Attesi dal suo amore
    Proposta pastorale 2024-25 

    MGS 24 triennio

    Materiali di approfondimento


    Letti 
    & apprezzati


    Il numero di NPG
    luglio-agosto 2024
    600 cop 2024 2


    Il numero di NPG
    speciale sussidio 2024
    600 cop 2024 2


    Newsletter
    luglio-agosto 2024
    LUGLIO AGOSTO 2024


    Newsletter
    SPECIALE 2024
    SPECIALE SUSSIDIO 2024


    P. Pino Puglisi
    e NPG
    PPP e NPG


    Pensieri, parole
    ed emozioni


    Post it

    • On line il numero di LUGLIO-AGOSTO di NPG sul tema degli IRC, e quello SPECIALE con gli approfondimenti della proposta pastorale.  E qui le corrispondenti NEWSLETTER: luglio-agostospeciale.
    • Attivate nel sito (colonna di destra "Terza paginA") varie nuove rubriche per il 2024.
    • Linkati tutti i DOSSIER del 2020 col corrispettivo PDF.
    • Messa on line l'ANNATA 2020: 118 articoli usufruibili per la lettura, lo studio, la pratica, la diffusione (citando gentilmente la fonte).
    • Due nuove rubriche on line: RECENSIONI E SEGNALAZIONI. I libri recenti più interessanti e utili per l'operatore pastorale, e PENSIERI, PAROLE

    Le ANNATE di NPG 
    1967-2024 


    I DOSSIER di NPG 
    (dall'ultimo ai primi) 


    Le RUBRICHE NPG 
    (in ordine alfabetico
    e cronologico)
     


    Gli AUTORI di NPG
    ieri e oggi


    Gli EDITORIALI NPG 
    1967-2024 


    VOCI TEMATICHE 
    di NPG
    (in ordine alfabetico) 


    I LIBRI di NPG 
    Giovani e ragazzi,
    educazione, pastorale

     


    I SEMPREVERDI
    I migliori DOSSIER NPG
    fino al 2000 


    Animazione,
    animatori, sussidi


    Un giorno di maggio 
    La canzone del sito
    Margherita Pirri 


    WEB TV


    NPG Facebook

    x 2024 400


    NPG X

    x 2024 400



    Note di pastorale giovanile
    via Giacomo Costamagna 6
    00181 Roma

    Telefono
    06 4940442

    Email

    Giovani e adulti nella parrocchia: analisi e proposte



    Pino Scabini

    (NPG 1980-4-46)


    «Non bisogna stancarsi di ridare a ogni generazione di giovani il senso profondo della vita dell'uomo nella società degli uomini, radicandolo nella visione religiosa fondamentale dell'uomo: della sua creazione, della sua caduta, della sua redenzione, del suo rapporto con Dio, della sua chiamata e responsabilità individuale e della sua solidarietà con i fratelli».
    Nelle lucide parole di Vittorio Bachelet piace qui ricordarlo come un educatore finissimo che mai dissociò i giovani dal suo impegno è indicata la via maestra per un problema oggi cruciale, il rapporto tra giovani generazioni e società. È la via della coeducazione di giovani e adulti, sorretta da accorta e precisa metodologia. Al contrario, ghettizzare i giovani, coltivando l'illusione di un mondo nuovo e migliore che nasce sulle macerie del mondo degli adulti, è un tragico errore fecondo di conseguenze rovinose e imprevedibili. Le conferme sono date dal riflusso e dal terrorismo, fenomeni appaiati e forse intercomunicanti. Si tratta di fenomeni che approdano alla medesima conclusione, quella di arrestare lo sviluppo della società, costringendo questa a sedersi e a rimandare a un domani non databile un salto di qualità nel versante della maturità e di una maggiore ricchezza di umanità.
    La Chiesa, innervata nel mondo e coesistente con esso, risente delle tensioni che emergono dal confronto conflittuale tra giovani e adulti. Non a caso ci si interroga ora, più di altre volte, sul dialogo ecclesiale tra giovani e adulti.[1] Gli operatori pastorali più avveduti soffrono la presente situazione di gap consolidato tra le diverse generazioni con l'intensità di un parto travagliato, nella speranza di una soluzione nuova che faccia dimenticare l'angoscia del presente.

    GIOVANI E ADULTI NELLA CHIESA: PERCHÉ TANTA DIFFIDENZA?

    Sarà bene intanto prestare attenzione alle radici profonde da cui germina l'attuale mancanza di sintonia tra giovani e adulti nella Chiesa. Essa è felicemente espressa dalla battuta abituale a non pochi parroci e operatori pastorali: «nella mia parrocchia ci sono due parrocchie, quella dei giovani e quella degli altri».
    Le radici sono variegate e non facilmente separabili l'una dall'altra. In merito possediamo un'abbondante letteratura. Penso di non mancare di realismo se tento di ridurle a due, come punte emergenti di una situazione complessa e in parte nascosta. Una ha carattere più socioculturale, l'altra ha contorni più nitidamente ecclesiali; ma ambedue si incrociano e si integrano tanto che, alla fine, possono apparire come facce diverse di una identica realtà.

    Frammentazione e tendenza molecolare della società

    Una prima causa del conflitto in atto tra giovani e adulti anche all'interno della Chiesa è ravvisabile in un processo profondo e avanzato di molecolarizzazione della società. Detto in parole di più immediata comprensione, la realtà odierna è che ognuno pensa a sé e, nella migliore delle ipotesi, ognuno fa la propria parte e nessuno fa la parte della società. La società italiana va verso una forte spinta di frammentazione, di riduzione a processo molecolare e perciò non è possibile fare su questo tipo di realtà sociale-culturale discorsi e progetti generali, di cultura egemonica, cattolica o marxista o altro che sia.[2]
    Di conseguenza, nascono fenomeni ambigui come il degrado neocorporativo che coinvolge classi sociali, partiti e centri di potere. Detto ancora in termini correnti, si assiste al trionfo del clientelismo e della demagogia, alla cura di interessi esclusivi e frammentari, senza una organica visione degli interessi del paese. Tutti i partiti, ad esempio, sono «tagliati e segmentati, come segmentata è la società italiana che essi in qualche misura rappresentano. Nessuna classe, nessun ceto sociale è per forza propria portatore di interessi generali; ogni ipotesi di nuova egemonia è smentita dal gioco degli interessi particolari. Le contrapposizioni ideologiche del passato si interessano con la contrapposizione di interessi, contribuendo ulteriormente a erodere quel tessuto comune di valori, di tradizioni, di sentimenti che è il presupposto di ogni convivenza autenticamente umana e democratica».[3]
    Tutto ciò induce i giovani, e non solo i giovani, a far parte per se stessi. L'atteggiamento dei giovani nei confronti della politica, le reazioni della gente comune rispetto a fatti che condizionano pesantemente la vita dei partiti e le loro reazioni reciproche, il proliferare del lavoro cosiddetto sommerso, l'aumento crescente delle astensioni e delle schede bianche nelle ricorrenti consultazioni elettorali, il disimpegno nella scuola, nelle fabbriche e nei sindacati, lo stesso successo dei referendum ne costituiscono sintomi preoccupanti.
    Trova qui forse una almeno parziale spiegazione il rilancio dei gruppi giovanili con caratteristiche ambigue di gruppismo, dominati da una sfrenata attività interna e da una apatia indolente verso ogni uscita di sicurezza. I pochi esempi in contrario, citati nelle esperienze del Dossier, non mi appaiono i sintomi di un ribaltamento corale ma una voce dolente di chi percepisce che bisogna andare controcorrente.

    Verso il futuro: rinascita del collettivo e senso del rischio

    Non si chiede, ovviamente, di mandare al macero i gruppi giovanili esistenti o di prescindere da essi, ma si chiede di muoversi con un diverso progetto, incentrato sulla comunità ecclesiale.
    Osserva G. De Rita che il progetto che dovremmo ipotizzare e costruire con i giovani e a favore dei giovani non può che essere legato a due aspetti fondamentali. Anzitutto la rinascita di un senso di «collettivo», di comunità reale e formale insieme. Questo può avvenire non a livello generale e generico in un approccio astorico - come potrebbe essere lo Stato così come lo abbiamo concepito finora o la Chiesa proclamata universale senza precisi riferimenti alla realtà storica - ma nelle realtà locali, nelle istituzioni e nelle comunità locali. «Ora, piuttosto che chiedere ai giovani di impegnarsi per una ideologia, per una utopia, per un movimento, converrebbe e sarebbe più fruttuoso prospettare loro l'assunzione (di impegno) su problemi reali di storiche società determinate, piccole o grandi che siano ma che fanno parte viva, quotidiana della nostra storia».[4]
    Un secondo aspetto di questo progetto consiste nell'affermare e proporre il senso del rischio, inteso come senso e responsabilità individuale-personale. «La molecolarizzazione può diventare un gran caos se non c'è questa forza dentro, in cui ciascuno percepisce il lavoro indipendente, l'autonomia, la soggettività non come arbitrio ma come sfera della propria libertà, del proprio investimento, del proprio rischio, della propria sfida a crescere e a maturare»[5].
    Se è corretta l'analogia con il passaggio dalla sfera socioculturale a quella ecclesiale, e se ho ben compreso quanto sopra è stato accennato, anche nel campo ecclesiale occorre scoprire la comunità come soggetto portante del vivere e dell'operare, una comunità, piccola o grande che sia, veramente immersa nella storia della gente come parte viva e quotidiana. Nella comunità, è ovvio, occorre superare il far parte da sé e per sé e stabilire una comunione che è interscambio, condivisione e partecipazione. Adulti e giovani si compenetrano nel medesimo impegno, non abolendo l'identità ma convergendo nell'armonia dei doni diversi e crescendo insieme.
    Ugualmente importante è la proposta di un itinerario formativo della propria personalità, un itinerario permanente e ricorrente, dove giovani e adulti si sentono coinvolti non come maestri e alunni ma come coloro che camminano insieme in qualità di condiscepoli dell'unico Maestro.

    Il ritmo asmatico del rinnovamento ecclesiale

    Proprio queste due linee mi sembrano oggi non ancora adeguatamente presenti nella vita delle comunità ecclesiali, soprattutto parrocchiali, aprendo all'indagine sulla ricerca delle cause del conflitto tra giovani e adulti una ulteriore pista di lavoro. Se le parrocchie in misura preoccupante non sono autentiche comunità ecclesiali e se latitano itinerari formativi di grande respiro e di puntuale chiarezza, ciò contribuisce in maniera determinante a ghettizzare i giovani e a rinchiudere gli adulti in una casa - si fa per dire - dorata.
    Il cammino incompiuto del rinnovamento ecclesiale e il ritmo asmatico dell'«aggiornamento» nella Chiesa in Italia si manifestano, a mio avviso, in due evidenti realtà che non sono positive.[6] In un verso, stenta a configurarsi nitidamente la chiesa locale, presa dal moto pendolare tra centralità di riferimento e di programmazione («siamo una sola e indivisa Chiesa, quella del Cristo») e «localizzazione» e decentramento di impegni e di energie («qui, nella Chiesa locale, è presente l'intera Chiesa»). Al di là delle intenzioni e senza dimenticare la reale fatica di un rinnovamento serio che pertanto non s'inventa magicamente ma ha bisogno di tempi lunghi, mi sembra realistico annotare che viviamo in un momento di confusione, con uno scollamento evidente tra diocesi e parrocchie oppure con un dirigismo di stampo organizzativo che rischia di sfiancare i pochi addetti ai lavori e di lasciare dormire sonni beati ai molti che pure sono titolari di doni dello Spirito del Signore.
    Per un altro verso, affiora sempre più il rischio di gestire il rinnovamento con metodi e strumenti di stampo vecchio, irrimediabilmente chiusi alla novità. Il detto evangelico «non si mette vino nuovo in otri vecchi» diventa puntuale ammonimento a non coltivare illusioni sul miglioramento di situazioni che non possono cambiare perché si prescinde dal seppellire senza rimpianti ciò che è irrimediabilmente vecchio. Si pensi, ad esempio, al compromesso che si vuole ancora tentare da molte parti tra il «primato dell'evangelizzazione», proposto autorevolmente dai vescovi italiani nel 1973 come inizio di una nuova fase della vita della Chiesa in Italia, e il «primato della sacramentalizzazione» di vecchia eredità pastorale italiana e europea.

    Le ambiguità di una pastorale giovanile che non apre i gruppi alla vita ecclesiale

    Ma l'esempio più clamoroso, a mio avviso, di mancato rinnovamento riguarda una esperienza tipicamente giovanile. È quello dei gruppi che, in una accezione correttamente ecclesiale, non possono che essere momenti transitori (sia pure con un limite di tempo indeterminato) e strumentali - nel senso migliore del termine - di formazione della personalità e di iniziazione alla vita ecclesiale. L'impazienza e l'approssimazione di alcuni (non di rado, sacerdoti e religiosi) che creano l'equazione gruppo = comunità perpetua i disastri di un certo associazionismo di vecchio stampo, in forza dal quale si appartiene al gruppo dalla culla alla tomba, e lascia le parrocchie a crogiolarsi nella loro realtà di corpo separato dalla vita della gente, come se ci fosse questa e poi anche la parrocchia con i suoi riti, i suoi orari e le sue quattro mura.
    Quando si scrive che, dalle esperienze in corso, «il gruppo appare strumento privilegiato di una pastorale che muovendo prevalentemente dal quotidiano concreto e vissuto stimola interrogativi e esperienze esplicitamente religiose e cristiane, fino a sfociare, almeno come tendenza, verso la creazione di piccole comunità inserite nel territorio, in comunione con la più ampia comunità parrocchiale e punto di riferimento ecclesiale» si dicono cose di grande rilievo e valore, ma implicitamente si denuncia un ritardo che incide grandemente sulla maturazione dei giovani. Il ritardo è appunto quello dei gruppi che non maturano ecclesialmente nel senso di «far uscire» i loro aderenti, nel momento giusto, perché diano vita o partecipino a piccole comunità dove adulti e giovani, credenti e meno o non credenti, s'impegnano a riesprimere il Vangelo nel vissuto quotidiano.
    La mancata maturazione ecclesiale è attribuibile anche a scarsità teologica di molti responsabili, sacerdoti e laici, che appaiono persone più entusiaste che non convertite. Quando poi i gruppi sono eterodiretti, vivono cioè «con i piedi dentro alle parrocchie ma con il cuore fuori», perché l'ispirazione e l'animazione derivano da realtà diverse dalla chiesa locale e scarsamente in sintonia con esse, la maturazione ecclesiale riscontra maggiori difficoltà.
    Queste osservazioni possono dar ragione - anche se non da sole - delle grandi difficoltà, degli errori e degli aspetti precari che si riscontrano nella società degli adulti, a cui i giovani, con ragione, attribuiscono spesso il significato di nonsenso piuttosto che di dissenso, rifiutando una vita di comunione che sola possiede il segreto di una autentica crescita nella fede e di una vera maturazione umana.
    Al progetto di una vita di comunione dedichiamo la seconda parte di queste annotazioni, chiedendo scusa per qualche ripetizione.

    INDICAZIONI PER UN CAMMINO NELLA FEDE DI GIOVANI E ADULTI

    Partecipazione e riconciliazione

    «Non vi è possibilità alcuna di primavera nella chiesa senza la partecipazione del più gran numero possibile di battezzati. Senza riconciliazione tra i cristiani, i rinnovamenti nel popolo di Dio sono condannati a restare parziali oppure a esacerbare antiche e nuove divisioni.
    Una riconciliazione universale si prepara anzitutto sul piano locale:
    - che le molteplici piccole comunità provvisorie facciano tutto il possibile per tessere legami di comunione con le grandi comunità locali che assicurano la continuità del Cristo nella storia, le parrocchie;
    - che i movimenti esistenti non lesinino gli sforzi per rendere tangibile il loro rapporto con i luoghi in cui si trova il popolo di Dio nel suo insieme.
    Allora sarà possibile vedere compiersi una trasfigurazione delle parrocchie in luoghi di riconciliazione».
    Si potrebbe aggiungere: che giovani e adulti, bambini e anziani si muovano come un solo popolo, una sola comunità che professa la fede. Un popolo-comunità unito nelle cose e nei momenti essenziali (e sono pochi), vario e persino discorde (ma non in conflitto permanente) nel resto, sempre attivo per aprire vie nuove di condivisione per quella parte di umanità - è la maggiore - che sembra vivere «oltre la frontiera» della Chiesa.
    Gli auspici del Concilio dei giovani 1979 di Taizé costituiscono il sogno di ogni operatore pastorale cosciente e serenamente disponibile al lavoro ingrato nella realtà parrocchiale. Quale parroco, ad esempio, non ha sognato la sua parrocchia trasformata in un popolo che si muove in avanti, in una testimonianza corale di fede vissuta e professata là dove la gente vive, in una chiesa missionaria che mette i credenti a servizio dei non credenti, in una famiglia di famiglie dove l'incontro tra generazioni avviene come una valorizzazione dei doni caratteristici di tutti e di tutte le età, le professioni, le differenze sessuali e sociologiche?
    Il sogno è destinato a restare tale, almeno per il momento, perché la realtà è diversa, come già si è osservato. La «frammentazione» di cui parlano sociologi e osservatori del costume non riguarda solo la società attuale ma si riverbera anche dentro la chiesa. Non di rado giovani e adulti cercano un Cristo e una chiesa a propria misura e danno vita a chiese parallele; le piccole comunità provvisorie si sviluppano con la logica del permanente e si scontrano con le parrocchie; uomini e donne, professionisti e ceto popolare camminano a forbice; ecc.
    Si direbbe che «il Cristo fatto a pezzi» (1 Cor 1,13) non è soltanto una incisiva espressione biblica ma il distintivo di un momento, come l'attuale, «senza memoria».
    La memoria cristiana infatti è: «siamo tutti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio; ...nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo» (1 Cor 3,9.11). È un discorso di fede, intelligibile a chi vede nella fede e vive di fede. La sua forza risiede nella capacita di dare vita a una nuova creazione (Apoc 21) che trasforma l'umanità di oggi e di sempre nel «popolo di Dio», unito e nel contempo ricco di varietà. La fede, infatti, edifica e crea comunione. Solipsismi e divisioni sono idoli che nascono in tempi di crisi e di peccato.
    È possibile un cammino insieme nella fede di giovani e adulti, di gruppi e movimenti diversi, di appartenenti a ceti sociali diversi? È possibile una vita ecclesiale, e in essa, una catechesi adulta e non solo di adulti? O, se si vuole, è possibile una vita ecclesiale e una catechesi giovane e non solo di giovani?
    Da questi interrogativi, non di rado sofferti come una spada che entra nel midollo, è nata una riflessione che presume di essere già una proposta ma che abbisognerà di limature e, forse, di diversa impostazione.

    Parametri di confronto e di verifica

    Al centro di questa proposta stanno alcune convinzioni o idee-forza che non soltanto costituiscono il bagaglio previo di sintesi personali a carattere antropologico e teologico ma diventano i parametri di confronto e di verifica per ogni passo che si compie e per ogni esperienza che si avvia.

    Chi educa non è il singolo ma la comunità

    Le forti possibilità non sono il frutto di apporti casuali o di incontri fortunati ma dell'impegno continuo, vario e molteplice di una comunità educante. «Uno solo è il vostro Maestro» (Mt 10,23): il Cristo, capo e corpo, Signore e Chiesa.

    La fede si tramanda

    Insegnare la fede è solo un momento tra altri di un processo generativo da cui nasce, si sviluppa e si consolida la fede. Si educa alla fede come si tramanda la vita. La Chiesa educa alla fede in forza della sua maternità, una energia vitale che si esplica grazie a persone, luoghi, realtà locali e temporali («clima») più che a formule, metodi di scuola e pagelle.

    L'educazione alla fede ha bisogno di testimoni

    L'educazione alla fede e la formazione di personalità cristiane hanno bisogno di testimoni, cioè di persone che in forza e in nome della Chiesa-comunità hanno maturato il senso del servizio come sintesi della propria vita (sono dunque adulti) e sono disponibili a realizzare l'economia divina di salvezza: «i pochi a favore dei molti». Senza testimoni, la fede diventa una teoria e una dottrina e la Chiesa è sterile. I testimoni infatti sono i primogeniti della Chiesa che mostrano fattibile nel «qui e ora» ciò che è proposto a tutti come realtà ultima; non sono dei privilegiati come non è privilegiato il germoglio rispetto alla pianta che seguirà. Il loro è un destino di servizio. Sono i portatori di una forte e precisa «vocazione ecclesiale» che si esprime nel servire gli altri (ministerialità).

    Le differenze «naturali» sono un dono

    Le differenze «naturali» socio-strutturali - come essere uomo o donna, giovane o adulto, dotto o indotto, ecc. - nella visione cristiana non sono annullate ma trasformate. Esse non sono indifferenti ma vanno considerate come un dono e vanno messe in direzione di un'altra realtà, l'ultima, quando Dio sarà tutto in tutti (l Cor 15,28). La crescita nella fede e nella comunione non può essere quindi che graduale, come graduale è un cammino di fede dove l'unita coesiste con la diversità, l'insieme con il separato, l'uno con il molteplice.
    I facili schemi che predeterminano un cammino con ritmi da marcia militare sono strumenti d'infantilizzazione e di oppressione.

    Creare unità e rispettare le differenze

    Come, in concreto, realizzare un itinerario corale di fede: da dove iniziare, con quali accorgimenti procedere, con quali momenti d'assieme e con quali momenti separati per evitare l'ammucchiata e la marginalizzazione?
    L'ipotesi è quella di iniziare come se non ci fosse niente, se non una parrocchia tradizionale o un gruppo di cristiani ugualmente tradizionali, nel senso migliore del termine: gente dove lo Spirito di Dio agisce ed è in attesa che qualcuno li chiami. La realtà può essere meno schematizzabile e più complessa, specialmente là dove già esistono gruppi giovanili ben strutturati.

    Costituire un gruppo di adulti animatori della comunità

    Il coraggio del primo passo si può ravvisare nel riunire un piccolo e primo gruppo di persone adulte mediante un appello con libera risposta. A tutti si chiede una ferma disponibilità a servire e a coltivare in se stessi l'atteggiamento di continuità, anche di fronte a (prevedibili) difficoltà e fallimenti.
    A ciascuna di queste persone si affida un compito preciso, sia pure piccolo, nei vari aspetti della pastorale parrocchiale, con l'impegno non soltanto di dare il proprio contributo ma di animare le persone che via via entreranno a far parte di un gruppo pastorale.
    In questo modo si raggiunge il duplice obiettivo di: creare un gruppo di animatori (i testimoni che passano dalla fase di coscienza a quella di impegno); creare uno spazio di impegno verso quanti sentiranno gradatamente il bisogno di «fare qualcosa» nella vita parrocchiale; valorizzare i doni di tutti che si esprimono, di norma, nel rendersi utili agli altri secondo la propria capacità.

    Favorire la nascita di gruppi di servizio

    Agli animatori deve corrispondere la cura di creare vari gruppi di impegno, a cui partecipano persone che scelgono in proprio e liberamente l'attività a cui si sentono portate. Sono gruppi di servizio, secondo le esigenze della vita parrocchiale e la disponibilità e capacità delle persone. Il loro significato si comprende meglio se si riflette sulla caratteristica e sulla responsabilità dei laici; essi sono chiamati alla concretezza storica e alla trasformazione del mondo connessa - ci sembra - con una sobria e decisa «azione». Si ha anche il vantaggio, in questo modo, di andare incontro alle esigenze degli «adulti» che a giusta ragione rifiutano l'astrattezza e l'astoricità e la retorica.

    Attivare processi di formazione permanente

    Avviati i gruppi (che restano sempre aperti a nuovi apporti) con la responsabilità degli animatori (responsabilità non soltanto tecnica), si pone l'esigenza di un agire da cristiani e in quanto cristiani che dia originalità al loro impegno. Essa è strettamente connessa con una formazione cristiana che avviene e si consolida progressivamente dentro all'impegno di servizio. Si rende dunque evidente l'importanza della formazione cristiana degli educatorianimatori.
    Diciamo subito che non servono i consueti schemi scolastici dei «corsi di formazione» e, forse, non sono di grande utilità, i corsi sul tipo «teologia dei laici» e simili. Un'esperienza che ci sembra basata su fondamenti non labili consiglia di orientarsi nel seguente modo:
    - Incontri periodici di esposizione e comunicazione del proprio lavoro, con lo sforzo di coglierne il senso, lo spessore, le difficoltà e le prospettive (esperienza).
    - Ascolto della Parola di Dio e confronto rigoroso di ciascuno con essa e con una visione di Chiesa tratta dai documenti conciliari e dal magistero ecclesiale. Questo avviene nel momento dell'annuncio che vedremmo bene come un annuncio autorevole, fatto a tutti, in momenti significativi (per es. tempi liturgici forti, feste patronali, novene che abbiano incidenza, ecc.). L'invito a rivolgere l'annuncio a tutti, anche ai frequentati più o meno abitualmente la parrocchia, ha un suo valore: animatori e membri dei gruppi sono i «pochi tra i molti» e la Parola di Dio non fa preferenze. L'annuncio va sempre concluso con il duplice invito: a meditare e personalizzare l'annuncio nella catechesi (cf punto seguente) e a entrare nei gruppi già esistenti o nuovi da impiantare, per chi non avesse già fatto questa scelta. - Catechesi, cioè accoglienza meditazione approfondimento personalizzazione dell'Annuncio, nell'ottica di illuminare il proprio lavoro e di costruire la propria personalità cristiana.
    Questo tipo di catechesi non può farsi che in gruppo; con momenti anche di studio serio e graduale (della Bibbia e dei documenti del Vaticano II); con un metodo che, sia pure in forme diverse, metta al centro la correlazione tra vita e Parola di vita; con un forte impegno personale che superi ogni tentazione gruppettaria e ogni delega ad altri.
    - Verifica comune (insieme tutti i gruppi, se è possibile), periodica e propositiva, tale cioè da far emergere alcune linee di fondo comuni a tutti (e non solo finalizzate al proprio lavoro particolare) e linee programmatiche che, via via, danno vita al piano pastorale parrocchiale. Occorre una grande sapienza che abitui a fare proposte attente alla realtà e veramente capaci di impegnare tutti i membri della comunità, anche i più deboli».

    Passare dai gruppi pastorali a piccole comunità «là dove la gente vive»

    Passaggio graduale e oculato dei gruppi pastorali a piccole comunità di vita cristiana «là dove la gente vive». La preferenza sembra andare verso comunità cristiane di rione e di piccole zone, sempre presenti in comunità parrocchiali di media grandezza. In ogni rione prendono forma pertanto, animate da quei membri dei gruppi che ivi risiedono, piccole comunità incentrate sull'incontro periodico di nuclei familiari o altri che, in varie forme, realizzano una catechesi sistematica. Il sacerdote le visita regolarmente, arricchendo la loro esperienza anche con la celebrazione eucaristica e raccogliendo dal vivo i problemi per la vita pastorale dell'intera comunità parrocchiale e per l'impegno sociale dei cristiani.
    Le varie comunità hanno il loro punto di riferimento nella celebrazione festiva parrocchiale e in incontri di revisione comunitaria, collocati opportunamente secondo le esigenze e possibilità.
    Nascerà dal cuore stesso della gente l'opportunità di un consiglio pastorale e di altri strumenti di comunione. Nasceranno quasi per forza le indicazioni per la revisione degli incontri battesimali per i genitori, della preparazione e della celebrazione dei sacramenti dell'eucaristia penitenza confermazione, del cammino di fede dei fidanzati, ecc. Con il vantaggio, in confronto di quello che avviene di solito quando si fanno queste iniziative, di non lasciare solo il sacerdote e di coinvolgere non poche persone in un permanente cammino di fede.

    Punti qualificanti della proposta

    Tra i punti qualificanti di questa proposta vanno segnalati i seguenti.

    Gruppi: quali e come?

    La nostra preferenza va a gruppi di famiglie, a gruppi di associazioni, a gruppi di categoria (lavoratori, fidanzati, donne, ecc.; non per creare delle separazioni, ma perché ci sono delle esigenze che vanno colte come si manifestano nella realtà).
    È essenziale che i gruppi abbiano il senso di servizio e in via preliminare è essenziale che ci sia un gruppo di animatori che si distinguano per competenza e per uno spiccato senso della comunità. Animatori sono coloro che fanno da relais nelle varie mediazioni all'interno della comunità, perché non ci si perda nell'individualismo e nel settorialismo.

    Importanza delle tappe nel cammino proposto

    All'interno dell'annuncio catechistico bisogna far trasparire delle tappe, come punti di arrivo e come punti di partenza, come momenti che scandiscono il ritmo del cammino, come occasioni che rendano da una parte rispettosi delle singole persone e dall'altra riescano a suscitare maggiormente il senso di responsabilità. Le tappe hanno il vantaggio di realizzare sia una preparazione delle persone (col suo valore psicologico), sia una verifica della maturità acquisita. Quali sono le tappe? L'anno liturgico di per sé è già una proposta di fede secondo un cammino ritmato da tappe. Per esperienza personale, in connessione con i tempi liturgici, diamo la preferenza a queste tappe: - la conversione con l'esigenza e l'impegno di «cambiare vita». Se non altro, l'impegno di passare dall'indifferenza all'attività spirituale e pastorale;
    - l'inserimento in Cristo: preghiera continua, preghiera liturgica (liturgia delle Ore), l'adorazione, la vita sacramentale più intensa, così che diventi ordinaria ma non fiacca, la scelta vocazionale;
    - l'inserimento nella Chiesa per un servizio responsabile davanti a se stessi, a Dio e alla comunità. Si tratta cioè di entrare nella ministerialità della Chiesa e di rendersi disponibile a uno dei vari ministeri ecclesiali.
    L'avvio e lo scopo conclusivo del cammino di fede è e deve essere la crescita di un tipo di comunità cristiana responsabile e partecipata. Il cammino di fede non si esaurisce nella formazione di forti personalità cristiane ma nello sviluppo di una vita comunitaria dove sia realmente possibile camminare insieme e nel contempo valorizzare e rispettare la personalità dei singoli e i vari doni seminati dallo Spirito del Signore.


    NOTE

    [1] Segnaliamo, come riferimento bibliografico, il volume Comunità cristiana, parrocchia e condizione giovanile, Atti della XXX Settimana nazionale di aggiornamento pastorale del COP, Ed. Dehoniane, Napoli 1979. Da essa abbiamo stralciato una parte di una nostra relazione, pp. 125-132, che costituisce la seconda parte di questo saggio. Cf anche P. Scabini, Linea orientativa di pastorale degli adulti nella comunità parrocchiale, in Guida per l'operatore pastorale, Marietti, Torino, 1978, pp. 311, a cui rimandiamo per le motivazioni teologico-pastorali che sostengono la proposta presentata nelle pagine seguenti; G.L. Cardaropoli, La formazione permanente nella Chiesa, in «Orientamenti pastorali» 3 (1979), pp. 8-28.
    [2] Cf G. De Rita, La condizione giovanile oggi in Italia, in Comunità cristiana..., cit., pp. 75-91.
    [3] In «Appunti di cultura e politica», Supplemento al n. 1 - Gennaio 1980, p. 4.
    [4] G. De Rita, cit., pp. 90-91.
    [5] G. De Rita, cit., pp. 90-91.
    [6] Cf nostre annotazioni in P. Scabini, Il cammino della pastorale familiare in Italia, relazione pubblicata nel volume dal medesimo titolo, AVE, Roma, 1979 pp. 81-104; Aa. Vv., Il Concilio davanti a noi, Queriniana, Brescia, 1980 (in particolare i saggi di C. Molari, mons. Bettazzi, G. Bianchi, mons. Battisti e Rimoldi).


    T e r z a
    p a g i n A


    NOVITÀ 2024


    Saper essere
    Competenze trasversali


    L'umano
    nella letteratura


    I sogni dei giovani x
    una Chiesa sinodale


    Strumenti e metodi
    per formare ancora


    Per una
    "buona" politica


    Sport e
    vita cristiana
    rubrica sport


    PROSEGUE DAL 2023


    Assetati d'eterno 
    Nostalgia di Dio e arte


    Abitare la Parola
    Incontrare Gesù


    Dove incontrare
    oggi il Signore


    PG: apprendistato
    alla vita cristiana


    Passeggiate nel
    mondo contemporaneo
     


    NOVITÀ ON LINE


    Di felicità, d'amore,
    di morte e altro
    (Dio compreso)
    Chiara e don Massimo


    Vent'anni di vantaggio
    Universitari in ricerca
    rubrica studio


    Storie di volontari
    A cura del SxS


    Voci dal
    mondo interiore
    A cura dei giovani MGS

    MGS-interiore


    Quello in cui crediamo
    Giovani e ricerca

    Rivista "Testimonianze"


    Universitari in ricerca
    Riflessioni e testimonianze FUCI


    Un "canone" letterario
    per i giovani oggi


    Sguardi in sala
    Tra cinema e teatro

    A cura del CGS


    Recensioni  
    e SEGNALAZIONI

    invetrina2

    Etty Hillesum
    una spiritualità
    per i giovani
     Etty


    Semi e cammini 
    di spiritualità
    Il senso nei frammenti
    spighe


    Ritratti di adolescenti
    A cura del MGS


     

    Main Menu