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    Un progetto di pastorale giovanile per gli operatori del nostro tempo



    Giorgio Gozzelino

    (NPG 1978-05-17)


    PRESENTAZIONE DI UN LIBRO

    Nel mese di dicembre del 1977 è stato pubblicato, presso l'editrice della Università Salesiana di Roma (LAS) un pregevole studio di Riccardo Tonelli dal titolo: Pastorale Giovanile oggi. In esso si espongono le grandi linee di un progetto globale di pastorale giovanile offerto agli operatori italiani del settore al fine di informarli ed aggiornarli sugli studi e sulle esperienze più significative in materia, di stimolarli ad una verifica critica della propria prassi, di provocarli ad una presa di posizione personale e di aiutarli a disporre di una chiave di lettura sufficientemente critica ed obbiettiva delle proprie esperienze e progettazioni. Trattandosi di un libro che risponde ad una autentica necessità, e che colma una lacuna molto grave, trattandosi cioè di uno di quei rari lavori che giungono a dirsi, rispetto ad un determinato ambito di scienza o di azione, opera di impostazione fondamentale, ci sembra importante farla oggetto di una analisi un po' dettagliata che invogli a leggerla e ne faciliti la comprensione.
    Questo lavoro di Tonelli può e vuole essere molte cose assieme: innanzitutto una parola di speranza realmente fondata perché non ridotta a fumose esortazioni o ad accuse generiche di tipo moralistico, ma stabilita su fatti precisi e cioè su studi seri e su esperienze analizzate scientificamente; poi un insieme rigoroso ed efficiente di direttive di azione, di rilancio, di revisione; poi ancora una critica vigorosa di una certa maniera di fare pastorale giovanile alla quale risale, in parte non piccola, la responsabilità delle molte situazioni di confusione e di impotenza che travagliano tuttora il settore. Confrontandosi con le informazioni, le critiche e le direttive offerte dal libro, l'operatore della pastorale giovanile è finalmente in grado di conferire un minimo di inquadramento scientifico alle proprie scelte ed ai propri metodi; arrivando così a gestirli entro un quadro di rimandi e di confronti che gli consente di percepire qualcosa delle loro possibilità, dei loro rischi, e degli esiti a cui sono aperti, senza più lasciarli, come accade troppo spesso, alla buona ventura od alle povere indicazioni di un empirismo magari molto generoso ma incapace di riflettere su di se stesso e quindi ultimamente sprovveduto. Il libro, in una parola, merita veramente una attenta considerazione.

    LE COMPONENTI DELLA PASTORALE GIOVANILE E IL SUO STATUTO EPISTEMOLOGICO

    Il titolo Pastorale Giovanile oggi si prolunga in un sottotitolo significativo: ricerca teologica ed orientamenti metodologici. Considerandoli insieme, si comprende immediatamente che l'intento del libro consiste nella elaborazione di un progetto globale di pastorale giovanile che si fonda sulla corretta integrazione di due componenti fondamentali: da una parte i contenuti; e dall'altra i metodi per realizzarli. Ai primi si rivolge in particolare la ricerca teologica; ma non affatto esclusivamente, perché l'apporto contenutistico proviene anche dalle scienze umane. I secondi costituiscono in massima parte il contributo specifico delle scienze umane e specialmente di quelle della educazione. Teologia e scienze umane intrecciano, quindi, un dialogo ininterrotto che punta, a sua volta, ad un duplice esito: la chiarificazione dello statuto epistemologico della scienza della pastorale giovanile, e cioè l'individuazione dell'unità e distinzione della teologia pastorale (specialmente giovanile) rispetto alle altre forme di teologia ed alle scienze; e l'impostazione-illuminazione dell'azione pastorale.
    Il secondo intento, naturalmente, risulta essere quello decisivo, e perciò la teologia pastorale viene giustamente definita una «riflessione teologica sull'azione della comunità ecclesiale, in vista di un progetto organico, fatto sia di principi teologici che di scelte metodologiche, orientato alla prassi e in ordine al cambio della comunità ecclesiale» (pp. 163-164); orientato cioè alla azione pastorale, descritta come «operatività concreta e diretta della comunità ecclesiale nelle situazioni di vita» (p. 164). Ma, appunto, tale impostazione e illuminazione non è possibile senza quella riflessione critica condotta in modo scientifico - e dunque cosciente di se stessa e del proprio statuto - che chiamiamo teologia pastorale: per cui non è possibile arrivare al secondo intento senza passare per il primo.
    Detto in altri termini, si fa opera di scienza, ed in particolare di epistemologia, contribuendo alla determinazione della fisionomia propria della teologia pastorale sia generale che giovanile, al solo scopo di conferire alla azione pastorale il retroterra culturale di cui essa ha assolutamente bisogno. Gli operatori che leggono il libro, non debbono pensare che le pagine dedicate a chiarimenti del genere abbiano soltanto un interesse cosiddetto speculativo: dove la prassi si stacca dalla riflessione torna a diventare praticismo cieco; e dove la riflessione non conosce i propri strumenti risulta impraticabile per la prassi. Ben a ragione Tonelli conclude la propria fatica scrivendo che il libro «sia come recensione dei modelli ricorrenti nella prassi ecclesiale italiana, sia come riflessione e proposta, è un progetto di pastorale giovanile: [e cioè] un quadro organico di riferimenti teologici e metodologici orientati a definire la specificità dell'azione pastorale con i giovani» (p. 302).

    RETROTERRA DEL LIBRO E METODO GENERALE DEL SUO DISCORSO

    Vale la pena ricordare a chi giustamente domandasse da dove provengono l'informazione ed i criteri di discernimento necessari per un progetto così ambizioso, che lo studio del Tonelli, pur essendo opera di un solo autore, «segna il punto di condensazione di una lunga storia [di molte persone]. Il Centro salesiano pastorale giovanile (di cui l'autore è membro fin dalla fondazione) da anni sta riflettendo e operando per la promozione della pastorale giovanile italiana, nel quadro delle ricchezze pedagogiche intuite da Don Bosco e sviluppate dalla Congregazione salesiana nell'attuale sensibilità ecclesiale. Esso ha intessuto un lungo dialogo con gli esperti di discipline complementari per l'educazione alla fede dei giovani, ed ha maturato in corsi e convegni il confronto con operatori diretti, raccogliendo le loro istanze e lasciandosi provocare dalle loro concrete difficoltà. Lentamente hanno preso spessore problemi e prospettive. Sono emerse necessarie opzioni, di tipo pedagogico, antropologico e teologico. La rivista Note di Pastorale Giovanile (espressione del Centro) è spesso diventata il punto di coagulo di queste diverse istanze... In questo difficile processo pastorale è giunto prezioso il documento dell'Episcopato italiano "Il rinnovamento della catechesi" (Roma 1970). Esso ha favorito il riequilibrio di alcune scelte, ha stimolato l'approfondimento di altre, ha confortato le intuizioni teologiche di fondo» (pp. 13-14). La ricerca, cioè si colloca al crocevia di un materiale vastissimo e di fonte sicura. Da tale retroterra provengono, oltre ai contenuti, anche il metodo generale del discorso, che infatti si configura costantemente come un procedimento di indole empirico-critica di taglio interamente induttivo. Come le progettazioni del Centro e dell'autore si sono progressivamente costituite a partire da esperienze concrete, da fatti, da cose che si sono trovate e che sono state sottoposte ad analisi per giungere a sceverarne i dati più significativi in vista della elaborazione di ipotesi plurime ed alternative, così il discorso del libro si snoda sulla applicazione costante di tre momenti distinti e consecutivi che potremmo chiamare di analisi critica, di discernimento e di progettazione.
    Il primo momento consiste in una rassegna ragionata di fatti, ed è opera della quasi totalità della prima parte del lavoro, significativamente intitolata: «La situazione». Il secondo consiste nel mettere a frutto i risultati della analisi critica sunnominata, col discernere nel materiale preso in esame le indicazioni più decisive: e questo viene fatto soprattutto nell'ultimo capitolo (il quarto) della medesima prima parte. Il terzo momento infine riguarda direttamente la fase costruttiva, ossia la messa a punto del progetto, e si sviluppa dapprima nella seconda parte, dal titolo: «Opzioni per una pastorale giovanile», nella quale si indicano i caratteri generali del programma operativo che l'autore propone; e poi nella terza parte, intitolata: «Verso un progetto di pastorale giovanile. Prospettive metodologiche», rivolta invece a precisare alcune scelte di metodo. In questo modo il disegno del lavoro si dipana da una previa recensione della situazione odierna dei progetti di pastorale giovanile (prima parte) alla determinazione dei caratteri che oggi sembrano più indispensabili al loro successo (seconda parte), ed alla indicazione di alcune vie di realizzazione giudicate più essenziali (terza parte): procedendo, appunto, per così dire, dal basso all'alto, dal trovato al costruito, dall'approccio empirico critico al progetto che meglio sembra accomodarsi a quanto è possibile ricavare dalla lettura della situazione concreta. Va da sé che l'autore non intende avanzare una proposta di pastorale giovanile valida per sempre e per tutti, ma soltanto un progetto tra i tanti: utile sia come esemplare critico del modo di elaborare qualcosa di scientificamente valido, che come modello particolarmente adeguato alle esigenze di oggi.

    APPLICAZIONE DEL MOMENTO DELLA ANALISI CRITICA

    Lo studio si apre, dunque, con una recensione degli orientamenti e dei modelli operativi attualmente presenti nell'area italiana, allo scopo dichiarato di «identificare le tendenze di teologia e di azione pastorale presenti nella comunità ecclesiale italiana» (p. 18), a partire dal concilio Vaticano II ad oggi. È facile rendersi conto di quanto sia preziosa una rassegna di questo genere per gente che, come la grandissima parte degli operatori pastorali, soffre un acuto bisogno di informazioni e di punti di confronto ma al contempo non riesce a disporre dei mezzi (tempo e dati) che occorrono per ottenerli. Non ci consta che in altre pubblicazioni esista qualcosa del genere: perciò sarebbe già sufficiente questa parte - di circa 130 pagine su di un totale di 322 pagine - per giustificarne l'impegno di uno studio attento ed accurato del lavoro. Siccome l'analisi passa attraverso la teologia pastorale allo scopo di giungere alla prassi, si considerano dapprima le correnti più importanti della teologia pastorale odierna (primo capitolo), per poi arrivare - dopo un capitolo, il secondo, di rilevazione della situazione culturale giovanile di oggi, necessario per comprendere quel che immediatamente fa seguito - alla individuazione dei principali modelli operativi di pastorale giovanile di fatto messi in atto nelle medesime coordinate di tempo e di spazio (capitolo terzo). Si applica, cioè, il principio del guardare alla teoria per servire alla prassi.

    Le correnti di teologia pastorale

    Nel primo capitolo, dunque, usufruendo di una serie di criteri previamente giustificati, Tonelli analizza cinque correnti di teologia pastorale, che illustra seguendo un ordine in buona parte cronologico. Sono:
    - La pastorale che si definisce come «azione di salute della Chiesa», sviluppata specialmente da Mons. G. Ceriani; la quale mette l'accento su di un principio ecclesiologico e si mostra «molto attenta alle condizioni che favoriscono il farsi storico della salvezza, ma in termini di forte soprannaturalismo, e con una netta prevalenza della teologia sulle scienze umane» (p. 20), con scarsa apertura all'influsso conciliare.
    - La pastorale che si qualifica come «autorealizzazione della Chiesa», elaborata specialmente dalla grossa opera tedesca in collaborazione, diretta da K. Rahner, intitolata Handbuch der Pastoraltheologie, della quale esiste una parziale edizione italiana a cura dell'Istituto Piemontese di Teologia Pastorale. Qui «la fondazione teologica è molto accurata. Nel farsi della salvezza rientra il tema dominante del concilio: il rapporto tra Chiesa e mondo. La teologia pastorale acquista uno statuto scientifico preciso, che fa spazio anche alle scienze umane... quali strumenti per rilevare le situazioni concrete in cui la Chiesa si autorealizza» (p. 21). Per far capire immediatamente che il soggetto della autorealizzazione della Chiesa si trova nella comunità ecclesiale nella sua totalità e non solo nei membri gerarchici (i pastori), si preferisce parlare di teologia «pratica».
    - La pastorale liberatrice dell'America Latina, che propugna una sintesi di evangelizzazione e di promozione umana, considerando la prassi soprattutto come fatto politico e definendosi come lettura credente della prassi di liberazione.
    - La pastorale intesa come «interpretazione dell'esperienza», propria di quella parte dell'Europa occidentale (Francia, Belgio, Olanda) che risulta più culturalizzata e maggiormente messa alle corde dalla crescente irrilevanza della dimensione religiosa della vita; e che viene teorizzata soprattutto dalla rivista Lumen Vitae e dalla scuola pastorale di cui essa si fa espressione. Nella sua ottica, il punto critico della vita cristiana è identificato nel quotidiano di ogni persona, determinando lo spostamento dall'orientamento prevalentemente ecclesiologico delle prime due tendenze ad una linea antropologica più vicina, ma anche assai meno politicizzata, a quella della teologia della liberazione.
    - Ed infine, la pastorale di «incarnazione», fatta propria dal documento della CEI, che opera la sutura tra la tendenza ecclesiologica e quella antropologica collocandole entrambe in un quadro di riferimento specificamente teologico: e cioè mantenendo fermamente uniti i principi della fedeltà a Dio e della fedeltà all'uomo mediante un fermo ancoraggio alla verità dell'unità dell'uomo e di Dio nel Cristo.
    Tonelli presenta tutte queste impostazioni con abbondanza di dettagli e di documentazione, ma non senza rilievi valutativi che gli permettono di convalidare una prima scelta conclusiva: il suo progetto porrà la pastorale di incarnazione come sfondo interpretativo globale, assumerà in proprio la proposta Lumen Vitae, e si allargherà alle altre, e specialmente alle direttive della teologia della liberazione e della teologia pratica di K. Rahner, a partire da questa e per completarla.

    La nuova cultura giovanile

    Il secondo capitolo tratteggia, abbiamo detto, la situazione culturale dei giovani di oggi in vista di una migliore possibilità di comprensione e di giudizio della rassegna di metodi operativi che gli farà seguito, e di quanto dovrà emergere da tale rassegna medesima. Ci basti un accenno, non disgiunto dalla osservazione che, siccome questa presa di coscienza proviene ovviamente solo dal ricorso a ricerche di indole socioculturale, qui si fa chiaro quanto la teologia pastorale dipenda dalle scienze umane. Constatata la presenza di una nuova cultura dei giovani, Tonelli sottolinea i suoi tratti più caratteristici raccogliendoli attorno a tre centri di gravitazione che gli sembrano più importanti di altri. Sono il fatto della secolarizzazione, la polemica contro le istituzioni, e la nuova gerarchizzazione dei valori. A proposito di quest'ultimo, egli annota l'esistenza di un largo pluralismo ideologico, la tendenza crescente alla deresponsabilizzazione, il prevalere di un umanesimo di tipo profano, il forte orientamento dei giovani in direzione della funzionalità e dell'utilitarismo, e la diffusione della convinzione che i cambi culturali necessari avvengano soltanto attraverso un processo conflittuale.

    I modelli di pastorale giovanile

    Col terzo capitolo, il tiro si sposta dal piano della teologia (primo capitolo) a quello diretto della prassi od azione pastorale al quale si voleva arrivare, e perciò si considerano, come abbiamo già detto, i modelli operativi. Prendendo coscienza della esistenza di una larga pluralità di tali modelli nel concreto della pastorale italiana, e del fatto estremamente negativo che soventissimo essi vengono applicati in maniera del tutto irriflessa, Tonelli documenta l'impressione che oggi sia in atto una loro polarizzazione verso tre forme paradigmatiche denominabili rispettivamente: modello storico oggettivo, modello esistenziale, e modello esperienziale comunitario. Tutti hanno quale intento la formazione del credente, e cioè la piena integrazione della fede con la vita. Ma la formula di attuazione dell'intento comune risulta in ognuno dei tre casi completamente diversa.
    - Il modello storico-oggettivo, infatti, opta per un approccio di tipo prevalentemente verticale discendente, descrivibile come passaggio dalla fede alla vita. Riprendendo i temi cari alla pastorale tradizionale, categorizzata dagli studi di G. Ceriani, questo primo paradigma conferisce il massimo rilievo alla dimensione oggettivo-dottrinale della fede, e concepisce l'azione pastorale come l'illustrazione precisa e rigorosa di una fede da cui dovrà conseguire una vita coerente. Molto negativo nei confronti della cultura odierna, si sforza di creare degli spazi alternativi più specificamente cristiani, e sviluppa una pedagogia di tipo protezionistico, rivolta soprattutto al consenso. Nella problematica del rapporto Chiesa e mondo accentua fortemente la reciproca distinzione rischiando di tramutarla in spaccatura: col vantaggio, però, di sfuggire completamente alla problematicizzazione dello specifico cristiano. Vede la Chiesa non come fenomeno di élite ma di massa; e valorizza non le comunità di base od i gruppi, bensì i movimenti.
    - Il modello esistenziale si connota in modo quasi opposto al precedente. In esso l'integrazione fede e vita si costruisce a partire dalla vita, con un movimento verticale ascendente che interpreta la dottrina e la prassi di fede non già come un corpo esterno alla vita da introdurre nella vita per darle il suo necessario senso religioso, quanto piuttosto come l'esplicitazione e lo sviluppo decisivo di quanto è già presente oggettivamente nella storia e nella vita quale loro ultima dimensione, e come qualcosa che chiede a gran voce di essere personalizzato. In questa prospettiva, si arriva alla fede a partire dalla vita solo perché si sa trovare la fede alle radici della vita, e perché si sa camminare alla luce delle direttive di questa medesima fede. È evidente il collegamento di questo modello con le correnti che si rifanno alla pastorale della «interpretazione dell'esperienza» e della «liberazione», sullo sfondo della pastorale di incarnazione. Esso giudica positivamente, ed in linea di massima assume, «i fenomeni che caratterizzano l'attuale cultura: la secolarizzazione, l'istanza partecipativa, la centralità della persona, la dimensione sociale...» (p. 105). Tende ad un massimo di riferimento alla vita ed al mondo: perciò è portato ad abbandonare progressivamente ogni funzione di supplenza, ed a favorire una pedagogia non tanto del consenso quanto della creazione. In tal modo si espone al rischio di attenuare il senso della appartenenza ecclesiale e di rendere conflittuale e problematica l'identità cristiana. Considera come destinatari della pastorale tutti i giovani senza privilegiare particolari élites, e valorizza molto i gruppi, distanziandosi da forme associazionistiche di indole più generale.
    - Il modello esperienziale-comunitario, infine, tenta di assumere i due dati (fede e vita) assieme e congiuntamente, nel medesimo tempo, rovesciando i precedenti itinerari verticali (discendenti od ascendenti che siano) in un approccio orizzontale nel quale fede e vita sembrano diventare semplicemente la medesima cosa, senza troppe distinzioni. Tipico di movimenti come quelli dei Focolarini, di Comunione e liberazione e delle comunità catecumenali, questo modello gioca tutte le sue carte sulla esperienza privilegiata della appartenenza totalizzante ad una comunità di intensa pratica cristiana. Esalta al massimo il senso della appartenenza ecclesiale (sebbene non necessariamente istituzionale) e quello della identità cristiana e dello specifico della fede; nel contempo svaluta fortemente la cultura odierna ed il pluralismo; e tende ad assorbire il mondo nella fede, collocando come fondale della propria operatività «una immagine di Chiesa a stile elitario: una piccola Chiesa di perfetti, forte della convinzione ed esemplarità dei suoi membri, anche se povera di istituzioni» (p. 112).
    Anche qui si impone il rilievo già formulato a proposito delle cinque tendenze della teologia pastorale odierna. Pur nel loro inevitabile schematismo, queste puntualizzazioni offrono agli operatori della pastorale giovanile un punto di riferimento per l'interpretazione delle loro scelte pastorali che essi ben difficilmente saprebbero trovare, con altrettanta chiarezza, da soli o in qualche altra pubblicazione.

    APPLICAZIONE DEL MOMENTO DEL DISCERNIMENTO

    Completata questa analisi, occorre applicarle quel metodo di discernimento che consente di ricavarne quanto risulta veramente utile per il momento costruttivo. Tonelli gli dedica il quarto capitolo della prima parte, articolandolo in due fasi che potremmo chiamare, rispettivamente, di differenziazione e di unità: impegnate, la prima nella ricerca delle differenze di fondo dei tre modelli operativi sopra indicati, e la seconda in quella delle costanti che emergono dalla recensione critica dei loro aspetti positivi e negativi.

    La fase di differenziazione

    La prima fase approda all'accertamento di interessanti differenze sia a livello teologico che a livello antropologico, e con ciò fornisce degli importanti strumenti di lettura e di verifica delle scelte pastorali da entrambi i punti di vista. In particolare, nei tre paradigmi pastorali appaiono molto differenziate:
    1) La concezione generale della fede, che nel primo diventa soprattutto ascolto del passato ed adesione a quanto esso trasmette; nel secondo è piuttosto una speciale capacità di lettura delle dimensioni più sostanziali del vissuto colte nell'immediatezza del presente; e nel terzo si configura prevalentemente come esperienza intensa di amore comunitario.
    2) Il rapporto della salvezza con la storia, e quindi della fede con la vita, molto lontano dalla sensibilità giovanile odierna nel primo modello; vicinissima ad essa ed altrettanto esposta al rischio del riduzionismo nel secondo, per la ragione che il vissuto di molti giovani di oggi risulta pregiudizialmente chiuso al trascendente; ed assai proclive a sbocchi di tipo integrista nel terzo.
    3) La concezione generale dell'uomo, definito nel primo modello a partire da una visione oggettivistica e statica che riduce la libertà alla capacità di accettare ed interiorizzare una serie di dati precostituiti; qualificato nel secondo modello a partire da una concezione opposta di segno storico progettuale, nella quale la libertà è soprattutto creatività; ed identificato nel terzo specialmente come dimensione interpersonale o capacità di accoglienza dell'altro in direzione dell'amore.
    4) La configurazione della metodologia della maturazione dell'uomo, la quale nel primo e terzo paradigma, secondo quanto già abbiamo detto, si struttura sulla pedagogia del consenso, e cioè sulla adesione ad una norma esterna e ad un sistema preesistente di valori; e nel secondo su di una pedagogia della creatività, ossia sulla assunzione responsabile di un impegno di progettazione originale della propria vita illuminata e sorretta, ma mai evacuata, dai dati oggettivi.

    La fase di unità

    La seconda fase accerta a sua volta quattro importanti elementi che sono di respiro globale e si impongono come altrettanti criteri irrinunciabili di ogni progetto di pastorale giovanile. Sono: l'impegno di integrazione della fede con la vita e della vita con la fede, che l'autore chiama criterio della «incarnazione come evento e come metodo»; l'accettazione del pluralismo teologico e pastorale, con l'adozione del funzionalismo - e cioè della preferenzialità concessa a quanto facilita di più al giovane concreto il raggiungimento di una autentica crescita di fede - come criterio di scelta; il principio del primato della evangelizzazione (fatta di testimonianza e di annuncio esplicito, e quindi di circolarità tra ortodossia ed ortoprassi) su qualunque altro intento di promozione umana; e l'accettazione della esistenza di un Processo educativo, malgrado la trascendenza che le deriva dall'essere un dono di Dio, anche nei confronti della fede, con la conseguenza che i progetti di pastorale vanno valutati non solo in chiave teologica ma anche in chiave di scienze della educazione.
    A questi quattro criteri se ne aggiunge, per altro, un quinto che deve essere distinto perché possiede un carattere meno universale e più storico contingente, e che l'autore propone, come gli succede in più di una occasione, con un titolo più pittoresco che illuminante: «Cristo, l'uomo nuovo, profezia permanente sui nostri progetti». Si tratta ancora, in buona sostanza, del criterio del funzionalismo, applicato alla divaricazione riscontrata tra sensibilità all'oggettivo e quindi alla pedagogia del consenso da una parte, ed apertura al soggettivo e con ciò alla pedagogia della creatività dall'altra. Costatato che la prima pedagogia è quella di ieri e la seconda quella di oggi, ed appurata la necessità di una mutua complementarietà richiesta sia da motivazioni teologiche che da ragioni pedagogiche, si conclude che tanto sul piano dei contenuti come su quello dei metodi, oggi non è più possibile partire dal consenso per arrivare alla creatività ma è necessario imboccare il cammino inverso; la qual cosa implica pure che ai procedimenti deduttivi che passano dall'in-sé al per-noi si sostituisca un procedimento di segno opposto.

    APPLICAZIONE DEL MOMENTO DELLA PROGETTAZIONE

    Ed eccoci con questo alla fase più propriamente costruttiva, distinta, secondo quanto già dichiarato, in una parte dedicata ai caratteri generali del progetto (la seconda), ed in una parte intesa a precisare alcune scelte di metodo (la terza). La parte seconda si snoda in una successione di cinque capitoli che illustrano altrettanti caratteri del progetto di pastorale proposto dall'autore. Per puntare al massimo della chiarezza, li condensiamo schematicamente seguendo alla lettera l'ordine del testo, scusandoci con i lettori per quel tanto di pignoleria che tale procedimento sembra suggerire.

    La significatività

    Primo capitolo. Un progetto di pastorale che voglia adeguarsi ai reali problemi di oggi deve assumere quale precisa prospettiva preferenziale la preoccupazione per la significatività. Deve essere, cioè, l'offerta di una proposta non solo oggettivamente vera ma anche palesemente carica di senso salvifico, visibilmente ricca di promesse, e manifestamente capace di dare risposte esistenziali ai problemi emergenti dal quotidiano. Al linguaggio informativo di ieri, la pastorale sostituisce oggi un linguaggio esistenziale salvifico: non già per svalutare l'ontologico, ma per arrivarci a partire dal funzionale; né per ignorare il rapporto vero-falso, ma per collocarlo entro un contesto di rilevanza senza del quale finirebbe inesorabilmente coll'apparire uno sterile gioco di intellettuali oziosi e privi di impegno. Per essere valida, la proposta ha bisogno di risultare affascinante, di qualificarsi come proposta in possesso di un senso vero; di un senso di autentica costruzione dell'uomo; e di un senso non puramente intramondano ma ultimamente trascendente, secondo quanto è richiesto dalla realtà della incarnazione e dalla struttura medesima dell'uomo, nel quale infatti il profano fa unità con il metaprofano.

    L'autotrasparenza

    Secondo capitolo. Un corretto progetto pastorale non può permettersi di prescindere da un certo livello di autotrasparenza, quindi deve essere capace di situare se stesso ed i propri dati nel preciso contesto epistemologico - che vuol dire: di rapporto con i vari rami del sapere e con le varie forme dell'agire - che gli compete come proprio. Tale autotrasparenza esige innanzitutto che si percepisca la vera natura della azione e della teologia pastorale. Tonelli perciò definisce la prima, presentandola come «l'azione multiforme della comunità ecclesiale, animata dallo Spirito Santo, per l'attuazione nel tempo del progetto di salvezza di Dio sull'uomo e sulla storia, in riferimento alle concrete situazioni di vita» (p. 166); e poi la seconda, descrivendola semplicemente come «la riflessione su questa azione» (p. 166). Siccome poi constata che sulla prassi ecclesiale si fonda anche la teologia dogmatica o sistematica, e che quindi si impone una chiarificazione dello statuto della teologia pastorale rispetto a quest'ultima, precisa che mentre la teologia pastorale si concentra sulla dimensione sincronica (del qui adesso) della salvezza in quanto è da gestire, quella sistematica si interessa della sua dimensione diacronica in quanto è da capire. Detto in altri termini: «la teologia dogmatica offre le costanti per definire la salvezza cristiana. La teologia pastorale raccoglie gli appelli che le provengono dalla realtà storica in cui attualizzare questa salvezza e reinterpreta, da questa prospettiva, il dato teologico. Fa così un servizio alla teologia dogmatica, costretta a misurarsi con il vissuto per cogliere in modo incarnato le dimensioni perenni dell'evento. Ed elabora una serie di imperativi all'azione (un progetto e le strategie relative) che siano fedeli, in un'unica fedeltà, all'evento di salvezza ed al contesto a cui questo evento si fa contemporaneo» (p. 177).
    La medesima autotrasparenza richiede inoltre che si identifichi l'intento centrale della pastorale nella salvezza cristiana in quanto tale; che se ne deduca - dal momento che la comunità ecclesiale non è né l'unico spazio di salvezza né tanto meno essa stessa la salvezza - che all'indispensabilità della pastorale si accompagna una sua vera relatività; che si riconosca nel vissuto di ogni giorno il luogo primo della attuazione della salvezza cristiana. E soprattutto che si abbia di quest'ultima una concezione rigorosa e corretta: lontana da ogni falsa dicotomia tra orizzonte terreno ed orizzonte escatologico (dualismo), come pure da ogni assorbimento dell'uno nell'altro (integrismo soprannaturalista o secolarista); aperta alle due valenze essenziali della comunione di vita con Dio e con gli uomini, e della liberazione dal peccato; compaginata di «già» e di «non ancora»; ed intesa come obiettivo di un'opera comune della persona e della comunità nella storia. Ognuno di questi aspetti, inoltre, deve tradursi in un parallelo impegno della pastorale giovanile.

    La funzionalità

    Terzo capitolo. Significanza ed autotrasparenza sono caratteri che qualificano il progetto pastorale rispetto a se stesso; ma che esistono in funzione diretta dei destinatari, per consentire loro di apprezzarlo e comprenderlo. Tale riferimento obbligatorio comporta che la formula di maturazione nella fede offerta ai giovani sia impregnata di una terza qualità: che sappia appunto proporzionarsi, il più efficacemente possibile, alle loro reali condizioni di vita.
    In tale proporzione od adeguazione entrano tre direttive primarie:
    1) Il progetto pastorale deve riflettere i veri problemi della attuale condizione giovanile, sia di ordine psicologico che di ordine socioculturale, i quali del resto si connettono in modo inestricabile. Si pensi alla crisi dell'adolescenza, con l'aggravamento che oggi le viene conferito dalla quasi impossibilità di procedere lungo la via di una integrazione armoniosa, alla crisi dell'istituzione ecclesiale e del valore religioso come disegno totalizzante; alla conflittualità tra le proposte della fede e molte sollecitazioni della società. Per ciascuno di questi dati occorre trovare nel progetto uno spazio di considerazione appropriato ed esplicito.
    2) Il progetto pastorale deve valorizzare pienamente la centralità del vissuto quotidiano, la quale infatti non è soltanto un fatto contingente di costume giovanile ma anche una esigenza teologica. Nella alternativa dei tre modelli operativi recensiti nella prima parte, si opta quindi per il secondo modello, allargandosi agli altri due per ampliare le prospettive di quest'altro, correggerne i limiti e prevenirne i rischi. Lo si fa, abbiamo detto, in ragione del principio del funzionalismo, nel quale, del resto, consiste questo terzo carattere del progetto di Tonelli che stiamo commentando ora: ma anche per motivi teologici, che l'autore riporta dai temi della corrente Lumen Vitae e poi sviluppa con spunti originali.
    3) Il progetto pastorale deve tradurre in scelte operative concrete le indicazioni di indole psicologica, socioculturale e teologica che lo pongono in stato di servizio dei giovani. Deve cercare di abilitare i giovani, per esempio, a compiere esperienze umane profonde, a rendersi consapevoli del significato di definitività trascendente di cui ogni esperienza umana partecipa, a rendersi capaci di tematizzare e celebrare i valori della dimensione religiosa della vita; in una parola a trasportare sul piano esistenziale operativo l'accertamento della unità del salvifico con il profano che è proprio del modello che sceglie di andare dalla vita alla fede.
    Questo comporta pure - altro esempio - che i contenuti della fede non siano mai proposti come un progetto alternativo a quelli umani, bensì invece come loro ultima dimensione, loro frontiera, loro significato finale, criterio normativo che permette di ordinare, gerarchizzare, autenticare gli intenti e le realizzazioni personali, e dato decisivo della unificazione di una esistenza lacerata di fatto da molti conflitti e contraddittorietà. Il tutto nel massimo della concretezza: ossia, sempre tenendo conto, pur nella convinzione della supremazia della grazia, della triste realtà del peccato; e della necessità inderogabile del riferimento esplicito e cosciente al Cristo, alla azione dello Spirito, ed alle mediazioni-celebrazioni della salvezza.

    L'esistenza cristiana

    Quarto capitolo. Chiarite, grazie ai tre caratteri precedenti - significatività, autotrasparenza e funzionalità - le formalità del progetto, occorre pure esplicitarne le finalità. Si sa che il progetto mira, essendo una strategia pastorale, alla costruzione ed allo sviluppo di una vera fisionomia cristiana. Che cosa distingue una semplice esistenza umana da una reale specificità cristiana? Non la sola assimilazione dei contenuti della fede, bensì la creazione di una mentalità e di uno stile permanente di vita di fede, e quindi la capacità di condurre una vita teologale di fede, speranza e carità. Dunque, una efficace programmazione pastorale si impegna sia sul fronte della teologia che su quello delle scienze dell'educazione. Essa considera la teologia, perché questa fa capire che cosa siano la fede, la speranza e la carità e quali contenuti comportino. E si rivolge alle scienze dell'educazione perché quelle tre virtù suppongono una base di atteggiamenti umani previ che sono oggetto di una precisa metodica educativa. Si asserisce con ciò che la specificità cristiana include indissolubilmente i doni di Dio e le libere risposte umane; e che la pastorale, ponendosi come mediazione tra l'iniziativa salvifica divina, messa in luce dalla teologia, ed il qui-ora concreto di ogni persona, fatto anche di atteggiamenti curati dalla pedagogia, viene a trovarsi, come è stato detto, al crocevia di queste due scienze.

    Pastorale giovanile e scienze umane

    Quinto capitolo. L'individuazione del quarto carattere del progetto pastorale - la congiunzione della teologia con la pedagogia - si completa nell'accertamento della necessità ulteriore che il dialogo interdisciplinare tra queste due scienze si allarghi alle altre scienze umane. Se infatti quel progetto si integra alla teologia perché contiene componenti trascendenti, e si poggia sulla pedagogia perché tali componenti si incarnano in un soggetto in via di sviluppo, esso si fonda anche sulla sociologia della pedagogia, data la pluralità dei modelli educativi; e poi si avvale degli apporti della psicologia, della sociologia, della antropologia culturale e filosofica, della economia e della politologia, visto che le occorre disporre di una visione realistica ed aggiornata della condizione giovanile e degli strumenti idonei per agire sul suo concreto. L'interdisciplinarietà si impone, per altro, su di un doppio orizzonte: sul piano della lettura, giacché «la situazione è sempre un dato complesso, convergenza ed incrocio di fattori diversi, personali, strutturali e sovrastrutturali, di ordine storico, culturale, economico, metapersonale e metastorico» (p. 236); e, sostanzialmente per le medesime ragioni, sul piano della progettazione. Interdisciplinarietà, però, è più che semplice multidisciplinarietà. Occorre un centro di unità, che nel caso della lettura si trova in una definizione di uomo fondamentalmente aperta al trascendente; e nel caso della progettazione sta nell'obiettivo essenziale della integrazione fede e vita. Perciò, «alla pastorale giovanile tocca l'impegno serio di elaborare una sua sintesi autonoma, scegliendo quella teologia e quella antropologia-pedagogia che favoriscano l'integrazione fede e vita per i giovani concreti ("questi" giovani) con cui dialoga qui-ora» (p. 241). Sintesi che nel progetto di Tonelli si compie di fatto tra una teologia di tipo incarnazionista ed alcuni modelli di antropologia e pedagogia specialmente sensibili al trascendente.

    INDICAZIONE DELLE SCELTE METODOLOGICHE FONDAMENTALI E CONCLUSIONE

    Si perviene con questo alla terza ed ultima parte del libro, dedicata esplicitamente a questioni di metodo, salvo una conclusione intesa a puntualizzare lo statuto epistemologico della pastorale giovanile in quanto giovanile.

    Proposte di metodo pastorale

    I capitoli che compongono la sezione rivolta al metodo sono due, ma le scelte metodologiche sottoposte ad esame assommano a tre. Le enunciamo segnalando per comodità di lettura, le pagine nelle quali vengono studiate; per richiamare, poi, qualche punto di dettaglio.
    Ecco le tre indicazioni di fondo: si assume un modello operativo di pastorale che sia universale e non elitario, e si prefigga di privilegiare i più poveri (pp. 245-248); che realizzi l'itinerario consistente nel passare dalle situazioni della vita alle esperienze della fede, o dalla dimensione profana del quotidiano ai suoi risvolti trascendenti (pp. 248-272); e che conduca ad una fede capace di essere parte decisiva del sistema motivazionale del soggetto, di essere ragione di un suo impegno leale nella storia, e di essere aperta al senso della appartenenza ecclesiale (pp. 273-296).
    Parlando di una scelta prioritaria dei giovani più poveri, si pensa «soprattutto a quei giovani che sono privi di interessi culturali, concentrati sulle cose di tutti i giorni; i giovani che non sanno reggere a grosse proposte teoriche...; i giovani che non si commuovono per le proposte anche affascinanti, se non le sentono cariche dei loro quotidiani interessi» (p. 246).
    Privilegiando l'itinerario che va dalla vita alla fede, ci si ispira alle correnti della pastorale liberatrice e della interpretazione dell'esperienza, «tentandone una mediazione che dia al secondo processo la carica liberatrice e collettiva caratteristica del primo» (p. 249, nota 9). Nella sua ottica, «la pastorale giovanile procede da un dato teologico certo: la intrinseca rilevanza religiosa delle esperienze umane. E si interroga sulla strategia da utilizzare per attivare il salto dall'orizzonte umano (in cui si è collocato approfondimento e concentrazione) alla scoperta dei significati religiosi» (p. 255). Ma in che cosa consiste questa decisiva strategia? Non nel porre direttamente il trascendente come risposta alle domande che riguardano il progetto di sé implicito nelle scelte concrete della vita, ma nel coglierlo nelle risposte umane a tali domande, sia in quanto l'esperienza umana dice scacco e minaccia, che in quanto proclama la legittimità della fiducia e della speranza nonostante tutto: con un processo che si esplicita e si completa in forza del riferimento cosciente alla rivelazione cristiana. Siccome, poi, troppe esperienze odierne sono disumane o manipolatrici, e la salvezza cristiana risulta immensamente più grande di quanto possa essere dedotto dai fatti, si tenta «un cammino educativo che, senza smarrire il peso e l'esigenza del concreto esperienziale, permetta l'annuncio e l'esplicita proposta dei contenuti e dei fatti caratteristici e qualificanti l'esistere del cristiano» (p. 260), arrivando con ciò all'incontro effettivo con Gesù Cristo salvatore.
    Specificando, infine, i caratteri della fede a cui si intende introdurre il giovane, si collocano le mete educative del progetto entro tre aree di intervento distinte e ben definite, che sono: l'area della progettazione di sé, dove la fede deve diventare un principio di unità, di critica e di radicale novità; l'area dell'impegno storico, nella quale la fede deve suscitare una vera capacità promozionale nei confronti dell'uomo, della storia e del cosmo senza abdicare minimamente all'identità specifica del cristiano e sempre fondandosi sulla Pasqua di Cristo, attualizzata nelle celebrazioni liturgiche; e l'area della appartenenza ecclesiale, che la fede deve far crescere attraverso la maturazione della tendenza spontanea dei giovani alla vita di gruppo. Dunque, si vuole integrare i contenuti della fede nel sistema motivazionale fondamentale del soggetto; conferire il suo giusto rilievo ed una corretta impostazione alla difficile questione del rapporto della fede con la politica; e creare il senso della comunità senza distruggere quello della istituzione. Alla logica di tipo oggettivo propria del modello Ceriani, che mette l'accento sulla ragionevolezza della proposta per dedurne la sua importanza per il soggetto e la sua significatività, si preferisce una logica di tipo personalistico-esperienziale-induttivo, che parte da esperienze affascinanti capaci di consentire una vera identificazione di sé anche in una società di disaggregazione e di emarginazione come la nostra, e atte a far scattare un processo di razionalizzazione che porta a cogliere i contenuti della fede nella loro portata decisiva.

    Pastorale generale e pastorale giovanile

    Il capitolo terzo dell'ultima parte - capitolo con il quale si chiude il libro - si domanda invece quale sia il rapporto della pastorale giovanile con la pastorale generale, rintracciandolo nella dialettica di una unità subordinata, nella distinzione. L'unità e la subordinazione sono mantenute tenendo ben fermo che «la pastorale giovanile è espressione dell'unica azione pastorale della comunità ecclesiale» (p. 299). La distinzione emerge dalla costatazione che nella pastorale giovanile ha luogo «una reinterpretazione in chiave giovanile della scelta pastorale caratterizzante ogni concreta comunità ecclesiale» (p. 300). Le due note del rapporto costituiscono una dialettica, e cioè un fatto dinamico sempre da realizzare, ed articolato in un doppio impegno di inserimento e di specificità. L'inserimento si compie mediante la coordinazione degli obiettivi e dei metodi della pastorale giovanile con quelli della pastorale generale. La specificità si costruisce mediante un quadro organico di riferimenti teologici e metodologici orientati a definire la peculiarità dell'azione pastorale con i giovani: come quello appunto che Tonelli presenta in questo suo libro.

    OSSERVAZIONI SUL RAPPORTO TEOLOGIA ED AZIONE PASTORALE

    I rilievi che un lavoro come il libro del Tonelli giustifica e richiede, riguardano parecchi punti di vista. Ci interessa formularne qualcuno relativamente al problema del rapporto della teologia con l'azione pastorale.
    Dalle pagine del libro si fa evidente che per una buona azione pastorale è assolutamente indispensabile una conoscenza approfondita della teologia in genere e specialmente di quella contemporanea. Lo si accerta nella recensione degli orientamenti pastorali, in ciascuno dei quali le scelte che li definiscono appaiono fondate ultimamente su di un tipo particolare di teologia, e soprattutto sul taglio interpretativo od ermeneutico che applicano alla propria lettura della realtà. Lo si constata nella analisi dei modelli operativi alle voci: obiettivo, rapporto Chiesa e mondo, quale Chiesa; e poi in riferimento alla concezione della fede o del rapporto salvezza e storia. Lo si tocca con mano nelle definizioni medesime della azione e della teologia pastorale, determinata da indicazioni ermeneutiche mutuate da una teologia anziché da altre.
    Indispensabilità, però, non significa sufficienza. Le analisi del Tonelli documentano, al contrario, che l'essenzialità della teologia per la pastorale s'accompagna ad una sua parallela insufficienza. La teologia non basta.
    Non basta anzitutto a livello di informazione sui destinatari, dato che la pastorale «è chiamata ad un approccio con la realtà che non sia ingenuo, moralistico, approssimativo. È indispensabile una conoscenza il più possibile obiettiva e scientifica delle situazioni storiche, dei loro dinamismi e meccanismi, delle cause e dei condizionamenti culturali e strutturali. Il ricorso alla mediazione delle scienze umane è fondato, anche in questo contesto, dallo statuto stesso della pastorale» (p. 193).
    E poi non basta a livello della effettiva applicazione della prassi pastorale. Infatti, «la riflessione teologica sottolinea con crescente attenzione il peso di mediazione che riveste la comunità ecclesiale, la disponibilità e l'esperienza umana del soggetto» (p. 144), e cioè il peso di un insieme di elementi che ultimamente fanno capo all'ambito delle scienze umane.
    A questo doppio accertamento - della indispensabilità ed insufficienza della teologia per la prassi - occorre aggiungere, peraltro, una terza conclusione: quella del pluralismo teologico, e della non equivalenza dei diversi approcci teologici per la fecondità della prassi pastorale.
    Il pluralismo teologico emerge con forza, già lo si è osservato, nella diversità delle teologie pastorali e dei tre modelli operativi analizzati nel terzo capitolo della prima parte: nei quali si sono riscontrate molteplicità di prospettive, accettazione o rifiuto della svolta antropologica, preferenza per la pedagogia del consenso o per quella della creatività, impostazione dal basso o dall'alto, e molto altro ancora. La non equivalenza si è fatta palese, invece, nelle scelte medesime del progetto di Tonelli: il quale, infatti, ha costantemente giustificato le proprie preferenze sul principio del funzionalismo teologico e pastorale, rifiutando con ciò qualsiasi forma di qualunquismo teologico.

    LE PECULIARITÀ DI UN MODO DI SCRIVERE E DI PENSARE

    Concludiamo con una parola di illustrazione dell'impianto del libro da un punto di vista strutturale e formale.
    Diciamo subito che, a nostro modesto avviso, non si tratta di un'opera di facile lettura. Il linguaggio dell'autore risulta infatti scorrevole ma anche incline all'uso di un frasario tecnico che non sempre pare facilmente accessibile a tutti. Talora tende a preferire le espressioni pittoresche, un po' ad effetto, a quelle più semplici e lineari.
    Soprattutto, può causare qualche difficoltà il tipo di logica che l'autore mette in atto nel suo ragionare: una logica che si presta ad essere descritta, per usare una immagine, come il tracciato di un percorso non rettilineo ma a continui tornanti. Tonelli ama riprendere un tema a parecchie riprese, intervallandolo con spazi dedicati ad altri punti, soggetti a loro volta più o meno allo stesso trattamento. Più che al traguardo pare interessato al cammino, più che dell'esito sistematico pare preoccupato dell'itinerario genetico. Ne derivano la tendenza alle ripetizioni, che infatti sono numerose, ed una certa oscurità nei collegamenti: non è molto chiaro, ad esempio, quanto ed in quale senso le scelte metodologiche della terza parte non debbano chiamarsi caratteri del progetto come quelli della seconda parte, e viceversa. Queste peculiarità possono creare disagio a quei tipi di intelligenza che, viceversa, amano non le schermaglie di centro campo ma l'affondo immediato in area di rigore.
    Non si può negare, peraltro, che questo modo di procedere possegga buone ragioni di giustificazione. Non è compito del Tonelli «imboccare», per così dire, gli operatori della pastorale giovanile, offrendo loro un prodotto rifinito e tirato a lucido come un pezzo appena uscito di fabbrica e pronto all'uso. Il suo intento assomiglia piuttosto a quello dell'allenatore di una squadra di calcio, che abilita la squadra ad una serie di partite nelle quali dovrà giocare non già l'allenatore ma la squadra medesima e che potranno risultare molto diverse le une dalle altre. Il suo impegno cioè, riguarda principalmente la metodologia, la gestione corretta della prassi pastorale, alle quali si subordina tutto, anche la dottrina. È naturale, quindi, che punti non tanto a segnare delle reti ma a fare assimilare le tecniche che permetteranno in seguito di segnarne quante e come sarà necessario. Il metodo ciclico, inoltre, favorisce l'assimilazione meglio e più facilmente del suo contrario.
    In ogni caso, se il lettore si mostrerà disposto ad accettare il peso di un impegno talora costoso, s'accorgerà che si tratta semplicemente di versare il prezzo che è giusto pagare per un acquisto di autentica qualità.


    T e r z a
    p a g i n A


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