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    Introduzione a: Contemplazione nel quotidiano


     

    (NPG 1980-04-19)


    Precisiamo subito i limiti del dossier. Non si vuole parlare di crisi o di rinascita della preghiera sia tra i giovani che tra gli adulti. E non si intende neppure approfondire il rapporto tra vita e preghiera, parlando della loro importanza e complementarietà. Di tutto questo se ne potrà anche parlare qua e là nel dossier, ma solo di passaggio.
    C'è un livello più profondo del rapporto con Dio che fa da base sia alla preghiera come di solito se ne parla, sia alla vita, all'azione. È il livello della «contemplazione».
    Secondo Adriana Zarri è a questo livello di «decadenza contemplativa» che si situa gran parte della crisi della preghiera e della vita cristiana. E K. Rahner osserva che c'è appunto una crisi che è ben più profonda della crisi della preghiera e che riguarda la stessa possibilità e modalità di rapporto con Dio.
    Contemplazione nel quotidiano: un modo di vivere davanti a Dio che avvolge sia la preghiera che l'azione; un modo di vivere la propria esistenza come «sacramento» progressivo dell'incontro con Dio. Solo la contemplazione può trasformare la vita in preghiera e può dare cuore alle varie forme e momenti di preghiera personale e comunitaria.
    Da questo punto di vista il dossier vuole aiutare ad individuare e consolidare il «terreno» su cui costruire la preghiera con i giovani d'oggi. All'interno di quella proposta di spiritualità giovanile sulla quale la rivista si è soffermata più volte in questi ultimi tempi. Ricordiamo in particolare la sintesi presentata da R. Tonelli in NPG 7/79.
    Da quanto detto risulta evidente che non intendiamo fare un discorso completo sulla preghiera. Per così dire ci siamo fermati alla soglia della chiesa o, se si vuole, fuori dalla stanza entro cui Gesù ci invita a
    entrare per pregare il Padre che è nei cieli. Proprio per questo ci ripromettiamo di riprendere il discorso quanto prima, soprattutto a proposito del «fare liturgia» con i giovani.

    FATTI

    Abbiamo chiesto ai giovani di parlarci della preghiera in tutti i suoi aspetti. Della loro preghiera e di quella degli altri giovani. Lo abbiamo fatto facendo circolare una specie di questionario-fiume. Le risposte che abbiamo ricevuto sono state molte. Un fatto notevole data la complessità delle domande. Ne presentiamo alcune che possono servire per rendersi conto di dove sta andando la preghiera dei giovani e delle difficoltà in cui molti di loro si dibattono.
    Sono tutte testimonianze di prima mano e possono costituire, fra l'altro, un buon punto di partenza per un dialogo nei gruppi sullo stesso tema.
    Ci attendavamo, ovviamente, risposte soprattutto dai gruppi e così è stato. Ma abbiamo anche ricevuto le testimonianze di una intera classe di V liceo scientifico di un istituto gestito da religiosi. Ci dispiace averne dovute scartare alcune e tagliarne delle altre per motivi di spazio.
    L'esperienza dei giovani va «giudicata», criticata: l'esperienza ecclesiale deve esprimere una valutazione sul modo con cui i giovani pregano. Non c'è infatti crescita nella preghiera senza questo continuo dialogo tra le varie generazioni, per una liberazione reciproca della preghiera. Abbiamo chiesto a tre adulti di partecipare a questo dialogo Con i giovani. Li abbiamo in concreto invitati a leggere le testimonianze giovanili e a buttar giù a caldo alcune osservazioni in cui, da una parte, valorizzare il contributo dei giovani e, dall'altra, indicare alcuni rischi e alcuni aspetti da liberare.
    In questo modo sono nati i contributi di Adriana Zarri, Carlo Carrozzo, Enzo Bianchi, che riportiamo dopo le testimonianze giovanili.

    PROSPETTIVE

    Quale preghiera per i giovani d'oggi? Per rispondere a questa domanda stiamo percorrendo un cammino preciso. La prima tappa è stata, nei FATTI, l'ascolto e l'interpretazione dell'esperienza dei giovani. Da loro abbiamo sentito le motivazioni che li spingono alla preghiera, gli atteggiamenti e i sentimenti prevalenti mentre pregano, le perplessità che li allontanano da un mondo per il quale tuttavia sentono un certo fascino.
    La seconda parte del «dossier» è occupata da un lungo articolo di Franco Floris che presenta una proposta di preghiera centrata, in continuità con il discorso sulla spiritualità per i giovani d'oggi più volte ripreso sulla rivista, sulla riscoperta ed educazione alla contemplazione del quotidiano.
    Alcune ipotesi di partenza possono aiutare a comprendere il senso dell'articolo.
    - È in atto un'evoluzione della identità e spiritualità giovanile che si esprime anche nella ricerca di un nuovo modello di preghiera: si ha l'impressione che non sempre gli educatori siano attenti alle intuizioni nuove sulla preghiera, intuizioni
    da cui sgorga la vera fedeltà alla tradizione, che non è fatta di ripetizione meccanica di modelli ma di progressiva ricerca ed «incarnazione» della preghiera in nuovi modelli.
    Molti sforzi sembrano concentrati per costruire e ricostruire su terreni che l'evoluzione culturale e religiosa ha ormai reso instabili. Occorre invece lavorare per rintracciare nuovi terreni, più vicini al modello di uomo e di cristiano oggi emergente, su cui inventare la preghiera di sempre.
    - La soluzione della crisi della preghiera può sembrare a volte risolta perché si riesce a coinvolgere delle minoranze in forme di preghiera prese a prestito dal modello di preghiera che la tradizione cristiana ha elaborato per i monaci e per il clero. Piuttosto che far indossare ai laici cocolle e invitarli a ritrovarsi a pregare alle ore dei monaci, non è forse più urgente interrogarsi su chi sia il giovane-laico nella chiesa e sul modello di cristiano (e quindi di preghiera) che questi deve vivere?
    - È oggi in atto una crisi che precede, o se si preferisce, è più profonda, della crisi dei tempi, forme, libri e riti della preghiera e della liturgia. Siamo di fronte ad una crisi di «contemplazione» che abbraccia tutta la vita, azione e preghiera. Solo la riscoperta della contemplazione (che, dopo quel che si è detto, non dovrà essere di stile monacale!) e del tessuto contemplativo nella vita di ogni giorno potrà risolvere, non certo su tempi molto brevi, la crisi della preghiera personale e della partecipazione alla liturgia.
    - In un tempo in cui, a partire dal Concilio e dalle istanze comunitarie che attraversano la cultura contemporanea, si esalta la preghiera comunitaria, è importante riproporre un modello di preghiera che, senza rinnegare il valore della comunità, responsabilizzi maggiormente l'individuo, chiamandolo a ricercare un suo rapporto originale ed unico con Dio nella vita di ogni giorno, sentendosi di persona coinvolto nella causa del Cristo, nella grande impresa della venuta (in senso passivo, come dono e attivo, come impegno) del Regno di Dio.

    PER L'AZIONE

    Nella educazione alla contemplazione viene a verificarsi uno dei principi su cui sembra oggi insistere la pedagogia moderna, quello della globalità dei processi educativi e della attenzione al tutto più che alla parte.
    L'educazione alla contemplazione è in realtà obiettivo di tutto il processo educativo. È la vita nel suo insieme, come viene percepita, valorizzata, «liberata» che si apre o meno, dal di dentro, alla contemplazione. Mentre si possono tentare approcci diretti alla preghiera personale e liturgica proponendo ritiri, liturgie ben preparate e cose simili, per la contemplazione non si possono avere che approcci indiretti.
    Anche in questo campo l'educazione deve dunque dimostrare la sua pazienza, la sua capacità di lavorare sui tempi lunghi. L'abilitazione, ed in certi giovani la ricostruzione, delle varie strutture che fanno da base alla contemplazione a livello intellettuale, motivazionale, affettivo, espressivo è in effetti sempre molto lenta. Pur affermando che la contemplazione può essere solo frutto di tutto un serio lavoro educativo centrato sulla crescita della persona nella sua globalità, non bisogna dimenticare che questo processo deve salvare alcune esigenze, fornire informazioni a livello antropologico e teologico, rinforzare continuamente le motivazioni di base per una scelta di fede, abilitare alcuni atteggiamenti specifici. Già nello studio di Franco Floris alcune di queste mete educative sono state descritte e tradotte in atteggiamenti (si veda in particolare il paragrafo ((segni di contemplazione»). Nelle pagine che seguono il discorso educativo in senso più specifico viene ripreso e sviluppato da Giacomo Grasso, responsabile della formazione Scout e quindi con una grossa tradizione ed esperienza di educazione alla contemplazione.
    Grasso si interroga sulle condizioni umane e di fede per un cammino educativo aperto alla contemplazione e poi si sofferma sulla importanza di un metodo educativo.
    Rimane nell'ombra un discorso, per altro molto importante: il ruolo dei vari momenti di preghiera e di liturgia. L'aver vissuto dei momenti di intensa esperienza di Dio non è indifferente alla crescita della capacità
    contemplativa. È un discorso che in questo contesto non si è potuto fare ma da non dimenticare. Qui diciamo solo che il riverbero può essere positivo o negativo a seconda del tipo di preghiera. Se la preghiera è stata una meditazione ((ad occhi chiusi», perché vuota di contenuti esistenziali e chiusa nel circolo vizioso dello psicologismo e perché misconosce il ruolo dei vari «sacramenti della vita» nell'incontro con Dio, non può non svilire la importanza della contemplazione nel quotidiano. Si finirà per tornare alle occupazioni di ogni giorno con l'unico desiderio di ritornare ad incontrare Dio nella preghiera.
    Al contrario una preghiera che si sia fatta carica della storia dell'uomo in tutta la sua complessità ed ambiguità per coglierla come spazio in cui misteriosamente Dio sta salvando l'uomo, non potrà che prolungarsi e, modificandosi, continuare nel quotidiano. Senza alcuna nostalgia del Dio che si è lasciato in chiesa o nel deserto, ma anzi con il desiderio, la consapevolezza, la gioia di vivere anche nella banalità della vita di ogni giorno il misterioso e beatificante dialogo con Lui.


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