessuna delle relazioni tenute, ha avuto un proprio spazio e sviluppo educativo nei momenti liturgici e di preghiera.
CONTENUTI
La comunicazione nei suoi vari aspetti
L'argomento principale trattato durante il Corso è stato, come già si è accennato, la comunicazione, prima nei suoi aspetti più generali, poi esaminata nelle forme in cui maggiormente si traduce: verbale (la parola), simbolica (la musica), visiva (l'immagine).
L'origine dell'interesse sempre crescente verso una maggiore comprensione del nostro comunicare risale, possiamo dire, a solo un quarto di secolo fa, quando cominciarono a svilupparsi in misura sempre più massiccia l'uso del calcolatore da una parte e i moderni mezzi di comunicazione di massa (o più comunemente mass media) dall'altra.
Contemporaneamente, nuove scienze e settori di indagine nascono e si sviluppano: :a teoria dell'informazione, la cibernetica, l'informatica. Le altre scienze. risenten&:-.: gli influssi, mediano da esse termini, concetti, modelli esplicativi.
Viene proposta l'analogia uomo-computer: dopo tutto anche l'uomo, come il computer riceve degli stimoli dal mondo esterno, li elabora secondo un certo programma, li confronta con i dati che ha in memoria, li immagazzina e se ne serve per risolvere i problemi che la realtà gli pone.
Conoscere la mente umana significa allora conoscere il programma del calcolatore-uomo, il modo nel quale egli elabora, immagazzina e si serve dell'informazione ricevuta.
A livello di esperienza comune, gli ultimi vent'anni sono stati caratterizzati dall'invasione dei mezzi di comunicazione di massa: è stata definita, e non a torto, l'«era dell'audiovisivo».
Ora dall'era audiovisiva stiamo già passando all'era del calcolatore: quanti di noi non posseggono già o hanno regalato nelle ultime feste dei mini-computer capaci di calcolare le funzioni matematiche più complesse, oppure quei giochi elettronici computerizzati da inserire nel televisore dalle combinazionei sempre più numerose? Ciò solo per citare un esempio tra i più immediati.
Ma oltre che dal progresso tecnologico, la definizione dell'uomo come sistema di comunicazione ha avuto, per quanto in un primo tempo possa sembrare strano, la sua conferma dagli animali, o meglio dallo studio del comportamento animale, cioè l'etologia, altra scienza giovane che si afferma in questi ultimi decenni.
Come si dicono le cose gli animali tra loro? Certo non con la parola; essi invece lo fanno soprattutto attraverso movimenti, particolari posizioni del corpo, espressioni del muso, colore della pelle o delle piume, odori che emanano e via di questo passo. Anche gli studi fatti sulla comunicazione nel mondo animale possono servire a meglio comprendere le modalità con le quali l'uomo, che da questo mondo proviene, usa di questo linguaggio «analogico» nel dialogo quotidiano coi propri simili. Entriamo così in quel settore di indagine che si occupa della «comunicazione non-verbale», una comunicazione cioè che non passa attraverso la parola ma che si esprime piuttosto con i gesti, le espressioni del viso e del corpo, il vestito, l'uso dello spazio, le tonalità della voce...
Il nostro parlare, come comunemente l'intendiamo, risulta dunque essere un complesso processo nel quale tutto il nostro essere «dice» qualcosa, pur se attraverso linguaggi differenti.
È, se vogliamo, l'integrazione tra il «computer-mente umana» logica e razionale da un lato, e «l'uomo-animale» allusivo, istintivo e simbolico dall'altro.
La comunicazione verbale
La prima parte del Corso ha quindi voluto introdurre questo complesso argomento, con l'intento di far cogliere i vari aspetti del fenomeno da una parte, e di dare qualche strumento d'analisi, seppur iniziale, delle situazioni quotidiane di comunicazione. La seconda parte ha invece riguardato più propriamente la comunicazione verbale in cui la parola e la dizione assumono il ruolo principale. Nel rapporto educativo la chiarezza è una delle condizioni indispensabili per ottenere l'adesione degli educandi, ciò sia a livello di contenuti, sia a livello di coerenza personale.
Un educatore deve sapere parlare ai propri ragazzi in maniera viva e «comunicativa»: la scelta del giusto linguaggio, accompagnato dalla corretta pronuncia e da un efficace accenno, si rivela uno strumento efficacissimo, capace di suscitare le emozioni più violente o la convinzione più totale.
Questo richiede la consapevolezza della necessità di uno sforzo costante per curare e migliorare la pronuncia, la respirazione, le pause, per variare il ritmo ed il tono nelle diverse sequenze discorsive. La parola diventa allora magica, poetica, musicale... Ma la parola non basta: vi sono contenuti, desideri, situazioni che essa non arriva ad esprimere compiutamente. I ragazzi in particolare preferiscono spesso un gesto, un canto, un'immagine ad un discorso che per essi risulta ancora troppo difficoltoso. Anche la musica e l'uso dell'immagine, tuttavia, essendo veri e propri linguaggi, hanno le loro regole, la loro «grammatica»: non tutti i canti sono adatti a tutte le situazioni e per tutte le persone; e non tutte le sequenze di immagini sono equivalenti.
La musica e l'immagine
La musica e l'immagine, ed il loro utilizzo nelle varie occasioni educative, sono state il terzo aspetto trattato nel Corso.
Attraverso una serie di lavori di gruppo, i partecipanti hanno avuto la possibilità di «costruire» situazioni di comunicazione usando dei vari linguaggi: parola e musica (recital); immagine, musica e parola (montaggio audiovisivo).
Come motivo di fondo proposto per i vari momenti del Corso, perché la capacità di comunicare meglio e più consapevolmente non rimanesse fine a se stessa, è stato illustrato ed approfondito il Piano formativo Oratoriano cioè il progetto educativo che l'Oratorio persegue nei riguardi dei ragazzi nelle loro varie età.
STRUMENTI E SUSSIDI USATI
Viene riportato solamente il materiale effettivamente usato nel Corso e non invece i sussidi che sono stati o che possono essere proposti come ulteriore approfondimento. Il criterio di scelta per i vari sussidi è consistito nel privilegiare la praticità di questi ultimi, in modo che risultassero utili non solo durante ma soprattutto dopo il Corso.
Elenco materiale:
1) La Comunicazione, «Dossier Giovani, n. 24, a cura di Franco Lever, Ed. LDC.
2) Bertelli F., Moletti L., Ortoepia - Guida alla retta pronuncia della lingua italiana, alla lettura ed alla recitazione, Ed. FOM.
3) La formazione di base degli animatori della catechesi, Testo-guida a cura della Federazione Oratori Milanesi.
4) Animazione musicale, a cura di Stefano Varnavà, ed. FOM.
5) Quando la parola diventa musica, a cura di Stefano Varnavà, ciclostilato.
6) «Dalla parte degli ultimi», recital a cura di Stefano Varnavà, Ed. FOM.
CONSIDERAZIONI FINALI
Il fenomeno della comunicazione, nella sua inevitabilità, è spesso qualcosa più vissuto che approfondito.
Se ciò è comprensibile e scusabile per molta parte della vita quotidiana, lo diviene meno in campo educativo. Il corretto rapporto educativo è sostanzialmente un dialogo, il quale però si regge sulla qualità della comunicazione operante tra l'educatore e l'educando.
I linguaggi, i codici ed i canali su cui la comunicazione si basa non possono venire ignorati, pena l'incomprensione reciproca ed il conseguente fallimento del rapporto educativo.
Il valore del Corso consiste appunto nel fatto di avere, una volta di più, contribuito a chiarire l'importanza di tale argomento; i limiti vengono riscontrati nel non aver potuto approfondire altri aspetti della comunicazione educativa quali il disegno ed L gioco, a causa del ridotto tempo a disposizione.