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    La sessualità dalla prospettiva del mistero cristiano



    Giannino Piana

    (NPG 1979-03-35)


    La sessualità è il luogo in cui l'uomo fa insieme esperienza della sue infinite possibilità e dei suoi limiti. Da una parte, nell'esercizio della vita sessuale, la persona coglie se stessa nella pienezza della sua realizzazione, che ha luogo nell'unione con l'altro e nella capacità di generare la vita; dall'altra, essa sperimenta la precarietà dell'incontro umano, segnato com'è dalla condizione del tempo, e perciò la esigenza di trascenderlo per realizzare un incontro totalmente appagante e senza limiti. Si può dunque dire, in un certo senso, che la sessualità umana è più che se stessa: fa appello a qualcosa che sta «oltre», ad un orizzonte che la supera, e che dà spiegazione del suo senso ultimo.
    La rivelazione cristiana è risposta a questo anelito: anche se la risposta è più grande della domanda. Il progetto di Dio assume le attese dell'uomo, ma al tempo stesso è nuovo, inaudito, sconvolgente.

    SECOLARIZZAZIONE RADICALE

    Il primo dato, che emerge dalla parola di Dio è quello di una radicale secolarizzazione della sessualità, la quale appare come un valore squisitamente profano e mondano, consegnato all'uomo perché ne sia responsabile. L'originalità della bibbia si manifesta chiaramente nella totale rottura che la religione giudaica opera in rapporto alle altre religioni del tempo. Queste esprimevano la loro comprensione della sessualità in miti e riti, e la vivevano in quadri sociologici determinati da un diritto consuetudinario; mentre nel racconto biblico ci si limita a prendere atto della realtà sessuale dell'uomo, rapportandola a Dio, il quale ha creato l'uomo «maschio e femmina» (Gen 1,27). La sessualità è perciò, anzitutto, «dono buono» della creazione: come tale non esige di essere sacralizzata dall'esterno (Gen I-II). Questo consente alla bibbia di tessere l'elogio dell'amore umano nella sua realtà naturale e profana. Il Cantico dei cantici è tutto una esaltazione dell'erotismo e della bellezza muliebre: il rapporto dell'uomo e della donna è descritto senza falsi pudori, in maniera realissima e quanto mai «carnale», anche se le sue manifestazioni sono sempre accompagnate da una potente trasfigurazione poetica che le preserva da ogni pericolo di ambiguità morbosa.
    Tale visione altamente positiva della sessualità non esclude naturalmente un'attenzione sollecita al carattere ambivalente e drammatico che la connota in conseguenza del peccato. La bibbia conosce la capacità che la passione possiede di trascinare l'uomo alla rovina (Cant 8,6). L'A.T. è pieno di cupe storie che lo dimostrano: violenze carnali (cf Gen 19,11), incesti (cf Gen 19,30ss; 35,1s). Tuttavia quest'ambiguità, strettamente legata all'esperienza del peccato, non è tale da distruggere le potenzialità positive insite nel sesso umano. Esso conserva il suo carattere fondamentale di dono della creazione, anche se deve essere vissuto - come del resto tutte le realtà umane - con circospezione e senso della misura, soprattutto con discernimento, se non si vuole tradirne il significato originario: quello contenuto nel progetto di Dio.
    Le conseguenze di tale presentazione per un discorso cristiano sul mistero della sessualità sono molteplici. Ne segnaliamo due che ci sembrano particolarmente importanti e che giustificano la riflessione scientifica ed antropologica, che viene precedentemente esposta.
    Anzitutto, la riflessione sulla profanità della sessualità, e perciò sulla sua fondamentale bontà ed autonomia, comporta, anche per il credente, attenzione al dato umano, perciò alla struttura del sesso, alla sua evoluzione socio-culturale, agli esiti delle scienze umane. Il credente non può prescindere da una utilizzazione, sia pure rigorosa e critica, di questi elementi per giungere alla comprensione del mistero cristiano.
    In secondo luogo, nella concezione cristiana della vita, l'ambivalenza della sessualità non si spiega senza tener conto del peccato, cioè della fragilità della volontà umana e delle sue potenzialità negative. Ne deriva che non si può parlare come credenti di sessualità senza finire per parlare anche di sofferenza e di rinuncia, di tentazione e di lotta. In altre parole, senza passare attraverso il mistero della croce di Cristo, che ogni discepolo deve accettare per seguirlo.

    UNA NUOVA COMPRENSIONE RELIGIOSA

    La fede non si accontenta di una visione secolarizzata della sessualità, ma fa di tale acquisizione il presupposto per una nuova comprensione religiosa della sessualità stessa. L'eros, in quanto espressione del patto nuziale, entra nella sfera vera e propria della rivelazione come simbolo privilegiato per esprimere i rapporti esistenti tra Dio e l'umanità. Sono soprattutto i profeti, nell'A.T., a servirsi del dramma di amore e di infedeltà, di fecondità e di sterilità della coppia umana come del miglior paragone per capire e significare il dramma del rapporto di Dio con Israele (Os 1,3; Ger 2,20-25; 31,26; Ez 23; Is 54,60-62). I testi profetici, oltre lo splendore letterario, sono carichi di suggestioni di notevole profondità teologica. L'amore umano, entrando nell'ambito dell'Alleanza, in tutta la ricchezza delle sue dimensioni, non esclusa quella sessuale, resta radicalmente trasformato. Ha un archetipo che deve realizzare: l'amore di Dio verso il suo popolo. Si stabilisce così un'essenziale circolarità tra amore umano e amore di Dio. Se inizialmente l'amore umano serve da termine di confronto per esprimere le relazioni Jahvè-popolo, questa evocazione dell'Alleanza getta una luce retrospettiva sulla realtà umana che le serve da punto di partenza.
    Del resto il profondo contenuto religioso dell'incontro umano sessuale è già implicito nello stesso racconto della creazione (Gen 1,27). L'uomo e la donna costituiscono insieme, nella reciprocità delle loro relazioni, l'«immagine» di Dio, anche se questo non va inteso in senso esclusivo. Ciò significa che la differenziazione sessuale, che è alla radice della relazionalità umana, appartiene alla somiglianza dell'uomo con Dio. La verità misteriosa qui contenuta riceve una definitiva illuminazione dall'evento di Cristo, rivelato nella pienezza dei tempi (Ef 3,9). Dio ci viene, infatti, pienamente annunciato come «Agape», in quanto è in se stesso il mondo della relazione vivente, uno in tre persone. La vita divina è dunque scambio, relazione e dono; il Dio cristiano non è un solitario, vive in comunione di persone, la cui natura si identifica con la realtà dell'autodonazione reciproca. L'amore che Egli manifesta nel mistero della creazione e della salvezza è la rivelazione di ciò che Egli è da tutta l'eternità: l'Essere per altro. Il dogma trinitario non è un'escrescenza marginale dell'economia cristiana: è il cuore stesso della fede. La partecipazione dell'uomo al mistero trinitario, è partecipazione all'amore quale esiste in Dio. Lo Spirito santo è, nella Trinità delle persone divine, lo stesso amore con il quale si amano il Padre e il Figlio e quanto procede dalla loro relazione; è il soffio vitale, la forza animatrice e fecondante di Dio. Come genera Gesù nel grembo di Maria, così suscita e anima la vita di figlio del credente. La vita trinitaria è l'assoluto della vita di relazione per il cristiano: in essa l'amore umano trova la sua sorgente e il suo modello. Sesso,eros e fila devono perciò essere integrati nell'Agape, che opera miracolosamente la continua coesistenza di ciò che è scisso in due, e che costituisce il principio operativo ultimo dell'esistenza cristiana.
    Questa prospettiva spiega la relativizzazione della sessualità (e persino del matrimonio) contenuta nella bibbia, che non è mai negazione del suo valore intrinseco. L'annuncio del regno già presente ma non ancora consumato rende comprensibile la scelta della verginità e del celibato (Mt 19,12; 22,3; Lc 20,36; 1 Cor 15,28), che si configura come scelta del «tutto» al posto della realizzazione parziale, del significato in luogo del segno, ma soprattutto come servizio alla «venuta» definitiva del regno. Del resto proprio l'annuncio di questi valori rivela il senso ultimo della sessualità umana, che è quello di aprire l'uomo all'incontro interpersonale nel quale egli realizza pienamente se stesso.
    Nel cristianesimo la sessualità raggiunge, dunque, la pienezza della sua verità. Lungi dall'essere sminuita nella ricchezza ed intensità dei suoi significati umani, essa riceve la sua più alta esaltazione mediante l'inserimento nel mistero di Dio, che è Agape e Trinità.


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