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    A 18 anni davanti alla preghiera



    (NPG 1980-03-33)

     

    Come abbiamo già accennato, queste testimonianze sono state raccolte tra giovani del quinto anno di liceo scientifico di un istituto gestito da religiosi. Rispetto alle lettere appena riportate, queste presentano un approccio alla preghiera più diversificato, più problematico, ma sempre molto denso e rispettoso, anche da parte di chi la rifiuta.

     

    MA PREGARE È POSSIBILE NELLA NOSTRA CULTURA? 

    La domanda del perché è un inutile passatempo mentale
    Pregare oggi è difficile perché abbiamo perso il senso più profondo della preghiera. La crisi è dell'uomo che non riesce a ritrovare il valore della sua esistenza, non ritrova il motivo fondamentale della sua vita, non riscopre nella quotidianità delle azioni la presenza di un Altro, di Gesù Cristo. Nello stesso tempo è crisi culturale perché specialmente negli ultimi anni si è radicata nella società una cultura di non-valori, che non testimonia dei valori, che incita alla istantaneità dei gesti e che relega la riflessione sulle cose, la domanda del perché come inutile passatempo mentale, ricordo di una condizione che per essere felici deve essere dimenticata. Quindi l'uomo contemporaneo si trova non ad essere incapace di contemplazione, ma ad esserne diseducato.

    (Pierluigi, 18 anni)
    La nostra società si basa sull'utile e sul concreto: la preghiera non è nulla di concreto e utile
    Non è possibile pregare nella nostra cultura. Il fatto è considerato dai più un'azione illogica ed inutile, non serve. Infatti è molto sviluppato il senso dell'utile, la nostra cultura vive sull'utile, o meglio si fa tutto ciò che risulta utile per l'individuo o la massa, cosicché la preghiera viene a perdere valore, in quanto è vista a livello di fede, di spirituale. La nostra società si basa su due punti chiave: l'utile e il concreto, l'uno reciproco dell'altro. La preghiera non è nulla di concreto e di utile, non apporta alcun beneficio all'uomo, cosicché non si prega. Tra i giovani è immediata la reazione, perché utilità, concreto, soprattutto i problemi sociali vanno a sostituirsi alla preghiera. Non si può parlare di crisi né di fede né di cultura, almeno che non la si voglia creare tentando di raggiungere mete, ecc., che non si potranno mai raggiungere. Cioè la chiave sta nell'accontentarsi della propria situazione e dei propri limiti.

    Il pregare in città o nel deserto è la stessa medesima cosa, ma il fatto di far collimare preghiera con contemplazione mi sembra errato. Da questo quesito risulta che l'uomo non pregando è incapace di pensare, di meditare. Invece è qui la chiave di tutto, cioè l'uomo medita, contempla, riflette, su altri valori molto più importanti della preghiera. Poi, nella quasi totalità di coloro che pregano l'atto è solo il mezzo per trovarsi un posto in paradiso, o meglio lo si fa per ottenere qualcosa in premio (utile e concreto sono alla base di tutte le azioni umane). Io affermo però che un piccolo movimento di preghiera si sta muovendo in questi ultimi tempi, ma è troppo piccolo e lascia molto a desiderare per la sua assenza completa dai problemi sociali.
    (Testimonianaza non firmata)

    Spesso penso di passare un po' di mesi da eremita
    Pregare, fermarsi a pensare, e pensando creare un rapporto tra sé e gli altri, e/o con Dio. Non fuga da una cultura «razionale», ma scoperta di sensazioni. Non so se credo e non prego, ma spesso penso di passare un due mesi da eremita, forse solo per pensare o proprio per pregare. Ma forse la preghiera (le preghiere) sono solo «emergenza espressiva» di pensiero e comportamenti.
    Non prego e non so cosa significhi per un uomo solo pregare. Forse lo scritto aiuta,
    così penso e scrivo. Riconosco che mi serve isolarmi, forse solo per vedermi da fuori.
    (P. C., 18 anni)

    Non ho mai avuto bisogno di pregare
    Pregare è difficile, perché chi prega non trova l'utilità e lo scopo della preghiera. Potrebbero esserci dei casi in cui un uomo riesce a spiegare e a dare un significato alla preghiera; per questo uomo pregare diventa automaticamente facile. Il problema della crisi della preghiera nei giovani non esiste. La cultura non può danneggiare l'animo di un uomo, al limite solo l'intelletto. La crisi non esiste; l'uomo dopo anni di studio, di fede e devozione comprende che pregare non serve a nulla, specialmente le preghiere imposte dalla chiesa. Il problema è uscire dalla preghiera, non trovare nuovi modi di pregare. Pregare è stato inteso, giustamente, sempre nell'ambito religioso, quindi trovare nuovi metodi e schemi di preghiere non muterebbe le strutture della preghiera. Poi non credo di potermi inoltrare nel discorso, perché non ho mai avuto bisogno di pregare. Ho altre cose che occupano la mia mente; e, mettendo in dubbio l'esistenza di Dio, non prego nessuno.
    (Testimonianza non firmata)

    Non sempre la contemplazione coincide con la preghiera
    L'uomo ha bisogno di contemplazione. Essa può essere vista come un momento di riposo, di ritorno in se stessi. Non sempre questo momento coincide con la preghiera. Non esiste poi un ritorno alla preghiera o per lo meno non coinvolge un numero percepibile di giovani. Sembrano più numerosi perché, in un momento in cui ci si risveglia dalle illusioni di tante filosofie politiche, sono gli unici alla ricerca di qualcosa: 10 persone che camminano possono sembrare più di 50 che vagano.
    Agendo si può essere utili, si possono salvare delle vite; chiudendosi nella preghiera si rischia di nascondere il pericolo che incombe (lo stesso motivo per cui tanti oggi si gettano nella droga). Questo non vuol dire che l'azione umana sia più potente di quella divina. Non è il bisogno di essere concreti, di fare che allontana dalla preghiera; all'astrattezza si unisce l'inconcepibilità che questo mezzo possa giungere a Dio come qualcosa di diverso da un'abitudine, da un costume.
    La preghiera non è un mezzo per la comunicazione con Dio. L'incontro con Dio deve avvenire in altro modo, senza che il supporto potenza-dipendenza sia così accen-
    tuato. Il nostro amore verso Dio non si deve basare sul fatto che Lui sia il nostro creatore (in questo caso non si potrebbe parlare di amore, ma di riconoscenza).
    (Paolo M., 18 anni)

    LA CONTEMPLAZIONE SULLE CENERI DELL'IMPEGNO POLITICO?

    La preghiera non riusciva a seguirmi nella vita
    La preghiera è in crisi, come è in crisi il cristianesimo. Rappresenta uno strumento ipocrita ed inutile di comunicazione con Dio; condizionato da schemi secolari di sottomissione passiva e non ragionata. Cristiano legato per interesse al proprio signore. Cristiano peccatore e debitore, ma nello stesso tempo pentito e quindi ricompensatile. Inoltre, non c'è fiducia nelle possibilità della preghiera, che ormai è intesa come rifugio passivo di una crisi, sia essa esterna ed interna all'individuo.
    Certamente l'uomo non è riuscito ad attuare e convalidare le promesse teoriche dell'impegno politico, ma certamente non credo ci siano dei vantaggi dalla contemplazione cristiana. Forse è meglio riprovare, cercando di eliminare gli errori e le incomprensioni precedenti, con forme più meditate e concrete.
    In età precedenti ero credente e pregavo con convinzione, però la mia preghiera non riusciva a seguirmi nella vita, era una situazione temporanea. Credo sia possibile esistere senza il bisogno della «preghiera cristiana», mentre penso necessaria la preghiera esistenziale dell'uomo, un essere debole e facile alla sfiducia. La preghiera assume un ruolo di sfogo e di meditazione. Da parte mia, ormai non prego più.
    (Paolo, 17 anni)

    I problemi si risolvono con il lavoro non con la contemplazione
    L'uomo non può ricorrere alla sola preghiera per superare i suoi problemi. Egli deve «rimboccarsi le maniche» ed agire attivamente. La società, i problemi si risolvono con il lavoro e non con la contemplazione. È troppo facile quando non si riesce a fare qualcosa (l'impossibilità di fare) rifugiarsi nel soprannaturale e aspettare che cada la manna dal cielo. Considero invece valida la preghiera come mezzo di rigenerazione delle forze da un punto di vista psicologico. Mi spiego: non riesco a risolvere un problema di matematica, chiedo aiuto a Dio! Nel mio inconscio mi sento rassicurato, acquisto nuove energie e risolvo...
    (Fabio, 18 anni)

    L'odierna, unica e vera preghiera, è la risoluzione dei problemi che ci sono
    Pregare è ormai un lusso che pochi riescono a concedersi. La cultura che ci circonda è diventata padrona di noi stessi sotto tutti gli aspetti. In un ambiente dove per il solo vivere bisogna affrontare ogni giorno una dura ed ardua battaglia, non c'è più né il tempo, né la necessaria attenzione alla cura dello spirito. Quali valori necessari a svolgere un sereno compito di preghiera la nostra cultura ha preservato? Nessuno. Si è perso il lato umano della nostra esistenza, poiché un ambiente meccanizzato, utilitaristico, e perché no, anche condizionato, è riuscito ad assorbire le capacità fisico-intellettuali per volgerle ad un suo fine utile. Dunque con quale sfiduciata dedizione si guarda al divino? L'odierna, unica e vera preghiera, è la risoluzione dei problemi che ci sono. È quindi un bisogno di risoluzione dei vari impedimenti che sovrastano l'uomo che ci spinge a pregare, ma allo stesso tempo a condurre un tentativo di risoluzione da parte nostra, al quale però non diamo alcun atto di fiducia, che invece concediamo, anche se inconsciamente alla preghiera, in quanto richiesta di aiuto e bisogno di un colloquio interiore e superiore. Per cui più saranno incombenti le difficoltà, più saranno frequenti le preghiere.
    (Testimonianza non firmata)

    C'è chi si è reso conto che l'impegno politico non era che un sogno
    L'impegno politico, sulla spinta del '68, ha certamente dato un colpo ai convincimenti religiosi dei giovani, specie per quanto riguarda quel tipo di fede basato sulla ripetizione di idee fisse, sulla semplice seduta domenicale, in una parola su quel tipo di fede che era stata inculcata nei giovani con gli stessi metodi usati nel secolo scorso. Ma oggi molte cose sono cambiate. Chi si è reso conto che l'impegno politico non era altro che un sogno, una chimera incapace di risolvere i problemi di ogni giorno, ora si è rivolto su una fede attiva, una fede fatta di preghiera ed azione, non di una semplice routine giornaliera.
    Non credo di vivere questa «contemplazione nel quotidiano», perché non vedo proprio come si possa fare di ogni proprio atto un atto di preghiera. Per me un atto di amicizia verso un amico è un atto di amicizia non di preghiera, non credo almeno di dover fare una cosa perché vado in una scuola cattolica, perché mi dichiaro cattolico, perché vivo in un ambiente chiaramente cattolico. Lo farei anche se non fossi cattolico.
    La preghiera per me è un fatto personale. Non credo nella preghiera di gruppo. Se prego lo faccio da solo.
    Le condizioni sono tante: se non si crede può essere un momento di disperazione, di solitudine, di paura; se si crede un momento di felicità, un momento di gioia. La condizione può essere un momento in cui ci si accorge di aver bisogno di qualcosa di superiore.
    (Massimo P., 18 anni)

    LA «PREGHIERA» PRIMA DELLE «PREGHIERE»

    Il pregare è l'espressione fondamentale della vita
    Non crisi dell'uomo, né tanto meno della preghiera, forse metamorfosi dell'uomo e della preghiera. L'agire dell'uomo senza preghiera è come un cammino senza occhi, un cammino difficile, ostacolato, impossibile, che solo e soltanto tramite l'aiuto e il conforto di essa si può realizzare. Tutto ciò non vuol dire pregare al solo fine di invocare continuamente l'Assoluto per risolvere un qualsiasi problema. Non un modo di agire secondo certi schematismi è il pregare, ma l'espressione fondamentale della vita, è la radice di un albero e quindi ciò che alimenta la vita spirituale religiosa dell'uomo.
    La mia preghiera è quindi l'alimentazione per la mia vita e se vivo vuol dire che essa è in me, ma non dipende da me in quanto viene da Dio. Quindi nella preghiera c'è Dio e da Dio ci sono io e tramite essa ho tutto. Perché questa preghiera arrivi a me subito senza indugi, tutti i modi di pregare sono buoni. La preghiera non può mancare, poiché, se manca, manca la vita e c'é una vita arida, senza acqua, che non dà alcuna possibilità di vita e di esistere.
    NB. Alle domande fattemi ho cercato di rispondere, ma soprattutto ho cercato di rispondere prima a me stesso, poiché questa è stata la prima volta che ho incontrato questi quesiti.
    (Testimonianza non firmata)

    La preghiera è un colloquio interiore
    che si raggiunge in qualunque momento della giornata
    È molto difficile pregare; e la crisi è anche culturale. Ma non penso che la crisi culturale abbia una grande importanza. L'uomo ha sempre pregato e sempre pregherà, magari senza saperlo, perché ne ha bisogno, perché non può continuare a vivere senza preghiera. E la preghiera, almeno quella vera, non è la cosa innaturale e artificiosa che abbiamo acquisito da piccoli, è un colloquio interiore che si raggiunge in qualunque momento della vita (ma la preghiera è spesso amara constatazione della realtà che mi circonda e tentativo di porvi rimedio).
    Io sono per l'«homo faber», che agisce invece di far niente. Ma l'«homo faber» deve essere uomo completo, conoscersi, quindi pregare; ma pregare per ritrovare se stesso, la sua vera giusta essenza.
    La mia vera preghiera che non è quella del mattino in classe, è quotidiana, in quanto riferita, e a fin di bene, alla ragazza, all'amico, allo studio, al giusto; ma non sempre è così: spesso si sbaglia. Non c'è un momento o un luogo: sono istanti, attimi appena riconoscibili, che solo adesso incomincio a considerare momenti di preghiera. Nella preghiera cerco me stesso, rigenerazione e assunzione di nuove responsabilità.
    Le condizioni di vita da cui emerge la preghiera sono quelle naturali di sempre perché la preghiera, almeno per me, sorge spontanea ogni giorno, ogni momento.
    (Carlo, 18 anni)

    La religione ripropone il senso della vita in dimensione drammatica
    Non prego. Anche non escludendo l'esistenza di un Dio, credo in una morale umana. L'uomo ricerca spesso nella sua vita, quindi anche nella scoperta del cristianesimo, la fine del suo tormento esistenziale, la cristallizzazione in una dimensione definitiva delle domande sulla sua vita. Tutto questo non avviene con l'abbandono alla religione, che ripropone anzi il senso della vita in dimensione drammatica.
    La stessa vita è dimensione drammatica.
    (Leo Enrico, 18 anni)

    Esistono momenti in cui senza pregare ti senti vicino a Lui
    Purtroppo la preghiera si risolve spesso in parole stupide e scontate, tuttavia esistono dei momenti in cui senza pregare ti senti in qualche modo vicino a Lui, senti che c'è e che ti vuole bene. Così, mentre lo spazio riservato alla preghiera è piuttosto sterile, quei piccoli frammenti di tempo in cui si fa preghiera sono molto utili, anche se spesso passano come qualsiasi altro tempo della vita.
    Sono contrario alla preghiera comunitaria in quanto difficilmente riesco a raggiungere la concentrazione necessaria e anche perché la preghiera è un momento di astrazione in cui tutto ciò che ti circonda deve sparire.
    A livello superficiale la preghiera è intesa come mezzo di esprimere i propri bisogni con la speranza che vengano esauditi. Questo mi accadeva prima, ora (le poche, pochissime volte che prego) prego solo per ringraziare. Ringraziare di una sola cosa che poi è tutto: la vita.
    (Gianni '61)

    RACCONTA DELLA PREGHIERA

    Ora mi basta vivere come è consono alla natura umana e basta
    Non appartengo ad alcun gruppo, e per questo mi giunge nuova questa richiesta. La mia situazione nei riguardi della religione in generale, non solo della preghiera, è veramente poco felice. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, cancellando anche quelle poche ed incomprese idee che ogni buon cristiano deve sapere per fare anche lui il suo buon giorno di festa, la comunione per intendersi, è stata la morte di mio padre: aveva solo 52 anni. So di non essere il solo, me l'hanno ripetuto più volte, ma qui la legge del «mal comune mezzo gaudio» mi pare non possa assolutamente valere. Una introduzione-risposta che a molti può sembrare piena di rabbia, ma vi assicuro non c'è una risposta più ragionata che non si può vivere senza una fede; fino ad adesso io posso affermare che al contrario tutto ciò è possibile: basta vivere come è consono alla natura umana e basta, senza la necessità di spiegare, per esempio, l'origine di tutto. La scienza arriva fin dove può, lasciando logicamente un vuoto là dove ci sarebbe maggior bisogno di una risposta. Ma allo stesso livello arriva la religione, se ci si crede: si afferma che tutto viene da Dio... Ma bisogna credere a tali interrogativi? Non aiutano certo ad arrivare alla verità soprannaturale. Secondo me, comunque, la crisi della preghiera, vista dall'esterno, sussiste perché c'è una crisi di serietà della religione: ho sentito ragazzi dire di vergognarsi, perché la loro eventuale preghiera non proviene certamente dal profondo.
    (Testimonianza non firmata)

    Per la preghiera comunitaria preferisco i concerti. Accompagno il tempo, forse cerco Dio
    L'uomo contemporaneo ha presentato e presenta capacità contemplative molto profonde. Il fatto è che, e proprio per questo, cerca spazio prescindendo dalla rivelazione. O Dio, o l'assurdo. Cercare Dio, per lasciare i paradossi dell'esasperazione razionale illuminista, è positivo quando significhi consapevolezza di sé, è negativa come contemplazione gratuita di Dio. La preghiera è sempre possibile, l'uomo ha sempre pregato, i giovani attuali non sono coscienti del significato. Perché i giovani sono da sempre manovrati, anche in buona fede. Ed alcuni che pregano, anche in buona fede, non si rendono conto di rivivere il mito della fede, senza spaziarci come solo la conoscenza e l'ignoranza consentono. Per i giovani parlerei dunque di preghiera, quando seguono lo «spontaneo», senza troppi, o meglio troppo radicati pensieri.
    Per la preghiera comunitaria preferisco i concerti. Suono uno strumento. La musica jazz creativa, mi interessa molto; ogni concerto è per me una festa, non una banale festa, una festa intelligente, con alcuni musicisti intelligenti, per un pubblico qualche volta intelligente. Che cerco? Inutile chiederselo. Io faccio quel che posso, come meglio posso, più che posso. Accompagno il tempo, forse cerco Dio. Dio cristiano? Io conosco abbastanza il cristianesimo, conosco altre religioni, filosofie, ognuna mi affascina incredibilmente, però rispondere chi cerco, non so. Suono per suonare. Vivo per vivere. Studio per studiare. Probabilmente, pur non essendo cristiano o altro, avrò il premio del paradiso. Comunque adesso, qui, non mi interessa.
    (Testimonianza non firmata)

    Alla sera una specie di inventario della giornata
    Il momento che più ritengo opportuno passare un po' in raccoglimento, è la sera, anche perché, al termine di ogni giorno, cerco di fare una specie di inventario della giornata. Presento quindi una specie di ritmo, durante il quale mi ritiro nella mia stanza a
    pensare. Sì, anche perché non credo che la preghiera debba per forza essere articolata secondo schemi fissi. Può essere intesa come preghiera nel senso stretto, o meglio recitativo, oppure come dialogo generale, ed è così che io l'intendo e preferisco. In compagnia di altre persone non la sento più come cosa mia: è possibile il fatto che uno si distragga e non riesca a trarne vantaggio, perdendo del tempo. Le mie aspettative sono poche e semplici: la ritengo un colloquio il più possibile sincero e spontaneo con Dio, che vedo come un amico, un aiuto, anche se non ho sempre presente l'importanza di quella figura. Altro modo migliore per comunicare con Dio io non vedo e penso che questo sia il migliore, in quanto non esaspera né il lato «recitativo», né il lato comunicativo, presentandosi perciò come il più semplice, spontaneo e vero.
    (Piero Baccocchi)

    È una «festa» pregare, ma iniziare è duro!
    Pregare oggi è molto difficile. Non credo molto in una crisi della preghiera, ma dell'uomo. L'uomo sta sperimentando sulla propria pelle il tentativo di annullare il mistico dalla sua vita quotidiana. Forse è vero che noi giovani stiamo cercando di uscire da questa situazione. Ma non cerchiamo in Dio un risolutore dei nostri problemi, bensì un amico, sì, proprio come quello della porta accanto, che ci aiuti, che ci sorregga, che ci accompagni nella gioia e del dolore. Non credo nei giovani che accolgono Dio come un'alternativa culturale (amanti del «controcorrente»), perché anche se l'approccio con Lui può essere tale, dopo un po' ci si accorge che non è «un modo di pensare», ma un «modo di vita».
    Io ho dentro di me influssi del '68, ma mi sento anche diverso dai «sessantottini». Per me «fare» e «pregare» sono in continua simbiosi, nulla si può fare senza l'ausilio della preghiera. Io voglio fare, cambiare (ecco in me il '68), ma il mio non vuole essere solo un impegno sociale e politico.
    Se ho detto che voglio fare e pregare, non è detto che ci riesca (non ne ho la voglia?). Io cerco di mettercela tutta, ma non sempre mi viene spontaneo e tanto meno lo faccio volentieri. Nella preghiera, che di solito facciamo in gruppo, ci sono dei riferimenti al quotidiano, alla vita di tutti i giorni. Quando prego non ho un ritmo, è una preghiera emotiva, per lo più fatta in un convento con amici. È una «festa» pregare, ma quanto è duro iniziare! Nella preghiera cerco tutto: Dio, me stesso, pace. Di fronte a Dio mi sento in comunione come due esseri di cui uno è già arrivato alla meta, o meglio è la meta stessa.
    PS. Faccio parte di un gruppo giovanile della parrocchia di S. Policarpo di Roma. Mi interesso di studi su S. Paolo, di teatro, del problema carcerario e di quello missionario.
    (Testimonianaza non firmata)

    A QUALI CONDIZIONI SI PUÒ PREGARE?

    Pregare insieme è bello, ma preferisco pregare da solo
    Il ruolo della preghiera nella nostra società è dovuto non tanto ad influssi di ordine culturale (ideologie, ecc.), quanto alla tradizionale maniera di vivere la routine quotidiana.

    Se la vita non è osservata da un'ottica trascendente, risulterà molto spesso che nella nostra società non c'è posto per Dio o meglio il suo posto è molto piccolo. La crisi è nell'uomo, non nella sua informazione culturale. Adesso non si cerca nemmeno di interpretare la parola fede, che in termini umani diventa fiducia. C'è molta poca fiducia perché c'è molto interesse. Logicamente mi sto riferendo alle grandi masse dei paesi occidentali in cui difficilmente si potrà pregare. I pochi che pregano lo fanno perché credono o cercano di credere. Non c'è altra spiegazione: è inutile affaticarsi richiamando rifiuti di ideologie, ecc.
    La preghiera deve essere come un ponte che permette la intercomunicabilità tra il quotidiano e Dio. Il soggetto che prega è lo stesso che vive la routine di tutti i giorni. Se la preghiera è intesa come un momento a sé stante, si cade nella superstizione. Ritengo di aggiungere che da un certo livello di maturità di un credente la preghiera è fonte di vita, è alimento di vita: è un qualcosa di integro anche nella vita di tutti i giorni. Vivere manifestando la preghiera.
    Il ritmo della preghiera e l'intensità con cui si prega sono continua verifica del proprio credo religioso. È inconcepibile un uomo che crede ma non prega, è contraddittorio. Pregare insieme è bello, ti fa sentire parte di un tutto, ma a volte può risultare artefatto e presentarsi come una sensazione abitudinaria. Preferisco pregare da solo. Purtroppo ancora affido la preghiera al caso.
    Solo avendo fede si riesce a pregare. Non si prega per hobby o per novità o per passatempo o occasionalmente.
    (Luciano I., 18 anni)

    Prego quando ne sento il desiderio
    Non ho un preciso momento di preghiera. Prego quando ne sento il desiderio, e non mi interessa il luogo o le eventuali persone con cui mi trovo, per pregare. L'unica forma di preghiera che non mi disturba è quella spontanea, che reputo la più sincera. Della preghiera comunitaria, penso che nel modo in cui si è soliti farla, in chiesa, a scuola, ecc..., essa assuma molto l'aspetto di un rito, e di conseguenza perda il suo valore.
    (Giulio S., 17 anni)

    Una legge fissa: pregare in casa e da solo
    La crisi della preghiera è da identificare e mettere in relazione con la crisi dei valori umani; oggi non si può certo dire che sia impossibile pregare ma, certo, per alcuni è molto difficile. L'uomo, infatti, attanagliato dai suoi problemi, ricerca Dio non come Padre e fonte di felicità, bensì come risolutore di tutte le sue crisi ed incertezze restando spesso deluso e insoddisfatto.
    I miei momenti di preghiera sono vissuti come a sé stanti nella vita di ogni giorno e non riesco a vivere come preghiera tutte le azioni che compio nell'arco della giornata.
    Non si può considerare la preghiera come un peso, in quanto nessuno è obbligato a compiere quest'opera, anche se il vero credente dovrebbe in quanto tale sentirne il bisogno. Sia per il come prego, sia per il quanto prego, mi affido molto al caso, con un'unica «legge» fissa: pregare in casa e da solo.
    (Roberto R., 17 anni)

    La paura di scoprire attraverso gli altri quello che sono
    Il motivo per cui oggi la preghiera non ha più spazio nella nostra vita, è proprio perché c'è una crisi di valori, che la cultura moderna va sminuendo giorno per giorno. Questo si nota soprattutto nei giovani che si sentono realizzati con la moto, con la ragazza, e basta... e si sentono felici. Ed è un modo di vivere che potrebbe perdurare
    negli anni, prolungando cosi la fase adolescenziale con il rischio di rimanere sempre uguali! Per i giovani forse non c'è spazio per la preghiera proprio per il fatto che la nostra cultura è diventata superficiale.
    Si vede un ritorno al religioso anche da parte di molti che rimangono affascinati dai culti orientali, o che si danno all'offerta della droga. C'è un bisogno almeno nell'uomo in quest'ultimi tempi di tendere verso l'irreale, forse perché comincia a sentire un pesante vuoto dentro di sé.
    Mi sforzo ogni giorno di vivere la preghiera, stando con gli altri, ecc., ma non ci riesco perché ogni giorno trovo molti ostacoli: la paura di scoprire attraverso gli altri quello che sono.
    (Stefano Gatti)

    Alla base il bisogno di evadere dal soffocamento di una cultura razionale
    L'uomo contemporaneo non è incapace di contemplazione; tuttavia trova enormi difficoltà perché «distratto», o forse, «soffocato» da tutto ciò che lo circonda. Da questo però nasce una specie di reazione da parte dei giovani che, sentendosi schiacciare da una cultura razionale, avvertono il bisogno di evadere da tale ambiente, ed un modo per farlo è, appunto, la preghiera. I giovani di oggi, dunque, sentono il bisogno di pregare più degli adulti. Questi ultimi, che avendo visto la civiltà dei consumi nascere e svilupparsi sotto i loro occhi, si sono abituati a tale ambiente: in linea generale, la loro capacità di preghiera rimane atrofizzata a causa della vita di oggi che si prende tutto il tempo e non lascia spazio alla meditazione.
    La preghiera è un momento di riflessione e di colloquio con Dio, e non una semplice richiesta di grazia. In altre parole la preghiera ci serve per riflettere, meditare, sentirci più vicini a Dio ed ogni volta un po' rinnovati nello spirito, mentre i problemi della nostra vita dobbiamo risolverli «rimboccandoci le maniche»; anche chiedendo, nella preghiera, la forza di farlo.
    Anch'io faccio parte di coloro che non sentono la preghiera come cosa strettamente necessaria. Mi accorgo, ogni volta, che ci sono più parole che preghiera. (Vittorio)


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