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    La proposta: «Vieni e vedrai»


     

    Comunità giovanile S. Lorenzo - Mestre

    (1980-04-18)

    Serenità, gioia, amicizia fatta di schiettezza e di tante piccole attenzioni, sono il clima della comunità parrocchiale di S. Lorenzo in Mestre, cittadina vicinissima a Venezia. Chiesa «madre», di antichissima fondazione, la parrocchia, con moltissime attività e grandi strutture (i centri catechistici, il rifugio S. Lorenzo, Sichar, i pensionati per giovani immigrati, per non citare che le più importanti), attende alla cura pastorale di circa cinquemila famiglie, per lo più senza problemi di sussistenza immediata.

    UN PO' DI STORIA

    «La nostra avventura - afferma Suor Carla - è iniziata nel 1970. Gli anni precedenti, specialmente quelli intorno al '68 hanno prodotto nella nostra parrocchia una grande confusione e disgregazione. La crisi non risparmiò nessuno! Le grandi associazioni non reggevano più e, quasi di colpo, ci siamo ritrovati in pochissimi, senza sapere che pesci pigliare.
    Con don Franco e alcuni giovani rimasti, ci siamo buttati ed abbiamo ripreso a lavorare ed ora, eccoci qui!».
    Rileggendo la storia della comunità, sembrano due le tappe che ne hanno caratterizzato profondamente il cammino.

    La prima: gli inizi
    «Dopo un particolare e indimenticabile "campo di lavoro ", al Rifugio S. Lorenzo -racconta Suor Carla - ci è parso di dover incominciare di nuovo, prendendo subito contatto con chi già veniva in parrocchia: incontrammo allora i ragazzi e le ragazze che vi giungevano, accompagnati dai loro genitori, per chiedere l'ammissione alla Cresima.
    Parve necessario "qualificare la catechesi" e "coinvolgere" al massimo in questa scelta i genitori nella prospettiva di un cammino da continuare anche nel "dopo Cresima".
    Si studiò un piano, si realizzarono incontri paralleli per i ragazzi e per i genitori. Insistemmo nel nostro sforzo per qualche anno, con alterne vicende. Per molti adulti fu un vero e proprio "choc ". Le proposte che facevamo erano precise, provocanti e coinvolgenti. Batti e ribatti, qualcuno tra i genitori, cominciò ad aprire gli occhi, comprendere che era necessario fare qualche cosa di concreto.
    I ragazzi intanto si facevano sempre più numerosi e domandavano di poter continuare.
    Proponemmo a qualche mamma di fare un po' di catechismo o almeno di aiutare noi. Ai primi, timidi e impacciati adulti se ne affiancarono altri ed ebbe così inizio il gruppo dei catechisti».

    La seconda: dal 1974 ad oggi
    «La nostra scelta per la catechesi, fu perfezionata - riprende don Franco - e precisata con la decisione di far slittare il conferimento della Cresima dai primi anni della media alla prima o seconda superiore. Una opzione pastorale che rimane fondamentale.
    Non si trattò e non si tratta di una tattica per riuscire a "pescare" i giovani e a farli rimanere da noi il più possibile. È invece un'esigenza che nasce dalle responsabilità che un cristiano maturo nella fede è chiamato ad assumersi all'interno della Chiesa. Abbozzammo allora un piano pastorale, sufficientemente flessibile ma anche abbastanza organico, privilegiando una catechesi sistematica, graduale e progressiva insieme ad una vita nella comunità più responsabile e partecipata. I giovani ne compresero il valore e la necessità. Molti fra coloro che avevano iniziato negli anni precedenti il cammino, sono rimasti fedeli.
    Tuttora continuano cercando di coinvolgere amici, rimasti "alla finestra" o " indifferenti "».
    Oggi, la comunità giovanile di S. Lorenzo, conta una ventina di gruppi di catechesi ai giovani (di 15 anni in avanti).
    È nato nel frattempo anche il "Club della Graticola" di cui diremo più particolarmente in seguito.
    Circa cinquecento sono i giovani attivi nella comunità parrocchiale. In percentuale rappresentano il 75% dei ragazzi di Mestre.

    LA PROPOSTA PASTORALE

    Non è difficile cogliere «il cuore» della proposta che viene fatta ai giovani di S. Lorenzo.
    In parte emerge dalle brevi e frammentarie note di storia, ma più chiaramente viene ribadita nelle «lettere ai giovani», ciclostilati che hanno il compito di raggiungere tutti, per mantenerla viva e stimolante.
    «L'obiettivo principale - si legge in una di queste - è la crescita umana e spirituale, l'adesione da dare al Cristo per fede, l'impegno di testimoniarlo, quando hai capito che il Cristo e il suo messaggio sono un valore per te».
    Al centro, dunque, la Persona sconvolgente di Cristo, la Sua Parola.
    Si lavora perché i giovani riescano ad incontrarlo come persona viva, in una amicizia fedele, sempre disposta a rinnovarsi come segno trasparente dell'amore del Padre per ogni uomo.
    Per entrare nella comunità giovanile non ci sono formalità particolari da espletare. Si dice: «Vieni e vedrai!». Solamente così, senza manipolazioni o pressioni di alcun genere, è possibile percepirne a chiare lettere il pulsare della vita: decidere se iniziare un cammino verso «vita nuova» o abbandonare decisamente la partita.

    I PUNTI FERMI DELLA PROPOSTA

    «Momenti insostituibili per riprendere coscienza, ricaricarsi e ripartire».
    Così è scritto nella lettera alla comunità in occasione dell'Avvento del 1978, così viene ribadito nell'altra più recente del febbraio 1979. Sono tre: la Parola, la celebrazione domenicale, la vita comunitaria.

    La Parola

    È la fonte prima e genuina. Parola ascoltata, studiata e pregata: catechesi e preghiera, preghiera e catechesi: due volti, ma una sola realtà.
    Un annuncio attento alle situazioni di vita dei giovani e ai loro problemi di persone in crescita, che si propone di presentare il messaggio in tutta la sua integrità, senza riduzioni di sorta, nel pieno rispetto della tradizione della Chiesa.
    È il fulcro di tutta la proposta. Tre sono i momenti più qualificati:
    - Gli incontri settimanali, per ogni gruppo.
    - II a- Corso di approfondimento teologico», riservato a coloro che hanno già ricevuto la Cresima. È, perché così hanno scelto i giovani stessi, l'occasione privilegiata per un approfondimento critico e sistematico del dato della fede e di alcuni documenti del Concilio Vaticano II.
    - Il mese di Maggio: periodo in cui gli incontri di catechesi diventano quotidiani e caratterizzati da temi specifici scelti a seconda delle esigenze.
    Non si possono dimenticare i catechisti. Tutti adulti e, in qualche caso coppie. Una ottantina di persone solidamente formate e particolarmente curate, pilastri portanti della comunità, primi e più significativi amici dei giovani e modelli di «adulti» nella fede.
    Ai giovani di S. Lorenzo, si parla chiaro: se non preghi la Parola, non la potrai veramente capire e non ti potrai capire!
    Non solo si offrono loro occasioni e strutture di preghiera (le lodi mattutine, la recita quotidiana del Vespro, giornate di «deserto» a Sichar, celebrazioni comunitarie della penitenza, ecc.) ma tutti, insieme, si prega.
    I sacerdoti, poi, si sono assunti in particolare il compito di guida e animazione.

    La celebrazione domenicale

    «Dovrebbe essere - è don Franco che parla - il gioioso e impegnativo appuntamento con il Signore e con i nostrti fratelli nella fede... Per molti non è un momento di festa, di gioia...
    Quando dico: "Andate, la Messa è finita", mi sembra di chiudere un discorso che non è mai stato aperto!».
    Non ci sono «le messe dei giovani», ma «i giovani che animano le Messe». Ciascun gruppo, a turno, ha il compito di preparare la liturgia domenicale con l'impegno di «tenere aperto» il discorso soprattutto con i fatti.

    La vita comunitaria

    «Che ne facciamo del nostro stare assieme? Quali motivazioni ci uniscono?». Rispondere, vuol dire, tratteggiare il volto della comunità, qualificarne la presenza in parrocchia e sul territorio.
    Domando: «A Mestre, i giovani, si danno l'appuntamento in Piazza. Se ne trovano moltissimi, specialmente alla sera, divisi in gruppi di omogenea tendenza ideologica. Perché voi avete preferito venire in parrocchia?».
    Scelgo un paio di interventi che mi sembrano più significativi.
    Dice un ragazzo: «Molti di noi hanno amici tra i ragazzi della Piazza. Ci vediamo abbastanza spesso con loro. I rapporti sono buoni. In parrocchia, però si può trovare qualche cosa di diverso. Nei gruppi di catechesi e al «club» è possibile tentare di vivere un ideale più grande. Qui c'è la Parola!».
    Di rincalzo una ragazza precisa: «L'amicizia che ci lega è importante, però, anche in Piazza e a scuola ci sono degli amici... Io ho scelto di rimanere con questi amici, in parrocchia, perché ho il desiderio di vivere il mio cristianesimo più a fondo.
    So che insieme a loro lo posso fare, anche se non è sempre semplice». L'impegno è chiaro: i gruppi, non sono un luogo di rifugio, di fuga, ma momenti per crescere insieme. Non c'è spazio per chi gioca a cercare chi ha «il nasino» più lungo...

    I gruppi di catechesi

    Sono fondamentalmente due le occasioni di «vita comunitaria»: i gruppi di catechesi e il «Club della Graticola».
    La vita dei gruppi di catechesi è scandita da appuntamenti precisi e impegnativi.
    - Il campo scuola: una volta all'anno, in estate, al rifugio S. Lorenzo. Momento importante e decisivo per fare esperienza di comunità, per riflettere e programmare;
    - gli incontri settimanali di catechesi in cui l'attenzione viene portata sull'ascolto e la comprensione dell'annuncio;
    - l'Eucaristia domenicale, occasione insostituibile; familiare incontro con Cristo e con tutta la comunità;
    - una giornata mensile di ritiro al Sichar, in un clima voluto di silenzio per verificare e riprendere con rinnovata energia il cammino;
    - la recita quotidiana del Vespro, preghiera liturgica della chiesa, momento indispensabile per fare il punto;
    - le lodi mattutine, per iniziare un nuovo giorno caricati dalla preghiera;
    - gite, feste, altri momenti e occasioni per celebrare la gioia in clima di spontaneità e semplicità.

    Il «Club della graticola»

    Il «Club della graticola», che rappresenta lo sbocco aggregativo naturale del dopo Cresima, si propone come «gruppo di amici impegnato in una ricerca di carattere essenzialmente religioso». Gli impegni di formazione personale e comunitaria, sono fondamentalmente gli stessi dei gruppi di catechesi: in più al «club» si sviluppano varie attività-servizio, decise dai singoli appartenenti, gestite in «proprio» e non dal «club» come tale. Le principali sono:
    - la segreteria del «corso di approfondimento teologico»;
    - un doposcuola per ragazzi particolarmente bisognosi di aiuto nell'apprendere o in situazioni familiari difficili;
    - la ginnastica rieducativa, fatta nell'abitazione di alcuni ragazzi spastici;
    - la preparazione dei canti e il coordinamento dell'animazione liturgica della Messa domenicale e di particolari momenti di preghiera;
    - l'organizzazione ai «campi di sole,» di Via Bezzecca, di momenti per stimolare aggregazione sul territorio attraverso lo sport e le feste popolari;
    - l'animazione nei vari gruppi di catechesi (i giovani normalmente non fanno catechismo, ma sono affiancati agli adulti come animatori);
    - la gestione di momenti di relax, gite, feste, ricorrenze varie;
    - i cineforum, da potenziare con un programma più sistematico e culturalmente valido;
    - la partecipazione al «Caldo Natale», una iniziativa che da tempo tutta la parrocchia intraprende nel periodo natalizio.
    A Mestre infatti esiste una fascia di persone (alcolizzati, carcerati, zingari, gente che non ha di che mangiare e vestire) alle quali la comunità cristiana non può fare a meno di pensare, almeno, per offrire loro un «Natale» più caldo.
    Tutta la città viene allora coinvolta: si passa di casa in casa a raccogliere vestiti, ferro vecchio, vetri e bottiglie inservibili... si visitano negozi e supermercati.
    Nella piazza davanti alla Chiesa si allestisce lo «Chalet». Cartelloni, proiezione di diapositive, grafici, presentano la triste geografia e la storia di chi è «lasciato da parte».
    I giovani partecipano da protagonisti. Qualcuno di loro pensa che Natale è una volta l'anno, mentre l'emarginazione è fatto di tutti i giorni!
    Per questo un piccolo gruppo fra i più sensibili, sta pensando modi e tempi concreti per far diventare «caldo» ogni giorno della vita di chi ha di meno, superando le «occasioni di assistenza» per cercarne le cause e combatterle.

    COSA PENSANO I GIOVANI NELLA LORO PARROCCHIA?

    Cosa pensano i giovani della loro parrocchia? Come la percepiscono? Se ne parla in una animata discussione-intervista con gli aderenti al «Club».
    Domanda. Voi avete scelto di stare insieme in un ambiente di parrocchia, quando altri vostri coetanei pensano che la parrocchia non abbia più niente da dire o proporre ai giovani. Come mai?
    Intervento I. Abbiamo cominciato a venire qui e ci siamo trovati bene. Subito siamo diventati amici fra di noi. Partecipare ai gruppi di catechesi e al «club» per noi è stato come realizzare un desiderio... trovare un ideale, non so, qualcuno che ti aiuti a crescere, cioè, insomma qualche cosa di diverso dai soliti discorsi che si fanno in giro...
    Intervento II. Sono nel gruppo per continuare il cammino iniziato con la Cresima. Sono sempre più convinto che la ricerca di Dio è, per me, una cosa fra le più importanti. Anche se ci sono in parrocchia alcune cose che non condivido (siamo tutti peccatori e ipocriti, come diceva uno dei nostri sacerdoti), rimango tuttora del parere che qui, più che in altri luoghi, ci sia l'occasione più adatta, ci si offra gli aiuti più validi, per conoscere il Signore ad altri che cercano con me.
    Intervento III. Fino a qualche tempo fa ero ogni giorno in piazza, come fanno molti giovani qui a Mestre. Avevo il mio gruppetto, ci vedevamo, si parlava di tutto, c'era però molta noia, indifferenza. Cercavamo di fare qualche festicciola, discutevamo anche, ma poi, è la mia impressione, ciascuno in fondo rimaneva solo. Sono venuto, perché invitato da amici. C'era una festa. Ho conosciuto ragazzi del gruppo, li ho visti agire, ho continuato a venire più per scommessa con me stesso che per convinzione. C'è un clima diverso anche nello stare insieme. Non riesco a capire bene tutto. So che posso contare su questi amici.

    Il difficile cammino verso una parrocchia «aperta»

    Domanda. Qualcuno di voi ha accennato a «qualche cosa che non condivide» della comunità parrocchiale. Vogliamo essere un pochino più espliciti?
    Intervento I. Nella nostra parrocchia ci sono molti gruppi di giovani. Trovo che avviene un fatto che mi dispiace un po'. Spesso mi sembra di notare che ognuno di essi faccia la propria strada. È vero ci sono molte occasioni, come la Messa delle 10, gli incontri di preghiera, qualche momento distensivo, ecc..., però credo che ci si dovrebbe tutti mettere di buona volontà per cercare anche quelli che non sono del nostro gruppo, non hanno la mia età, ma che fanno pur sempre parte della comunità. Intervento II. Credo che la parrocchia debba essere veramente aperta a tutti, in modo che non ci sia alcuna persona cui la parrocchia non colga l'occasione di dire qualche cosa, fare delle proposte come è avvenuto a noi. Credo anche che sia importante essere, come comunità, aperti a ciò che avviene nel mondo di oggi, altrimenti, la proposta cristiana, che è multiforme, che fine farebbe?
    Quando costatiamo che qualcuno di noi se ne va, al di là del riconoscerci peccatori o ipocriti, come è stato detto, è necessario capire il perché, scoprirne le cause. Forse, la parrocchia, non è riuscita a coglierne le attese...
    Intervento III. A Messa vediamo che capita un fatto. Le prime cinque file di banchi sono piene di gente più impegnata. Li conosciamo tutti. Poi vengono i meno vicini al nostro ambiente. Li conosciamo di meno. Più in là c'è la massa. Quasi non sappiamo chi sono. È importante escogitare qualche cosa per fare in modo di interessare anche loro...
    Intervento IV. La cosa che fa difficoltà è il nostro rapporto con gli adulti che operano in parrocchia. Con le suore, i catechisti, i sacerdoti, in genere ci troviamo bene. Personalmente, mi è difficile parlare con gli altri adulti... li sento lontani da me, superiori di molto, sia spiritualmente che umanamente!
    Intervento V. Ci è stato più volte proposto di partecipare a qualche seduta del Consiglio Pastorale. La risposta è stata scarsa. Dovessi dire il perché... non saprei neanch'io! Abbiamo forse paura di prenderci nuove e più ampie responsabilità? Gli adulti non sono troppo accoglienti nei nostri confronti? Boh, non so! Certo mi pare che bisogna fare qualche cosa!

    I progetti per il futuro

    Domanda. C'è un ideale di parrocchia che voi vorreste realizzato?
    Le risposte sono molte. Un pochino, il volto della «parrocchia ideale» è già stato abbozzato nel corso di tutta la discussione. Riferisco, in sintesi, il pensiero di alcuni che, mi pare riassumere bene la volontà dei presenti.
    «Pensiamo alla parrocchia come ad una grande famiglia, nella quale si viva veramente lo spirito della comunità dei cristiani che è prima di tutto fraternità e gioia. Un luogo in cui fratelli, diversi per esperienze, età, vicende, aspettative, problemi, si trovino ad ascoltare, studiare e pregare la Parola, senza che nessuno si senta estraneo o venga lasciato ai margini, dimenticato».
    Domanda. Diventati più adulti finirà tutto o c'è qualche «progetto» in vista per continuare?
    Un momento di perplessità, qualche istante di silenzio poi: «Non possiamo ora prevedere cosa vorremmo fare in futuro... Ne parliamo, sovente... si fanno progetti, si esprimono desideri. Nessuno, qualche anno fa avrebbe scommesso sull'avventura che stiamo vivendo ora. Speriamo di poter continuare. I modi possono essere diversi!».
    La speranza c'è. I fatti, fino ad ora, testimoniano a favore dei giovani di S. Lorenzo e del loro impegno per una parrocchia più comunità e più inserita nel mondo.


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